Hip Hop un movimento o meglio uno status nato in America per opera dei ragazzi del BRONX a partire dagli anni settanta per stemperare la rabbia e sopportare i disagi causati dal malessere di vivere. In seguito è sorta la danza che ha mantenuto le stesse caratteristiche sociali e culturali del suddetto movimento, essa ha avuto ed ha una notevole importanza nell’elaborazione di una situazione ambientale di vita non facile, simbolo di una lotta contro ogni discriminazione.
L’emarginazione, la presa di coscienza di non essere considerato alla pari nell’ambito di una società selettiva e la conseguente concezione della vita in base alla quale il danaro è l’unica forma di riscatto, hanno fatto sì che la delinquenza ha preso il sopravvento sulle classi meno abbienti. La danza è stata per molti giovani afro-americani l’impegno del riscatto per porre fine a lotte tra poveri e diseredati cosicché a quegli scontri spietati hanno pensato di sostituire un confronto alla pari su altri parametri usando tutto ciò che avevano a disposizione e cioè il corpo e lo spirito. Definire esattamente il movimento e la sua collocazione in ambito strutturale non è cosa facile. Infatti in esso sono contemplate tante discipline quali la musica, le arti visive, il video e le pratiche del pensiero. La pratica artistica ne risulta transdisciplinare difficilmente vincolata da canoni tradizionali e, volendo usare il termine “marronage” termine questo riferito alla fuga degli africani schiavizzati nel momento di conquistare la propria libertà, si configura come un vero e proprio servizio di guida.
Questo fenomeno sorto appunto recentemente trova terreno fertile nel linguaggio attuale che si sta trasformando in seguito all’avvento dell’intelligenza nonché realtà artificiale. Infatti, anche in seguito alla tentata omologazione in base agli algoritmi prevedibili, l’uomo di oggi sta cercando con tutte le sue capacità non solo di resistere ma di cercare di far sopravvivere le sue culture più ancestrali per trasmettere ai suoi eredi tutto o parte del bagaglio delle sue antiche tradizioni che gli appartengono intimamente e che rischiano di scomparire del tutto sotto le pressioni costanti di una civiltà solo apparentemente moderna ma non sarà tale se non poterà in sé tanto di antico (Baudelaire).
Di qui il ritorno a feste e sagre come ad esempio, per citarne una per tutte, nel nostro caso, la tarantolata galatina. Questa esigenza di tornare alle origini tocca tutte le culture e il rifermento ai riti di passaggio così importanti in tutte le società e maggiormente nelle antiche tribù come quelle dell’Amazzonia o dell’Africa sono un pilastro per lo sviluppo delle generazioni che, attraverso di essi compiono il salto di qualità in quanto persone e in quanto popolo.
Così, quindi, anche nelle culture africane il movimento a cui ci riferiamo tende a ripristinare le origini e al ripercorrere le orme dei loro antenati. A tale proposito vorrei sottolineare uno spettacolo cui ho assistito presso Villa Medici nell’ambito del Roma Europa Festival che ha a cuore tutte le novità significative culturali; lo spettacolo ha come elementi basilari della performance proprio gli aspetti essenziali del movimento Hip Hop dal titolo molto esplicito “Rite de passage – Solo II” presentato in prima nazionale consiste in un assolo ad opera di Miche/”Meech” Onomo considerato uno dei migliori nelle correnti della danza Hip Hop in collaborazione con la sua coreografa Binton Dembélé riconosciuta anch’essa a livello internazionale. Questo sodalizio ha fatto sì che entrambi accomunati dallo stesso intento dessero il meglio di sé rivolgendo il loro punto visivo alle origini africane interrogandosi sulla loro identità.
Inizialmente il loro percorso è iniziato insieme. Entrambi necessitavano di ritrovarsi come la stessa coreografa ha affermato nelle sue arie interviste. Dopo aver sperimentato questo “Noi MEECH ed Io abbiamo deciso di allontanarci per concretizzare questa ricerca e questa fantasia di Africanità che ci perseguita”. Cosi si è giunti a questo assolo della durata di circa una ora in cui il danzatore ha regalato agli spettatori, posti volutamente in circolo attorno a Lui, una performance spirituale attraverso il suo corpo, le sue allusioni a movimenti antropologici propri delle loro tradizioni che sono riuscita a percepire nonostante la mia estraneità a tale cultura solo apparentemente così lontana ma, mai come oggi, così vicina e reale. Ciò che maggiormente ha toccato le mie corde solo state le sue pause, il suo respiro, in un silenzio sacrale tale da sentirmi in sintonia con i miei geni così stratificati dalla civiltà e solo apparentemente dimenticati!
La musica, quasi esclusivamente fatta da tamburi, antichi richiami a suoni tribali ed il gioco di luci particolarmente ricercato ed appropriato hanno fatto il resto, rendendo la serata molto emozionante.
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