9 EURO ALL’ORA

POLIS: LIVORNO

A Livorno nel 2015 arrivò in via sperimentale il reddito minimo per i disoccupati, un contributo di 500 euro al mese per una sperimentazione fortemente voluta dal sindaco grillino Filippo Nogarin. Il contributo era destinato a chi era disoccupato, italiano o straniero ma residente in città da non meno di 5 anni, in cambio della disponibilità a impegnarsi in lavori socialmente utili.

A copertura del contributo circa 300 mila euro. L’assessora al sociale di allora, Ina Dhimgjini, disse orgogliosa “Nessuno credeva che riuscissimo a farlo”. Livorno aprì la strada a quello che fu il discusso provvedimento del primo governo Conte, il reddito di cittadinanza, invocato tra gli altri anche da Musk e Bezos negli States, e revocato tra mille polemiche dall’attuale governo. 

Oggi, dopo 8 anni, ancora a Livorno il primo atto pubblico ufficiale sul salario minimo orario, un tema su cui la politica nazionale si polarizza con la stessa faziosità messa in campo per l’ RDC. Con la differenza per ora che il salario minimo sembra essere una bandiera capace di unire non senza sforzi una sinistra in cerca d’autore.

In breve la cronaca: il consiglio comunale di Livorno ha votato un emendamento di Potere al Popolo che prevede che i lavoratori del Comune non possano prendere un salario la cui paga oraria sia inferiore a 9 euro, la stessa cifra su cui si sviluppano le proposte di salario minimo. La novità però è che nella delibera si prevede che le stesse condizioni salariali valgano anche per i lavoratori delle aziende che lavorano per il comune in appalto, vera nota dolente nel mercato del lavoro italiano soprattutto nel settore dei servizi. 

Inoltre colpisce che l’emendamento sia stato presentato da un esponente di Potere al popolo e sostenuto alla unanimità dalla maggioranza di sinistra del Sindaco Nogarin: la consigliera Aurora Trotta firma un fatto politico di grande importanza in prospettiva, comunque la si pensi, e anche amministrativo, che va contro la logica dell’esternalizzazione al risparmio dei servizi di pubblica utilità, oggi troppi costosi per le casse della PA, e contro quella da sempre criticata dell’appalto al massimo ribasso, che nel caso dei servizi pubblici genera un dumping negativo sui salari e le paghe orarie, creando un mercato del lavoro di insider garantiti ed outsider senza tutule.

Il provvedimento riguarda soprattutto gli appalti futuri. Ed apre un caso sul quale ragionare seriamente a livello di sistema in tutto il paese. Siamo solo agli inizi ma il tema ora è centrale, ora piuttosto serve che il diritto sia agito, oltre che sancito. Per quanto riguarda l’opposizione da Livorno arriva una prova di unità a sinistra con relativo soccorso rosso che mancava da troppo tempo.


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