Mi è, ancora una volta. tornata in mente una frase di un amico, figlio di uno storico (e grande) dirigente del Partito Comunista Italiano.
Mi spiegò, diversi anni fa, che la sigla PD nascondeva un potente acronimo. Quando si diceva “il PD” si intendeva “il Peggio Di”.
Il nuovo Partito, insomma, avrebbe raccolto il peggio del PCI e della DC, unendoli in un solo e perverso disegno di annullamento delle spinte positive e propositive della intera società italiana.
Ma la battuta nascondeva, a sua volta, un altro messaggio.
Si era trattato della più esplicita e violenta affermazione di “autonomia della Politica” mai registrata in Italia.
L’incontro tra i due Partiti era stato organizzato ed era avvenuto nonostante esso fosse profondamente contrario alle volontà, alle culture e alle aspirazioni dei due popoli che originariamente erano stati alla base della DC e del PCI.
Attraverso un percorso tortuoso e frastagliato si passava dalla rappresentanza di due sistemi di valori che, pur contrapposti fra loro, contenevano entrambi anche grandi ed importanti fattori positivi, alla elisione di tutto per un piano di natura squisitamente politica.
La Politica affermava con vigore il suo primato, unendo (o dichiarando di unire) in uno stesso processo cittadini che la pensavano diversamente, avevano differenti richiami culturali, praticavano differenti atteggiamenti di natura etica su temi fondamentali.
Finiva quella specificità italiana, invocata proprio da Enrico Berlinguer, che sarebbe consistita nella dialettica fra forze diverse, ognuna portatrice di convinzioni e punti di vista propri e particolari.
Tornando adesso al tema della “autonomia della Politica” va detto che, in una certa forma, è sempre stata riconosciuta (o, almeno, è stata riconosciuta da Machiavelli in poi).
Essa si manifesta appieno quando la Politica giunge al governo dello Stato.
In quel momento le spinte di parte che sono state determinanti in precedenza perdono gran parte del loro valore e si fa riferimento a un più vasto e diverso sistema di valori e di necessità.
Un ottimo esempio di questo è costituito dal distacco che oggi Giorgia Meloni è costretta a praticare, da Presidente del Consiglio, rispetto alle convinzioni e i valori di quella parte di popolo italiano che la ha sostenuta verso Palazzo Chigi.
Insomma, un vero leader politico dovrebbe imparare due diversi linguaggi da applicare diversamente a seconda di coloro cui si rivolge e della funzione che svolge.
Bettino Craxi che, appena eletto, dichiara “Primum vivere, deinde philosophari” sta parlando direttamente al suo popolo e, nella apparente limitatezza del messaggio, sta formandone la coscienza e la consapevolezza.
Bettino Craxi che, il 6 novembre 1985 parla alla Camera della crisi di Sigonella, sta parlando all’Italia e a nome dell’Italia.
“Noi, e non solo noi, abbiamo insistito per ricordare che nelle crisi regionali altri paesi hanno un ruolo da esercitare , hanno specifici interessi da difendere , hanno relazioni importanti da far valere , hanno un’influenza da esercitare .
Ciò vale anche per l’Italia nella regione mediterranea, dove abbiamo una presenza, interessi da difendere ed una prospettiva futura, quindi una voce da far valere .
Noi collochiamo questo ruolo dell’Italia nel Mediterraneo lungo l’asse di una più generale politica che deve essere curoarabo-africana.”
Si tratta di due universi, concettuali ma anche materiali, totalmente diversi ma entrambi necessari.
Da una parte la Rappresentanza, vale a dire la costruzione di una identità di gruppo che sia il più vasta possibile e che esprima una visione del mondo e una lettura delle cose.
È caratterizzata, inevitabilmente, dalla parzialità ma ha una funzione democratica di carattere totale.
Senza la capacità della Rappresentanza in tutte le sue diverse sfaccettature il Paese si sbanda, qualunque Paese si sbanda.
Ogni cittadino ha il diritto, e si aspetta, di vedere rappresentate ed esposte le proprie opzioni, anche se di minoranza.
Quando questo non succede viene a mancare un tassello fondamentale della fiducia nello Stato.
Dall’altra parte l’Istituzione, vale a dire la sede in cui vengono determinate delle decisioni in una chiave di totalità e non più di parzialità.
Questo universo concettuale non può, checché se ne dica, essere percepito prima di farne effettivamente parte.
Ciò non soltanto per la maggiore facilità nel disporre di informazioni che deriva dalla gestione del Potere, ma soprattutto per il cambiamento del punto di visione che ne deriva.
Tale cambiamento permette di cogliere delle cose e dei rapporti che da un altro punto di vista erano non prcepibili.
Nella sua immensa saggezza la Chiesa di Roma ha formalizzato quanto avviene nel passaggio alla Istituzione con lo slogan “Dallo Stato di Grazia, alla Grazia dello Stato”.
Questa è la vera sede della Autonomia della Politica che, in questo passaggio, deve rendersi autonoma dalla Rappresentanza che pure la ha aiutata a conquistare il Potere.
Benito Mussolini si vantava di avere dimostrato scientificamente che Dio non esiste.
Cosa avranno pensato i suoi fervidi sostenitori quando sostenne alla Camera che l’identità italiana si fondava, oltre che sull’Impero Romano, sulla Chiesa Cattolica?
A Mussolini fase – Rappresentanza aveva fatto seguito il Mussolini fase – Istituzione.
Peccato che poi della fase – Rappresentanza non fosse rimasto più nulla con lo slogan “Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato”.
Diciamo che l’Istituzione aveva prevalso eccessivamente.
Il vero disastro però è quando la Autonomia della Politica si manifesta non nel governo della cosa pubblica, ma nella gestione del rapporto di rappresentanza con i cittadini.
La scomparsa fisica delle Sezioni di Partito, l’abbandono dei Congressi come forma di rapporto anche fisico con gli iscritti, la dissoluzione delle forme democratiche di consultazione nella vita delle forze politiche hanno trasformato una grande risorsa democratica in uno strumento puramente autoreferenziale.
Gli apparati politici non sono più meritevoli di essere chiamati partiti.
Cambiano sigla come un supermercato cambia marchio e pubblicità. Non hanno alcuna responsabilità su quel che hanno detto o fatto ieri.
Anzi, non hanno ieri. Vivono fiammeggianti nel hic et nunc e domani saranno già un’altra cosa.
Non si stupiscono, di conseguenza, se i cittadini traslocano in massa spostandosi su un concorrente o addirittura non li votano e basta.
L’hic et nunc non conosce responsabilità né sensi di colpa.
È ben per questo, che mi è simpatica la Schlein.
Elly è la perfetta rappresentazione di questo stato di cose che esprime con grazia e, ritengo, personale onestà.
Non si sa chi l’ha eletta leader e non si sa chi rappresenta.
Esprime sinceramente opinioni lontanissime da quella che si presume sia la sua base politica.
Ha una visione talmente moderna delle cose che la rende incomprensibile al colto e all’inclita, si sarebbe detto una volta.
È sé stessa e si basta.
Forse è una Giovanna d’Arco e si può temere per lei che alla fine troverà un Bastardo di Wamdonne che la tradirà per consegnarla al nemico.
Insomma, non posso non trovarla simpatica. E non vorrei che qualcuno pensasse che mi piace solo perché porterà alla morte quel Partito di cui mi parlava un vecchio comunista tanti anni fa.
SEGNALIAMO
Commenti
Una risposta a “MA A ME STA SIMPATICA”
Ottimo scritto!