Questa è la domanda che Eduardo nella famosa commedia “Natale in Casa Cupiello”, rivolge al figlio (Ninillo) che ancora oggi, dopo quasi un secolo, non trova la risposta giusta.
Fin dai primi del ‘900 Eduardo aveva intuito la grande spaccatura della famiglia e al suo interno della coppia; famiglia intesa come caposaldo della società, laddove tutto era consentito al pater familias e al quale era stato assegnato il compito di educare ed allevare i figli secondo dettami di genere indiscutibili e ai quali non si poteva proporre nessun’altra alternativa.
I compiti della coppia erano inequivocabili, quello della donna era limitato a sottoporsi al volere del marito, delegata alla riproduzione e alla crescita dei figli. Questo è quanto spettava alla donna, proclamata regina della casa, figlia di un Dio minore, senza lode e senza infamia, l’unica infamia, quella dell’adulterio, da parte sua veniva riscattata con l’uccisione della stessa ad opera del partner in base al “delitto d’onore” approvato dalla società che non solo veniva acclamato, ma che, per il tradito, era una conditio sine qua non per lavare l’onta subita.
E oggi? Dopo tanto tempo, le cose certo sono cambiate, ormai quel tipo di delitto è stato abolito definitivamente nell’agosto 1981 con la legge 442. Le donne hanno fatto grandi progressi, hanno acquisito tanti diritti, tra questi, per esempio, quello di votare cosa che allora non era contemplato per le nostre nonne. Sta di fatto però, che il rapporto all’interno della coppia è notevolmente peggiorato. Rapporto ancora impari che Eduardo sottolinea a grandi tratti mettendo in luce la crisi che già esisteva agli inizi del secolo scorso e che sottintendeva uno squilibrio fisico e morale tra uomo e donna. È emblematica la considerazione che Concetta, nella commedia moglie di Luca Cupiello, esprime quando si sfoga con il portiere e si riferisce al marito con questa frase “se avessi avuto accanto un uomo, ora certamente le cose avrebbero preso un’altra piega”.
In fondo aveva ragione la protagonista della commedia, in quanto di lì a poco, sarebbe accaduto l’irreparabile all’insaputa del marito, che ignorava del tutto i problemi della sua famiglia. L’apice della commedia si raggiunge quando Luca, insieme al fratello e a suo figlio, inscena i Re Magi che portano i doni a Concetta per Natale; mentre si sta compiendo la tragedia familiare che porterà a scoprire tutta la realtà di una famiglia in delirio.
Non ci sono parole per descrivere l’abilità e la capacità dell’artista Eduardo il quale, con maestria e passionale competenza, fa avvertire allo spettatore, tramite una scena esilarante, il momento apocalittico senza farlo vedere, anzi ammantandolo di ridicolo cosicché da suscitare, paradossalmente, la risata dello spettatore.
Questa è arte, questo è il teatro il suo compito è quello di catturare l’attenzione del pubblico perché possa poi riflettere e ad un tratto ritrovarsi dalla poltrona là al centro della scena, trasportato dalla maestria dell’abile regista.
La questione della coppia è stata spesso trattata negli anni da molti drammaturghi che, essendo artisti, hanno precorso i tempi ed affrontato, ognuno con la propria arte, quel problema che ancora oggi rimane insoluto. Solo per citarne alcuni: Pirandello con “Il giuoco delle parti”, laddove la protagonista reclama la sua libertà come persona, libertà che non viene concessa dal partner, ma che sente di aver conquistato come donna libera. Il Grande Bardo che in “Romeo e Giulietta” vede la protagonista che vuole essere libera di scegliere il suo amante non in base ai pareri della famiglia, ma in base ai suoi sentimenti.
Libertà, questa è la parola chiave di queste eroine, allora come oggi, la donna, nonostante le sue conquiste, ancora non ha raggiunto la pienezza delle sue azioni per questo sta pagando caramente il coraggio di dichiararsi quale essere pensante che non vuole più sottostare nemmeno per amore al suo partner e che reclama un rapporto libero e paritario.
Efferatezza, violenza e cattiveria questi gli ingredienti dei delitti efferati a cui oggi siamo costretti ad assistere e che colorano di grigio tutte le giornate, mettendo a repentaglio il rapporto di ognuno con il proprio compagno di vita, di cui incominciamo a non fidarci più. È una situazione assurda, non più sostenibile; io credo che il tempo della denuncia sia finito e che pertanto noi donne dobbiamo agire e non basteranno “codici rossi” o di qualsiasi altro colore a spaventare i carnefici di queste giovani generazioni se non ricomponiamo il grande puzzle dell’amore.
È necessario imparare a distinguere il bene dal male, l’amore dalla pietà, perché se si ha pietà dell’altro scambiando questa per amore, siamo caduti in una trappola mortale dalla quale non usciremo, se non decisamente sconfitte.