“OLTRE” IL CARCERE

come “istituzione totale” irreversibile e segregativa per rieducare, reinserire e riaccogliere rimuovendo la piaga del sovraffollamento

di luciano pilotti


La condizione carceraria é lo specchio della nostra civiltà come paese e del nostro livello di umanità e giustizia come società politica nonostante una Costituzione avanzata e che insiste sulla “funzione rieducativa” dell’istituzione carceraria e della pena (all’art. 27 co. 3: “le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”). I numeri ci dicono questo, ossia quanto siamo incivili perché disumani e ingiusti: 1 – un sovraffollamento di oltre 10mila persone (62mila in spazi per 51mila) ; 2 – un tasso di suicidi sopra la media UE ; 3 – un organico di polizia penitenziaria pari a 43mila unità con un deficit di 7mila (dovremmo averne 1 ogni 2,5 detenuti); 4 – un tasso di fuga pari a 22,8 contro una media UE a 2,2; 5 – quasi il 32% delle persone detenute per custodia cautelare sono immigrati (anche per impossibilità di una difesa adeguata per status legale, per scarse disponibilità economiche, per pregiudizi e discriminazione); 6 – investimenti (immobiliari e funzionali oltre che del personale) sulle carceri sono penalizzati da decenni.

Il sovraffollamento é frutto anche del cosi definito “Decreto Caivano” che ha abbassato da 9 a 6 anni il limite della custodia cautelare con un effetto di lievitazione del numero dei detenuti del 25% ( accrescendosi in questo modo i reati con limite massimo di pena edittale).

I’Italia è il quinto paese dell’Unione Europea con il più alto tasso di detenuti in custodia cautelare, con una percentuale di detenuti non definitivi al 31/12/ 2016 pari al 34,6% rispetto alla media europea del 22% (era al 53% nel 2008 e che ha prodotto diverse sanzioni dell’UE in violazione dell’art.5).
Il tasso affollamento della popolazione carceraria secondo i dati DAP aggiornati al 30 giugno 2022, è pari al 107 % ma considerando i posti non disponibili, sale al 112%. Va peraltro rilevato che in 25 carceri il tasso di affollamento supera il 150 %, con picchi del 190 % a Latina e Milano San Vittore. Brescia Canton Mombello é tra questi casi critici (citati anche da Mattarella) nonostante il carcere modello di Verziano (Brescia).
L’uso eccessivo della custodia cautelare accresce ovviamente anche la quota di detenuti che subiscono una ingiusta detenzione e che poi trascina a numerose richieste di risarcimento.

É del tutto evidente che lo scarso uso di misure alternative al carcere accentua il sovraffollamento mentre si rivelerebbero fattibili a legislazione invariata soprattutto per reati sotto la soglia dei 5-7 anni (arresti domiciliari, braccialetto, pene socialmente compensative, ecc.) escludendo per esempio quelli per reati violenti e/o di mafia o di terrorismo (“reati ostativi”) e che possiamo richiamare come segue:

• Affidamento in prova al servizio sociale: Generalmente applicabile per reati meno gravi, ma escluso per reati come associazione mafiosa, terrorismo, e altri reati di particolare allarme sociale.
• Detenzione domiciliare: Può essere applicata per la maggior parte dei reati, ma è esclusa per reati particolarmente gravi come violenza sessuale di gruppo, associazione dedita al narcotraffico, e sequestro di persona a scopo di estorsione.

• Semilibertà: Anche questa misura è generalmente esclusa per i reati ostativi.

• Liberazione anticipata: Applicabile a tutti i detenuti che dimostrano buona condotta, senza esclusioni specifiche per tipo di reato.

• Misure alternative per soggetti affetti da gravi patologie: Possono essere applicate anche a detenuti condannati per reati gravi, se le condizioni di salute lo richiedono.

Se vogliamo continuare a educare e rieducare come la Costituzione e l’avanzamento della civiltà ci impongono dobbiamo allora trasformare il carcere in una “istituzione aperta”. Una istituzione dove la socialità, gli affetti e le emozioni (come il lavoro, la formazione, l’arte e la cultura) non vengono tranciate di netto ma semmai modulate con la pena dovendo favorire un giorno un ritorno compiuto alla vita senza ricadute e recessi soprattutto lavorando e/o insegnando un mestiere, educando e formando, dalle lingue al civismo esponendo all’arte, alla musica, al teatro in forme auto-organizzate per riavviare un percorso di reintegrazione che sarà lungo ma irreversibile dentro e fuori dal carcere per un reinserimento appropriato e inclusivo. Un reinserimento che potrà compiersi solo promuovendone una attitudine rieducativa del carcere dove insegnare il rispetto di sé e degli altri accrescendo l’auto-stima e capace di stimolare una ri-accoglienza sociale forte e robusta che già vediamo in alcune esperienze nord-europee. Allora il carcere come ” istituzione totale segregativa” va ridisegnato immergendolo in un bagno di umanità (comunitaria e collettiva) responsabile, educativa e fiduciaria come leva di civiltà progressiva. Una progressività da opporre alle proiezioni di “estinzione della specie”, sperimentando nuove pene in nuovi luoghi per nuove modalità di restrizione delle libertà che non siano né anti-umane, né disumane, né segregative soprattutto se vorremo continuare a definirci “umani”.


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