Catania è finalmente uscita dalla gestione commissariale e si prepara ad organizzare un’amministrazione della cosa pubblica che si prospetta nella continuità, almeno da punto di vista dello schieramento politico, ma anche parecchio difficile sia per gli aspetti finanziari, sia per quelli strutturali.
Nella città dell’Etna, anche nella recente tornata elettorale, il numero di votanti è diminuito, nonostante tutti i partiti abbiano auspicato una maggiore partecipazione e si siano sbracciati, a parole, affinché andassero alle urne più elettori. Evidentemente i ripetuti appelli non hanno sortito l’effetto auspicato.
Insomma, ancora una volta, purtroppo, il partito che ha ottenuto la maggioranza relativa, in alcuni casi assoluta, è il partito dei non votanti, che oscilla tra il 40% ed il 50% circa, mettendo in discussione l’essenza del concetto di democrazia.
Gli “auspicatori”, però, non se ne sono quasi accorti, dato che hanno immediatamente ripreso a polemizzare su chi abbia vinto e su chi abbia perso, senza rendersi conto che, fino a quando lo “spettacolo” sarà questo, gli elettori continueranno a non credere ad una sola parola dei loro appelli e dei loro velleitari programmi.
Alla luce dei risultati non è difficile intuire che gli elettori disertano i seggi perché l’offerta politica è inadeguata, ma anche perché coloro i quali la propongono, nella maggior parte dei casi, non sono considerati credibili.
Più che di una vittoria o di una sconfitta di questo o di quel partito, di questa o di quella coalizione, di solito a geometria variabile, parlerei quindi, di minore sconfitta di questo o di quello schieramento, dato che a perdere sono stati un po’ tutti.
E soprattutto parlerei di netta sconfitta della politica, di tutta la politica, che continua a non saper cogliere le aspettative dei cittadini e a renderle compatibili con le condizioni del Paese, delle sue strutture, delle sue istituzioni e della sua economia, della sua organizzazione, delle sue risorse, non certo consistenti.
C’è da augurarsi che gli eletti, con il loro impegno, riescano a rimettere le cose al loro posto. Così come c’è da augurarsi che un segnale così forte non passi inosservato e che susciti un atteggiamento diverso non solo verso le responsabilità spettanti a chi dovrà governare, che vuol dire risolvere i problemi, ma anche quelle di pertinenza di chi avrà il compito di interpretare la minoranza.
L’essenza della democrazia, infatti, non risiede solo nel diritto a guidare l’amministrazione da parte di chi vince, ma anche nel suo dovere di rispettare i diritti degli altri, ai quali, a loro volta, spetta il dovere di capire i motivi della sconfitta, in un contesto di ipotetica alternanza.
Ciò detto, credo sia giusto valutare anche i risultati, almeno in alcuni centri maggiori della provincia Etnea, in quelli nei quali si è voltato con il sistema proporzionale, a cominciare dal capoluogo, in cui sono state presentate 19 liste.
Nella città di Bellini e Verga la concomitanza di una coalizione ampia e coerente con la maggioranza nazionale e regionale e di un candidato, Enrico Trantino, politicamente credibile e umanamente stimato, ha determinato una vittoria ampia del centrodestra, fino a superare il 66%.
Al contrario, sempre a Catania, la sinistra paga una certa disorganizzazione e soprattutto la candidatura di una persona perbene, ma piuttosto distante dal territorio, nonostante gli sforzi compiuti durante le incursioni fatte, forse troppo tardi, nei quartieri popolari. Il Candidato dell’area progressista, il prof. Maurizio Caserta, si è attestato intorno al 24%.
Un altro elemento significativo riguarda le cosiddette liste fai da te, le quali, salvo quelle palesemente espresse da partiti tradizionali, hanno mostrato di non essere capaci di suscitare l’interesse che i rispettivi promotori si attendevano.
Al di là dell’ encomiabile desiderio di partecipazione, l’esito scadente delle citate liste, paradossalmente, è da considerarsi in maniera positiva, poiché segna una interessante attenzione degli elettori i quali, pur essendo alla ricerca del nuovo e dell’ efficiente, non sono caduti nella trappola di proposte politiche improvvisate ed autoreferenziali.
Un discorso a parte, almeno per la città di Catania, riguarda il risultato delle due liste che facevano riferimento a Cateno De Luca, che non hanno raggiunto la soglia di sbarramento del 5%, mentre il relativo candidato sindaco, Giuseppe Savoca si è fermato al 4,2%.
Inaspettato anche il modestissimo risultato della lista Bianco, che aveva come testa di serie la figlia dell’ex “sindaco dei fiori” e famoso esponente dell’ANCI, che però non è riuscita a superare il 3%, segnando così la fine di un’epoca durata trent’anni.
Insomma, né le prime, né l’altra, nonostante le aspettative dei loro popolari promotori, porteranno propri rappresentanti in Consiglio comunale.
Per De Luca, però, le cose sono andate meglio a Taormina, dove il leader di Nord Chiama Sud è stato eletto sindaco con un ampio margine di vantaggio sull’ uscente del Centrosinistra, Bolognari, che nell’immaginario collettivo rappresentava il vecchio da rottamare.
Lo “scatenato” Cateno, invece, ha raccolto attorno a sé un po’ di tutto, confermandosi sindaco per la quarta volta in quattro comuni differenti: Fiumedinisi, Santa Teresa di Riva, Messina e adesso Taormina. Sarà soltanto un fenomeno legato prevalentemente alla provincia peloritana o in futuro ci sarà altro? A giudicare dalle agguerrite parole del protagonista siamo solo all’inizio.
Rispondere ad una simile domanda, però, non è affatto facile, tuttavia le elezioni europee del prossimo anno dovrebbero dirci qualcosa di più.
D’altra parte la lista di De Luca ha ottenuto un sindaco anche nel comune di Riposto, sempre in. Provincia di Catania, dove è stato eletto il giovane deputato regionale Davide Vasta, che insieme al suo leader non pare voglia limitarsi al territorio siciliano.
Tornando alla città dell’Etna, sono stati assolutamente prevedibili i risultati di Forza Italia, con il 12,5%, di Fratelli d’Italia, con il 14,7%, a cui bisogna aggiungere il dato della Lista Trantino Sindaco, con il suo 8,5%, le due liste ispirate dall’ex Presidente della Regione, Raffaele Lombardo, la prima, Grande Catania, che ha toccato il 10,6% e la seconda, Popolari e Autonomisti, attestatasi sul 6,4%.
La Lega, nella versione edulcorata di “Prima l’Italia” ha ottenuto l’11,8%, mentre la Dc di Cuffaro ha conseguito il 6,7%, che conferma, leggermente al rialzo, il dato delle scorse elezioni regionali.
Sul fronte della sinistra le uniche due liste che hanno superato la soglia di sbarramento del 5% sono state quella del PD, con l’8,2%, davvero deludente, e quella del Movimento 5 Stelle, che con il 5,9% segna un risultato piuttosto scadente, che non mancherà di provocare affetti tra i suoi dirigenti locali.
Pressoché inesistenti tutti gli altri candidati sindaco con le relative liste al seguito: Lanfranco Zappalà si è fermato al 2%, Lipera all’1,9%, Giuffrida allo 0,8% e Drago allo 0,3%.
Nei rimanti grossi comuni della provincia, a parte Acireale, in cui si andrà al ballottaggio, il centrodestra in versione ufficiale o sotto le mentite spoglie di liste civiche, ha ottenuto, quasi dappertutto, una vittoria sonante.
È giusto precisare che al momento della predisposizione di questo articolo lo spoglio è ancora in corso, quindi le cifre indicate potrebbero essere suscettibili di qualche piccola modifica, che comunque non influenzerebbe affatto il risultato finale.
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