2030 LE OLIMPIADI FRANCESI DI TORINO

POLIS, TORINO

Nel 2030 anche Torino avrà le sue Olimpiadi, non con Milano e Cortina, ma con le Alpi francesi.
Dalla stampa locale emerge la soddisfazione di Presidente di Regione, Sindaco e vari amministratori della città sotto la Mole, che provano a proseguire con alterne fortune la strada difficile e impervia della trasformazione della città ex capitale dell’auto e d’Italia in città del turismo, del tennis, del food e delle varie ed eventuali occasioni che via via si presentano.
Che Torino e Milano non si stiano proprio simpatiche nonostante i vari tentativi di fare rete è noto, anche se ogni mattina sono sempre di più i torinesi che pendolano su Milano. La cosa interessante però va oltre i campanili e campanilismi, ed è la nuova geografia che si sta disegnando nell’Europa che è sempre più Europa delle Regioni.

Ed è una geografia sostenuta proprio dalla UE, basti pensare a tutti i fondi Interreg che vengono stanziati per favorire scambi e movimenti tra le frontiere di idee e di persone. Per Torino fare l’Olimpiade con Milano e Cortina o con il distretto delle Alpi francesi cambia relativamente poco, considerando che la priorità è cercare una identità ed una nuova economia che vada oltre l’auto in crisi da tempo.
Torino è una città oppressa da un crisi economica e demografica importate per cui la priorità è intercettare occasioni e investimenti. Insomma la notizia è interessante proprio perché potrebbe aprire una via per il futuro o una strategia possibile non solo nel caso specifico. Magari ripetendo l’esperienza del Tour de France di quest’anno, che è partito da Firenze ed è passato per Torino per poi ritornare in Francia attraverso la Savoia.

Sul versante invece dell’automotive, in attesa del 2030, tra poco più di un mese, dal 13 al 15 settembre 2024, a Torino torna il Salone dell’Auto, un viaggio in versione “a cielo aperto” nella storia dell’industria automobilistica del passato e del futuro fatto di modelli sostenibili, tutti esposti tra le vie e le piazze del centro della città.
Torneremo sull’evento, ma ci sembra legittimo avanzare alcune perplessità, quantomeno nella scelta del tema. Torino, un po’ come tante altre capitali dell’industria e della manifattura nell’Europa, nel Regno Unito e negli Stati Uniti paga le conseguenze di una monocoltura economica che ne ha plasmato il destino, determinandone la potenza e oggi il declino. I tentativi di successo in questi casi coincidono con un cambio di passo, di mentalità e di identità. Puntare sull’automotive in una città che ha perso definitivamente ogni centralità nell’industria e nella manifattura del nostro Paese, fino ad essere una metafora del declino di una parte dell’impresa in Italia nella competizione dei mercati globali non sembra un’idea brillante, o comunque efficace.

La trasformazione di Mirafiori in una grande fabbrica in cui si rottamano i veicoli e si rigenerano i ricambi da un lato anticipa la tendenza di una certa filiera, dall’altro ha un effetto psicologicamente depressivo per chi sperava in un rilancio di Mirafiori con nuovi modelli e nuove produzioni.
Diciamo che l’idea di un Salone dell’Auto a Torino oggi è quantomeno spiazzante. A meno che non ci sia un grande progetto segreto, che però essendo segreto per ora è sconosciuto.


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