A bocce quasi ferme, un primo bilancio dell’Assise tenutasi il 15 e 16 giugno 2024 sul Bürgenstock
Quattordici/A Hermes Storie di geopolitica – Mondo
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Alberto Leggeri
Già professore di geografia, osservatore e analista di geopolitica cinese
A bocce ferme Alberto Leggeri, geografo elvetico, trae un primo bilancio della Conferenza di alto livello sulla pace in Ucraina promossa in Svizzera il 15 e 16 giugno. “Su richiesta dell’Ucraina, la Svizzera ha invitato più di 160 delegazioni nazionali a partecipare (Russia volutamente esclusa da parte dell’Ucraina: o noi o loro). Concretamente al forum hanno poi partecipato cento delegazioni nazionali e di organizzazioni internazionali, tra cui 57 capi di Stato e di governo provenienti da tutte le regioni del mondo. Come ci si poteva immaginare, nel comunicato finale (firmato da un’ottantina di partecipanti), non si è giunti a nessuna conclusione, neppure di principio, che si avvicini a una proposta conclusiva e condivisa per porre fine al conflitto, o andare quantomeno in quella direzione.
Si è rimasti ad enunciati molto generici in cui si auspica il raggiungimento della pace, il principio dell’intangibilità delle frontiere nazionali e tre punti pratici”. Secondo Leggeri “Una Conferenza di pace non solo è auspicabile che si faccia, ma che questo possa avvenire al più presto perché l’incendio in atto potrebbe dilagare in modo molto pericoloso. Sarà praticamente impossibile che questo possa avvenire ancora in Svizzera perché con questa sua iniziativa, agli occhi di molti paesi del Sud del Mondo (in particolare dei BRICS+) e ovviamente della Russia, essa si è fatta intrappolare dalle condizioni dettate da Kiev e pure dai Paesi della NATO, escludendo di fatto l’altra parte del conflitto, cioè la Russia. È necessario a mio parere – aggiunge lo studioso elvetico – che chi si assumerà l’onere di promuovere una nuova e vera Conferenza di pace nel conflitto in atto nel cuore d’Europa, non commetta gli errori fatti da Berna: in primo luogo bisogna che ci sia la Russia, possibilmente col suo Presidente, garantendo a Putin un salvacondotto diplomatico che lo ripari dall’ordine di cattura internazionale emesso dalla Corte Penale Internazionale e che il Paese ospitante sia veramente neutrale e che non sia inviso a priori da parte di chicchessia”.
25 giugno 2024
Già un anno fa, commentando la Conferenza di Lugano per la ricostruzione dell’Ucraina[1] ebbi modo, se queste colonne di esprimere un giudizio negativo sull’esito della stessa e sul fatto che in modo quasi impercettibile, ma evidente agli occhi degli esperti, si stesse cambiando la politica estera svizzera, da quella tradizionalmente neutrale a una sempre più schierata a fianco delle posizioni degli Stati Uniti d’America e dell’Unione europea.
In quell’occasione conclusi che
“Avrei preferito che ci fossimo attivati per portare aggressori e aggrediti ad un tavolo di trattative per ripristinare la pace”.
Nel seguito alla Svizzera è stato formalmente chiesto da parte di Volodymyr Zelens’kyj di organizzare una “Conferenza di alto livello sulla pace in Ucraina” che poi è stata volonterosamente e zelantemente organizzata da Berna al Bürgenstock (nella Svizzera centrale) il 15 e 16 giugno 2024.
“Lo scopo dell’incontro a livello di capi di Stato e di Governo era quello di Zelensky sviluppare una visione comune verso una pace giusta e duratura in Ucraina”[2].
Su richiesta dell’Ucraina, la Svizzera ha invitato più di 160 delegazioni nazionali a partecipare (Russia volutamente esclusa da parte dell’Ucraina: o noi o loro). Concretamente al forum hanno poi partecipato cento delegazioni nazionali e di organizzazioni internazionali, tra cui 57 capi di Stato e di governo provenienti da tutte le regioni del mondo.
Come ci si poteva immaginare, nel comunicato finale (firmato da un’ottantina di partecipanti), non si è giunti a nessuna conclusione, neppure di principio, che si avvicini a una proposta conclusiva e condivisa per porre fine al conflitto, o andare quantomeno in quella direzione.
Si è rimasti ad enunciati molto generici in cui si auspica il raggiungimento della pace, il principio dell’intangibilità delle frontiere nazionali e tre punti “pratici”:
- qualsiasi uso dell’energia nucleare e delle strutture nucleari deve essere
“sicuro, protetto, monitorato e compatibile con l’ambiente”,
- “gli attacchi alle navi mercantili e ai porti civili sono inaccettabili”;
- “tutti i prigionieri di guerra devono essere restituiti all’Ucraina nell’ambito di uno scambio completo di detenuti, così come i bambini rapiti”.
Vladimir Putin ha comunque voluto dimostrare di essere il convitato di pietra della conferenza svoltasi il 15 e 16 giugno presentando pubblicamente una propria “proposta di pace”: per una tregua (nemmeno per un accordo duraturo, logico visto che Mosca considera l’Ucraina uno Stato inesistente, facendo esso storicamente parte della Grande Russia), lo “zar” sostiene che va riconosciuta preventivamente l’acquisizione russa della Crimea, quella di quattro regioni del Donbass nemmeno del tutto ‘liberate’ dal suo esercito e l’impegno di non adesione alla Nato. Rimane, forse, l’“autorizzazione” di entrare nell’Unione Europea, la quale, per come è ridotta sotto l’urto degli iper-nazionalismi putiniani, e per l’aumentata debilitazione franco-tedesca, per il Cremlino non sembrerebbe una grande minaccia.
Anche se come ha detto il Consigliere Federale Ignazio Cassis, Ministro degli affari Esteri del Governo svizzero, è meglio discutere che tacere, definire un successo la Conferenza mi sembra francamente eccessivo (non arrivo a dire, come certi malevoli, che è stato un flop o -peggio- una scampagnata per la promozione turistica della Svizzera…).
C’è da sperare, come ha annotato qualche analista più qualificato di chi scrive, che la Conferenza non si sia tenuta invano e nel prossimo futuro le cose si muoveranno anche perché un accordo prevederebbe inevitabilmente la cessazione delle sanzioni anti-russe. Tempi e ritmi sono ancora difficili da definire, ma la sensazione è che qualcosa si stia veramente muovendo[3].
L’unico che ha “portato a casa” qualcosa è il Presidente dell’Ucraina che ha avuto l’appoggio di 80 Stati sui 92 partecipanti. Fra quelli che non hanno firmato il Comunicato finale si contano praticamente tutte le delegazioni presenti al forum che partecipano pure al progetto BRICS+ (dall’India, al Brasile, all’Arabia Saudita, al Sudafrica, eccetera). La Cina ha declinato l’invito e come detto la Russia non è stata formalmente invitata.
Questo dei BRICS+ è un segnale che l’Occidente farebbe bene a non ignorare.
Una Conferenza di pace non solo è auspicabile che si faccia, ma che questo possa avvenire al più presto perché l’incendio in atto potrebbe dilagare in modo molto pericoloso. Sarà praticamente impossibile che questo possa avvenire ancora in Svizzera perché con questa sua iniziativa, agli occhi di molti paesi del Sud del Mondo (in particolare dei BRICS+) e ovviamente della Russia, essa si è fatta intrappolare dalle condizioni dettate da Kiev e pure dai Paesi della NATO, escludendo di fatto l’altra parte del conflitto, cioè la Russia.
È necessario a mio parere che chi si assumerà l’onere di promuovere una nuova e vera Conferenza di pace nel conflitto in atto nel cuore d’Europa, non commetta gli errori fatti da Berna: in primo luogo bisogna che ci sia la Russia, possibilmente col suo Presidente, garantendo a Putin un salvacondotto diplomatico che lo ripari dall’ordine di cattura internazionale emesso dalla Corte Penale Internazionale e che il Paese ospitante sia veramente neutrale e che non sia inviso a priori da parte di chicchessia.
Potrebbe appunto essere un Paese aderente la progetto BRICS+, oppure uno che goda della fiducia di questo forum, secondo taluni osservatori, potrebbe essere la Colombia.
[1] Alberto Leggeri, “La Conferenza di Lugano per la ricostruzione dell’Ucraina”, Democrazia futura, II (6-7) aprirle-settembre 2022, pp. 543-546. Anticipazione su Key4biz, 7 luglio 2023. Cf. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-la-conferenza-di-lugano-per-la-ricostruzione-dellucraina/409567/.
[2] Si veda il comunicato stampa del Dipartimento federale degli affari esteri DFAE della Confederazione Elvetica. Cf. https://www.eda.admin.ch/eda/it/dfae/dfae/aktuell/dossiers/konferenz-zum-frieden-ukraine.html
[3] Yurii Colombo, “La ‘formula svizzera’ e le preoccupazioni di Vladimir Putin”, naufraghi.ch, 17 giugno 2024. Cf. https://naufraghi.ch/la-formula-svizzera-e-le-preoccupazioni-di-vladimir-putin/.
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