Che emozione è vedere in un vecchio filmato conservato nelle Teche della Rai, due ragazzi del ’38 e del ’40 esibirsi con la stessa grinta di quando erano ancora due ragazzi, con una musica che ancora oggi, dopo 70 anni è ancora rivoluzionaria! Sto parlando, lo avete capito, di Adriano Celentano e di Antonio Ciacci che si portava dietro fino alla fine dei suoi giorni il suo bel ciuffo, la sua aria sbarazzina e lo spavaldo nome di Little Tony. Per non parlare del fratello Enrico che ha continuato a seguirlo, come un ombra, con il suo basso. La musica rivoluzionaria è, ovviamente, il rock ‘n roll.
I due grandi della musica leggera italiana si conobbero e si incontrarono in un palcoscenico di Milano (lo Smeraldo) nel 1956 e, se non avete fatto caso alle date, vi faccio notare che Celentano aveva 18 anni e Little Tony 16 anni. Due ragazzi, due esponenti di una generazione travolta dal rock ‘n roll, che era un ballo ma era anche una musica che ti prendeva dalle viscere che si impossessava della tua anima e faceva esplodere la nostra vitalità repressa. Io sono convinto che il ’68 e tutte le ribellioni giovanili che ci hanno accompagnato fino alla fine del Novecento, cambiando profondamente il mondo, hanno trovato origine in quegli anni e in quella musica.
A far conoscere il rock ‘n roll in tutto il mondo occidentale fu il film Rock around the clock, che in Italia fu ribattezzato L’orologio matto. Noi ragazzi capimmo subito che quella era la nostra musica, la nostra risposta a Nilla Pizzi e a Claudio Villa. Nacquero le prime band, i primi vestiti attillati con le frange, i primi ciuffi, ad imitazione di idoli che rispondevano al nome di Bill Haley (si diceva che fosse stato lui a inventare il rock ‘n roll), di Little Richard (da lui probabilmente prese il nome Little Tony) e soprattutto di lui, il grande immenso Elvis Presley, che fu ribattezzato Pelvis per la sua capacità di agitare il bacino.
I nostri rocker si ritrovarono per la prima volta, tutti insieme, nel 1958 a Milano, al Palaghiaccio, in un concerto storico: c’era Little Tony con suo fratello Enrico, c’era Celentano e c’era Enzo Jannacci, che allora faceva coppia con Giorgio Gaber e si facevano chiamare I due Corsari, c’era Ghigo che scrisse i pezzi italiani più belli (come Coccinella e Ferroviere del rock) e si ritirò presto dalle scene. E c’era anche una ragazza scatenata che si faceva chiamare Baby Gate ma il suo vero nome era… Mina Mazzini.
Che emozione risentire i due vecchi leoni che, insieme a Mina, sconvolsero il Festival di Sanremo del 1960! Emozione ma anche orgoglio nel constatare che la nostra musica, quella con cui sfidammo il mondo quando eravamo ragazzi, conserva ancora oggi la sua carica rivoluzionaria.
Anche loro, un tempo, erano i ragazzi del rock and roll, in preda ad una febbre di cambiamento che forse non si è più ripetuta. E allora, ci domandiamo: questa musica, il rock and roll, ha contribuito al cambiamento del nostro paese? E si è trattato solo un cambiamento musicale o ha investito anche altri aspetti della società? Non spetta a noi rispondere. Lasciamo che siano le immagini e i suoni a farlo, a proiettarci in una dimensione che può sembrare persino incredibile per i ragazzi d’oggi e che i meno giovani hanno forse dimenticato.
Si usa spesso la parola «rivoluzione» per parlare di un cambiamento radicale, a volte cruento, certo inaspettato e persino fastidioso. Fastidioso per una parte della società la quale, riconquistata la libertà dopo anni di dittatura e di guerra, non ama evidentemente sentirsi sollecitata a cambiare ancora, accogliendo le istanze delle generazioni più giovani, che premono, spingono, si agitano, ansiose di diventare esse stesse protagoniste.
E quella del rock and roll rappresentò in qualche modo una rivoluzione. Erano gli anni 50, anni difficili, di ricostruzione anche morale del paese. La rivoluzione avvenne per via di un fenomeno apparentemente estraneo, il rock and roll, appunto, arrivato dagli Stati Uniti insieme con il cinema americano, con i dischi a 78 giri e con i juke-box. Poteva sembrare un fenomeno passeggero, e molti lo ritenevano tale e invece fu come una folata di vento innovatore destinato a cambiare quasi tutto.
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