Democrazia futura (e ilmondonuovo.club) saluta con commozione la scomparsa di Ugo Intini, un giornalista protagonista di una grande stagione politica di rinnovamento della cultura socialista in senso liberale e di critica all’egemonia comunista in Italia. Due in particolare i nostri ricordi.
Una lunga discussione telefonica il 1° maggio 1989 sul futuro del sistema mediatico oggetto di uno speciale del TG2 curato dal nostro diretto Giacomo Mazzone con la regia dell’amico Claudio Sestieri, intitolato Il cielo in una stanza destinato ad essere trasmesso in occasione delle Assise europee dell’Audiovisivo promosse durante il semestre europeo di presidenza francese alla vigilia dell’approvazione della Direttiva sulla Televisione senza frontiere pochi giorni prima della caduta del Muro di Berlino.
Lo speciale TG2 era realizzato in alta definizione con apparati sperimentali giapponesi della Sony gli unici a quel momento disponibili per realizzare un servizio giornalistico con una troupe esterna e sarebbe stato proiettato su grande schermo dalla Rai prima della messa in onda al Congresso socialista dell’Ansaldo.
Gli amici francesi e in particolare il Presidente Mitterrand e il ministro della cultura Jack Lang non apprezzarono questa produzione fortemente voluta dall’Unità operativa per i nuovi servizi della Rai diretta da Massimo Fichera presso la quale avevo iniziato l’anno precedente a lavorare.
Un nostro amico a Le Monde Michel Colonna d’Istria scrisse un breve quanto ironico corsivo al riguardo “Haute définition à l’italienne” ironizzando sull’atteggiamento dei rappresentanti istituzionali transalpini che considerarono un delitto di lesa maestà quello di farsi intervistare con le telecamere del Sole Levante dal momento che il messaggio che il Presidente Francois Mitterrand intendeva lanciare con queste Assise era quello di creare in Europa le condizioni per impedire che i nostri cittadini fossero condannati a “vedere lungometraggi americani su televisori giapponesi”.
Mi ascoltò attentamente e credo che si attivò per far capire ai “compagni” francesi che l’iniziativa di un grande europeista come fu Massimo Fichera andava proprio nella direzione di “svegliare l’Europa” e favorire la sperimentazione di apparati dell’industria europea come avvenne l’anno dopo, nel 1990 in occasione dei campionati mondiali di Calcio di Italia ’90. Altri tempi certo.
Rividi Ugo Intini il 23 maggio 2018 quando organizzammo insieme a Roberto Amen nell’ambito della nostra associazione Infocivica un seminario all’università di Roma La Sapienza dedicato al tema: Uno studio sempre più aperto: Gli anni Ruggenti del TG2.
Anticipato da una bella testimonianza scritta di Giancarlo Santalmassi letta in aula da Lucio Saya, l’incontro vide interventi fra gli altri di Piero Angela fra i primi anchorman della testata nata dopo la riforma della Rai il 15 marzo 1976, Fernando Cancedda, Carmen Lasorella, Rita Mattei e Andrea Melodia (all’epoca in forza al TG1) da un lato, e fra gli universitari, di Enrico Menduni, Stefano Rolando e Carlo Sorrentino. I temi trattati: nel primo panel “Il pluralismo dialettizzato dopo la riforma del monopolio Rai. Un primo bilancio”, nel secondo panel: “Dalla competizione interna al monopolio con il TG1 alla pax televisiva con i network commerciali e al conseguente accordo sulla tripartizione delle testate Rai. Quale pluralismo per quale servizio pubblico” e infine nel terzo panel “Il riposizionamento del TG2 dopo la seconda lottizzazione e il rilancio del TG3 come testata nazionale autonoma”.
Ugo Intini, considerato l’editore di riferimento della testata dalla sua nascita sino al crollo della prima repubblica, intervenne nel secondo panel intervistato senza nessuna compiacenza da Giampiero Gramaglia.
Lo rividi qualche settimana dopo insieme a Roberto Amen che un quell’occasione aveva presentato un suo libro di ricordi. Intini ci fece i complimenti per un’iniziativa che si proponeva non solo di ricordare la figura dell’ex direttore della testata Alberto La Volpe – scomparso pochi mesi prima – e di omaggiare Piero Angela in occasione dei suoi novant’anni, ma di riprendere il filo rosso di una storia – quella della stagione della lottizzazione – certamente non priva di alcune zone d’ombra, ma anche di tanti meriti, avendo certamente contribuito “all’italiana” all’allargamento del pluralismo in questo Paese in un momento difficile come quello che viveva allora durante i cosiddetti anni di piombo.
Forse in quest’anno di celebrazione del centenario della radiofonia e del settantesimo anniversario delle trasmissioni televisive regolari della Rai, nata dieci anni prima sulle rovine dell’Eiar nel 1944, sarebbe bene parlare non solo del festival di Sanremo e delle polemiche intorno all’operato dei nuovi vertici della Rai. Dovremmo tornare – come fecero i tanto deprecati partiti della prima repubblica editori di riferimento delle testate nate dopo la riforma di quasi mezzo secolo fa – mettere all’ordine del giorno il tema della missione che si vuole assegnare al servizio pubblico nel prossimo decennio.
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