L’impatto, gli sviluppi e le prospettive dell’innovazione sociale
Il tema della valutazione rispetto al riuso a fini sociali dello spazio pubblico dismesso. Il nuovo rapporto tra la politica e il civismo, il locale e il globale.
La rigenerazione degli spazi pubblici e il bene comune, cosa sono e cosa servono
Negli ultimi dieci anni in Itala si sono diffuse su tutto il territorio nazionale pratiche di riuso di spazi inutilizzati, abbandonati o dismessi per finalità sociali. Queste esperienze sono pensate per offrire risposte alla comunità e ai bisogni dei cittadini per favorire processi di rigenerazione urbana o ancora per contribuire al welfare e al benessere dei territori, fanno parte delle politiche di coesione.
Rispetto a questa “buona pratica” è legittimo chiedersi se queste pratiche abbiano effetti ed impatti positivi, A questa domanda prova a dare un risposta il Nucleo di Valutazione e Analisi per la Programmazione del dipartimento per la coesione della Presidenza del Consiglio con una indagine su come queste esperienze siano state supportate dalla politica e dalla filantropia, su quali sono e quanti sono i nuovi spazi ibridi, sociali e culturali, in Italia, su come possono essere definiti, quali fattori ne abilitano la nascita, lo sviluppo e la durabilità e su come si relazionano con i diversi territori ed ecosistemi.
Esiste su questa materia una narrativa molto interessante, un ambito di studio poco formalizzato, sperimentale ed empirico, fondato sull’analisi di casi emblematici e di buone pratiche, che fa parte del tema più generale dell’innovazione sociale.
Cos’è l’innovazione sociale
L’innovazione sociale si può definire oggi come l’insieme di soluzioni “innovative” che cercano di dare risposte ai nuovi bisogni delle persone ed ai problemi che affliggono la comunità e la società di oggi: l’invecchiamento della popolazione, la disoccupazione, le diseguaglianze e le nuove forme di povertà, l’immigrazione prendono forme nuove e complesse in un contesto economico in evoluzione caratterizzato da crisi che generano nuovi bisogni da soddisfare, nuove pressioni sociali e nuove forme di conflitto, oltre ad una nuova domanda sociale alla quale il welfare tradizionale ancorato ancora almeno in parte alle logiche del 900 non riesce a dare una risposta adeguata.
Il classico modello di funzionamento nella fornitura di servizi per la collettività, in cui il soggetto pubblico decide e fornisce dall’alto i servizi che ritiene necessari ai cittadini, non sia più adatto ad affrontare efficacemente le nuove sfide sociali.
Il welfare tradizionale non sembra in grado di rispondere ai bisogni, sia quelli tradizionali che quelli nuovi, per cui servono nuovi modelli di intervento in supporto a quelli tradizionali.
In questo contesto di crisi del tradizionale modello di welfare state si afferma l’innovazione sociale che si muove dal basso, e genera forme nuove di azione collettiva. Si superano le distinzioni tra le politiche formali, pubbliche, e le pratiche informali,
Le strategie per la coesione dell’Unione Europea
L’innovazione sociale muovendosi dal basso attribuisce un ruolo preminente alla società civile che si organizza in proprio ed orienta, mobilita e negozia gli spazi d’azione che si aprono appunto all’innovazione sociale.
Nella Guide to Social Innovation del 2013, la commissione europea descrive il ruolo del settore pubblico come strategico nel supportare lo sviluppo di iniziative di innovazione sociale. “E il passaggio da una responsabilità meramente istituzionale ad una condivisa con la comunità nel rispondere ai bisogni della società, che rende ancora più evidente la necessità che la Pubblica Amministrazione promuova le pratiche di innovazione sociale e collabori a realizzarle insieme ai soggetti del Terzo settore, dell’economia sociale e dell’imprenditorialità for profit”.
Il tema dell’innovazione sociale oggi è decisivo per la comunità, soprattutto nelle città dove l’urgenza dei processi di rigenerazione e di sviluppo locale è più sentita, ed i processi di empowerment e inclusione sociale risultano essere determinanti.
Gli spazi di comunità pensati come piattaforme dove si rigenera la comunità e si ricuciono le fratture sociali sono oggi la ricetta che si ritiene essere la più efficace.
L’amministrazione pubblica e la valutazione degli impatti
Alle amministrazioni pubbliche il riuso del patrimonio secondo i principi collaborativi di coprogrammazione e di coprogettazione piace molto, “perché risponde alla necessità di interfacciarsi con l’attivismo civico e sociale per disegnare percorsi nuovi, più rispondenti ai bisogni delle comunità” e piace ancora di più l’idea di stabilire come “abilitare e sostenere le sperimentazioni in atto”, valutando l’impatto la qualità e l’inclusività degli interventi.
Se la questione del riuso da un lato e quella di come interagire con la comunità è sicuramente uno dei temi all’ordine del giorno non da oggi tra gli addetti ai lavori, capire e sapere quali sono i vantaggi per l’ente pubblico e per la comunità che una rigenerazione urbana genera e determina è un argomento altrettanto sentito per la PA e l’amministrazione.
La politica in cerca delle pratiche: un nuovo rapporto tra l’amministrazione e il civismo
Molto interessanti i capitoli centrali del report che mettono in relazione la politica con le pratiche, una sinergia che determina il successo o l’insuccesso di molte delle iniziative sostenute in questi anni. Coraggiosi anche, perché mostrano in molti casi un certo ritardo della amministrazione rispetto alla comprensione dei processi di rigenerazione. Vero è che la politica deve dare indirizzi, ma nella complessità degli strumenti si rischia che alla fine il tecnico supplisca all’amministrazione, tema anche questo caldo da anni e che riguarda tutti gli ambiti dell’amministrazione pubblica.
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