LAVORO NEL SOCIALE UGUALE LAVORO POVERO?

POLIS MILANO

Al Forum del welfare di Milano si è parlato tra le altre cose di lavoro, e di lavoro nel terzo settore. Il lavoro sociale non è ambito, le aziende fanno fatica a trovare OSS, educatori e operatori. Paradossale perché quello del terzo settore è forse uno dei pochi settori in cui il numero di posti di lavoro aumenta e nel quale il lavoro umano difficilmente potrà essere sostituito dalle macchine, almeno nel breve e medio periodo.

C’è poi un secondo paradosso il lavoro di cura aumenta, per effetto dell’impoverimento di ampi strati della nostra società e l’invecchiamento della popolazione.

Servono molti operatori per far funzionare il sociale, cioè per fare il welfare.

Ma servono correttivi e scelte coraggiose, ad esempio serve un livello di salario sotto il quale non si può scendere, oppure serve che la pubblica amministrazione superi definitivamente la logica del massimo ribasso.

Siccome infine il lavoro nel terzo settore viene ritenuto un lavoro povero, le aziende faticano a trovare risorse, o a trattenere quelle che ci sono. Nel mondo delle residenze per anziani o degli asili comunali ad esempio i lavoratori appena possono cercano di andare a lavorare nelle strutture statali, non tanto e non solo per il livello salariale, quanto per il prestigio e la sicurezza lavorativa.

E, altro paradosso, con il rinnovo del contratto del servizio sanitario nazionale e del corpo docente statale la situazione potrebbe peggiorare.

Il sociale nonostante questo resta comunque uno dei settori dove le persone si sentono più ingaggiate e motivate rispetto ad altri settori.
Il rapporto Gallup che rileva il livello di soddisfazione dei lavoratori nel mondo, negli ultimi 3 anni ha mostrato un livello di insoddisfazione nel mercato del lavoro dei paesi OCSE crescente mai così alto nella storia.

In Italia in particolare i lavoratori che si sentono pienamente ingaggiati sono solo il 4% del totale e più della metà sta cercando un nuovo lavoro o vorrebbe cambiarlo.

Il problema del lavoro nel sociale è trovare le persone per garantire le nuove richieste o fronteggiare il turn over da anzianità e rinnovarsi, probabilmente perché l’identità di quel mondo ha molto meno appeal che in passato.

Tenendo conto per concludere che l’identità o l’appeal non bastano, esattamente come lavorare in generale non sempre potrebbe bastare per vivere decentemente.

Tra gli effetti del digitale il lavoro povero è senz’altro uno dei più rilevanti, e coinvolge oggi, secondo le stime dell’ILO e dell’OCSE, un lavoratore su 8, con un trend stabile e in lieve aumento negli ultimi dieci anni.

Uno scandalo per chi è nato e cresciuto nel secolo scorso, epoca in cui al lavoro si associava lo status ed il ruolo sociale, o la possibilità di prendere ascensori sociali che oggi non ci sono più.

PS Perché le persone sono cosi demotivate?

Nel 1914 il livello di turn-over nella fabbrica di Ford a Detroit raggiunse il record del 340%. Ritornò al 15% dopo che Henry Ford aumentò gli stipendi.

Nel 2022 negli Stati Uniti più di 40 milioni di persone ha lasciato il lavoro. Il fenomeno è noto come Great Resignation.

Ad oggi almeno in Italia gli stipendi non sono stati alzati e il livello di insoddisfazione non accenna a diminuire.


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