SEX AND TRE CHURCH. TERZA PUNTATA: LA PUNIZIONE

Roma, chiesa di S. Maria dell’Anima. Scolpiti nel marmo, intagliati nel legno, modellati in stucco o dipinti:

2 teschi con femori, 7 teschi semplici, 2 teschi alati dall’aria mansueta, 1 scheletro intero, 1 clessidra (tempus fugit).

S. Agostino: 3 teschi semplici, 2 teschi alati con riccioli ribelli, corona d’alloro e aria strafottente.

S. Lorenzo in Damaso, la chiesa più buia di Roma: un immenso scheletro alato che si libra fieramente tutto bianco su un fondo di marmo nerissimo. Impressionante.

S. Maria sopra Minerva: anche qui un bello scheletro che abbraccia l’ovale con il ritratto del caro estinto. Più quattro teschi semplici, tre teschi con femori e ben sei femori incrociati senza teschio.

S. Pietro in Vincoli, due scheletri accompagnatori del caro estinto.

S. Maria Maddalena: uno scheletrone (vero, non di marmo) completo.

E così via in un allegro inventario cattolico apostolico romano.

Vale la pena di soffermarci un po’ a cercare di capire il ruolo che l’arte funeraria, soprattutto quella barocca dà allo scheletro nella messa in scena della sepoltura.

E’ ovviamente il personaggio principale della rappresentazione della vita e della morte. Un attore che, per come viene presentato sulla ribalta e grazie alla sua tradizionale caratterizzazione macabra fa riflettere.

Non ci si era mai pensato prima del barocco, a questo tipo di simbolo, e non ci si è più pensato dopo. Ma durante quel tempo del superfluo, dell’eccesso, del teatrale è stato un grande protagonista.

Dunque, agli scheletri di servizio in chiesa viene affidato l’incarico di stupire, informare, educare i fedeli a non prendere troppo alla leggera la morte e il peccato: c’è sempre in agguato la punizione. Tutto attraverso la fantasia, davvero scalpitante, degli artisti dell’epoca.

Santa Romana Chiesa per un lungo periodo ha tenuto nascosti i suoi scheletri nei cimiteri. Poi non ce l’ha più fatta e a un certo punto (forse per far rabbia a Lutero, ai tempi della Controriforma), ha cominciato a piazzarli sulle tombe in chiesa, sotto gli occhi di tutti, a scopo dimostrativo, ammaestrativo e, diremmo, anche terroristico.

Scheletri, mezzi scheletri e quando non c’era abbastanza spazio, teschi con tutti i ghigni possibili, coi femori incrociati o no, e coi simboli del tempo che passa e della fine che incombe: clessidre, falci e ossute dita puntate.

Per non trascurare le tante macabre reliquie, che, sotto forma di reperti fisiologici più o meno incartapecoriti promettevano la salvezza eterna ai fedeli dell’abbazia e succulenti incassi agli osti e agli albergatori dei dintorni.

Insomma: non dimenticate, o fedeli, che questa bella punizione tocca a tutti.

Per fortuna non sono mai mancati gli artisti che, magari alle spalle del committente si divertivano a infilare in queste rappresentazioni punitive imposte dall’alto qualche trovata irrispettosa, anche blasfema, ma sicuramente sempre teatrale.

E’ un po’ un richiamo alla burla di Bernini ai danni della Chiesa quando riuscì per ben due volte a gabellare un’estasi chiaramente profanissima per qualcosa di mistico e spirituale.

Bravo Gian Lorenzo!

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