IL RUOLO DEL MEDITERRANEO NELLA GEOPOLITICA E NELLA GEOSTRATEGIA

PREMESSA

Questa nuova serie di riflessioni, intitolate “Il ruolo del Mediterraneo nella geopolitica e nella geostrategia”, ne esaminano l’importanza nel contesto geopolitico e geostrategico globale. Attraverso la trattazione di diverse tematiche relative al Mediterraneo, tra cui la sua definizione come regione, l’evoluzione geopolitica e geostrategica dal secondo dopoguerra a oggi e i vari fattori di differenziazione all’interno del cosiddetto “Mediterraneo allargato”, approfondiscono l’interazione tra l’Unione Europea e la politica mediterranea, l’istituzione dell’Unione per il Mediterraneo (UPM) e le implicazioni dei rivolgimenti politici in Nord Africa e Medio Oriente. Vi si sottolinea la necessità di una radicale riforma delle politiche mediterranee dell’UE per affrontare le sfide emergenti, inclusi i flussi migratori, la sicurezza energetica, le risorse idriche e i conflitti etnico-religiosi.
L’autore propone che il Mediterraneo possa fungere da laboratorio per una futura governance mondiale, evidenziando il suo ruolo cruciale come crocevia tra diverse civiltà e punto di mediazione tra le dimensioni locali e globali.

Parte I Che cos’è il Mediterraneo?

Per tentare di definire la presente e futura vocazione geopolitica e geostrategica del Mediterraneo e il suo complesso ruolo bisogna, preliminarmente, rispondere alla domanda: che cos’è il Mediterraneo? Diventa quasi obbligato, nel dare la risposta, partire dalle stesse parole del grande studioso francese, Fernand Braudel, uno dei massimi storici europei del XX secolo (F. Braudel, Il Mediterraneo, Bompiani, 1987, p. 12): “Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà, accatastate l’una sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo è trovare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l’Islam turco in Jugoslavia…”. Da questa suggestiva premessa, si coglie immediatamente la difficoltà di individuare una cultura mediterranea, cioè un’unica identità mediterranea, per cui il Mediterraneo, in tutta la sua storia, dalle origini fino a oggi, è stato e rimane un coacervo di culture, un “crocevia” di realtà politiche diverse, talvolta radicalmente opposte e potenzialmente conflittuali, raccordate fisicamente soltanto dal mare. Il mare rappresenta l’unico elemento di continuità tra tante diversità, che, nel momento in cui fu soppiantato da un altro mare (Oceano Atlantico), si identificò con il vecchio e con l’antico, rispetto al “nuovo”, simbolo dei moderni Stati continentali.

Questa identificazione si è accentuata con il processo di globalizzazione planetaria, nel quale la competizione si svolge sul controllo delle rotte commerciali, che collegano le diverse dimensioni economiche e politiche, secondo linee di divisione, di conflitto e di contrapposizioni. Come mai, allora, il Mediterraneo, pur identificato con il vecchio e con l’antico, mantiene, quando addirittura non vede accresciuto, il suo ruolo geopolitico e geostrategico? Il Mediterraneo allargato registra, oggi, su scala regionale, le stesse linee di divisione, di conflitto e di contrapposizioni, molto fluide, che caratterizzano lo spazio globale. Basterebbe citare soltanto le emigrazioni di massa dai paesi poveri, i fondamentalismi etnico-religiosi e gli effetti destabilizzanti della globalizzazione sui sistemi economici.

Individuare un ruolo geopolitico e geostrategico del Mediterraneo per la soluzione dei conflitti, riscoprire quella funzione di mediazione (medium-terrarum) tra terre diverse, contenuta anche nell’etimo, potrebbe contribuire anche agli equilibri dello spazio globale, in continuo mutamento. Un luogo di mediazione politica e antropologica, di dimensione regionale, potrebbe costituire una risorsa per la dimensione globale.

Una governance mediterranea, laboratorio di una futura governance mondiale? La regione (o, meglio, le regioni) del Mediterraneo può svolgere, in futuro, un ruolo di mediazione fondamentale, tra il locale e il globale, tra l’epoca del mare e quella dell’aria: sulle sue acque navigano sia i grandi cargo asiatici che i gommoni dei migranti. Il Mediterraneo, quindi, appare il paradigma dei rapporti tra il Nord e il Sud del mondo e delle line di congiunzione tra le terre, che vanno dall’Est all’Ovest. Da qui discende, la sua rinnovata importanza geopolitica e geostrategica.

TRADUZIONE IN INGLESE

The Role of the Mediterranean Sea in Geopolitics and Geostrategy

Part I

What is the Mediterranean Sea?

by Riccardo Piroddi

To attempt to define the present and future geopolitical and geostrategic vocation of the Mediterranean and its complex role, it is necessary first to answer the question: what is the Mediterranean? It becomes almost obligatory, in providing the answer, to start from the very words of the great French scholar, Fernand Braudel, one of the foremost European historians of the 20th century (F. Braudel, Il Mediterraneo, Bompiani, 1987, p. 12): “A thousand things together. Not one landscape, but innumerable landscapes. Not one sea, but a succession of seas. Not one civilization, but a series of civilizations, stacked one upon the other. Traveling in the Mediterranean is finding the Roman world in Lebanon, prehistory in Sardinia, Greek cities in Sicily, the Arab presence in Spain, Turkish Islam in Yugoslavia…” From this evocative premise, it is immediately apparent the difficulty of identifying a Mediterranean culture, that is, a single Mediterranean identity, as the Mediterranean, throughout its history, from its origins to the present day, has been and remains a melting pot of cultures, a “crossroads” of different, sometimes radically opposed and potentially conflicting, political realities, physically connected only by the sea. The sea represents the only element of continuity among so many diversities, which, when supplanted by another sea (the Atlantic Ocean), became identified with the old and the ancient, in contrast to the “new,” a symbol of modern continental states. This identification has been accentuated by the process of global planetary globalization, in which competition is based on the control of trade routes, connecting various economic and political dimensions along lines of division, conflict, and opposition. Why then does the Mediterranean, despite being identified with the old and the ancient, maintain, if not increase, its geopolitical and geostrategic role? The expanded Mediterranean today registers, on a regional scale, the same fluid lines of division, conflict, and opposition that characterize the global space. It would suffice to mention mass migrations from poor countries, ethnic-religious fundamentalisms, and the destabilizing effects of globalization on economic systems. Identifying a geopolitical and geostrategic role for the Mediterranean in conflict resolution, rediscovering that function of mediation (medium-terrarum) between different lands, also contained in its etymology, could contribute to the balance of the continuously changing global space. A place of political and anthropological mediation, on a regional scale, could become a resource for the global dimension. A Mediterranean governance, a laboratory for future global governance? The region (or, better, the regions) of the Mediterranean can, in the future, play a fundamental role in mediation, between the local and the global, between the era of the sea and that of the air: on its waters sail both large Asian cargo ships and migrants’ rubber boats. The Mediterranean, therefore, appears as the paradigm of relations between the North and the South of the world and the lines of connection between lands, stretching from East to West. Hence, its renewed geopolitical and geostrategic importance.


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