Enzo Moscato non solo un nome non sono un attore drammaturgo non solo un uomo ma soprattutto un simbolo un riscatto sociale ottenuto con impegno sacrificio e grande rispetto per le proprie idee. Se n’è andato in silenzio in punta di piedi educatamente come era solito fare; i mass media, che tanto si impegnano per trasformare un funerale di questo o quel personaggio solo perché è noto in uno show vergognoso dato in pasto al pubblico plebe per soddisfare la sua sete di curiosità, non ha onorato questo personaggio di talento che tanto ha dato al nostro teatro.
Il teatro questo grande schermo vetrina ove sfilano i sentimenti dai più deplorevoli a quelli più onorifici deve molto all’attore Moscato che ha fatto del teatro la sua ragione d’essere mostrando con coraggio e senza veli il meglio e il peggio del comportamento umano rivolgendo in particolare l’attenzione alla sua Napoli.
Infatti Lui, napoletano doc, nato e vissuto nei quartieri spagnoli dai quali non si è mai distaccato, ne ha colto tutta l’umanità che in essi ha potuto riscontrare e con l’arte della maieutica ha tratto tutta l’essenza del mistero della sua città. Ha saputo far riemergere dal profondo, addentrandosi nei meandri più remoti del ventre di Napoli, i segreti di tanta storia.
Attraverso le sue performance sussurrate senza remore chiamando le cose col proprio nome e non nascondendo mai la naturalezza delle origini, racconta la genesi di una città, una città nata da una leggenda basata su di un amore mancato quello di Partenope rifiutata dall’amato Ulisse che preferì lasciarsi andare al mare dalla Grecia per approdare esanime sullo scoglio di Megaride.
La verginità, intesa quale forma vitale di quella Partenope, fondatrice della nuova città Neapolis, echeggia e riaffiora ancora nei vicoli negli anfratti dei bassi napoletani laddove Eduardo mette in evidenza, attraverso le parole di Filumena, il caldo asfissiante delle giornate estive quasi per giustificare le opinabili scelte di vita fatta dalla stessa Onore e merito a questo genio raffinato del teatro, capofila della nuova drammaturgia napoletana dopo Eduardo che ha voluto come ascendenti autori quali Artaud, Jenet, poeti maledetti di fine ‘800 e Pasolini questi solo per citarne alcuni.
Ha avuto la direzione artistica del teatro Mercadante stabile di Napoli e tanti altri incarichi che ha assolto con grande competenza e passione. Passione, ecco la parola chiave delle sue rappresentazioni, quando si andava a teatro per assistere ad una sua performance, ci si preparava ad immergersi in un’atmosfera surreale, il suo linguaggio e le sue digressioni sulla lingua facevano sì che ognuno si potesse tuffare in una Napoli aulica, misteriosa, a volte grottesca, antica ma viva, palpitante e reale in una parola bastava ascoltare la sua “voce” e per incanto si veniva rapiti da tanta bellezza quasi trasportati al ritmo sincopato del mare.
Questo era il suo teatro amore, passione, leggerezza tante le sue opere tanti gli attori che con Lui hanno condiviso i suoi lavori tra questi Isa Danieli, Emma Villa, Tonino Taiuti, Toni Servillo che hanno saputo dare vigore e napoletanità alle varie performance.
L’elenco delle opere è lungo ma io vorrei citare proprio quelle legate agli attori sopraindicati e cioè rispettivamente Luparella, Scannasurice e non ultima Litoranea. Ma i suoi interessi andavano oltre infatti era molto vicino a tanti napoletani, ai meno fortunati, a coloro che facendo parte di una categoria transgender trovavano difficoltà a convivere con loro atteggiamento sociale e sessuale non ancora ben definito. Generalmente quando manca qualcosa si cerca di colmare quel vuoto con una cosa analoga, ad esempio, quando togliamo un libro dalla libreria per mantenere l’equilibrio ne mettiamo un altro e allora mi chiedo chi potrà colmare a teatro il vuoto lasciato da Enzo?
Senza togliere merito ai nostri bravissimi attori, davvero non so al momento, con chi potremmo sostituire il poeta Moscato.
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