In una sala dell’albergo di Cannes hanno allestito la sala stampa italiana. Ci sono molti giornalisti, qualcuno che detta al telefono nelle cabine, altri chiedono di avere la linea per Roma.
Si sente un giornalista che detta ad alta voce, poi improvvisamente la abbassa, chiude la cabina per parlare ancora ad alta voce: «…non senti? Non posso parlare più forte… cerca di capirmi! Te lo detto di nuovo: forse ci eravamo illusi tutti quando avevamo pensato che Gino Bartali avrebbe potuto ripetere l’impresa del 1938. Ora ci sono dieci anni di più, e sei anni di inattività, senza contare che 22 minuti di distacco sono veramente tanti. Per il Tour temiamo che tutto sarà rimandato ai prossimi anni, quando Fausto Coppi si deciderà a parteciparvi. Sappia Fausto che soltanto la Grande Boucle può consacrare un campione! Mettici la firma e poi una nota di servizio per il Caporedattore: Penso che sia il caso di rientrare in Italia, perché qui non avrei più nulla da fare. Attendo istruzioni…»
Da una cabina esce improvvisamente un giornalista che si mette a urlare: «Hanno sparato a Togliatti! Hanno sparato a Togliatti!»
Tutti i giornalisti entrano in agitazione, le domande e le illazioni si rincorrono: “chi gli ha sparato? Quando? È morto? No, lo hanno portato all’ospedale. Lo hanno colpito alla testa.”
Il giornalista dell’Unità si mette a urlare: «Siete stati voi, con la vostra campagna di odio che avete armato la mano dell’assassino». Altri gli rispondono per le rime, dando vita ad una esagitata discussione politica.
Tutti chiedono Roma, vogliono sapere. La sala stampa è diventata un vera e propria bolgia
Bartali che è ancora nel ristorante e sta chiacchierando con i suoi compagni di squadra, sente le urla provenienti dalla sala stampa. Tutti si alzano e escono.
Bartali entra in sala stampa. Si informa dell’accaduto. Pochi gli danno retta. Nessuno sembra più essere interessato a lui e al Giro di Francia.
Arrivano le prime telefonate da Roma. Un giornalista esce dalla cabina e dice: «In Italia c’è la rivoluzione. Il giornale mi ha detto di rientrare subito!»
Quasi tutti i giornalisti si alzano in piedi. Molti lasciano la sala stampa.
Gino rientra prima nella hall, poi decide di ritirarsi in camera sua. Si deve riposare perché domani c’è una tappa molto impegnativa.
Gino sta sdraiato sul letto della sua camera d’albergo. Sta leggendo un giornale, mentre un massaggiatore gli massaggia le gambe per un massaggio defatigante.
Bussano alla porta della camera.
«Monsieur Bartalì, au telephone, de l’Italie…».
«J’arrive tout suite», dice Gino mentre si infila un paio di pantaloni.
Gino scende le scale a piedi, senza aspettare l’ascensore, pensa ad una telefonata di Adriana.
Il portiere gli indica la cabina dove ha passato la comunicazione.
Gino vi entra trafelato.
«Il signor Bartali?» chiede una voce dall’altra parte del filo.
«Sono io…», dice Gino.
«Telefonata di Stato, le passo il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, l’onorevole Giulio Andreotti…». Gino è ammutolito.
«Gino, sono Andreotti, come sta?», chiede Andreotti.
«Di salute sto benissimo, di morale meno, con questo schifo di classifica…», risponde Gino.
«Stia su con il morale, Gino, le passo il Presidente De Gasperi».
Gino è stupito: De Gasperi in persona vuole parlare con lui e vuole sapere come si presenta la situazione.
«Domani c’è la prima tappa alpina, ci sono tre colli molto duri da scalare, proverò a vincere…», dice Gino.
«Pensa di prendere la maglia gialla?» chiede De Gasperi.
«Mi sembra molto difficile. Come si fa a recuperare quasi 22 minuti di distacco in una sola tappa!», risponde Gino.
«Ci provi Gino, faccia tutto quello che può, perché qui c’è tanta confusione»
«Ma che cosa è successo, come sta Togliatti?» chiede Gino.
«Un pazzo gli ha sparato all’uscita di Montecitorio. Ora Togliatti è in ospedale. Speriamo bene. Per lui non possiamo fare altro che pregare, ma per l’Italia tutti dobbiamo fare qualche cosa per evitare la guerra civile. Tutti, anche lei, Bartali…» dice De Gasperi.
«E io che cosa posso fare, Presidente?» lo interrompe Gino.
«Lei può fare molto, moltissimo. Una sua vittoria ci darebbe una mano per calmare gli animi. La ringrazio per quello che potrà fare», conclude De Gasperi.
Bartali esce dalla cabina telefonica. Si attacca al telefono interno e comincia a chiamare tutti i compagni, chiama anche Binda.
«Vi devo parlare, è urgente», dice.
I corridori italiani cominciano ad arrivare. Qualcuno stava già dormendo. Binda è addirittura in pigiama.
«Mi ha telefonato il Presidente De Gasperi» dice Gino «mi ha detto che in Italia siamo sull’orlo della guerra civile. Una mia vittoria domani sarebbe importante per calmare gli animi…»
«…quindi?», chiede Binda.
«Quindi, domani si vince. Vi voglio tutti vicini. Poi a turno, noi italiani ci buttiamo all’attacco. Dobbiamo costringere Bobet a inseguirci, lo dobbiamo stancare. Al primo colle, già sul Vars deve essere cotto a puntino. Poi, esco fuori io con il mio passo e cerco di staccarlo il più possibile. Lei Binda…»
Binda è stupito ma anche felice per la determinazione di Gino che soltanto poche ore fa sembrava rassegnato a perdere il Tour.
«…lei Binda, mi stia sempre vicino con l’ammiraglia, e porti tante ruote perché si forerà parecchio su quelle strade. E domani Pinella, il meccanico, deve battere tutti i record nel cambio della ruota» dice Gino.
«Stai tranquillo, Gino, ti staremo tutti vicino. Faremo tutti la nostra corsa, per te» dice Binda.
«No, non per me, domani dobbiamo correre tutti per l’Italia, per il nostro Paese in pericolo. Siete d’accordo?» chiede Gino quasi urlando.
Tutti gridano “sì”.
Un attimo di silenzio poi Corrieri intona l’Inno di Mameli. Tutti gli vanno dietro.
Il personale dell’albergo si è radunato tutto nella hall e guarda sorpreso e divertito.
Roma. Galleria Colonna.
Si è radunata una folla che discute di politica, soprattutto del fatto del giorno: l’attentato a Palmiro Togliatti.
Gli strilloni strillano i titoli dei giornali della sera.
Dalla strada arrivano le sirene della celere, le urla delle persone che scappano.
Il bar Berardo ha messo degli altoparlanti che trasmettono i programmi radiofonici. Nessuno ci bada.
L’uccellino della radio che annuncia l’inizio di un nuovo programma.
L’annunciatore: “ci colleghiamo con Briançon per trasmettervi la radiocronaca dell’arrivo della quindicesima tappa del Tour de France, Cannes-Briançon”.
Il radiocronista: “amici sportivi all’ascolto, una grande notizia. Gino Bartali, il capitano della squadra italiana, in ritardo dalla maglia gialla Louison Bobet di oltre venti minuti, ha staccato tutti sulle salite dell’Izoard e sta per presentarsi in perfetta solitudine sul traguardo di Briançon…”
Il pubblico comincia a prestare attenzione, via via che la radiocronaca va avanti.
“…eccolo il nostro grande campione che taglia il traguardo. Il pubblico francese è ammutolito. Ora scattano i cronometri, vedremo quanto distacco Bartali è riuscito ad infliggere alla maglia gialla Bobet.”
Il pubblico diventa sempre più attento. Sono sempre di più quelli che hanno smesso di discutere di politica e che ora si è messo a parlare di Gino Bartali…
“ecco vediamo sullo sfondo una maglia gialla che spinge disperatamente sui pedali… ecco ora Bobet taglia il traguardo. Si bloccano i cronometri. Attenzione…”
La gente urla. Grida “viva Bartali”…
Montecitorio. Dibattito alla Camera.
Il dibattito è infuocato, l’oratore è continuamente interrotto da urla e insulti.
Entra un deputato che strappa il microfono all’oratore e si mette a urlare: «Bartali è maglia gialla! Bartali è maglia gialla!»
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