IL RINOCERONTE
Secondo l’osservatorio sui consumi di Findomestic, la nota banca specializzata in credito al consumo, l’inflazione continua a rappresentare da un anno a questa parte la preoccupazione principale degli italiani.
Gli italiani oggi hanno paura che l’inflazione duri ancora a lungo, hanno tagliato le spese, fino in certi casi a rinunciare alle cure e alla prevenzione sanitaria, e non fanno figli.
Chi non ne ha pensa che continuerà a non averne per un pò, almeno fino a che non ci saranno incentivi per gli asili e un lavoro stabile.
L’inflazione è un problema serio, soprattutto se non ci sono sistemi di protezione sociale e meccanismi che ridistribuiscono la ricchezza efficaci. In Italia, caso unico in Europa, gli stipendi non aumentano da 30 anni, ed il 64% delle persone pensa che i prezzi continueranno a salire.
Del fatto che l’inflazione nel 2023 abbia rallentato la sua corsa sembra si siano accorti in pochi e la fiducia nei consumatori è tornata a diminuire: 8 italiani su 10 hanno registrato negli ultimi tre mesi rincari nei beni di consumo
Le famiglie cercano di limitare i danni, si tagliano le spese e si rinviano gli acquisti, anche i più necessari: il 36% del campione sceglie di posticipare, il 32% di rinunciare, circa un italiano su 3 prende in considerazione di acquistare nei prossimi mesi un bene a rate.
Difficile dire quanto abbia pesato l’inflazione sullo stile di vita degli italiani. Il consumatore di oggi è comunque più attento e consapevole rispetto al passato: 6 su 10 fanno più attenzione ai prezzi e alle promozioni, 1 su 2 dichiara di aver ridotto o eliminato le spese non strettamente necessarie e il 28% tende a rinviare gli acquisti più onerosi.
Si può ipotizzare che in media i beni al consumo abbiano subito un rincaro almeno pari al 15%. Basta fare i conti ad esempio su quanto gli italiani spendono per i propri figli, oggi circa 500 euro al mese per ogni figlio che abita in famiglia, più o meno il 15% in più rispetto a un anno.
Il rapporto dell’osservatorio di Findomestic è inoltre ricco di spunti molto interessanti. Tornando al tema della natalità ad esempio, dai dati forniti emerge che 4 coppie su 10 che ad oggi non ha figli non ha intenzione di averne in futuro. Le motivazione sono legate alle difficoltà economiche, alla mancata stabilità lavorativa e allo scarso sostegno nelle spese per asilo o baby-sitter. In altri termini sale l’inflazione e non i salari, il nostro sistema di welfare non riesce a garantire un numero sufficiente di prestazioni di cura e di assistenza come accadeva in passato.
Per quanto riguarda la stabilità lavorativa forse varrebbe la pena cambiare i punti di vista. Oggi il tema non è più solo il contratto. Si cambia mestiere oggi ogni 7,5 anni, o comunque si cambia il mondo di lavorare. Oggi si studia per tutta la vita perché le competenze, gli strumenti che servono a lavorare, cambiano velocemente. E chiaramente il “lavoro povero” è un rischio concreto per tutti, per le persone e per i mercati perchè oggi concentra le ricchezze, non le ridistribuisce con un minimo di equità come nel secolo scorso.
La società occidentale del rischio, fatta di uomini flessibili, sani e performanti oggi rende necessario un sistema di protezione sociale e di redistribuzione tendenzialmente universale, altrimenti si consuma, in un progressivo invecchiamento senza via di uscita.
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