Con limoni, arance, lime d’importazione rischiamo la pelle

“Mi mostri la confezione dei lime che usa per il mojito, prego”.

“Li ho comprati sfusi al supermercato”

“Ma non ha letto sullo scaffale che contengono Imazalil, quindi che la buccia non è edibile?”….

Non ci risulta (ma ci piacerebbe essere smentiti), avendolo chiesto a decine di bar, che sia mai avvenuto un dialogo del genere tra un funzionario delle ASL e un esercente, né che mai sia stata comminata una sanzione per l’utilizzo di buccia o fette di agrumi con la buccia non commestibile nelle bevande oggi più consumate durante gli happy hour.

Né ci risulta che siano stati sequestrati degli agrumi per verificare se sono stati lavati prima dell’uso.

Ma è logico! Tragicamente ovvio! Già le normative sulla sicurezza alimentare sono volte più che altro a evitare un po’ di “cagotto” con scarsa attenzione ai pericoli per la salute molto più gravi ma a lungo termine… I controlli da parte delle ASL, poi, rompono le scatole, a volte rovinano esercizi pubblici o aziende, per questioni burocratiche o mancato rispetto di regole (vere o inventate da certi controllori) di eccessiva sanitizzazione… Ma trascurano invece i pericoli veri, quelli che fanno sul serio tanti morti, ovvero l’uso e abuso di sostanze cancerogene o fortemente dannose per gli organi vitali.

La legge europea non consente più i tre additivi cancerogeni E230 (il micidiale Difenile), E231 (Ortofenilzenolo) o E232 (Ortofenilzenolo sodico), ma li troviamo ugualmente sulle etichette, per esempio, dei lime brasiliani o dei pompelmi israeliani… Però le norme sono così incasinate per cui non si sa bene se siano sanzionabili i prodotti extracomunitari.

La legge non ammette l’E233 (Tiabendazolo, TBZ) come conservante ma lo ammette come fungicida anche se spesso è utilizzato in quantità tale da penetrare addirittura nella polpa e, quindi, nel succo.

Ma, sempre come fungicida, è ammesso l’utilizzo di Imazalil seppure con l’indicazione “buccia non edibile”: e questo è un fatto indiscutibile, pertanto l’utilizzo in bevande o alimenti di bucce di agrumi trattati in questo modo dovrebbe essere sanzionato senza alcun dubbio.

La questione degli agrumi trattati in superficie con i cosiddetti agenti di rivestimento è gravissima soprattutto in questi tempi in cui sono diffusi i cocktail tipo Margarita che comprendono pezzi di limone o altri agrumi con la scorza: quanti bar li scelgono “non trattati”? Quanti li lavano bene? Si dà per scontato che il consumatore conosca il grave pericolo costituito dalle sostanze antimuffa utilizzate per trattare gli agrumi e che non utilizzi la buccia di quelli trattati e lavi bene il frutto e le mani quando li spreme. Non è così! Per gli interessi di un percorso commerciale spesso iniquo, per conservare un prodotto che già si conserva benissimo da sé a lungo e a sufficienza se ci fosse un minimo di attenzione, si mette a rischio la salute del consumatore. E non c’è neppure un minimo di informazione sulla prudenza necessaria.

Ma a che servono questi cosiddetti “agenti di rivestimento”? In parte (le cere) lucidano la buccia ma le impediscono anche di respirare penetrando nei pori, in parte sono conservanti in particolare come antimuffa.

E901 è la banale cera d’api, naturalissima. Ma quanti pesticidi ha assorbito se le api hanno bottinato in ambienti inquinati?

E902, E903, E904 sono estratti di piante tropicali con lo stesso uso della cera d’api e, a parte le eventuali allergie, dovrebbero essere innocui.

E914 è una cera sintetica, e questo già dice tutto.

Il Tiabendazolo non risulta “ufficialmente” tossico solo perché, in teoria, basterebbe lavare bene il frutto (ma quanti lo fanno?). Ed è un additivo sintetico. Molto spesso, infatti, la pericolosità delle molecole sintetiche si rivela, soprattutto per la cancerogenicità, dopo generazioni.

L’Imazalil è, invece, un veleno riconosciuto che ha effetti gravi sul sistema nervoso e sul fegato. Ed è cancerogeno acclamato. E sugli agrumi spagnoli troviamo pure il fungicida Prochloraz (probabilmente il prodotto indicato in etichetta come Prodoraz), altrettanto velenoso, ma stranamente non citato da alcuna norma sugli additivi.

A parte i controlli delle autorità competenti che dovrebbero essere severi contro l’utilizzo alimentare di agrumi trattati in superficie, sta a noi acquistare solo agrumi con la dicitura “non trattati”. E prendere una bevanda contenente bucce di agrumi (anche la scorzetta d’arancia nell’aperitivo) solo se il barista ci ispira fiducia e ci garantisce di utilizzare agrumi italiani non trattati.

Ma attenzione a due convinzioni inesatte! La presenza delle foglie garantisce quasi sempre, non sempre, l’assenza di additivi; anche tra gli agrumi italiani ce ne sono di trattati: leggiamo sempre l’etichetta o, se li compriamo sfusi, la dicitura sulle cassette o sullo scaffale.

In ogni caso c’è un abisso, anche qualitativo (soprattutto nel profumo, che è quello che chiediamo alle bucce), tra gli agrumi italiani e quelli importati.

Una piccola nota etica: a suo tempo la Spagna si oppose all’obbligo dell’indicazione degli additivi in etichetta perché penalizza i prodotti trattati rispetto a quelli non trattati. Ebbene, impedire un danno concorrenziale al prodotto dell’agricoltura industriale (che è, invece, già avvantaggiato dal costo più basso) rispetto a quello delle piccole aziende contadine è prioritario rispetto alla salute pubblica. E l’obbligo è passato perché non è stata riscontrata violazione della concorrenza non per difendere i cittadini dal cancro!

Ecco chi ci governa (in Europa)!


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