Il risultato del primo turno delle elezioni francesi
Quattordici/A Hermes Storie di geopolitica – Europa
Bruno Somalvico
Direttore editoriale di Democrazia futura
Un risultato atteso ma l’esito finale non è per nulla scontato. Questa l’analisi che Bruno Somalvico fa del risultato al primo turno delle elezioni francesi. Occorre capire – e lo sapremo sin dal tardo pomeriggio di domani martedì 2 luglio – come si presenteranno le battaglie nei ballottaggi domenica. Sapremo quante saranno le triangolari dopo le desistenze eventualmente praticate da coloro che rimangono qualificati al terzo posto. Me decisive saranno in ogni caso le scelte degli elettori che – ricorda Somalvico dopo aver analizzato i voti raccolti dalle singole liste, nella storia dei doppi turni hanno spesso corretto ma sinora mai del tutto ribaltato i risultati del primo turno.
01 luglio 2024
La scelta di sciogliere il Parlamento annunciata da Emmanuel Macron un’ora dopo la chiusura dei seggi delle elezioni europee e di convocare dopo sole tre settimane di campagna nuove elezioni parlamentari è stata non solo azzardata ma, peggio, secondo molti suoi sostenitori del tutto irresponsabile. Rispetto alle elezioni europee, solo una forte partecipazione pari al 66,71 per cento, che non si vedeva più dal 1978, in crescita di ben 19 punti percentuali ha consentito ai grandi sconfitti delle elezioni europee di migliorare leggermente i propri risultati anche in valori percentuali.
Il Rassemblement National di Marine Le Pen, sotto la guida di Jordan Bardella, candidato al posto di primo ministro, con oltre 10,6 milioni di voti ottiene il 33,15 per cento in crescita rispetto alle elezioni legislative di due anni fa del 19,2 per cento (ma anche di quasi due punti percentuali rispetto alle europee) e ha già conquistato 38 seggi al primo turno (di cui uno in coalizione con altre forze di estrema destra). È senza dubbio il vincitore di questa prima tornata anche se alcuni sondaggi lo davano persino al 36 per cento.
Al secondo posto, costrette ad unirsi intorno al Nouveau Front Populaire per la logica del sistema maggioritario, le sinistre ottengono con poco meno di 9 milioni di voti, sfiorano il 28 per cento e conquistano 32 seggi al primo turno. Un risultato lusinghiero, tenendo presente che alle elezioni europee con liste distinte i socialisti (con il 13,83 per cento) La France Insoumise (9,89 per cento), i verdi (5,50 per cento) e i comunisti (2,36 per cento) ovvero raccoglievano in totale il 31,50 per cento. Occorre peraltro tenere presente che in questo turno elettorale in certe circoscrizioni si presentavano liste civiche di sinistra (“divers gauche”) che raccolgono l’1,53 per cento e in taluni collegi si sono presentati altri candidati dissidenti di sinistra, oltre alle liste di estrema sinistra che raccolgono l’1,15 per cento). In ogni caso con questo risultato le sinistre unite dovrebbero certamente conquistare un numero maggiore di seggi rispetto alle elezioni del 2022 ma è molto probabile che non formino anche questa volta un gruppo unico all’Assemblée Nationale.
Al terzo posto la principale sconfitta senza ombra di dubbio di questo primo turno è la coalizione presidenziale centrista intorno al Presidente Emmanuel Macron Ensemble pour la République, guidata dal primo ministro Gabriel Attal: con 6,4 milioni di voti ottiene poco più del 20 per cento in calo di 5,7 punti percentuali rispetto alle politiche due anni fa conquistando due soli seggi al primo turno. Tuttavia rispetto ai sondaggi della vigilia e comparato al 14,60 per cento ottenuto alle elezioni europee, la forte partecipazione elettorale ha consentito alla coalizione macroniana di non scomparire dallo scenario politico francese come taluni ipotizzavano in caso di risultato irrilevante. Tanto più che a questa percentuale andrebbero sommati i voti raccolti singolarmente da Horizons (0,72 per cento), l’Union des Démocrates Indépendants (0,51 per cento) e che in questo primo turno altre liste civiche di centro hanno raccolto l’1,72 per cento.
Al quarto posto, pur avendo subito la defezione del loro Presidente Eric Ciotti e di altri loro esponenti andati arma e bagagli a sostenere le liste lepeniste, la destra conservatrice tradizionale de I Républicains, eredi della tradizione golliste e giscardiana, ovvero i principali sconfitti nelle elezioni francesi dopo l’ascesa all’Eliseo nel 2017 di Emmanuel Macron che subirà un’emorragia di elettori sia in direzione della destra lepenista sia verso il centro macroniano, ottiene un risultato quasi insperato intorno al 10 percento sommando gli oltre 2.1 milioni di voti pari al 6,57 per cento raccolti direttamente e un seggio con i quasi 1,2 milioni di voti pari al 3,66 per cento e due seggi al primo turno raccolti da altre liste civiche di destra (“divers droite” attraverso le quali si sono presentati localmente loro compagni di strada. Complessivamente in tre settimane grazie al radicamento sul territorio dei propri candidati guadagna quasi 3 punti percentuali avendo raccolto il 7,25 per cento alle europee.
L’altro grande sconfitto è all’estrema destra Reconquête la formazione di Eric Zemmour che, dopo la defezione della nipote di Marine, Marion Maréchal Le Pen, avendo rifiutato un’intesa con il Rassemblement National non va oltre lo 0,72 per cento, mentre alle europee in coalizione con il Centre national des Indépendants et paysans (CNIP) aveva ottenuto ben il 5,47 per cento. Da segnalare che un candidato di estrema destra è stato eletto al primo turno in una lista autonoma.
Gli scenari che si presentano dopo il doppio turno di domenica 7 luglio – quando potremo davvero fare un esame approfondito del voto con Alberto Toscano che vive a Parigi da oltre quarant’anni – sono sostanzialmente due:
- Qualora venisse confermato il successo dell’estrema destra nei ballottaggi, è molto probabile che il Rassemblement National da solo o con il sostegno di alcuni nuovi transfughi dalla destra conservatrice, raggiunga la maggioranza assoluta dei seggi all’Assemblée Nationale (289 seggi). In questo caso la strada sembrerebbe segnata, ovvero si andrebbe verso un governo di “patrioti” per riprendere l’espressione usata dall’oriundo italiano Jordan Bardella destinato ad essere primo ministro in un governo di coabitazione con il Presidente Macron e che ha dichiarato che sarà “rispettoso della Costituzione e della funzione del Presidente della Repubblica, ma intransigente sulla politica che attueremo al servizio della Francia e dei francesi”. A meno che… Macron decida di rassegnare le dimissioni dall’Eliseo.
- Qualora invece l’apporto di elettori delle destra conservatrice non fosse sufficiente, e soprattutto in caso di buon funzionamento dei meccanismi di desistenza reciproca soprattutto fra candidati macroniani e candidati del fronte popolare delle sinistre, come avvenuto spesso in occasione delle elezioni politiche francesi anche se in contesti generalmente molto diversi, gli elettori al secondo turno potrebbero “correggere” le tendenze del primo turno e impedire al Rassemblement National di conquistare la maggioranza assoluta, ma solo la maggioranza relativa. In questo caso la Francia si troverebbe in una situazione di grande incertezza politica, se non addirittura di caos, cosa che non piace certo ai mercati finanziari. Si aprirebbero peraltro margini di manovra per consentire ai macroniani di allargare la propria esile minoranza all’apporto diretto o indiretto sia alla propria destra di quel che rimane dei Républicains sia a quello del Front Populaire che comunque in ogni caso sembrerebbe destinato molto probabilmente a non raccogliere nemmeno la maggioranza relativa, né tanto meno quella assoluta.
Dal tardo pomeriggio del 2 luglio il quadro che si presenta al secondo turno appare più chiaro perché il numero di triangolari domenica prossima sarà molto ridotto in seguito alla desistenza da parte di 218 candidati di cui 151 nei collegi in cui il Rassemblement National era in testa. La disciplina repubblicana sembrerebbe aver ben funzionato a favore del candidato rimasto “meglio piazzato” per sconfiggere quello del Rassemblement National nell’ambito dei tradizionali duelli nei ballottaggi sia da parte dei 130 candidati arrivati terzi appartenenti al Nouveau Front Populaire, sia da parte di 82 macroniani di Ensemble pour la République.
Ma le sorprese potranno venire solo dagli elettori che soli decideranno se mobilitarsi o rifugiarsi nell’astensione senza tenere troppo in considerazione le decisioni degli apparati politici. Non è affatto detto che gli elettori centristi che hanno votato al primo turno per i candidati macroniani seguiranno le indicazioni dei propri vertici né che tutti gli elettori del Nouveau front Populaire andranno in massa a mobilitarsi al secondo turno tanto più se dovessero votare per un candidato macroniano di destra o persino per un esponente della destra conservatrice, come è stato loro richiesto dal loro leader Jean-Luc Mélenchon.
I Républicains si sono pronunciati per la libertà di voto, distinguendo caso per caso nei singoli collegi, evitando di dare indicazioni di voto e solo in pochi casi pronunciandosi per la desistenza selettiva solo a favore dei candidati espressione della coalizione macroniana e appartenenti all’area non estremista del fronte popolare, ovvero, essenzialmente a ecologisti, socialisti, persino comunisti, ma non a La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, giudicata una formazione di estrema sinistra non rispettosa dei valori della République.
Contrariamente a quanto si pensava dopo le prime dichiarazioni, i macroniani, pronunciandosi a favore di una sorta di unità nazionale contro l’estrema destra, hanno invitato in larghissima parte a votare disciplinatamente per tutti i candidati del Nouveau Front Populaire, dopo averli qualificati come pericolosi estremisti.
Dopo le desistenze la maggioranza assoluta a favore dell’estrema destra sembrerebbe teoricamente più difficile. Ma la cautela rimane d’obbligo.
Conclusioni
Per la prima volta nella storia della Quinta Repubblica dunque, dopo il risultato delle elezioni legislative, vi potrebbe essere una situazione di caos, o comunque di forte incertezza in merito a quale sarà il governo destinato a succedere a quello attuale di Gabriel Attal, la cui coalizione centrista – su questo non ci sono dubbi – non disporrà di una maggioranza nemmeno relativa qualora stipulasse un accordo di ferro dell’ultima ora con i Républicains ed è quindi destinata ad essere preceduta come numero di seggi sia dal Rassemblement National e dai transfughi, sia dal Front Populaire.
Come spiegare questa situazione di incertezza politica nonostante l’esistenza di istituzioni solide come quelle francesi della Quinta Repubblica? La ragione è appunto che la Quinta Repubblica ha conosciuto storicamente un sistema bipolare destra contro sinistra con all’interno dei propri schieramenti due forze politiche (gollisti e giscardiani a destra, socialisti e comunisti a sinistra) che praticavano di regola in nome della cosiddetta “disciplina repubblicana” la desistenza a favore del candidato “meglio piazzato” del proprio schieramento per vincere il secondo turno.
Ora ci troviamo in un sistema tripolare. Poche, se non nulle, sembrerebbero le possibilità di conquistare la maggioranza assoluta da parte del Nouveau Front Populaire delle sinistre.
Le sinistre potrebbero ottenere la maggioranza relativa in Parlamento solo in caso di forte mobilitazione antilepenista al secondo turno. Più probabile che la coalizione di tutte le sinistre si confermi al secondo posto come numero di seggi all’Assemblée Nationale, davanti ai centristi macroniani, ma preceduta dall’estrema destra. Pur avendo il Front Populaire annunciato che avrebbe praticato quando arrivato al terzo posto la desistenza non solo nei confronti dei candidati centristi ma persino di quelli della destra repubblicana, pur di sconfiggere al ballottaggio i candidati di Marine Le Pen, è davvero improbabile che possa governare da solo come avveniva durante le maggioranze presidenziali di Union de la Gauche nei due settennati di Francois Mitterrand, ma tutt’al più potrebbe rivendicare la guida di un governo di coalizione con i macroniani, magari con l’astensione dei Républicains. Ma anche questa soluzione sembra difficile se non improbabile come del resto lo sarebbe, senza il supporto diretto o indiretto dei voti delle sinistre, un governo di coalizione fra macroniani e Républicains.
Non rimarrebbe a Macron che ipotizzare un governo del Presidente guidato da un tecnico tipo Mario Draghi che abbia un gradimento trasversale a destra al centro e a sinistra. Ma anche questa soluzione sarebbe del tutto rischiosa e forse, alla fin fine, sarebbe quella più gradita a Marine Le Pen che potrebbe vedersi spianate fra tre anni le porte dell’Eliseo così come avvenuto due anni fa in Italia con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi.
Insomma la Francia potrebbe vivere una situazione “all’italiana” di forte instabilità politica, salvo nel caso di un autentico governo di Unità nazionale fra tutte le forze antilepeniste come avvenuto nel secondo dopoguerra. Ma un novello Charles de Gaulle non è davvero acile da trovare dietro l’angolo. Meglio non sognare.
L’arrivo di Jordan Bardella al Palais de Matignon a sua volta potrebbe creare una situazione di grave conflitto se non di crisi istituzionale con lo stesso presidente Macron, soprattutto su chi deterrà il potere in materie delicate come la difesa in un Paese che come noto dispone della force de frappe nucleare. Meglio non pensarci troppo in questi giorni cari cugini transalpini. Concentratevi intanto su come andrà a finire domenica prossima. Les jeux sont loins d’être faits!
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