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A cosa serve oggi la Rai?, di Michele Mezza

A pochi giorni dalla nomina parlamentare di quattro membri del Suo CdA e dalle indicazioni del ministro dell’Economia Giorgetti del vertice, Michele Mezza, dopo un lungo excursus storico in cui ripercorre  “La vecchia missione allineata sia agli obiettivi sia alla cultura dei suoi mandanti politici… dalla stagione del latifondo dc a quella della lottizzazione pluralista”, evidenziando la svolta degli anni Duemila con quelle che definisce ” mediamorfosi e centralità della Rete: dati + potenza di calcolo”, torna sull’attualità non senza ironizzare sull’atteggiamento assunto in occasione del voto in Parlamento dalla sinistra “Tra Aventino e diritto di tribuna” e cercando, soprattutto, di rispondere alla questione iniziale che è anche il titolo di questo contributo per Democrazia futura, ovvero “A cosa serva oggi la Rai?. Per il giornalista nolano, la missione del servizio pubblico non è solo di disporre di una governance in grado di assicurarle “autonomia dall’esecutivo”, occorre garantire quella che, di fronte ai giganti del web, delle piattaforme, e ai nuovi sistemi di intelligenza artificiale, chiama “la tutela di linguaggi e del senso comune” per combattere contro quello che Mezza definisce “Il rischio di una nuova stagione di colonialismo semantico e culturale”. Da qui la proposta finale di “creare laboratori applicativi di linguaggi nazionali e fabbriche di un immaginario autonomo e competitivo”.


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