L’IRRIVERENTE

Maurizio Cattelan chi è?

Quale la sua identità artistica?

Sono domande difficili, non ci sono risposte, nè spiegazioni plausibili, c’è solo da osservare le sue opere e ricavare dalle proprie emozioni, al loro cospetto, elementi per capire o meglio accettare le frivolezze artistiche di questo autore.

In arte, si sa, vale tutto e il contrario di tutto, in base ai principi morali, etici, logistici di chi fruisce dell’opera. Spesso noi usiamo impropriamente le parole senza comprenderne appieno il significato come nel caso di “Opera”; infatti, se consultiamo il vocabolario scopriamo che essa non si riferisce solo ad un’azione artistica, ma più semplicemente, allo svolgimento o risultato di un’attività qualunque sia il suo fine.

Tornando al nostro discorso, a proposito delle opere di Cattelan, artista poliedrico, insolito e trasgressivo, dare giudizi per finalizzarne lo scopo diventa più difficile, spesso si rimane scettici di fronte a certe performance come, per esempio, alla sua ultima denominata “Ego”. Trattasi di un coccodrillo imbalsamato, sospeso al soffitto del Battistero di Cremona; come sempre opere così trasgressive fanno molto discutere infatti, anche in questo caso, il dibattito è in pieno svolgimento. Favorevoli o contrari? Pollice verso l’alto o pollice verso il basso? I critici si sono scatenati per dare una spiegazione logica all’opera affermando che, grazie ad essa, la teologia popolare è ancora viva. Forza dei social e dei vari curatori e sponsor interessati alla questione; certo è facile essere trasgressivi quando si hanno le spalle ben protette da sponsor finanziariamente importanti che sanno come proteggere se stessi e i loro beniamini in cambio di poter traslare il successo dell’artista sui loro prodotti.

Siamo lontani da un discorso puramente artistico, non vorrei essere fraintesa, l’arte c’entra soltanto va vista da un’altra angolazione; del resto Cattelan ci ha abituati a strizzare l’occhio altrove quando si tratta di comprendere la sua visione artistica.

Viviamo un momento molto tormentato, i cambiamenti repentini in tutti gli ambiti del nostro vivere sia ambientali, sociali e culturali, non di meno i messaggi continui da parte dei media che ci bombardano spesso con scoop pubblicitari piuttosto che con notizie, ci stanno a poco a poco rendendo sempre più cinici. Allora, se vogliamo parlare di arte, non dobbiamo chiederci che cos’è l’arte ma a cosa serve l’arte.

Le risposte potrebbero essere tante. Nel nostro caso potremmo parlare di arte sociale, nello specifico di performance atte a scuotere i nostri sensi come un pugno nello stomaco così da farci trasalire.

Di fronte aperte opere quali: “Novecento” (un cavallo imbalsamato appeso ad un soffitto al Castello di Rivoli) oppure, solo per citarne alcune, “Charlie dont’ surf” (frase tratta dal film “Apocalypse Now”) scultura rappresentante un bambino di spalle seduto ad un banco di scuola con le mani inchiodate al suo banchetto con due matite ed ancor ”L.O.V.E” ovvero Libertà, Odio, Vendetta, Eternità scultura posta di fronte alla Borsa di Milano rappresentante un gesto della mano con il dito medio alzato in atto di irriverenza (gesto offensivo risalente all’antica Grecia), i nostri sensi sono messi a dura prova visto che discendiamo da una cultura classica fatta di nozioni medioevali massimamente finalizzate al sacro, da un rinascimento scolastico con opere dai canoni perfetti rispondenti ad una bellezza statuaria greca.

Per questi motivi condizionati dalla nostra antichità purtroppo ingombrante sia pur bellissima, facciamo fatica ad accettare le provocazioni di artisti performer come Cattelan Ma ben vengano questi artisti, se alla base della loro arte, vi è l’intento di provocarci per riportarci, almeno artisticamente, alla effettiva realtà per meglio comprendere anche il nostro glorioso passato.


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