Studenti In Cina con il progetto “Intercutura”
Per mano alla nonna, Stefano ancora traballante esplorava il giardino che circondava la sua villetta in collina, in un paesino come tanti che si affaccia sul lago Maggiore. È attratto dai ricci che non può prendere nelle manine perché, viene ammonito, “il riccio punge!” Il monito frulla nella testolina di Stefano che “registra” come da un’azione apparentemente innocua può scaturirne un’altra, non sempre piacevole, come è già accaduto al parco della villa Pallavicino di Stresa quando un elegante lama bianco dall’aspetto mansueto aveva sputato dritto dritto negli occhi di suo padre che lo stava tenendo in braccio. Come allora aveva ripetuto infinite volte “Il lama puta!”, così nella seconda situazione, aveva ricordato per ore e ore a se stesso “il riccio punge!”
Quando aveva solo quattro anni, prima di andare in spiaggia con il suo irrinunciabile berretto rosso con visiera, il cavallino nero su fondo giallo della Ferrari formula 1 e con il sacchetto ricolmo di palette, formine e secchielli colorati, aveva già riempito una decina di fogli con la matita nera: somme, sottrazioni, divisioni, addirittura qualche semplice frazione…
E il gusto della scoperta è rimasto per Stefano come la stella polare per i naviganti.
Ora Stefano ha diciassette anni e sta frequentando, con il progetto Intercultura, il quarto anno di liceo scientifico a Suihua, una metropoli nel Nord Est della Cina con 4.500.000 abitanti, a tredici ore di treno da Pechino; una temperatura media invernale di 20° sotto zero.
Quando il Preside del suo istituto ha illustrato a studenti e genitori la possibilità di frequentare il quarto anno scolastico all’estero, si è buttato a capofitto per superare diverse prove di selezione e ottenere una borsa di studio. E ce l’ha fatta. L’insegnate di classe che ha redatto la sua presentazione per la partecipazione al progetto ha scritto: “senza Stefano le lezioni sono sicuramente più noiose!”; e aveva aggiunto: “è sempre disponibile ad aiutare i compagni in difficoltà”.
Potendo esprimere alcune opzioni sugli stati di destinazione, Stefano ha dato la priorità alla Cina, attratto dalla sua diversità culturale, storica, politica, linguistica, comunicativa, rispetto al mondo occidentale, omologato e reso “banalmente” accessibile dalla diffusione in tutto il mondo della lingua inglese appresa a scuola.
Da Stefano, partito per la Cina nel mese di agosto, non è mai trapelato un segno di nostalgia o di cedimento, tenuti a bada dalle videochiamate domenicali, anzi, solo entusiasmo per tutte le “diversità” che ha incontrato a partire dalla scrittura fatta da migliaia di sinogrammi, su cui si è esercitato, come da bambino con somme e divisioni, scrivendo con il pennello e l’inchiostro nerosu infiniti grandi fogli bianchi.
Stefano ha apprezzato subito la cucina cinese, ricca di salse fantasiose, fatta anche di fritture di cavallette, bruchi, insetti vari, “ottimi”, a dispetto delle resistenze espresse dal nostro governo che vieta non solo la produzione ma anche la ricerca di alimenti alternativi a quelli della “tradizione” e dell’”eccellenza italiana”, che potrebbero alleviare il problema della fame nel mondo e dell’inquinamento globale.
Stefano condivide la quotidianità anche con ragazzi e ragazze provenienti da culture e mondi diversi che hanno aderito come lui al progetto Intercultura.
Nel college divide la stanza con Mek, un ragazzo thailandese, con cui ha stretto un’amicizia fraterna. Nei giorni di vacanza entrambi sono ospitati da una giovane coppia di cinesi, così giovani che Stefano li considera e definisce “mio fratello”, “mia sorella”!
Fin dal suo arrivo a Suihua ha capito come ogni cultura si esprima in modi peculiari legati alla propria storia e alle proprie tradizioni. Scesi dal treno, i ragazzi italiani sono stati accolti da un corteo di studenti cinesi con mazzi di fiori, striscioni con messaggi di benvenuto, abbracci fraterni, visi raggianti per la felicità. “Come fossimo dei vip!”, ha raccontato Stefano. Il preside dell’istituto ha festeggiato il loro arrivo con un pranzo pantagruelico fatto di infinite portate, abbaglianti per varietà, colori, profumi, perché in Cina l’accoglienza e la festa sono imprescindibili dai fiori e dal cibo offerto a profusione. Questo primo approccio con la realtà cinese ha sfatato quel preconcetto occidentale, dalle radici profonde, secondo cui il mondo “giallo” è freddo, distaccato, lontano, persino ostile.
Certo Stefano osserva con gli occhi e il sentire di un ragazzo di diciassette anni: ha capito che l’impegno personale nel lavoro e nello studio sono il fondamento dello straordinario progresso cinese. Gli adulti escono di casa alle prime luci del giorno e rientrano a tarda sera. Anche la giornata nel college è molto intensa e impegnativa: attività di studio dalle 7,30 del mattino alle nove di sera, con due interruzioni per il pasto delle 12.30 e delle 17.30. Gli studenti devono praticare sport individuali o di gruppo a loro scelta; cimentarsi nel coro, nel teatro, nella musica, in attività artistiche che orientino le loro scelte future e contribuiscano alla formazione della loro personalità. Accompagnati da un insegnante, si muovono in aereo o in treno per scoprire le varie realtà dell’universo cinese. Godono della libertà di girare autonomamente nella loro città, di frequentare bar e ristoranti, protetti dalle telecamere posizionate ovunque per garantire anche a un minorenne come Stefano di muoversi di notte senza incontrare pericoli di sorta. Non si vedono accattoni agli angoli delle strade. Quando ha sofferto di un banale raffreddore è stato prontamente visitato in una struttura ospedaliera efficiente.
Stefano è abbagliato dalle luci e dai grandi palazzi delle città abitate da più di dieci milioni di abitanti dove convivono la modernità e la tecnologia più avveniristica con la millenaria civiltà cinese, fatta di pagode, templi, lanterne rosse, draghi, anche della infinita e imponente Grande Muraglia, che ha potuto ammirare fin dai primi giorni successivi al suo arrivo.
Stefano, dopo sette mesi di permanenza nell’istituto di Suihua, parla, scrive, comprende perfettamente la lingua, competenza acquisita con un impegno straordinario e a denti stretti come lui sa fare di fronte alle difficoltà. Tale conoscenza gli consente di seguire alcune lezioni, in particolare la matematica, in una classe formata totalmente da studenti cinesi.
Stefano rientrerà in Italia alla fine di giugno, ma con il proposito già espresso di ritornare in Cina durante la prossima estate, perché sente fin d’ora la nostalgia di questa esperienza arricchente e fantastica che si sta per concludere, anche quella di una ragazza “simpatica, divertente, carina”, come lui la definisce con pochi aggettivi, che si chiama Zhang Zi Qing. “Zi” vuol dire “viola”, un fiore che avrebbe potuto incontrare fra le sue amiche italiane, forse anche le sue qualità peculiari; ma Viola ha il fascino dei suoi occhi a mandorla e quello della sua diversità, che per Stefano è un valore aggiunto, non certo una barriera.
Questo è il valore che diffonderanno nel loro paese d’origine i ragazzi e le ragazze che partono per l’altrove per esplorare e conoscere, per sentirsi cittadini del mondo, come quelli che dopo l’università cercano lavoro all’estero e per i quali si nutre la speranza che vorranno rientrare in Italia a spendere qui le loro competenze.
La storia moderna ci insegna che i giovani sono sempre i protagonisti delle conquiste nel campo delle libertà e dei valori democratici. Pensiamo ai giovani milanesi battutisi sulle barricate nelle Cinque giornate di Milano nel 1848, a quelli volontari nella “spedizione dei Mille” al seguito di Garibaldi; ai “ragazzi del ‘99”, un’intera generazione, mandata a morire sul Carso nella “grande guerra”; a tutti quelli rastrellati e uccisi nelle ritorsioni tedesche o morti nelle fila partigiane nella seconda guerra mondiale; alle rivolte studentesche, insieme agli operai, del Sessantotto per creare una società più libera, moderna e democratica.
Oggi si assiste a un risveglio dei giovani studenti, anche minorenni, che come a Pisa e a Firenze si sono uniti ad altre manifestazioni sorte in tutto il mondo in difesa del popolo palestinese, perseguitato e massacrato da mesi nella Striscia di Gaza, deprivati delle loro terre da decenni. Altre manifestazioni stanno crescendo nelle università. A volte le prese di posizione o i modi, anche se non violenti, possono essere discutibili, ma è positivo che i giovani escano dal letargo o si alzino dai loro comodi divani – spesso sono stati bollati così – per manifestare, per esprimere il proprio pensiero qualunque esso sia, per perorare le cause in cui credono e battersi per esse.
Si può essere certi che a queste manifestazioni non parteciperanno quei figli di papà che possono spendere migliaia di euro per un aperitivo cenato in Galleria a Milano o a Cortina. A loro non serve cambiare lo status quo, perché siederanno comunque, anche senza arte né parte, nei consigli di amministrazione delle grandi società economiche, finanziare e industriali o sugli scranni della politica; i loro patrimoni immobiliari o le loro eredità non saranno intaccate dal “pizzo di stato”- per usare un’infelice espressione meloniana – riservato a dipendenti pubblici e pensionati; se la loro salute vacillerà potranno permettersi cure presso cliniche private o saranno risarciti da assicurazioni che la maggiorparte dei cittadini italiani non si possono permettere.
Quindi è a ragazzi come Stefano che dobbiamo guardare con fiducia per non perdere la speranza in un futuro in cui la Costituzione resti un punto fermo; siano garantite a tutti le libertà democratiche; la politica garantisca la dignità e il rispetto di ogni cittadino, italiano o straniero, di qualsiasi razza e credo religioso; siano tutti uguali di fronte alla legge e il discrimine fra cittadini sia costituito unicamente dalle qualità morali e dai comportamenti verso il prossimo, la società, le istituzioni.
Mi piace concludere questa storia riportando alcuni versi della canzone di Roberto Vecchioni “Sogna ragazzo sogna”, perché sembra scritta su misura per Stefano e per i giovani coraggiosi e determinati come lui che ci permettono ancora di sperare:
Sogna, ragazzo sogna
Non cambiare un verso della tua canzone
Non lasciare un treno fermo alla stazione
Non fermarti tu
(…)
Sogna, ragazzo, sogna
Ti ho lasciato un foglio
Sulla scrivania
Manca solo un verso
A quella poesia:
Puoi finirla tu!
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