A Orte, in provincia di Viterbo, come nelle periferie di Parigi, e’ in corso da giorni una mobilitazione degli imprenditori agricoli del territorio.
Sono coltivatori diretti, imprese agromeccaniche, allevatori e aziende dell’indotto a chiedere giustizia per il proprio lavoro, spesso sacrificante al punto da azzerare altri interessi se non quelli legati alla propria attività.
Turni di lavoro strazianti che non vengono riconosciuti dal mercato globalizzato delle derrate agricole, vite passate a creare patrimoni che rischiano di essere erosi da incolmabili sbilanciamenti tra costi di produzione e ricavi dalle vendite. Tutta colpa della PAC (politica agricola comune) dicono in molti. Nel 2023 la “nuova versione” del contributo al reddito agricolo ha di fatto penalizzato la produzione italiana diminuendo le superfici coltivabili e l’importo dei premi oltre a rendere quasi impossibile l’applicazione degli ecoschemi, misure supplementari previste per il raggiungimento di premi aggiuntivi.
A Orte parla l’organizzatore del movimento spontaneo, Felice Antoni Monfeli che dice: “qui ci sono agricoltori veri che nulla hanno a che fare con partiti e politica, gente abituata al duro lavoro. La nostra manifestazione e’ rivolta al governo centrale che sta ignorando la situazione di disagio che vive l’intero comparto agricolo”. Il disagio secondo molti è causato dal mancato riconoscimento del prezzo del prodotto, troppo basso per coprire i costi di produzione. Ancora Monfeli affonda sul problema della fauna selvatica: “i cinghiali divorano le nostre colture, nessuno sta affrontando seriamente la problematica e ancora una volta siamo noi a farne le spese”.
Altra tematica che accende gli animi dei manifestanti è il recente stop all’esenzione irpef per gli agricoltori, decisione del governo che grava ulteriormente su una situazione già pesantemente compromessa. Sotto attacco anche le norme dettate dall’Unione Europea nel green deal, pacchetto di misure necessarie a garantire la sicurezza alimentare e ridurre l’impatto ambientale dell’attività agricola.
Non sono d’accordo i manifestanti convinti che inquini molto più una nave che trasporta cereali in Italia proveniente dall’altra parte del globo, piuttosto che un agricoltore che fa il proprio lavoro con coscienza e professionalità producendo grano italiano sano e sicuro.
I settori coinvolti sono praticamente tutti: i cereali hanno subito un crollo dei prezzi del 40%, il latte vaccino è in caduta libera, azzerata la produzione dell’olio e del vino a causa di fenomeni climatici avversi, noccioleti che non hanno produzioni piene da tre anni a causa delle gelate tardive e della siccità, ortive devastate dal gelo e rallentate dalla scarsa disponibiltà di manodopera, stessa cosa per la pastorizia che ha visto dimezzarsi il numero di capi allevati.
Per tutti, da novembre 2021, è invece partito un interminabile aumento dei costi di produzione iniziando da quello legato alle fonti energetiche, a seguire mangimi, foraggi, servizi e quanto altro necessario per svolgere la normale attività.
Tutto questo in aggiunta all’impennata dei prezzi di acquisto dei trattori, delle attrezzature e delle opere edili che ha praticamente paralizzato gli investimenti nel settore.
Ultimo, ma non ultimo, l’innalzamento dei tassi d’interesse sui mutui che stanno raschiando il fondo alle casse già prosciugate.
I manifestanti chiedono al governo la riconferma dell’esenzione irpef, misure di tutela nei confronti delle produzioni nazionali attraverso il controllo dei costi di produzione e la costituzione di un’apposita commissione composta esclusivamente da operatori del settore per la determinazione dei prezzi di vendita dei prodotti agricoli. L’appello alla comunità europea è quello di rivedere i piani per il green deal considerando le notevoli restrizioni a cui sono già sottoposti gli imprenditori agricoli italiani che spesso coltivano i loro terreni secondo i dettami dell’agricoltura biologica.
Molti i gesti di solidarietà ricevuti dai manifestanti che da giorni occupano la rotatoria di Orte. Vicinanza è stata dimostrata dai cittadini ortani, dai negozianti della città “nonostante il disagio che ho subito – ha dichiarato un commerciante – rispetto e condivido la loro protesta perchè sò quanto sia duro lavorare la terra e quando mangio voglio per me e la mia famiglia soltanto prodotti made in italy”.
Per esercitare la sovranità alimentare non si può fare a meno delle nostre imprese agricole e di quanti lavorano la terra: la “condanna a morte” nei loro confronti impartita dal governo è segno di una politica ignara di quanto succede nei territori. Passare i giusti messaggi sarà compito di quanti, come Monfeli a Orte, ha organizzato manifestazioni pacifiche in tutta Italia con il legittimo obbiettivo di ottenere risposte chiare e univoche dalle istituzioni.
Poi i trattori arriveranno a Roma. E’ tempo di riscossa per i nostri agricoltori, per la libertà e la dignità di chi lavora e per il vero made in italy.
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