Il segretario nazionale della CGIL Maurizio Landini, con la passione e la veemenza verbale che lo contraddistinguono, in ogni suo intervento nei programmi della rete televisiva La7 (l’emittente privata che non risparmia critiche al governo di Giorgia Meloni), oltre che nei comizi sindacali, ha ribadito con chiarezza le posizioni del suo sindacato rispetto alle misure inserite nella manovra finanziaria 2025 arrivata alle battute finali.
Riportiamo le rivendicazioni di Landini al Governo di Giorgia Meloni che dovrebbero incontrare una sostanziale condivisione da parte di chiunque abbia una visione della società ancorata ai principi cardine della nostra Costituzione:
Richiesta di un salario minimo garantito, a fronte di 3 milioni di lavoratori poveri, perché non si è liberi se si è precari o sottopagati; sotto i 9 euro all’ora si tratta di sfruttamento; se il numero di lavoratori è aumentato, sono diminuite le ore lavorate. L’inflazione supera gli aumenti stipendiali!
Richiesta di progressività del sistema tributario in osservanza dell’art. 53 della Costituzione e tassazione progressiva per tutti i profitti: a parità di reddito deve esserci parità di tassazione per tutte le categorie di contribuenti, quindi si deve cancellare la flat tax! Il taglio del cuneo fiscale per redditi fino a 35.000 euro produce una perdita!
Rifiuto dei patteggiamenti per reati fiscali, del cosiddetto concordato preventivo biennale che favorisce l’evasione in quanto sussistono solo 4 probabilità su 100 di avere controlli. Condoni e concordato sono incentivi a evadere, una beffa per i lavoratori dipendenti dei settori pubblici e privati e per i pensionati tassati alla fonte e per i contribuenti onesti. Qualsiasi tipo di condono è diseducativo sul piano morale perché predispone a eludere le norme in vigore in attesa delle sicure prossime sanatorie.
Richiesta di maggiori fondi per la scuola e, nell’attuale situazione di particolare emergenza, soprattutto per la sanità pubblica stante che cinque milioni di Italiani stanno rinunciando alle cure, economicamente inaccessibili presso le cliniche private.
Richiesta di capillari controlli ispettivi e l’attribuzione delle reponsabilità civili e penali alla prima impresa appaltatrice, capofila della catena di subappalti dove si annidano lavoro nero, sfruttamento, inosservanza delle misure di sicurezza, a fronte di 1200 morti all’anno sul posto di lavoro negli ultimi 10 anni, con una crescita del 3,5 % nel periodo gennaio-agosto 2024 rispetto al 2023 (dati ISTAT).
Richiesta di un diverso approccio alla problematica migratoria, attraverso l’accoglienza di migranti regolari coniugata con la formazione linguistica e professionale, in considerazione della denatalità nel nostro Paese e del fabbisogno di manodopera straniera espresso dalle aziende soprattutto del Nord Italia.
A fronte di queste rivendicazioni, a chi chiede al segretario della CGIL dove si possano trovare le risorse nelle maglie di una finanziaria in deficit per dare copertura ai bisogni più urgenti del paese come la sanità, la scuola, lo sviluppo, il dissesto idrogeologico… Landini puntualmente dà la risposta più razionale: “i soldi vanno cercati là dove ci sono: extraprofitti di banche e assicurazioni, multinazionali… Fra il 2022 e il 2023, 132 miliardi di extraprofitti sono stati divisi in dividendi; serve una lotta senza frontiere all’evasione fiscale, perché la tassazione ricade quasi sclusivamente sui lavoratori; va applicata una patrimoniale su grandi proprietà, tassa di successione su ingenti patrimoni, revisione delle rendite catastali”.
Ora, dopo l’incontro tra sindacati e governo dell’11 novembre, praticamente a cose fatte, perché la finanziaria lascia poco spazio a correttivi significativi prima del varo definitivo, di concerto con la CISL, il segretario della CGIL Landini conferma lo sciopero generale del 29 novembre e chiama alla riscossa le masse depauperate dei loro diritti con l’espressione “rivolta sociale”. Secondo la Presidente del Consiglio sono stati usati “toni senza precedenti” e la sommossa è stata sobillata da una “sinistra al caviale!” La reazione di Giorgia Meloni e quella del suo vice Matteo Salvini, che parla di “zecche rosse” rivoluzionare e di “comunisti di merda”, non ci colgono impreparati a queste rabbiose aggressioni linguistiche con cui si attacca sistematicamente la controparte politica.
Maurizio Landini, il segretario del più corposo e rappresentativo sindacato italiano, per un attimo, pur nella sua visione lucida e democratica della realtà italiana, in questa esortazione alla “rivolta sociale”, ci è apparso nelle vesti di un Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento!
Infatti circa la metà degli Italiani diserta da anni le urne, non per la pigrizia a recarsi ai seggi, ma per motivi che cercheremo di esplorare.
Secondo intellettuali come Corrado Augias, Aldo Cazzullo, Alessandro Barbero, che propongono puntuali ricostruzioni della storia e della società italiana, negli ultimi decenni il livello culturale nazionale è scaduto insieme alla coscienza etico-solidale, democratica e antifascista. Tutto ciò si rispecchia perfettamente nel quadro desolante offerto da chi ci rappresenta in Parlamento. Sarebbe ridondante ricordare la serie di strafalcioni linguistici, il linguaggio duro, aggressivo, arrogante dei nostri politici!
La conoscenza dell’ordinamento dello stato e dei suoi capisaldi democratici sanciti dalla Costituzione sono ignorati dalla maggior parte dei cittadini, anche dagli studenti ai quali l’educazione civica viene spesso impartita in modo occasionale e marginale, a latere dell’insegnamento della storia. Questa disciplina, invece, con i suoi valori di rispetto per le diversità, di solidarietà, di umanità, di giustizia, dovrebbe essere il faro dell’azione educativa e guida nelle dinamiche relazionali e sociali.
Il disamore verso la propria professione, che pure un tempo si identificava con la “vocazione” quasi sacerdotale all’insegnamento, ha reso i docenti, depauperati di stipendi dignitosi e di ruolo sociale, sempre meno attrezzati di entusiasmo e di risorse per catturare l’interesse dei giovani, affascinati da stimoli rinvenuti altrove.
Il calo della passione dei docenti coniugato con la tiepida motivazione degli studenti fa sì che il ventennio mussoliniano, la lotta partigiana, l’antifascismo, su cui si è elaborata e fondata la Costituzione, base di ogni legislazione, non siano oggetto di studio e di riflessione come sarebbe indispensabile, tanto che vengono spesso approcciate solo attraverso aspetti meramente iconici e simbolici di potere, supremazia, prestigio nazionale, suggestioni che sanno eccitare la fantasia di frange estremiste, che riproducono il fanatismo bieco e violento che affolla le curve degli stadi.
A fronte dell’abolizione del reato di abuso di ufficio, voluto dal ministro della giustizia Nordio, che ha sanato colletti bianchi già condannati per traffico di influenze illecite, appalti e concorsi pubblici truccati, nefandezze edilizie, come ha con puntualità documentato il programma di giornalismo investigativo di Sigfrido Ranucci, “Report”, andato in onda domenica 10 novembre, anche ai più sprovveduti è risultata chiara la “intoccabilità” della Casta, costituita da una rete di politici, amministratori locali ad ogni livello, personaggi della finanza, dell’economia che, con modalità mafiose e con l’aiuto di una abilità retorica da giocolieri, sono abilissimi a fare quadrato in un ferreo impegno di solidale autodifesa a oltranza e contro ogni evidenza di malaffare.
Vorrei poter ricordare il clima degli anni Sessanta, che Maurizio Landini non ha vissuto come chi ora sta facendo un piacevole sforzo di memoria: gli studenti e le studentesse, quei giovani fortunati che potevano permettersi lunghi percorsi di studio, si formavano attraverso i programmi gentiliani, basati sì sul mero nozionismo, ma resi vivi dall’autorevolezza e dalla passione dei loro docenti.
Quei semi di conoscenza, depositati nella memoria spesso in modo passivo e acritico, raggiunta la maturità, hanno dato i loro frutti, trasformandosi in competenze, in professionalità ben supportate da basi culturali solide, dalle capacita di analisi, di sintesi, di rielaborazione, che consentivano di affrontare la complessità del sapere e della realtà.
Mentre le case si attrezzavano di elettrodomestici, le famiglie si dotavano di una utilitaria e di un televisore pagati a rate… la vita sembrava avere un colore diverso; le distanze fra le persone e i luoghi si erano ravvicinate; tutto il mondo fino ad allora sconosciuto ai più si rivelava su di uno schermo ben in vista nel proprio salotto! In un clima di euforia generale tutti guardavano al futuro con ottimismo. I genitori erano sicuri che avrebbero garantito ai propri figli, grazie a una maggiore istruzione, un futuro migliore rispetto a quello che era toccato loro, vittime e attori della seconda guerra mondiale. I giovani nati nel dopoguerra, anche grazie alla fiducia trasmessa loro dai genitori, respiravano aria di libertà, voglia di autonomia, di crescita sociale sentite a portata di mano.
Il Sessantotto e le grandi conquiste sociali che seguirono negli anni Settanta-Ottanta richiamarono una mobilitazione in massa della società civile, gli studenti nelle università, gli operai nelle fabbriche. I giovani reclamavano, dentro e fuori la famiglia, la fine di consolidate e ataviche forme di paternalismo, autoritarismo, disparità di genere.
Grazie a una scolarizzazione in espansione raggiunta nel 1963 con l’istituzione della scuola media unica, gratuita e obbligatoria fino ai 14 anni, e con un incremento della frequenza degli istituti scolastici di secondo grado e delle università, si diffondeva nel paese una piena consapevolezza dei diritti di “tutti” i cittadini come sancito dalla Costituzione.
Già nell’Ottocento l’unità d’Italia si era realizzata grazie al movimento di ribellione agitato dalle classi aristocratiche e borghesi depositarie della cultura e attive nella propaganda politica contro la dominazione austriaca e gli altri stati sovrani in cui era suddivisa la penisola. Anche le masse popolari, coinvolte nel sentimento patriottico dall’élite colta e lungimirante, presero parte alle rivolte del ’48; migliaia di volontari si arruolarono nell’esercito di Garibaldi per la liberazione della Lombardia, per la spedizione dei Mille e per la conquista di Roma.
Tornando al secolo che abbiamo lasciato alle spalle, grazie al diffondersi di una cultura progressista e democratica, con i referendum sul divorzio del 1974 e sull’interruzione volontaria di gravidanza del 1981, la maggioranza degli Italiani rivendicava l’autodeterminazione e la libertà di operare le proprie scelte; nel 1978, con la legge 833, veniva istituito il Servizio Sanitario Nazionale, un’eccellenza a livello mondiale, che garantiva a tutti i cittadini il diritto fondamentale alla salute.
Oggi si vive un’atmosfera molto diversa, addirittura opposta a quella appena ricordata, che nasce dalla messa in discussione di diritti consolidati, dalla mortificazione dei genitori insoddisfatti delle proprie condizioni precarie di lavoro; dalla rinuncia delle madri a un ruolo attivo nella società a causa della mancanza di servizi pubblici di supplenza; per la consapevolezza di non poter garantire ai propri figli il diritto di spendere al meglio i propri talenti e di “crescere” in un paese democratico, secondo la visione lungimirante presente in ogni parola della Costituzione italiana. Nei nostri giorni le conquiste del secolo scorso sembrano vacillare a fronte di un governo sovranista, repressivo, reazionario, in linea con la ventata di nazionalismo che dilaga nel mondo occidentale.
È ridondante pensare al neoeletto presidente degli Stati Uniti d’America e ai toni aggressivi, violenti, sprezzanti come quelli utilizzati nei confronti della sua antagonista democratica chiamata con disprezzo “Kamàla” e non Kàmala o verso l’immigrazione negli USA di chi “mangia cani e gatti”! Si pensi al presidente ungherese Orban che ha incatenato nel carcere di Budapest la nostra connazionale Ilaria Salis; alle derive di estrema destra in Austria e in Germania, dove la storia non ha lasciato le sue impronte in modo indelebile…
Ci si potrebbe chiedere perché anche in Italia questo governo continui a conseguire consensi, nonostante il quadro complessivo della situazione messa in chiaro dal messaggio intellettualmente onesto di Maurizio Landini a cui fa eco puntualmente ed enfaticamente secondo il suo stile Giorgia Meloni che snocciola un elenco di traguardi brillantemente raggiunti, persino la delocalizzazione in Albania di richiedenti asilo in tre strutture di “trattenimento”, rivelatosi un costosissimo flop e mera trovata propagandistica; nonostantei tentativi di smantellamento dei cardini stessi della Costituzione attraverso la continua delegittimazione della magistratura; nonostante l’oppressione sistematica delle libertà di espressione e di manifestazine del pensiero; nonostante il monopolio dell’informazione attraverso la RAI, per sua natura servizio pubblico, insieme alle numerose reti Fininvest di proprietà della famiglia Berlusconi; nonostante ogni tentativo di bavaglio nei confronti di giornalisti di orientamento antigovernativo, come quello messo in luce nell’articolo di Maria Paola Mosca “Giornalismo, le accuse di reati finanziari e fiscali puntano a limitare le informazioni” apparso in “Sole 24ORE” il 14 novembre. Il conduttore di “Piazzapulita” Corrado Formigli è stato recentemente definito “infame”, parola malavitosa, dal dirigente RAI Piero Alessandro Corsini!
Ricordiamo anche una delle ultime uscite di Giorgia Meloni, durante la chiusura della campagna elettorale a Perugia: “Nei talk e nei giornaloni la sinistra sembra fortissima, poi al mercato, fra la gente, scopri che fortissimo è il centrodestra fra i cittadini! Se volete la verità, non leggete i giornali e non seguite i talk, ma andate al mercato!”
Ricordiamo, per completare il quadro, l’inquietante proposito del Governo Meloni di limitare le attuali prerogative del Presidente della Repubblica attraverso il progetto di “Premierato forte”. A questo proposito, afferma lo scrittore e giornalista Michele Serra nella puntata di Piazzapulita del 14 novembre: “Democrazia non è che tutti votano, la democrazia è che nessuno abbia un potere eccedente la sua funzione!”
Proviamo ad azzardare alcune ipotesi sul consenso, nonostante tutto, registrato dall’attuale governo, rilevato dai sondaggi e conseguito finora in occasione delle elezioni regionali.
Forsemanca un progetto organico alternativo alla “destra sovranista” che guardi lontano e sappia ispirare fiducia, elaborato da una coalizione dei partiti di opposiione, impresa finora rivelatasi vana.
Forse perché le persone povere culturalmente, non avendo adeguati strumenti per leggere il messaggio politico, si lasciano condizionare dalle paure fomentate in modo strumentale da una coalizione di governo reazionaria che rifiuta il nuovo che avanza: la paura dello straniero che toglie lavoro agli Italiani, che provoca “contaminazione genetica”, che vuole imporre la sua “sottocultura” sostituendo la nostra, che rende insicure le città… nel contempo nega i mutamenti climatici e la bontà dei vaccini.
Forse, come ha argomentatoRosi Bindi, già ministro ed ex menbro del Parlamento europeo, nella trasmissione Tagadà del 6 novembre, i cittadini fragili ed “oppressi dalla fatica di vivere” si sentono rassicurati da un governo forte e paternalistico che in realtà sa perfettamente con quali strategie e promesse offrire illusioni.
Forse perché la parte minoritaria che detiene potere e ricchezza, insieme alla media borghesia benestante che spesso gode di vantaggi per sé anche se a scapito di altri, oltre agli evasori, elusori, approfittatori senza moralità e senso civico, non vuole perdere i propri privilegi…
Forse la risposta al nostro interrogativo va ricercata nell’insieme di tutte queste argomentazioni!
Ma un ulteriore suggerimento per comprendere il consenso a questo governo anche da parte delle masse popolari, quelle che soffrono di più e che si rifugiano nei social, con i loro spot “la qualunque”, dove c’è tutto e il contrario di tutto, scritti con un linguaggio che scimmiotta quello della peggiore politica, l’ha formulato Michele Serra continuando il suo intervento a Piazzapulita. Commentando alcuni filmati in cui Matteo Salvini sfoggia il suo abituale lessico scurrile “da bullo” e Stefano Bandecchi, politico, imprenditore e dirigente sportivo, quello ancor più triviale come nella provocazione “Comunisti di m…, io i voti me li compro!”, si esprime così: “Son saltati i freni inibitori non solo dei politici ma anche dell’elettorato (…) Bisogna invitare nei talk antropologi e psichiatri, gli unici che ci possono aiutare a leggere i misteri dell’animo umano!”
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