Un anno di grandi cambiamenti per la Rai, l’emittenza privata e il sistema politico
Bruno Somalvico
Direttore editoriale di Democrazia futura
In questo quarto pezzo Somalvico ripercorre i primi mesi del 1976 in cui appare evidente come il nuovo clima emerso dopo la legge di riforma della Rai nonostante misure tendenti a garantire la salvaguardia del regime di monopolio crea i presupposti non solo per l’avvio della lottizzazione in seno alla Rai che – scrive Somalvico – si realizza sotto il segno della professionalità e del rispetto del pluralismo, ma per la nascita de facto di un sistema radiotelevisivo misto anche al di fuori dell’ambito locale. Prova ne siano da un lato i primi progetti di legge e iniziative per regolamentare l’emittenza radiotelevisiva privata locale senza operare distinzione fra trasmissioni via cavo e su reti terrestri, dall’altro le piccole e grandi manovre che caratterizzano il nascente settore delle radio e televisioni private ma non solo, coinvolgendo sempre più da vicino il mondo delle grandi aziende, quello dell’editoria e della carta stampata e soprattutto quello dei cosiddetti ripetitoristi, e in particolare in Garfagnana i fratelli Marcucci che attraverso la propria rete di trasmettitori in nove regioni italiane garantiranno non solo la ripetizione di emittenti estere, ampliando nella fattispecie la copertura nazionale di Tele-MonteCarlo sino a Roma, ma trasformano de facto l’emittente locale di Lucca TVS Telexpress nella prima rete televisiva privata nazionale realizzando nel mese di marzo la prima diretta televisiva su scala nazionale realizzata da un privato in Italia per trasmettere il Rally del Ciocco.
Se da un lato il 1976 segna, a pochi mesi dalla scomparsa di Francisco Franco, l’inizio in Spagna della fase di transizione dalla dittatura franchista verso un regime democratico, anche in Italia, esso appare un anno di grandi cambiamenti. Sul piano politico dopo l’uscita dei socialisti dal governo, le nuove elezioni politiche segnano l’inizio della stagione dei governi di unità nazionale con il sostegno esterno dei grandi vincitori della consultazione elettorale, ovvero i comunisti di Enrico Berlinguer, rimasti per quasi tre decenni, a patire dal 1947, all’opposizione, dapprima attraverso il meccanismo della non sfiducia poi, a partire dal 1978, attraverso il loro ingresso nella maggioranza senza peraltro una partecipazione diretta nell’esecutivo.
Sul piano dell’informazione nascono nuovi quotidiani e in seno alla Rai nascono due nuovi telegiornali realizzati da due testate della stessa azienda, il TG1 e il Tg2, dotate di fisionomie diverse, segnando una forte discontinuità con il passato. Iniziano li anni ruggenti delle nuove reti e testate della Rai che assumono un profilo meno istituzionale, talora persino irriverente nei confronti delle istituzioni politiche e religiose della Penisola, cercando di conquistare nuovi telespettatori e ascolti sottraendoli ai canali tradizionali.
In questi brevi ma intensi “anni ruggenti” di transizione verso un sistema televisivo misto che irromperà prepotentemente nei primi anni Ottanta, si inaugura una stagione di concorrenza interna al monopolio Rai che coinvolge anche la programmazione delle reti con l’emergere di Rai Due affidata a Massimo Fichera in netta rottura con la televisione spesso paludata del passato anche recente rimasta sino ad allora oggetto di azioni preventive di forte controllo sulla programmazione, di misure di censura ma soprattutto di autocensura imposte dal potente direttore generale democristiano Ettore Bernabei in carica dal 1961 al 1974.
L’Europa vive ancora divisa dl Muro di Berlino ma l’Italia, dopo la caduta di alcuni muri sui diritti civili, sembra avviarsi al superamento dei vecchi equilibri politici tradizionali e si perseguono equilibri politici più avanzati che potrebbero preludere ad un sistema di alternanza politica come avviene dal dopoguerra nelle altre tradizionali democrazie occidentali. In realtà questa stagione di sogno di un cambiamento nata dopo la vittoria del divorzio finirà presto e il successo dei comunisti con la loro marcia di avvicinamento verso il potere, a fronte del netto ridimensionamento dei socialisti e delle forze che spingono per l’alternativa di sinistra, rafforzeranno da un alto il cosiddetto consociativismo e dall’altro nuove forme di opposizione da parte di movimenti terroristico non solo all’estrema destra ma che godono di una vasta area di simpatia e consenso fra gli operai nelle fabbriche e persino fra gli studenti nelle scuole e nelle università.
La caduta del quarto governo Moro e il reincarico dopo lo scoppio dello scandalo Lockheed
Il 5 gennaio 1976 il partito socialista comunica ufficialmente il ritiro dell’appoggio esterno al quarto governo Moro. Alla base della decisione un forte mutamento nella politica economica e una maggiore responsabilizzazione del PCI. Ugo La Malfa invita il PSI a entrare nell’esecutivo con propri ministri, il PCI fa appello contro una crisi che porterebbe quasi certamente a elezioni anticipate. Ma cadono nel vuoto: l’indomani 6 gennaio il Consiglio dei Ministri prende atto del ritiro dell’appoggio socialista. Subito dopo Aldo Moro sale al Quirinale e rassegna le dimissioni al Capo dello Stato. Ottenuto il reincarico Moro inizia una serie di trattative in un clima incandescente dopo le rivelazioni l’8 gennaio da parte del New York Times e il 10 gennaio da parte del Washington Post circa un finanziamento di sei milioni di dollari voluto dal presidente Gerald Ford ed erogato materialmente dalla CIA a favore della DC, del PRI e del PSDI. Il 4 febbraio lo scandalo dei finanziamenti americani ai partiti anticomunisti si allarga. In base alla documentazione resa pubblica dal senatore Frank Church, il democristiano Luigi Gui e il socialdemocratico Mario Tanassi hanno incassato 1,680 milioni di dollari per agevolare la vendita all’Italia di 14 aerei Hercules C-130 della società Lockheed. Due giorni dopo, il vice-presidente della Lockheed, Carl Kotchian, rivela che la vendita degli aerei, di cui l’Italia non aveva bisogno, era funzionale ad un artificioso rigonfiamento del fatturato estero, necessario per ottenere un prestito di 250 milioni di dollari dal governo americano. Di fronte all’esplosione dello scandalo Lockheed, Moro tira dritto escludendo Gui dalla lista dei ministri e insediandosi il 12 febbraio a capo di un monocolore democristiano, il quinto governo Moro, che ottiene la fiducia del Parlamento grazie al voto favorevole di liberali e socialdemocratici e all’astensione di repubblicani e socialisti.
Primi progetti di legge e iniziative per regolamentare l’emittenza radiotelevisiva privata locale
In questo clima di forte conflittualità sociale e politica è evidente che il regime di monopolio sia pure riformato non può essere salvaguardato e come già detto le spinte per superarlo provengono da vari segmenti della società rispondendo tanto a istanze imprenditoriali ed esigenze di mercato quando a richieste di allargamento della libertà di espressione e di apertura che investono tutti i mezzi di comunicazione e quindi spingono verso la nascita di un sistema radiotelevisivo misto.
Le motivazioni che spingono a da vita a nuove emittenti radiofoniche o televisive sono le più disparate e spesso confliggono tra di loro rispondendo ad esigenze di redditività economica e finalità di profitto in contrasto con le ambizioni libertarie e antagoniste delle prime radio e televisioni libere in qualche modo ispirate al modello dei cosiddetti “centofiori”.
Non a caso fallisce all’inizio dell’anno il tentativo dell’Associazione Nazionale delle Tele-radio Diffusioni (ANTI) riunitasi il 5 gennaio 1976 di mettere d’accordo le nuove emittenti sullo Statuto delle radio private. Una settimana dopo il 12 gennaio 1976 Il deputato DC Marcello Simonacci presenta un disegno di legge (n. 4239) per la regolamentazione di radio e tv private il cui scopo è modificare e integrare la legge 14 aprile 1975 n. 103 di riforma della Rai.
Il progetto di legge prevede che:
L’installazione e l’esercizio degli impianti di diffusione, sia via etere che via cavo, sonora e/o televisiva dei programmi, sono ammessi relativamente a territori limitati al Comune, alla Provincia o, al massimo, alla Regione. (Art. 4)
Chiunque intenda installare impianti di diffusione via etere o via cavo deve chiedere l’autorizzazione al Ministero delle Poste e alla Regione competente per territorio (Art.5).
La Regione rilascia l’autorizzazione per la diffusione dei programmi sonori e televisivi (art. 10). Nel rilasciare l’autorizzazione, la Regione deve assicurare il rispetto delle seguenti norme:
- a) la pubblicità non può superare il limite massimo del 5 per cento dei tempi totali di trasmissione;
- b) è vietata ogni interconnessione per trasmissioni in contemporanea con altre reti, anche terrestri.
“Le misure dei canoni dovuti dagli utenti alle reti private sono stabilite dal CIPE […] Il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni assegna le frequenze di funzionamento degli impianti (art. 9).
Piccole e grandi manovre verso la trasformazione del sistema dell’informazione e della comunicazione in Italia
Nelle prime settimane del 1976 assistiamo a piccoli e grandi eventi – taluni di portata storica – destinati a modificare rapidamente gli assetti del sistema dell’informazione e della comunicazione.
Il 15 gennaio 1976 viene depositata la Sentenza n. 1 della Corte Costituzionale che dichiara
“manifestamente infondata la questione di costituzionalità delle norme che legittimano il monopolio radiotelevisivo, perché già dichiarate incostituzionali con sentenza della Corte Costituzionale n. 225 del luglio 1974”.
La vigilia, il 14 gennaio 1976 Eugenio Scalfari aveva lanciato a Roma il nuovo quotidiano di centrosinistra La Repubblica grazie ad una joint venture fra il Gruppo Mondadori e il Gruppo Espresso Debenedetti. Giorgio Bocca lascia il Giorno per partecipare alla fondazione del nuovo quotidiano pensato per lo stesso tipo di lettore del quotidiano nato 20 anni prima per iniziativa del presidente dell’Eni Enrico Mattei[1].
Una settimana dopo, il 21 gennaio 1976 la FIAT acquista il controllo di Telettra, società costruttrice di ponti radio in microonde, entra in possesso dell’85 per cento del capitale azionario.
Per parte sua il 30 gennaio 1976 il gruppo Rizzoli Corriere della Sera dichiara guerra alla Rai e alla Sipra. Contesta la legittimità del monopolio, accusa la Sipra di concorrenza sleale e chiede un risarcimento danni.
Dal canto suo nel mese di febbraio il gruppo Mondadori dà vita all’interno del proprio gruppo editoriale ad una nuova divisione, la Mondadori Audiovisual: diretta da Giuseppe La Mastra, produrrà documentari culturali sperimentali. Contemporaneamente, condurrà studi sul mercato televisivo, sulle sue tecnologie e sugli organismi radiotelevisivi nazionali e internazionali.
Contemporaneamente proseguono gli annunci di nuove iniziative radiofoniche da parte di vari gruppi, associazioni dalle dimensioni più disparate.
Fra di esse spiccano emittenti impegnate politicamente quali all’estrema sinistra Radio Città Futura[2] a Roma, Radio Alice[3] a Bologna, Controradio a Firenze e Radio popolare a Milano[4] e Radio Radicale[5], ma anche nel mondo cattolico, Radio Super Milano legata a Comunione e Liberazione, Radio A sempre a Milano, Radio Cooperativa 106 a Rho.
Contemporaneamente vedono la luce emittenti con finalità dichiaratamente commerciali come ad esempio Studio105 a Milano dal quale nascerà sette anni dopo Rete 105 destinata a diventare network nazionale alla fine degli anni Ottanta o Radio Gamma che dal mese di aprile inizia a trasmettere su onde medie dal grattacielo Galfa di proprietà del petroliere Attilio Monti.
L’avvio della lottizzazione della Rai sotto io segno della professionalità e nel rispetto del pluralismo
Ma soprattutto il fatto nuovo è rappresentato dall’avvio della lottizzazione in seno alla Rai.
Il 30 gennaio 1976 a seguito della Legge di Riforma, al posto del Canale Nazionale e del Secondo Canale e dei tre Programmi radiofonici tradizionali, si insediano le nuove «strutture centrali» della RAI:
- alla ideazione e realizzazione dei programmi televisivi sono preposte due Reti (Raiuno e Raidue)[6] mentre due testate distinte[7] (TG1 e TG2) assicurano l’informazione;
- alla ideazione e realizzazione dei programmi radiofonici risultano preposti tre Reti (Radiouno, Radiodue, Radiotre) e tre Giornali Radio (GR1, GR2, GR3).
L’autonoma attività di trasmissione di Reti e Testate sarà avviata in primavera. A reti e testate televisive e radiofoniche si affiancano:
- le strutture radiotelevisive del Dipartimento trasmissioni scolastiche ed educative per adulti, della Direzione tribune e accesso, della Direzione servizi giornalistici e programmi per l’estero;
- le quattro Direzione dei Supporti: la Direzione del Personale, La direzione dell’Amministrazione, la Direzione Tecnica e la Direzione Commerciale[8]. Coordinate dal Vice Direttore Generale Carlo Livi esse svolgeranno, come è stato ben rilevato,
“un ruolo fondamentale, vero e proprio contraltare delle reti e delle testate radiofoniche e televisive, mastini da guardia chiamati a presidiare snodi decisivi: dall’unità aziendale da difendere rispetto alle tendenze centrifughe delle linee editoriali, alla sperimentazione e l’introduzione di nuove tecnologie e alla definizione del nuovo modello produttivo in conseguenza della realizzazione della terza rete televisiva … [accreditandosi] come i rappresentanti della tecnostruttura aziendale, spesso in conflitto, ma comunque sempre in dialettica con i “creativi” dell’area editoriale”[9].
Questa prima fase di lottizzazione – va detto senza ombra di dubbio – si realizza sotto il segno della professionalità della personalità prescelte e del rispetto del pluralismo.
- Le direzioni delle due Reti preposte alla ideazione e realizzazione dei programmi televisivi sono affidate rispettivamente, Rete 1 al democristiano Mimmo Scarano, Rete 2 al socialista Massimo Fichera. Quanto alle due testate che assicurano l’informazione televisiva attraverso due Telegiornali distinti, il TG1 è affidato alla direzione del democristiano “anomalo” Emilio Rossi mentre il TG2, che secondo gli accordi avrebbe dovuto essere guidato da una personalità gradita al Partito Repubblicano, con il sostegno della sinistra socialista e dei comunisti viene affidato alla direzione del socialista Andrea Barbato[10].
- Alla ideazione e realizzazione dei programmi radiofonici risultano preposte tre Reti ognuna dotata di grande autonomia[11]: la direzione di Radiouno viene assegnata al socialdemocratico Luigi Baldari, quella di Radiodue al democristiano Vittorio Citterich (poi sostituito da Corrado Guerzoni) e quella di Radiotre al socialista Enzo Forcella. Per parte loro, le tre testate che assicurano l’informazione radiofonica attraverso tre Giornali Radio distinti vedono a loro volta, il GR1 diretto dal socialista Sergio Zavoli, il GR2 diretto dal democristiano Gustavo Selva e il GR3 diretto dal socialdemocratico Mario Pinzauti.
L’ampiamento dell’area di copertura di Tele Montecarlo grazie alla catena SIT dei fratelli Marcucci
L’altro grande evento di questo anno uno del sistema misto è dato dalle iniziative dei ripetitoristi dei programmi esteri. Il 7 febbraio 1976 grazie a un accordo con la catena di ripetitori televisivi SIT, di proprietà del gruppo dell’imprenditore toscano Guelfo Marcucci, Tele Monte-Carlo senza destare particolare attenzione nell’opinione pubblica diventa visibile anche a Roma gettando il seme di una rete nazionale[12].
La stessa Società Impianti Televisivi, dopo aver dato vita nel 1975 a Teleciocco in Garfagnana, usufruendo delle infrastrutture tecniche già presenti in molte aree del territorio nazionale, favorisce la creazione di altre stazioni televisive locali[13] trasformando TVS Telexpress nella prima rete televisiva privata italiana operante su scala nazionale. La rete dei fratelli Marcucci è costituita da una serie di emittenti dislocate in ben nove regioni: Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Umbria e Campania.
Il collegamento tra le emittenti è assicurato dalla catena di ripetitori che, oltre ad alimentare la rete propria, continua a portare il segnale di alcune televisioni straniere e a fare da supporto tecnico per altre iniziative. L’intenzione dei fratelli Marcucci che si ispirano al modello dei network americani, è di creare una rete che ritrasmetta un’unica programmazione su tutto il territorio da loro toccato, lasciando tuttavia, nel contempo, alle sedi televisive di ciascuna regione la possibilità di staccarsi per l’emissione di notiziari e di pubblicità locali: la stessa concezione operativa che verrà poi realizzata dalla Terza Rete della RAI.
Un mese dopo il neocostituito network costituito a Lucca intorno all’emittente toscana Tele Radio Express (poi ridenominata Teleciocco-T.R.E) dà vita alla prima diretta televisiva nazionale privata in Italia per trasmettere il Rally del Ciocco attraverso la rete di trasmettitori che ripetono i programmi di Telemontecarlo, temporaneamente annessa alla tv locale di proprietà T.R.E. – Tele Radio Express.
A meno di un anno dalla riforma che ribadisce il monopolio del servizio pubblico appare evidente che la breccia a questo monopolio sembra destinata ad investire una dimensione non solo locale.
[1] Scalfari riesce a portar via dal Giorno tutte le sue firme illustri: Gianni Brera, Bernardo Valli, Natalia Aspesi, Alberto Arbasino, Pietro Citati, Mario Pirani, nonché il capocronista Gianni Locatelli.
[2] Radio Città Futura inizia a trasmettere a Roma nel gennaio 1976. Nell’emittente sono rappresentate le forze della nuova sinistra: PDUP e Avanguardia Operaia vi impegnano forze e quadri politici. Il capitale azionario (20 milioni) è versato in parti uguali dall’editore Giulio Savelli e da Renzo Rossellini, figlio di Roberto Rossellini. Radio Città futura intende porsi quale alternativa ai grandi mezzi di comunicazione, creatori di consenso della classe dominante. Vuole dar voce alle istanze di gruppi in lotta ed essere punto di riferimento per tutti quei movimenti di massa (donne, studenti, disoccupati) che, normalmente privi di propri mezzi di espressione, sono tagliati fuori dalla comunicazione, o “sottoposti alla deformazione dell’informazione borghese”. Le trasmissioni diventeranno regolari dal 15 marzo 1976 con una programmazione giornaliera di sedici ore.
[3] Il 9 febbraio 1976 a Bologna, su iniziativa di un gruppo di militanti di sinistra, nasce Radio Alice. I servizi di informazione sono quasi tutti in diretta: reportage e interviste raccolti dalle cosiddette aree calde (scuole, fabbriche, università, sindacati). La scelta è motivata dal rifiuto del “professionismo” nel fare informazione. Radio Alice intenderebbe eliminare tutti quei filtri che nelle comunicazioni si frappongono tra ciò di cui si parla e chi ne parla. La diretta della sua chiusura, con l’irruzione della polizia, passerà alla storia.
[4] Radio Popolare nasce il 1° giugno 1976 dall’unificazione di Radio Milano Centrale e Canale 96. Il fatto nuovo è costituito dal coinvolgimento nell’operazione della FIM CISL, della UILM e delle ACLI. Nel contempo, appoggiano l’emittente Avanguardia Operaia, PDUP, Lotta Continua e il Movimento lavoratori per il socialismo.
[5] Il 26 febbraio 1976 nasce a Roma Radio Radicale, organo ufficiale del Partito Radicale. L’emittente si dibatte subito fra molte difficoltà economiche al punto che, a novembre, sarà costretta a rimanere chiusa 20 giorni per mancanza di fondi. Radio Radicale diventerà ben presto nota per la copertura radiofonica delle sedute dei Parlamento Italiano.
[6]Le reti sono a loro volta articolate in strutture di programmazione che
“mediante una distribuzione di competenze, di presenza nelle diverse fasce orarie e nei giorni della settimana nonché di fattori della produzione, coprono la gamma delle trasmissioni culturali e di intrattenimento”.
[7] Le testate curano le trasmissioni a carattere giornalistico
[8] Le direzioni del Personale, la Direzione dell’Amministrazione, la Direzione Tecnica e la Direzione Commerciale sono affidate rispettivamente a Paolo Castelli (DC), Giovanni Antonelli (PSI), Aldo Riccomi (DC) e Tiziano Cristani (PSI).
[9] Enzo Scotto Lavina, Tra Sisifo e Nesso. Modelli e strutture editoriali del servizio pubblico televisivo 1954 – 2004, Milano, Lampi di Stampa, 2011, 370 p.
[10] La nomina di Barbato avviene in seguito al mancato accordo con i socialisti sulla nomina del repubblicano Sergio Telmon (indicato dopo le rinunce di Piero Angela o, ancora di Giovannino Russo).
[11] La radio abbandona il modello di forte accentramento adottato nel 1964 e al pari delle reti televisive, ne adotta uno opposto che lascia a Radiouno, Radiodue e Radiotre una grande autonomia ideativa e realizzativa
[12] Del resto, sarebbe stato sempre lo stesso Marcucci, attraverso la già citata Società Impianti Televisivi (SIT) a trasmettere ufficialmente l’emittente monegasca dall’agosto 1979
[13] Fra di esse si segnalano Telenord a Milano; Tele Radio Express a Genova; Telexpress 2 a Bologna; Tele San Marco a Padova; Telesud a Napoli; Teledue a Torino; Teleurbe a Roma.
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