DONATO&STEVEN

POLIS MILANO

L’Italia è un popolo di poeti, santi, navigatori, e, ultimamente, soprattutto di ristoratori. Aldilà del fenomeno di foodification che sta investendo le maggiori città della Penisola, ormai anche i social sono stati colonizzati da orde di influencer che fanno del comparto food il loro punto di forza.

Dallo chef Max Merola e il suo “sound of love” ( che sarebbe il rumore della pasta mantecata in padella) al macellaio, e ora ristoratore, Nana fino ad arrivare al paninaro Donato, che tutti i giovani conoscono come l’uomo dello slogan “con mollica o senza”, il cibo oltre che sulle nostre tavole è anche sempre sui nostri smartphone. E la lista, a voler citare l’intera pletora di cuochi e compagnia, sarebbe interminabile.

Che l’Italia sia un Paese dove il cibo conta più che altrove è un dato di fatto e in tutto il mondo le eccellenze italiane sono invidiate ed imitate, si veda l’ultimo audace tentativo di copiare il radicchio negli USA.

Qui si rischia però di finire come Sardanapalo, il re assiro esempio nella Bibbia di gola e lussuria, un vero edonista ante-litteram che collocava, secondo la tradizione, i piaceri della carne sempre al primo posto.

Questi fenomeni social vanno aldilà del semplice cibo. In fondo, chi li ha assaggiati mi ha riferito che i panini di Donato non sono affatto male, ma che serva un’ora di coda per gustarne uno è ben oltre il sensato. Infatti non è per il panino che gli avventori sono pronti a stare in piedi un’ora in attesa, ma per la fama (non la fame!) e la storia che c’è dietro al panino. Una storia di riscatto che piace ai giovani, mediamente preoccupati dal futuro e insoddisfatti del presente. Ripercorriamola.

DONATO & STEVEN

Donato in origine lavora per la gastronomia napoletana “Ai monti lattari”; prepara panini per gli avventori e confeziona le pietanze richieste. Un lavoro semplice, che taluni definirebbero financo umile. Un giorno Donato però decide di registrarsi mentre prepara un panino e di mettere su TikTok il video: è un successo clamoroso. Bastano pochi mesi e qualche centinaio di video da venti secondi per diventare una star di TikTok Italia.

Una vera e propria magia dell’algoritmo. La gastronomia ora è sempre piena, anzi c’è la coda. Tutti vogliono mangiare i suoi panini perché “sono quelli di TikTok”. Certo la gastronomia usa prodotti di qualità, ma nulla che non si possa trovare anche in altre attività.
Donato, che stupido non è, capisce che è il suo momento e deve capitalizzare.
Allora lascia “Ai monti lattari”, la negata possibilità di continuare a far video sembra solo un pretesto, e decide di mettersi in proprio.

Ma Donato è un umile impiegato di gastronomia, non ha il denaro necessario, né le competenze per aprire dal nulla un’attività, il cui successo peraltro dipende quasi esclusivamente dal suo ascendente sui social.
Chi non è un umile impiegato invece è Steven Basalari, imprenditore proprietario di un grosso Club nel bresciano, che si lancia su questa idea vedendone le possibilità di profitto, da perfetto startupper.
Ecco i fondi e le skill manageriali: a Napoli arriva “Con mollica o senza”, il nuovo locale di Donato (e Steven).

Il successo va oltre il clamoroso. Invece che gettarlo nel dimenticatoio, l’assenza di Donato dai social, gestita con intelligenza da un comunicatore abilissimo come Basalari, accresce l’hype e all’inaugurazione non solo c’è la coda, la stessa via del locale si è tramutata in una sorta di discoteca a cielo aperto gremita da una folla di buongustai.
In breve tempo arriviamo così all’apertura della seconda sede a Milano e ad oggi, il tempo in cui TikTok ha deciso pressoché in autonomia chi è il paninaro migliore d’Italia. E nessuno se n’è stupito, perche il fenomeno mediatico deriva per il 99% da un qualcosa di astratto e difficilmente definibile come una serie di numeri.

PS:
Mi permetto a questo punto un post scriptum retorico, moralista e pedante La questione su cui viene naturale riflettere è il potere dell’algoritmo, un potere che noi gli abbiamo concesso. Il mondo digitale è ancora poco più che un Far-West a livello normativo e i colossi delle big tech non sono noti per i loro scrupoli etici e morali, dunque ne approfittano per quanto è loro possibile.

Si dice che i nostri telefoni ci ascoltino quotidianamente, monitorano tutti i dati che immettiamo e scarichiamo dalla rete, e che li rivendano a coloro che desiderano il nostro target per pubblicizzare un prodotto.

Così facendo i nostri apparecchi digitali scoprono cose su di noi di cui nemmeno noi stessi abbiamo piena coscienza talvolta.

Evidentemente il nostro cuore desiderava un panino che potesse essere con o senza mollica, anche se ancora non lo sapevamo.


SEGNALIAMO


NUOVE USCITE HERAION

IN LIBRERIA

E-BOOKS


TAGS DEL MAGAZINE

alimentazione (31) ambiente (34) arte (69) cinema (51) civismo (53) comunismo (27) cultura (404) democrazia (44) economia (122) elezioni (71) europa (87) fascismo (36) filosofia (37) formazione (36) giorgia meloni (28) giovani (34) guerra (113) intelligenza artificiale (39) israele (29) italia (64) lavoro (44) letteratura (58) mario pacelli (32) media (74) medio oriente (29) memoria (31) milano (25) musica (136) napoli (25) politica (519) potere (262) rai (26) religione (30) roma (25) russia (30) salute (74) scienza (25) scuola (36) seconda guerra mondiale (59) sinistra (29) società (524) stefano rolando (32) storia (58) teatro (38) tecnologia (27) televisione (49) tradizione (32) trump (26) ucraina (41) violenza (27)



ULTIMI ARTICOLI PUBBLICATI