PER UN SOCIALISMO NEL XXI° SECOLO

20230520 IL FUTURO DEL COOPI E’NELL’EUROPEISMO INTERNAZIONALISTA FEDERALISTA

Andrea Ermano nell’AdL del 11 maggio 2023 scrive «Risposta semplice: dobbiamo difendere l’UE perché essa rappresenta l’unico nostro baluardo di autonomia politica nell’epoca della globalizzazione. Laddove la questione politica fondamentale sta in fin dei conti nel rischio bellico di cui il neo-nazionalismo contemporaneo alimenta molti fattori di probabilità già presenti nel nostro continente

Sarebbe sbagliato vedere in questa frase, condivisa al 100% [1], la conclusione für ewig di un ragionamento, ne è sicuramente l’inizio, che ho cercato di prefigurare nel titolo di questa mia allocuzione.

Dobbiamo sbarazzarci di parole come europeismo e europeista, che se restano generici non sono altro che un impotente surrogato di un internazionalismo perduto, ma senza internazionalismo e senza anticapitalismo non c’è socialismo nel futuro dell’umanità, anche questa una parola da maneggiare con cura.

“Umanità, quanti delitti in tuo nome!” potremmo dire parafrasando la celebre frase di Madame Rolland agli esordi della Rivoluzione francese, quella che ci ha portato la Déclaration des droits de l’homme et du citoyen 1789 insieme con la ghigliottina per difenderne i valori, ma anche il potere di chi ne era il comando.

Un progetto di futuro, in un nostro futuro individuale e collettivo, mai contrapposti nella nostra visione, è un necessario Prinzip Hoffnung [2] per fare fronte con determinazione, non sempre alimentata da un ottimismo esaltante e esaltato, che si trasforma presto in disperato e disperante, per fare fronte alle crisi planetarie dal cambiamento climatico per il riscaldamento globale, dalle crescenti diseguaglianze di sviluppo alle migrazioni di massa e al pericolo dell’uso delle armi atomiche, magari, bontà loro, soltanto tattiche, nei conflitti in corso.

La visione democratica e libertaria del socialismo, che è la nostra, è in contrapposizione ad ogni real existierender Sozialismus, che storicamente ne è stato la negazione, ma con cui dobbiamo fare i conti, come con le inadeguatezze delle esperienze, anche le più avanzate, delle socialdemocrazie laburiste scandinave [3], i cui errori, comunque, non grondano di sangue (Alain Touraine). Un conto è dare un giudizio politico e storico sulle esperienze storiche concrete, dalle quali si devono trarre gli insegnamenti, per cui non basta la proprietà collettiva pubblica, specialmente se sinonimo di statale [4], dei principali mezzi di produzione per assicurare le migliori condizioni di vita e di lavoro dei cittadini e un ciclo produttivo guidato centralmente dallo Stato con lo strumento della pianificazione per garantire il rispetto dell’ambiente.

Altro è pensare, con Edgar Morin, che una ripresa in termini di consenso democratico, unica via ammissibile per la conquista, gestione e conservazione del potere, comporti di ricomporre i filoni ideali storici. cioè socialista, comunista e libertario, della sinistra, che periodicamente si combinano, si confrontano e si scontrano, si uniscono e si dividono, anche al loro interno. Quanti ricordano la famosa frase attribuita al rivoluzionario francese Pierre Victorien Vergniaud il giorno prima di essere ghigliottinato, «la rivoluzione è come Saturno, divora i propri figli»?

Il numero di comunisti deportati in Siberia o fucilati dalla GhePeU o, in seguito, dal KGB è di molto superiore, sotto Stalin, a quello di aristocratici, commercianti e capitalisti nemici della rivoluzione sovietica, se non si contano i kulaki.

I contrasti interni a volte sono talmente intensi e mortiferi, da far pensare, che se avessimo riversato la stessa energia e determinazione a combattere gli avversari, forse ci troveremmo in una situazione migliore di quella attuale, assolutamente pessima, come vedremo. La ragione, probabilmente (un socialista democratico rifiuta il dogmatismo) risiede nel fatto che tra compagni che immaginano che ci sia un radioso futuro dell’umanità, “dove splende il sol dell’avvenir” (espressione tratta dalla canzone socialista “Inno dei Lavoratori” parole di Filippo Turati ovvero i giorni del futuro sono “les lendemains qui chantent” ( dalla canzone comunista del 1937 “Jeunesse” con le parole di Paul Couturier) chi la pensa diversamente impedisce all’ideale di realizzarsi, quindi è un traditore: “Wer hat uns verraten ? Die Sozialdemokraten!

Da qui scissioni e mancate collaborazioni da separati proprio negli anni tra il 1921 e il 1924 con l’ascesa del fascismo, conclusosi con il 1926 e le leggi di fascistizzazione dello Stato.

Nella nostra epoca è qualcosa di analogo, come abbiamo potuto constatare nei due anni scorsi quando le celebrazioni di anniversari dal 100° di fondazione del PCdI a Livorno al 130° della costituzione del primo partito, a scala nazionale, del nascente movimento politico operaio e bracciantile, il Partito dei Lavoratori italiani, in seguito PSI, a Genova, si sono conclusi con un epitaffio, con incisi, a caratteri cubitali, i risultati delle elezioni parlamentari anticipate del 25 settembre 2022, vinte da una destra[5], non più centro-destra, con l’eclissi di Berlusconi, che resta il padre padrone di Forza Italia e quindi del populismo, con un’apparente rispettabilità europea derivante dall’appartenenza al Partito Popolare Europeo.

Il PPE era, fino a poco tempo fa, il partito europeo di Orban, ed è tuttora il partito del ÖVP, austriaco, capace di allearsi all’estrema destra, del Partido Popular spagnolo non alieno ad un’alleanza con VOX, il partito dei nostalgici del franchismo, fratello dei Fratelli d’Italia, ma soprattutto della CSU bavarese di Edmund Stoiber, che esprime anche il presidente del PPE, Manfred Weber, mentre la CDU ha espresso la Presidente del Commissione Ursula von der Leyen. Il PSE, non è un partito socialista europeo transnazionale, ma il Partito dei Socialisti Europei e con l’adesione del PD il gruppo parlamentare di riferimento non è più il Gruppo Socialista, ma l’ Alleanza Progressista dei Democratici e Socialisti, cosa significhi non si sa perché non è mai sorta L’Internazionale Democratica Progressista[6] vagheggiata da Veltroni (Sindaco Roma 2001-2008) con a capo Tony Blair (Premier GB 1997-2007), Bill Clinton (Presidente USA 1993-2001) e lui, forse perché si erano dimenticati di interpellare, almeno, un socialdemocratico tedesco (ad es. Schröder, Kanzler 1998-2005) e un socialista francese ( ad es. Hollande, Segretario PSf 1997-2008), cioè gli esponenti “progressisti”, ancorché socialisti democratici, dei due paesi che, qualsiasi formula politica di governo nazionale avessero, costituivano l’asse portante della governance europea. Come socialisti cosmopoliti, per riprendere il nome di un’iniziativa sorta all’interno del Coopi destinata ad un futuro, possiamo constatare che queste vicende hanno prodotto un risultato, a mio avviso negativo, cioè che da tempo non esiste più un’Internazionale Socialista, cui aderiscano i maggiori partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti europei proprio quando le soluzioni ai problemi del mondo e dell’umanità o sono planetarie o, semplicemente non esistono, perché impossibili.

È stato un tragico errore la scelta di Prodi e della sua Commissione (1999-2004) di pensare a una soluzione europea, tra l’altro perseguita senza coerenza progettuale, di un allargamento ad Est, senza previamente aumentare la coesione grazie a una capacità di decisione più snella dell’unanimità dei 15 paesi già membri, tutti dell’Europa occidentale [7].

Possiamo vedere i risultati semplicemente mettendo a confronto alcuni dati o fatti:

1) Nell’Europa a 15 nel 1998, 12 primi ministri erano PSE, il 13° Prodi di Csx , solo Malta e Spagna PPE !;

2) Nella UE a 15 i partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti erano la maggioranza relativa del PE;

3) Nella UE a 15 non erano membri Nato 4 stati Austria, Finlandia, Irlanda e Svezia il 26,66%, ora sono

formalmente 4 con Malta entrata nel 2004, il 14,81%, presto saranno 3, quindi appena l’11,11%, non ci sarà una difesa integrata e comune europea, ma solo un incremento delle spese militari deciso dalla NATO, magari con fondi PNRR, in violazione dell’art. 41 par. 2 TUE.

Gli scritti, come questo non devono dare tutti i dati, ma stimolare a compiere delle ricerche in proprio e vorrei proporvene una sulla situazione di governo nei 14 paesi europei originari rimasti dopo la Brexit rispetto al 1998 e sul complesso europeo, inteso come UE, in questo caso il confronto andrebbe fatto con l’anno successivo alla dissoluzione dell’U.R.S.S. il 26 dicembre 1991. Un dato lo posso anticipare, il PPE è il 1°.

Tutti questi fatti hanno tra loro una correlazione, che verrà alla luce con le elezioni europee del 2024 con il risultato delle elezioni dal punto di vista dei rapporti di forza tra le formazioni politiche europee, che sono tuttavia aggregazione di partiti nazionali e in alcuni casi più d’uno nello stesso paese, per esempio in Italia sono membri di PSE sia il PD, che il PSI e in Spagna del PPE il Partido Popular, che il PNV, il partito nazionalista basco e un partito democratico cristiano indipendentista della Catalogna.

Ma non saranno sufficienti i dati percentuali dei partiti senza i valori assoluti dei voti effettivi e dei votanti e dei partecipanti alle elezioni, le ultime elezioni regionali italiane nel Lazio e Lombardia sono un monito per tutti quando in due regioni che rappresentano il 25% della popolazione Italiana e ancora di più in termini di PIL si è verificata un’astensione media del 60%. Molto vicina a quella europea delle elezioni 2014 con appena il 42,61% di votanti, che è risalita al 50,66% delle elezioni del 2019, una media costituita agli estremi dal 22,74% della Slovacchia al 88,47% del Belgio, dove il voto è obbligatorio. L’Italia nelle elezioni europee ultime è stata in controtendenza con una partecipazione 2014 del 58,69% scesa al 54,50% nel 2019 e con primi partiti variabili il PD al 40,81% nel 2014 e Lega al 34,26% nel 2019 e nel 2024 Fratelli d’Italia.

Per quelle elezioni si delineano già due strategie alternative da un lato la competizione tra PD e FdI e le due leader donne, ma antropologicamente opposte. Schlein e Meloni, per essere il primo partito e, quella, a mio avviso più significativa, di dimostrare che la coalizione, che con il 43,6% dei voti occupa il 60% dei seggi, è ancora meno rappresentativa del corpo elettorale con perdita di consensi in percentuale e voti in assoluto.

La democrazia rappresentativa cessa di essere rappresentanza del corpo elettorale, cioè del popolo, cui appartiene la sovranità (art. 1.2 Cost.) e che la esercita partecipando alle elezioni e ai referendum, senza una significativa partecipazione quantitativa alle votazioni. Tuttavia, questa è una condizione necessaria ma non sufficiente se il voto non è libero (ricordate l’espressione maggioranza bulgara con voto obbligatorio e obbligato per il candidato gradito al partito dominante?) , non condizionato dai media controllati dai poteri economici-finanziari e dei partiti di governo al loro servizio e l’elettore non è informato, cioè se la democrazia, come la libertà (Giorgio Gaber) non è partecipazione, cioè democrazia partecipativa, espressione migliore della falsa contrapposizione tra democrazia rappresentativa (sempre cattiva anche se fatta da partiti rispettosi dell’art. 49 Cost.) e democrazia diretta (sempre buona anche se plebiscitaria al servizio di un capo o di una “capessa”, carismatici e soli al comando.

Andiamo alle elezioni europee con una legge italiana [8] a mio avviso incostituzionale e per altri aspetti in contrasto con il Trattato di Lisbona. Molto sinteticamente riconosce soltanto tre minoranze linguistiche francese, tedesco e sloveno, quando quella italiana di attuazione dell’art. 6 Cost. e della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, la legge n. 482/1999, di cui sono stato il relatore nell’approvazione finale, ne riconosce 12, di cui il sardo più parlato del tedesco della provincia di Bolzano e il friulano e l’albanese almeno equivalenti. L’occitano delle valli piemontesi è più parlato del francese della Val d’Aosta e dello sloveno del Friuli-Venezia Giulia. La soglia d’accesso del 4% è superiore a quella nazionale del 3%, ma soprattutto è stata determinata da PD e Forza Italia, per ragioni politiche italiane [9] prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, i cui articoli 10 e 14 hanno cambiato la natura del Parlamento europeo, che non rappresenta più i popoli dei paesi membri, ma direttamente i cittadini UE.

I parlamentari europei sono quelli assegnati all’Italia come circoscrizione elettorale in base agli abitanti residenti, non dei suoi cittadini. In Germania e Spagna, nella metà dei Paesi UE, non c’è soglia d’accesso. Se un cittadino UE di questi paesi si candida e/o vota in Italia, come è suo diritto, subisce una soglia. Per far capire è come se nelle elezioni italiane fossero le Regioni a decidere se nelle loro circoscrizioni elettorale ci fosse o non una soglia d’accesso e questa fosse variabile tra il 2% e il 5%.

Le prossime elezioni dovrebbero essere un confronto tra programmi europei e suoi assetti istituzionali e le grandi scelte, cioè se è più importante la coesione sociale e la piena occupazione ovvero la libera circolazione senza controllo dei capitali e il predominio del profitto non tassato e una lotta all’inflazione pagata da chi la subisce e non da chi l’ha provocata ovvero ancora se la UE tollera la crescita delle diseguaglianze grazie ai divieti degli aiuti di stato, tranne che ai banchieri: i Trattati europei consentono sia una cosa che l’altra [10].

L’UE tradizionalmente per noi socialisti dovrebbe essere una federazione, ne sono testimonianza le proposte di Stati Uniti Socialisti d’Europa all’indomani della Seconda Guerra Mondiale da Laburisti britannici, credo H. Lasky e, sicuramente, G.D.H. Cole, di cui, però, loro non avrebbero fatto parte [11].

Nella presentazione del nostro Presidente e Direttore AdL del volume “Sinistra come in Europa-Autonoma Socialista Laica” AdL, Quaderno 2006.3, una delle pubblicazioni nell’ambito di quelle programmate per il 100° anno della Società Cooperativa Italiana di Zurigo, ricorda che fu l’editrice dell’Avvenire dei Lavoratori “a diffondere il Manifesto di Rossi, Spinelli, Colorni e Ursula Hirschmann [12]. Era pervenuto alla “Cooperativa” di Zurigo dall’isola di Ventotene, trafugato nel doppio fondo di una valigia. Seguì da Tolosa il documento di Silvio Trentin [13], Libérer et Féderer.” [14].

Sull’Avvenire dei Lavoratori dei Lavoratori del 1 febbraio 1944, il direttore Silone scriveva «Socialismo, umanismo, federalismo, unità europea sono le parole fondamentali del nostro programma politico»[15] e a questo programma di fondo il socialismo italiano non e mai venuto meno, persino nel periodo in cui la sua autonomia era molto limitata dal Patto di Unità d’Azione con il PCI: ed è venuto alla luce al momento della ratifica parlamentare del Trattato di Roma del 1957, istitutivo della CEE, il PSI[16] si astenne, il PCI votò contro. Il movimento Federalista Europeo fu fondato a Milano a casa del valdese Mario Rollier da un sacerdote don Ernesto Gilardi insieme con Leone Ginzburg, di Giustizia e Libertà, Arialdo Banfi e Vittorio Foà, socialisti, Lisli Carini, moglie di Lelio Basso e antimilitarista e Alberto Mortara del Partito d’Azione economista, fondatore del CIRIEC, centro sull’economia collettiva e pubblica, sostenitore di un sistema misto in economia, una composizione molto simile a quella del panel degli oratori previsti per questa manifestazione di “Auf Wiedersehen Coopi”.

Col tempo l’europeismo contaminò l’intera sinistra a partire dal PCI e dai suoi indipendenti di sinistra e le sue successive incarnazioni PSD, DS e PD, che addirittura fu uno dei discepoli più ubbidienti della parola d’ordine “Ce lo chiede l’Europa”, dalle privatizzazioni alla riforma delle pensioni.

L’unità e integrazione europea devono restare punti fermi, ma non con questo assetto istituzionale con il potere politico decisionale concentrato nel Consiglio europeo, espressione dei Governi degli Stati membri d’intesa con la Commissione Europea, che è espressione del Consiglio, cioè dei Governi e non deve godere collettivamente della fiducia del Parlamento, unico organo espressione diretta dei cittadini UE.

Tuttavia, non c’è ancora una legge elettorale uniforme, che risponda ai criteri delineati dall’art. 2 TUE e non da norme comuni ex art. 223 TFUE che, come nel caso dell’Italia, sono entrate in vigore nelle elezioni del 2019 e che saranno applicate nel 2024 senza la “previa approvazione degli Stati membri conformemente alle rispettive norme costituzionali.”, che nel nostro caso non sono state osservate.

Infatti, il nostro articolo 72 c. 4 Cost. impone che i disegni di legge “in materia costituzionale ed elettorale” devono essere sempre adottati con “la procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera”, pertanto dalle due Camere collettivamente (art. 70 Cost.) con legge nel rispetto del proprio regolamento (art. 72 c. 1 Cost.) e non, come è avvenuto, con risoluzioni delle due Camere, neppure identiche.

L’Unione Europea che vogliamo è quella che rispetta i suoi principi fondamentali ed enunciati nell’ art. 2 TUE, che trascrivo perché ogni cittadino UE dovrebbe conoscerlo e recitarlo a memoria:

«L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’ugua_ glianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.».

Senza dimenticare l’art.3 TUE “1. L’Unione si prefigge di promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli.”, perfettamente corrispondente al nostro art. 11 Cost., se non ci fosse un art. 42 TUE, purtroppo richiamato, caso unico, nel cpv. 11 del Preambolo Nel rispetto della libertà di tutti, ci adoperiamo affinché con metodo democratico prevalgano le forze politiche che nel caso sorgano contraddizioni tra gli obiettivi del par. 3, sec.do periodo dell’art. 3 TUE «Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente.” sappiano scegliere quali privilegiare e quali temporaneamente sacrificare. Un PE retto da una maggioranza PPE (Weber)-ECPR (Meloni) con il soccorso di ID (FN e Lega) sarebbe una iattura, l’Europa non procederebbe sulla via dell’unità federalista, ma del neo-nazionalismo statuale, che come temono molti aumenterebbe il rischio bellico, questione politica fondamentale per il futuro non solo dell’UE, ma dell’intera umanità.

I tempi sono difficili, ma un errore sarebbe lo scoramento leggendo i miei articoli, specialmente quelli pubblicati tra il 2006 e il 2009, nei quaderni 2006.4, 2008.1-2 e 2009.3-4, ci sono tante occasioni perdute ed emergono dissensi da altri compagni, anch’io ho lasciato associazioni socialiste di cui facevo parte, talvolta uno dei fondatori, spesso autore del manifesto programmatico. Alcune sono scomparse altre tuttora in vita, parte di questa galassia composita e scomposta, che è la sinistra italiana, ridotta ai minimi storici. Pensate che alle elezioni del 1924 i tre tronconi in cui si era diviso il vecchio PSI, primo partito alle elezioni del 1919 e del 1922, sia pure con perdite, le prime con proporzionale, ebbero tutti e tre una rappresentanza parlamentare, malgrado la legge Acerbo e le violenze squadriste, che non si limitavano all’olio di ricino e alle percosse, ma non si fermavano nemmeno di fronte all’assassinio di dirigenti del Partito o di semplici militanti e sindacalisti specialmente dei braccianti. Ebbene il PSU ebbe 422.957 voti e il 5,90%, il PSI 360.694 e il 5,03% e il PCdI 268.191 col 3,74%, in totale 1.051.842 voti e il 14,67%. Fate un confronto con le ultime 4 elezioni italiane dal 2008 al 2022 e le ultime 3 europee 2009, 2014 e 2019, caratterizzate dalla presenza della clausola d’accesso del 4% ridotta al 3% nelle elezioni italiane del 2018 e 2022: sconfortante il risultato di tante liste di sinistra che nemmeno sommate prendono la percentuale del PSU o isolate quella del PCdI.

Tuttavia, sono d’accordo con Turati quando, a distanza di trent’anni nel XX° secolo, constatava, che alcune analisi e previsioni della “Critica Sociale”, fondata nel 1891, fossero ancora valide, che questo era un segno di fallimento o di impotenza, cioè di non essere riusciti a cambiare le cose. Non mi interessa poter dire avevo ragione o avevo visto giusto. Avrei preferito essere stato smentito dal corso degli eventi e discutere oggi delle differenze tra due grandi formazioni, in concorrenza, ma non in lotta, per la conquista dell’egemonia a sinistra, che sommate rappresentassero una percentuale vicina al 45%, quella di un partito socialdemocratico, socialista o laburista quando cercava di conquistare la maggioranza assoluta dei seggi del Parlamento per realizzare con propri uomini e donne il proprio programma di trasformazione della società. In certi momenti del dopoguerra PCI e PSI sono stati vicini a questo obiettivo e sommati allo PSDI e/o al PDUP avvicinarsi o superare il 50% dei voti validi: per saper quando dovremmo chiederlo al compagno Franco Astengo di Savona.

Astengo, uno dei fondatori del Manifesto, è uno dei miei compagni di avventura nell’impresa di delineare un Dialogo Gramsci-Matteotti, che non c’è mai stato nel momento, in cui sarebbe stato più necessario, per contrastare la resistibile ascesa di quell’Arturo Ui, conosciuto come Benito Mussolini e precursore dell’altro Adolf Hitler per l’anagrafe.

Non esiste, ovvero non è la più importate, una questione socialista distinta da quella generale della sinistra, della quale i socialisti fanno parte. Da Silone ho appreso questa lezione di essere capaci di distinguere le linee ideologiche essenziali di divisione dai motivi politici contingenti. Nel 1944, con la guerra ancora in corso Silone, che pure aveva drammaticamente rotto, pagando un grosso prezzo personale, con il movimento comunista internazionale, aveva colto l’inattualità della divisione tra comunisti e socialisti [17].

Aveva ragione esaminando le ragioni, che portarono alla rottura della Seconda Internazionale, ma ebbe storicamente torto, perché non poteva prevedere la rottura dell’alleanza antinazifascista, la divisione Est/Ovest dell’Europa, la Cortina di ferro e la logica dello stalinismo, ma soprattutto il confronto tra due sistemi economici-sociali antagonisti e alternativi, il capitalismo e l’economia pianificata dei mezzi di produzione, di proprietà della Stato, che si innestava su una politica di potenza militar-imperialista per l’egemonia tra USA e URSS su un mondo in fermento per le lotte anticoloniali e per liberarsi dalla Dottrina Monroe.

A partire dal 1945 nell’Est europeo i Socialisti furono le maggiori vittime delle unificazioni forzate dei partiti comunisti e socialisti locali, anche quando il nuovo partito non si chiamò comunista, come fu il caso della Polonia-POUP, Partito Operaio Unificato Polacco, dell’Ungheria-POSU, Partito Operaio Socialista Ungherese e in DDR-SED, Sozialistische Einheitspartei Deutschland, partito dell’unita socialista di Germania. Ad Ovest il partito comunista fu vietato in alcuni, casi, ma soprattutto i comunisti furono emarginati da posti di responsabilità nei sindacati unici. La persecuzione fu effettiva nei regimi fascisti, come Portogallo, paese NATO e in Spagna, sotto il Franchismo, nella Grecia dei Colonnelli e nella Turchia dei colpi di stato militari, ma in tutti questi casi la repressione colpiva tutti gli oppositori.

All’inizio parlavo di qualità essenziali per una visione socialista del mondo, che la distinguono da una visione soltanto democratica, che non è scontata, la democrazia presuppone che ci sia libertà di scelta e pertanto, se un individuo si deve inginocchiare, inchinare o prostrare è solo per pregare e mai davanti ad un’altra persona per chiedere un favore, un beneficio o semplicemente la sua benevolenza, altrimenti non è libero e perde la sua dignità.

Il socialismo deve essere internazionalista, cioè pensare che soltanto una collaborazione tra i popoli può risolvere i problemi dell’umanità e tra loro ci deve essere solidarietà, e anti-capitalista cioè contro una logica di solo profitto a breve termine e che tutto possa essere ridotto a merce, che si possa vendere e comprare al prezzo di mercato, che se regolato vale per un’economia, mai per una società. Un nuovo ordine economico- sociale non si fa per decreto o con la violenza, ma con il controllo pubblico di autorità legittimate democraticamente e che rispondono dei loro atti.

Non basta la proprietà pubblica o privata per definire a priori ciò che è bene e ciò che è male. La natura del capitalismo non cambia, se le decisioni operative sono prese da manager e non dai proprietari. Ugualmente non basta la proprietà statale dei mezzi di produzione se le decisioni sono prese da una classe burocratica espressione di un potere senza controllo permanente, non soltanto elettorale periodico, della collettività.

In una fase di transizione, che possiamo sperare non sia quella provocatoria e ironica di uno stimolante libro del compagno Giorgio Ruffolo (1926-2023) “Il Capitalismo ha i Secoli Contati” (2008), ritengo valida, anche se non gradita al pensiero dominante nella UE, la soluzione indicata dal Titolo Terzo della Parte Prima (Articoli 35 – 47) della nostra Costituzione. Non è incompatibile con alcuni obiettivi (crescita economica equilibrata, economia sociale di mercato, piena occupazione, progresso sociale e elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente) degli stessi Trattati UE, ma soprattutto è al servizio di uno dei compiti, che la Costituzione all’art. 3 c. 2 assegna alla Repubblica.

Questa norma, di cui è stato estensore il compagno Lelio Basso, universalmente conosciuto per l’ammirazione per il pensiero e la persona di Rosa Luxemburg, per la sua collocazione nell’art.3 Cost., è un principio supremo del nostro ordinamento, e costituisce un controlimite anche nei confronti di norme dell’Unione Europea, di cui la giurisprudenza della Corte costituzionale riconosce il primato e la diretta applicazione in caso di conflitto con le norme nazionali. La stessa giurisprudenza costituzionale “ha altresì costantemente affermato che l’osservanza dei principi supremi dell’ordine costituzionale italiano e dei diritti inalienabili della persona è condizione perché il diritto dell’Unione possa essere applicato in Italia” (ord. Corte Cost. n. 24/2017).

Questo articolo merita di essere conosciuto come l’art. 2 TUE: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

Si è obiettato che l’effettiva partecipazione dovrebbe essere garantita a tutti i cittadini e non ai soli lavoratori, come fossero categorie contrapposte, per la nostra Costituzione così non è:

Per l’art. 1 l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, un bene che “La Repubblica tutela… in tutte le sue forme ed applicazioni” (art. 35) e l’art. 4 garantisce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e il cittadino ha il dover di compiere secondo le sue possibilità e scelte “un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”, per la quale “ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (art.36). Quindi ogni cittadino, a Costituzione attuata, è anche un lavoratore, sia pure momentaneamente non occupato o non in grado di svolgerlo, in tal caso chi sia “inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale.” (art. 38).

La distinzione tra norme che conferiscono facoltà e diritti e norme programmatiche, intese come semplici auspici e desideri, non esiste se non come tempo necessario e volontà politica di darvi attuazione. Realizzare la Costituzione è compito non solamente delle istituzioni, come fossero enti astratti e estranei a noi uomini e donne che vivono in Italia o hanno voluto o dovuto emigrare, ma principalmente nostro, perché la Repubblica, che ci riconosce e garantisce i diritti inviolabili di ogni essere umano, ci richiede “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2).

Una società nuova non si costituisce senza una fase di transizione, per questo la distinzione all’interno della sinistra non generica, ma espressione del movimento dei lavoratori, non è quella tra riformisti e rivoluzionari, piuttosto tra gradualisti e rivoluzionari, che prevedevano, peraltro anche loro, una fase transitoria, denominata Dittatura del Proletariato, che teoricamente era una dittatura della maggioranza dei cittadini, operai e contadini , e non della sua avanguardia cosciente, il Partito. Turati e Matteotti non gradivano proprio il termine riformista, in Italia ci fu un solo partito socialista riformista, quello di Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi in seguito alla loro espulsione nel 1912 dal PSI.
Per curiosità i partiti che hanno o avevano le riforme nel nome, Reform Party in Usa, Gran Bretagna e Canada, sono stati partiti conservatori populisti di destra, nel miglior dei casi liberali come a Singapore o in Estonia. Ancora più sorprendente è che siano di destra i partiti del progresso, Fremskridtspartiet in Danimarca e Norvegia, anti tasse e contro la presenza dello Stato in economia, che è invece un’opzione socialista anche per le soluzioni di economia mista: nessun partito del PSE, dopo l’abbandono della Clausola 4 dello Statuto del Labour prevede più estese nazionalizzazioni.

Un’economia mista, o meglio del “doppio settore” è quella che può contemperare meglio l’attenzione costante al soddisfacimento dei bisogni collettivi e “migliorare le condizioni di vita dei lavoratori, allo stesso tempo senza rifiutare quel processo di razionalizzazione dell’attività economica, che rappresenta la cifra della modernità” era una convinzione di Albero Mortara[18], economista esponente del Partito d’Azione di cui abbiamo già parlato a proposito della fondazione del Movimento Federalista a Milano. Il Partito d’Azione è stato una filiazione di Giustizia e Libertà, che ha il suo fondamento nel libro-manifesto ideologico “Socialismo liberale” di Carlo Rosselli e Alberto Mortara per specificare cosa intendesse per “doppio settore” dell’economia scrive “chi ha dato all’affermazione teorica un carattere di particolare modernità è stato Carlo Rosselli nelle pagine di Socialismo liberale e in alcuni articoli sparsi”.

Questa valutazione segue di poco a proposito della congiunzione di razionalità e giustizia la citazione della pagina iniziale di Socialismo liberale, la stessa ricordata nell’articolo “Il nuovo vento azionista” di Marco Cianca nell’AdL 18 maggio 2023, che annunciava la manifestazione di oggi.

Alla domanda “E’ il liberalismo che si fa socialista, o il socialismo che si fa liberale?” Rosselli rispondeva “Le due cose assieme. Sono due visioni altissime ma unilaterali della vita che tendono a compenetrarsi e a completarsi. Il razionalismo greco e il messianismo d’Israele.” Invero quella di Cianca è più completa: “L’uno domina l’amore per la libertà, il rispetto delle autonomie, una concezione armoniosa e distaccata della vita. L’altro una giustizia tutta terrena, il mito dell’uguaglianza, un tormento spirituale che vieta ogni indulgenza”.

Il problema del socialismo democratico e gradualista, perché le masse dovevano educate e gli individui non pensare solo a se stessi affinché crescesse il consenso maggioritario sulle cose da fare per una società più libera, più eguale e più solidale è ancora più difficile del consolidamento della sola democrazia, nella quale c’è un paradosso, come diceva Louis Antoine de Saint-Juste ”Richiede dai molti le virtù, che di norma sono di pochi”. I primi militanti socialisti insegnavano a leggere e a scrivere e combattevano l’alcolismo, “dal litro al libro” diceva Matteotti.

Ultimo argomento la guerra, che anche oggi, come di fronte alla Prima Guerra Mondiale, è divisiva e fattore di discussione all’interno delle famiglie. Ci sono opinioni diverse tra i compagni, difficilmente componibili se si pensa in termini ultimativi, quasi che o sei con gli ucraini o a favore dei russi, anzi per semplificare devi essere con Zelensky o con Putin.

La mia prima reazione non ha avuto dubbi: l’Ucraina era la vittima aggredita e la Russia con l’invasione aveva violato la Carta delle Nazioni Unite. Si erano aggiunti gli orrori di Bucha e le immagini di abitazioni, ospedali e scuole bombardate. Con la deportazione di decine di migliaia di bambini non ci sono dubbi sul fatto che Putin fosse un criminale di guerra, e fosse giusta l’incriminazione dinanzi al Tribunale Penale Internazionale.

Però con questo mi son venuti i primi dubbi non sui crimini di guerra, ma del perché gli USA non cambiassero idea e ratificassero, anche loro, la convenzione istitutiva del TPI e finalmente riconoscessero l’autorità del TPI anche sui loro militari: Putin sarebbe stato inchiodato alle sue responsabilità.

Due pesi e due misure non sono ammissibili, la Serbia è stata aggredita dalla NATO e l’Irak, dopo l’intervento efficace a difesa del Kuwait. Non c’era dubbio che i kossovari avevano il diritto di difendere la loro autonomia, la loro lingua cultura, ma il concetto di guerre umanitarie è ambiguo e si presta a manipolazioni. Nei Sudeti i tedeschi erano maggioranza e Danzica era una città anche tedesca. Nell’asia del Sud-est ci sono colonie cinesi in quasi tutti gli stati della penisola malese e consistenti insediamenti indiani nelle città costiere africane prospicienti l’Oceano che da loro prende il nome.

Resta il fatto che la protezione delle minoranze nazionali, se discriminate è compito dell’ONU, la cui operatività è stata compromessa dal taglio dei contributi USA, al pari del diritto di veto dei 5 stati vincitori della Seconda Guerra Mondiale.

Ebbene queste aggressioni sono state legittimate ex post da risoluzioni ONU, concordate con Cina e Russia, che non hanno esercitato il diritto di veto, ora si comprende la ragione, quelle risoluzioni sono state richiamate dalla Russia per giustificare l’intervento.

Intanto dobbiamo distinguere tra pacifismo, anti-militarismo e non-violenza, per il cui esercizio bisogna avere una forza d’animo di personalità eccezionali come il Mahatma Ghandi o Nelson Mandela.

Caratteristica socialista è stato sempre l’antimilitarismo, più che il pacifismo e l’antimilitarismo, giustifica l’uso delle armi contro i regimi militari, nella lotta partigiana e di liberazione nazionale o per la difesa del diritto dei popoli all’autodeterminazioni in base alla Carta di Algeri 1976, alla cui elaborazione e approvazione ho avuto la ventura di partecipare grazie a Lelio Basso. A tal proposito voglio ricordare un grande socialista, compagno, amico e maestro di vita, recentemente scomparso il filoso Fulvio Papi, che nel 1956 a capo della redazione milanese dell’Avanti! in assenza della Direzione del giornale e nella irreperibilità della dirigenza politica del PSI seppe prendere una posizione di principio che salvò l’onore della sinistra italiana schierandosi a favore degli operai e studenti ungheresi in armi contro i carri armati sovietici, che repressero una rivolta popolare, come nel 1953 a Berlino e 12 anni dopo un in Cecoslovacchia un 20 agosto invernale gelò la Primavera di Praga.

Qui in Svizzera è necessario ricordare l’appello contro la guerra dei socialisti italiani e svizzeri del 1914, il cui centenario è stato celebrato a Lugano con un’iniziativa dei socialisti lombardi e ticinesi, di cui l’AdL diede conto, e sempre ad iniziative dei socialisti italiani e svizzeri si devono le conferenze internazionali di Zimmerwald (1915) e Kienthal (1916), per riannodarsi alle manifestazioni contro la guerra promosse anche dai partiti socialisti e che avevano mobilitato milioni di persone. Le stesse che, come notava amaramente Manès Sperber (1905, Zabolotiv, UA-1984, Parigi) [19] nel discorso di accettazione del Premio per la Pace 1983 alla Buchmesse di Francoforte, di lì a meno di un anno si sarebbero sparati addosso gli uni agli altri dalle opposte trincee.

La ricerca della pace non né semplice, né facile e può essere piena di contraddizioni specie se piena di contraddizioni, come ci ricorda sempre Manès Sperber nel suo discorso: «Immanuel Kant, il maestro di tutti noi, nel suo saggio “Pace perpetua” fece il seguente postulato: “Nessun accordo di pace dovrebbe applicarsi a uno che è stato fatto con la riserva segreta di una guerra futura“»; altrimenti aggiunge “l’accordo di pace è il padre di ogni nuova guerra”.

La “Guerra alla Guerra” la parola d’ordine della nostra Angelica Balabanoff, anche lei ebrea nata in una città, Chernihiv, ora dell’Ucraina ma prevalentemente russofona, ciò malgrado bombardata a tappeto dai russi, non può vincere se portata avanti da un “pacifismo aggressivo”, per cui chi non si oppone ora e subito all’invio di qualsiasi tipo di armi all’Ucraina è un traditore della pace, quando la maggioranza degli italiani, che vogliono la cessazione delle ostilità, è costituito da un 31% di già favorevoli all’invio di armi, che sono per il cessate il fuoco, respinto dai vertici ucraini. Ci sono buoni argomenti, come quelli pacatamente, ma risolutamente esposti dal papa a Zelensky nel recente incontro, e che per noi socialisti sono la Costituzione e le tradizioni del movimento socialista internazionalista. Il primo è l’articolo 11 della Costituzione, che si impone ai membri del Governo, che hanno giurato di essere fedeli alla Repubblica italiana democratica fondata sul lavoro e non alla RSI e di osservarne la Costituzione.

Chi non rispetta un solenne giuramento non commette un reato, solo chi dichiara una guerra attenta alla Costituzione, ma viene meno al precetto costituzionale dell’art. 54 c. 2, che impone a tutti ”I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche….il dovere di adempierle con disciplina eonore”. La formulazione dell’articolo 11 Cost. è perentoria non lascia spazio ad ambiguità o fumisterie “L’Italia ripudia la guerra, come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (“ripudia” non rifiuta o respinge. Prestiamo attenzione alle parole usate, non a caso la nostra Costituzione dice che “La sovranità appartiene al popolo..” e non promana o deriva dal popolo, come si usa, e parlando di autonomia differenziata, altro tema di contrasto, solo la salute è un “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (art. 32).

Se si ripudia la guerra si impone la ricerca di una soluzione pacifica attraverso trattative, anche se è stato deciso di inviare armi come i governi Draghi e Meloni. Per convincimento mio, basato sulla prevalente dottrina costituzionale, le uniche organizzazioni internazionali cui abbiamo ceduto sovranità, in forza del secondo periodo dell’’art. 11 “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”, sono soltanto l’ONU e la UE e non la NATO, che non può prendere decisioni vincolanti, anche se con l’art. 42 TUE, in contraddizione con il suo scopo originario, la UE ha dato un ruolo alla NATO, che tuttavia non può violare i principi supremi del nostro ordinamento, tra cui rientra l’articolo 11 della Costituzione.

La mia crescente opposizione agli eventi bellici pur stando umanamente dalla parte del popolo ucraino aggredito e più sofferente, ma non contro il popolo russo oppresso da un regime autocratico e oppressivo, dopo essere stato derubato dalla classe burocratica sovietica al potere, trasformata in tanti oligarchi, è motivata da una sfiducia nella leadership americana della NATO, i cui intessi economici e strategici non coincidono necessariamente con quelli dell’Europa, per non dire che nel lungo periodo assolutamente divergono. Grazie a un libro di Domenico Gallo, Guerra Ucraina, Delta 3, Grottaminarda, 2023[20], ho appreso dalla prefazione di Raniero La Valle dell’esistenza di due documenti sulla strategia nazionale degli Stati Uniti pubblicati nell’ ottobre 2022 dalla Casa Bianca e dal Pentagono, che ho voluto leggere nella loro integralità.

La lettura è preoccupante: lo scenario è quello di una competizione globale per l’egemonia planetaria dove la “sfida culminante” è con la Repubblica Popolare Cinese, per il suo peso economico, non con la Russia.

La Cina vuole “rimodellare l’intero ordine internazionale per soddisfare le sue ambizioni di potenza economica e politica”. E’ un mondo diviso in 4 gruppi contrapposti in lotta fra loro.

I 4 soggetti sono: 1) Gli Stati Uniti e i suoi alleati e partner; 2) la Cina; 3) la Russia, la Corea del Nord e le organizzazioni terroristiche; 4) la “zona grigia”, che non fa parte degli altri 3 gruppi. Mi permetto di far notare che questi “altri” comprendono paesi come India, Brasile, Sud Africa e Indonesia.

In questo scenario l’Europa non ha né identità, né un ruolo autonomo: nemmeno quello negativo dell’allucinante mondo immaginato in 1984 da George Orwell, con la neo-lingua e le 5 potenze continentali in permanente conflitto tra loro per poter dominare e controllare i loro sudditi.

Un tale assetto non ha alcun rapporto non solo con i nostri sogni, ma anche con una normale vita in cui si cerca un rifugio sereno, anche se un poco noioso. Eppure nella Dichiarazione di indipendenza del 4 luglio 1976 era contenuto il diritto alla ricerca della felicità. Un inizio apparentemente migliore della fine dell’URSS tra i fumi d’alcool di tre alti burocrati sovietici ex comunisti in una dacia della Foresta di Bialowieža in Bielorussia, forse perché nella sua capitale Minsk era stato fondato il 1°marzo 1898 il Partito Operaio Socialdemocratico Russo, la cui frazione maggioritaria, bolscevica questo significa, fondò anni più tardi nel 1917 il Partito Comunista dell’Unione Sovietica.

Se il pericolo per l’egemonia USA è la Cina, allora si capisce perché il progetto di mediazione della RPC articolato in 12 punti, perfettamente in armonia con la Carta delle Nazioni Unite, sia stato respinto, invece di accettarlo, inchiodando così la Cina al principio della integrità territoriale degli Stati membri delle Nazioni Unite. Lo stato dell’arte ha un unico vincitore il complesso militare-industriale, che è un pericolo non solo per dei socialisti internazionalisti e anti-militaristi, ma persino per un Presidente USA repubblicano, Dwight Eisenhower, un ex generale, che lo denunciò nel suo discorso di commiato nel gennaio 1961.

Ci conforta la posizione di Matteotti coerente contro la guerra al punto di rifiutare la posizione di compromesso “Né aderire, né sabotare” della maggioranza massimalista. Nel 100° anniversario dell’uccisione speriamo che si parli più delle sue opere al servizio del popolo e degli ideali, che della sua morte. Come conclusione lasciatemi finire con una frase che Pietro Nenni amava ripetere, del tipo “Le idee camminano sulle gambe degli uomini”, “FAI QUEL CHE DEVI, succeda quel che può” la preferisco a quella più realistica “ FAI QUEL CHE PUOI, succeda quel che deve”

Ultima avvertenza nel titolo ho scritto per “Per un socialismo nel XXI° secolo”, non “del XXI° secolo”, non a caso. Ai lettori capire la differenza.

Felice K. Besostri

NOTE

1 In realtà sarebbe più prudente scrivere al 99%, perché come c’insegna Lichtenstein “la scrittura è uno specchio che riflette l’immagine di chi legge” e chi legge sono io e non Andrea, che l’ha scritta.

2 “Das Prinzip Hoffnung” (Il Principio Speranza) è il titolo dell’opera principale de filosofo ebreo tedesco Ernst Bloch, scritto nell’esilio americano negli USA tra il 1938 e il 1947, bastano queste date per capire l’importanza di coltivare la speranza in un periodo tra i più tragici per l’umanità e in particolare per il popolo ebraico.

3 Nei nomi delle loro formazioni principali, in Svezia SAP (Sveriges Socialdemokratiska Arbetareparti) e in Norvegia DNA (Det Norske Arbeiderparti) compare o non compare la parola socialdemocratico, ma sempre partito dei lavoratori, il nome del primo partito unito della sinistra, fondato a Genova nel 1892 rimasto l’unico, ma non più unitario, fino al 1921 con il congresso di Livorno, dal quale nacque il PCdI dal troncone socialista del PSI, dal quale nel 1922 si separò il PSU di Turati e Matteotti mentre cresceva la violenza dello squadrismo fascista. Nello stesso anno 1922 il 28 ottobre ebbe luogo la Marcia su Roma assolutamente non contrastata da forze dell’ordine ed esercito. La manifestazione di forza si concluse il 30 ottobre, quando, complice la monarchia, Mussolini fu incaricato di formare il nuovo governo.

4 Denunciata da Bruno Rizzi (1901-1977) nel libro, anticipatore delle sue degenerazioni (culminate nella disastrosa appropriazione personale della stessa burocrazia nel processo di privatizzazione oligopolistica seguita al crollo dell’U.R.S.S.) “Il collettivismo burocratico”, concepito negli anni del suo esilio parigino (1939-1943) con il titolo “La Bureaucratisation du Monde”. I suoi scritti sono comparsi in pubblicazioni eterogenee della sinistra da Critica Sociale e Tempi Moderni di area socialista a Azione Comunista, A Rivista Anarchica e Umanità Nova, basta il nome.

5 Grazie ad una legge che ha regalato alla coalizione FdI, Lega e FI, con il 43% dei voti il 59% dei seggi alla Camera e il 57,5% dei seggi elettivi al Senato. Questa legge, la n. 165/2017 non l’ha fatta la destra, ma è entrata in vigore in tempo per le elezione del marzo 2018 grazie a 8 voti di fiducia imposti da un Presidente del Consiglio, del PD, con la complicità di una Presidente della Camera e subita dal Presidente del Senato in violazione dell’art. 72 c. 4 Cost., dimentichi del rigore costituzionale della compagna comunista Nilde Iotti, prima donna Presidente della Camera dei deputati, che in un lodo del 1980, aveva chiarito che con la richiesta di voto di fiducia non si era più in presenza di una procedura normale di approvazione. Non si poteva quindi utilizzarla per “un disegno di legge in materia costituzionale ed elettorale” per espresso divieto costituzionale. La legge è stata integrata e peggiorata sotto il governo Conte 1, giallo-verde, con l’approvazione della maggioranza grillina-leghista. Gli effetti distorsivi si sono aumentati grazie al demenziale, come entità, taglio dei parlamentari, iniziato con la maggioranza giallo-verde e portata a compimento con quella gialla-rosacea.

6 Cfr. “Dahrendorf e il Biennio Rosa- Walter, I’ vorrei che Tony e Bill e io…”di Felice Besostri, AdL 11.10.1998

7 Restavano fuori solo Svizzera, Islanda, Norvegia e Malta, che aderirà nel 2004.

8 Legge n. 18/1979, come modificata dalla legge n. 10/2009 alla viglia delle elezioni europee dello stesso anno.

9 Per i relatori Ceccanti (PD) e Malan (FI ora FdI) si doveva impedire che rientrassero in gioco le forze politiche escluse dal Parlamento italiano nel 2008.

10Per rendersene conto basta leggere e meditare i capoversi 2, 3, 4, 5, 8 e 9 del PREAMBOLO e gli articoli 2 e 3 (in particolare il par. 3) del TUE e la Carta dei Diritti Fondamentali nella UE, che ex art. 6 TUE ha lo stesso valore giuridico dei Trattati.

11 Un’idea antica emersa in un romanzo di Guido Morselli, “Contro-passato prossimo: un’ipotesi retrospettiva” Adelphi, 1975 di storia contro fattuale. Le truppe austro-ungariche sfondando a Caporetto, dilagano nella Pianura padana, occupano buona parte dell’Italia settentrionale, costringendo lo Stato monarchico dei Savoia a chiedere la pace, ma la vittoria porta alla rivoluzione nell’Impero asburgico, che non si frantuma in tanti stati nazionali, ma si trasforma in una Repubblica Federale Socialista, la prima in Europa, dominata dai socialisti democratici e dal pensiero di Otto Bauer, l’austro-marxismo e non in un paese autoritario e arretrato come l‘Impero russo zarista a opera di Vladimir Ilić Ulianov e dell’ideologia leninista, dal suo nome di battaglia, prima, presto trasformata da Stalin e dalla politica stalinista, il cui apporto alla sconfitta del nazismo ha fatto per molto tempo dimenticare i processi, i Gulag e le deportazioni di massa nelle lande siberiane. Tra le truppe americane prima della Guerra Fredda era conosciuto come Oncle Joe. Quando è morto il quotidiano del MAPAM, il partito socialista di sionista uscì con la notizia in prima pagina sotto un titolo “IL SOLE DEI POPOLI SI È SPENTO”. Nel resoconto della Camera dei Deputati dl 6 marzo 1953, quello che mi ha colpito non è stata la laudatio di Palmiro TOGLIATTI e Pietro NENNI, ancora vincolati da un Patto di Unità d’Azione del 1934, rinnovato il 28 settembre 1943 e dopo la Liberazione il 25 ottobre 1946, ma più che le condoglianze misurate del sotto segretario agli esteri Taviani, che il presidente on. Gronchi, futuro Presidente della Repubblica, levandosi in piedi e con lui i deputati e i membri del Governo, sospese in segno di cordoglio i lavori della Camera per un’ora.

12 Scrittrice, politica socialdemocratica e antifascista tedesca, federalista europea (Berlino 1913-Roma 1991), compagna di Eugenio Colorni, socialista e Altiero Spinelli, comunista dissidente. Il suo libro più noto “Noi senza patria” Il Mulino, 2022, la vita appassionante di un’intellettuale ebrea berlinese, esule a Parigi, in fuga dal Nazismo.

13 Esule antifascista, partigiano di Giustizia e Libertà, giurista e docente universitario (San Dona di Piave 1885-Monastier 1944, padre di Bruno (Pavie, Francia 1926-Roma 2007) partigiano, parlamentare europeo del PSE e italiano PCI, ma soprattutto l’indimenticabile segretario generale della FIOM, protagonista dell’unità dei metalmeccanici nella FLM con Giorgio Benvenuto della UILM e Pierre Carniti della FIM, entrambi socialisti e della CGIL. Trentin, con Buozzi, Di Vittorio, Santi e Lama, se ci fosse un Pantheon dei sindacalisti, ne farebbe parte.

14 Uno dei tanti appelli, ricordati da Ignazio Silone, nel suo “Missione europea del socialismo”, pubblicati nel 1941 quando le armate hitleriane si espandevano, apparentemente inarrestabili da Parigi a Stalingrado, dove il fallito assedio diede il segnale dell’inversione di rotta.

15 Citazione riportata in Felice Besostri, Silone e la visione europea del socialismo, in Le Idee, Atti delle Giornate Siloniane in Svizzera, vol. II°, Quaderno AdL (09.3-4).

16 Malgrado la scissione socialdemocratica del 1947, con l’uscita del Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, poi PSDI, dall’allora PSIUP, nome assunto dal PSI dopo l’unificazione con il Movimento di Unità Proletaria di Lelio Basso, la componente federalista europeista si era rafforzata con la confluenza nel PSI della maggioranza del Partito d’Azione, che espresse molti compagni della sinistra socialista, tra cui per citarne solo due, Francesco De Martino e Riccardo Lombardi.

17 La citazione è nel volume Zurigo per Silone, vol. II°, Quaderno AdL (09.3-4), p.48

18 Questo passo e il successivo sono tratti dalla sua recente biografia, G. Bursi e F. Trisoglio (a cura di), Alberto Mortara. L’Antifascismo, L’Economia, Il Cinema, Mimesis, Sesto S.G, 2023, pp. 83-84.

19 Manès Sperber è personaggio emblematico del periodo tra le due guerre mondiale, con punti in comune col nostro Ignazio Silone, come lui funzionario dell’Internazionale Comunista e poi deluso dal tradimento staliniano degli ideali comunisti. La sua città di nascita, un tipico Shtetl ebraico dell’Europa orientale, ora Ucraina (krajna è il confine nelle lingue slave) era allora austriaca, ma prima della tripartizione della Polonia del 1795 fra Prussia, Russia e Impero asburgico, faceva parte del regno di Polonia e Lituania, che al tempo della sua massima espansione dalle rive del Baltico arrivava a lambire il Mar Nero. Per me Sperber, Silone e Arthur Koestler, l’autore di Buio a mezzogiorno, sono l’emblema di una tragedia, che ha drammaticamente diviso il destino della sinistra europea, oltre che loro persone e che ha la sua origine nella guerra e nelle sue conseguenze.

20 Si consiglia anche la lettura di 6 documentatissimi articoli del compagno Giuseppe Scanni, già della Sezione esteri del PSI al tempo della Segreteria Craxi apparsi sul magazine on line ILMONDONUOVO.CLUB (https://www.ilmondonuovo.club) e che dal prossimo mese sarà in libreria con il titolo “L’orlo del baratro” edizioni Heraion, Roma 2023.


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