Firmato, dunque, a Berlino a dicembre l’accordo per costituire maggioranza, governo e programma tra SPD-socialisti (206 seggi), Verdi (118 seggi), FDP-liberali (92 seggi). Il 57% di 735 seggi al Bundestag che, con semplicità simbolica, si chiama Ampelkoalition (Coalizione Semaforo).
Due mesi e mezzo di negoziato, esiti in 177 pagine, al banco di prova nel 2022.
I dettagli non sono riducibili a quattro parole. Ma una intelligenza di sistema è leggibiledietro alla svolta politica che ha archiviato la potente GROKO tra SPD e CDU che ha caratterizzato la era Merkel.
Dietro al rosso c’è una forza politica, centro della coalizione, a cui sta a cuore la legislazione sociale, che ha proposto il tema del salario minimo. Dietro al giallo sta la parte a destra di quella coalizione, i liberali, che rappresenta interessi di mercato e sostenibilità finanziaria, che ha ottenuto l’impegno a non promuovere nuove tasse (da capire meglio poi il piano di finanziamento alla ricerca). Dietro al verde sta la componente a sinistra dello schieramento, i Verdi, a cui sta a cuore la sostenibilità ambientale che segna, nel vasto programma, la fine all’economia del carbone entro il 2030 (con interrogativi sull’immensa attualità dei nodi energetici).
Tutti e tre i partiti hanno una certa rappresentanza sociale, una certa interpretazione del disagio e delle crisi che la pandemia ha messo in evidenza e un europeismo che governa il modo di far politica non verso la protesta ma verso il rinnovamento della cultura di governo. Il senso dell’accordo che pone all’opposizione il partito di Angela Merkel sta nel ridurre il tasso di una cultura della mediazione (di cui Merkel è stata leader di continuità rispetto alla tradizione democristiana), pur avendo i tre partner bisogno di un nuovo leader di coalizione (Olaf Scholz) che appare più parente di quella cultura che parente di Mario Draghi.
In ogni caso il ritorno dell’SPD alla guida del governo tedesco è, in sé, un adeguamento di rilievo per questa rivista.
Il punto considerato intelligenza di sistema è quello dello sguardo, ancora in pandemia, al contesto di crisi in evoluzione. Discutendo, durante le elezioni, su prospettive di rilancio, crescita e competitività che la Germania sente come requisito del dopo-crisi. In parallelo al tema del rapporto con le regole finanziarie europee. Infatti la Germania è meno finanziata dell’Italia, dovendo sfruttare a fondo il potenziale assegnato. La proposta del “Semaforo tedesco” è di far convergere idee e misure intese complessivamente come un “grande piano di modernizzazione del modello di sviluppo del sistema industriale tedesco”. Un modello per un paese radicato nel contesto euro-atlantico con un chiaro punto di distanza da Russia e Cina.
E questo è un secondo argomento di stimolo.
Pochi si sono chiesti se questo schema abbia possibilità di sollecitare la politica italiana a reagire alla confusione delle prospettive strategiche. Per ora viene solo dal civismo progressista e ambientalista italiano un interesse al collegamento del senso politico tra governo e modello di sviluppo economico-produttivo. Inteso come lezione della pandemia per la messa a terra di progetti imbastiti sul maxi-sforzo finanziario dell’Europa nei nostri confronti.
Proviamo comunque, nel quadro delle conferme al Quirinale e a Palazzo Chigi, a toccare i punti di forza e debolezza che la politica italiana presenta rispetto alla svolta tedesca.
I nostri fattori di forza sono pochi ma chiari. Il 2022 sta per dividere la rappresentazione elettorale dalla rappresentazione governativa. Quest’ultima non può affogare in cifre e statistiche del Covid19. Deve avere un sussulto per mantenere la soglia di fiducia dei cittadini verso le istituzioni, pena astensionismo e sconforto civile. Potenzialmente, in questo schema, il leader italiano è più “leader” del premier tedesco. La cultura di governo che viene espressa è piuttosto convergente con il quadro tematico e strategico accennato per la Germania. E ancora, le risorse dell’Europa per l’Italia sono più significative di quelle in campo per la Germania.
Ma i fattori di debolezza sono schiaccianti. Soprattutto sono sistemici. E pesano sul tentativo di paragonare i contesti.
L’indebolimento delle forze politiche nasce da lontano. Stagna sotto il 10% di reputazione sociale dei partiti; svuota le filiere partecipative politiche di significati di rappresentanza sociale; riduce la capacità elaborativa dei partiti stessi. Che hanno presentismo affannoso, eccesso di ricerca di visibilità, ansia di posizione, ampie trasmigrazioni e scarsa tensione al futuro. Così che le bandiere del semaforo sono forse tematiche elettorali ma scarsa declinazione progettuale.
Il quadro sociale ed educativo, teso alla riduzione dell’analfabetismo funzionale che deprime in Italia la progettazione del futuro e la qualità del dibattito pubblico (elementi forti del semaforo tedesco) è ambito trascurato dai ministeri competenti. La debolezza dell’apparato pubblico supporta le generose prestazioni sanitarie. Non l’infrastruttura destinata alla messa a terra dei progetti (PNRR a carico della finanza pubblica; area pubblico-privata posta a responsabilità selettiva delle Regioni).
Inoltre i fattori di differenza politica riguardano un impreciso paragone tra socialdemocratici tedeschi(sperimentati in anni di cogestione) rispetto al profilo (giornalistico-deprofessionalizzato) dei nostri apparati politici, in questo caso quello del PD. Rispetto ai liberali tedeschi, non ci sono oggi elementi rintracciabili in una forza politica, ma sparsi variamente, con vaghe teorie. Quanto ai verdi tedeschi (118 parlamentari) quelli italiani saranno appassionati ambientalisti ma rari nantes nel sistema parlamentare.
Questa nota non è scritta come dichiarata sepoltura di ogni accostamento di idee. Ma, secondo il costume riformista che parte sempre in Italia da posizione minoritaria, per mettere in campo una provocazione metodologica che riguarda il brevissimo momento a disposizione, prima che l’assordante presentismo litigioso della campagna elettorale prenda il sopravvento, perché chi può tenti un soprassalto. Anche se in partenza tutto rema contro.
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