Sembra un paradosso, ma purtroppo non lo è affatto. Secondo l’Istat, il PIL procapite degli abitanti del Nord-ovest è pari a circa 40.300 euro, vale a dire quasi il doppio di quello degli abitanti del Mezzogiorno, che si ferma ad appena 21.700 euro.
Ebbene, nonostante si questa la situazione reddituale, il Sud è la parte d’Italia nella quale si scommette di più. Si potrebbe forse dire pure che il Sud, alla luce di una tale situazione, è il territorio nazionale in cui ci si illude di più
Nell’intero Paese, nel 2022, l’ammontare complessivo delle giocate era pari a 136 miliardi di euro, il dato, già di per sé molto alto, nel 2023 è ulteriormente salito fino a toccare i 150 miliardi, con una tendenza che sembrerebbe essere stazionaria per il 2024, dato che nei soli primi tre mesi dell’anno in corso la raccolta dovuta alle scommesse è di quasi 36 miliardi di euro.
Ebbene, l’agghiacciante quadro appena descritto diventa pericolosamente drammatico in regioni come la Campania, in cui, nel 2022, gli euro procapite giocati on line, neonati inclusi, ha toccato i 1.242 euro, in crescita rispetto all’anno precedente, quando la cifra si fermava a 1.138 euro.
Il dato procapite complessivo delle giocate, nonostante possa sembrare davvero assurdo, sale a 1.874 euro in Campania ed a 1.806 euro in Sicilia.
Per passare dalle regioni alle città, tra le prime in classifica spicca Palermo, che si colloca al quarto posto, con una spesa complessiva in gioco d’azzardo che raggiunge 1,4 miliardi di euro, mentre Catania si colloca al sesto posto con una cifra inferiore di qualche centinaio di euro.
La città nella quale, in rapporto al numero di abitanti, circa 50 mila, si registra il più alto indice di giocate è Rho, a pochi chilometri da Milano, in cui si spendono circa 110 milioni di euro l’anno in scommesse varie, vale a dire circa 2.200 euro pro capite, neonati inclusi.
Secondo una non molto recente stima, dato che riguarda il 2018, in Italia i giocatori che hanno dichiarato di aver giocato almeno una volta nell’anno sarebbero stati circa 20 milioni, una cifra che, a giudicare dal crescente ammontare delle giocate, dovrebbe essere in netta ascesa.
Di questi 20 milioni pare che almeno 17 milioni giochino alle slot. Insomma, saremmo di fronte ad una sorta di epidemia sociale che condiziona molte famiglie fino, talvolta, a ridurle in condizioni davvero difficili, com’è facile intuire andando a visitare una qualsiasi comunità di recupero.
In tal senso appare ancora più allarmante il dato che riguarda i giovani. Quelli di età compresa tra i 15 ed i 24 anni sarebbero 2,2 milioni.
Tra questi la maggior parte utilizza il mezzo informatico, che risulta il più facilmente accessibile, ma anche il meno immediatamente riscontrabile da parte dei familiari.
Tra gli anziani, invece, si preferiscono i giochi più tradizionali, raggiungibili prevalentemente attraverso le tabaccherie, le sale scommesse e le sale bingo.
Ad essere più esposti a fenomeni di ludopatia, secondo uno studio del Cnr-Ipsad Italia, sarebbero gli uomini, che in media sono circa il 55% del totale dei giocatori, mentre risultano in crescita le donne ed i pensionati.
Lo Stato, però, non rappresenta soltanto una sorta di “diavolo tentatore travestito da istituzione” che agisce nei confronti delle “menti semplici”, dato che, ogni anno, spende circa 7 miliardi di euro, pari ad un costo medio per giocatore patologico di circa 38 mila euro.
Un’ultima cifra deve farci comprendere la gravità del fenomeno e l’esigenza che vi si ponga rimedio in maniera culturale e strutturale.
Secondo un rapporto di Federconsumatori-CGIL, l’ammontare complessivo annuo delle scommesse, incluse quelle illecite, sale a 168 miliardi, determinando un evidente contributo, pari ad almeno per 18 miliardi, per il crimine organizzato, che ne controlla capillarmente lo svolgimento.
Non sembra un aiuto da poco al malaffare ed alla delinquenza, così come è importante sapere che, purtroppo, dalla ludopatia non si esce da soli e bisogna cominciare con il non negarlo, neanche a se stessi!
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