ROMA, BELLA DA VEDERE MAGICA DA RACCONTARE

PAOLO PORTOGHESI

La città è un organismo vivo che svolge nei confronti dei cittadini una funzione importante: li unisce, li aiuta a vivere, da loro il conforto e il piacere della condivisione. Quando l’organismo si ammala però i microorganismi che la abitano – noi cittadini -ci sentiamo contagiati e ne soffriamo.

Roma è una città amata e ammirata da chi ci vive e ancor più da chi la visita; ma qualcosa in questi sentimenti è cambiato molto negli ultimi decenni. I Romani la sentono più lontana ,la ricordano più accogliente e meno affaticata, più pulita più ricca di quella magìa del silenzio che ne caratterizzava molti angoli segreti. I forestieri la sentono ancora mirabile nelle sue parti più antiche ma disordinata, umiliata dal traffico e dai rifiuti, anche se spesso sono il ricordo che loro stessi hanno lasciato alla città.

Che fare, allora? I più giovani, in maggioranza pensano al loro interesse immediato, conoscersi e divertirsi; non possono rimpiangere ciò che non hanno visto e usano la città con il metodo “mordi e fuggi”. Una piccola minoranza dei giovani – è vero – cerca di cambiare, si impegna in operazioni culturali coraggiose, si batte per una città più giusta e più bella, ma questa “voglia matta” non si trasforma in una volontà politica precisa, rimane a mezz’aria e rischia di estinguersi subito per macanza di strategie.

Poi ci sono i meno giovani che sentono il bisogno di raccontare, di parlare della città che hanno conosciuto confrontandola con quella attuale, di “rinverdire la memoria”cercando di far emergere dalla terra le radici, senza conoscere le quali la città rimane qualcosa di immotivato e incomprensibile.

Questo libro è un esempio di questo desiderio di comunicare una immagine di Roma che sta svanendo sotto i nostri occhi e che, almeno in parte, potrebbe essere salvata per non privare le future generazioni di esperienze e di piaceri inscindibili dalla forma della città.

Il libro parla di urbanistica, e oltre a descrivere momenti significativi della storia si conclude con una immagine inquietante: “Roma aspetta”… Cosa aspetta? Fabrizia Cusani lo dice senza peli sulla lingua, aspetta chi sappia tener conto insieme di un patrimonio da conservare gelosamente e sappia nel contempo realizzare un adeguamento coraggioso a ciò che la modernità, tecnologica ma anche politica può offrire a una città. La pandemia e la guerra certo non aiutano a risolvere i problemi ma possono aiutarci a scegliere tra un sonno mortale e lo sperato risveglio.

Il libro parla anche di altri aspetti dell’identità di Roma: la poesia dialettale, la musica, la cucina. Anche in questo campo un poco di filologia non guasta. In un periodo in cui la smania della varietà colpisce anche la cucina e le riviste specializzate propongono dieci diversi tipi di carbonara con gli ingredienti più imprevedibili, sapere come questo piatto è nato e con quali componenti è senza dubbio utile. Come è utile conoscere qualche esempio di poesia romanesca e qualche esempio di canzoni tiberine, spesso lagnose e nostalgiche, ma non quelle scelte giustamente da Mario Pacelli che meritano la qualifica di classiche.

(Ad ottobre del 2022 Fabrizia Cusani autore ed editore di un libro sulla città di Roma ha chiesto a Paolo Portoghesi di scrivere la prefazione)


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