ALEKSANDR SKRJABIN 1872 – 1915

Visse tutta la vita sopra le righe, e poi morì per un foruncolo”. È la lapide che andrebbe scolpita sulla tomba di Aleksandr Skrjabin.

È un pianista compositore che parte galoppando all’inseguimento romantico di Chopin, ma poi il suo destriero si azzoppa e lui si ritrova sconcertato nell’atonalismo, guadagnandosi sulla Grande Enciclopedia Sovietica il podio di “Compositore più amato e nello stesso tempo più detestato di tutta l’Unione”. E anche la dichiarazione che “Nessuno fu più famoso in vita e pochi furono così rapidamente ignorati dopo la morte”.

Nasce a Mosca e giovanissimo già studia con Nicolaj Zverev che ha come allievo anche Rachmaninoff e, spesso a casa sua come ospite, Ciaikovskij. Insomma, nell’ambiente ci si trova a sguazzare subito.

Ha mani piccole; diventa lo stesso un abile pianista ma si sente inferiore al suo compagno Rachmaninoff che invece le mani le ha enormi e allora fa la stessa stupidaggine commessa a suo tempo da Schumann. Si sottopone a un esercizio massacrante: nel suo caso eseguire tutte le 32 sonate di Beethoven senza fermarsi mai. Naturalmente si procura un danno ai tendini, che il suo medico dichiara irreversibile, ma che, dopo un po’ di tempo per fortuna rientra.

Finiti gli studi di composizione e rifiutato il diploma per fare un dispetto al suo professore, Aleksandr si dedica all’insegnamento, sposa una pianista, ha sette figli; poi lascia lei, Mosca, i bambini, la cattedra di pianoforte al Conservatorio e parte per un giro di concerti in Europa con una studentessa con la quale ha un altro figlio, Julian, un bambino prodigio che annega a undici anni dopo aver composto opere sorprendentemente raffinate e mature.
A questo punto torna a Mosca.

Si inventa una tastiera da cui il pianista può proiettare su uno schermo un fascio di luce del colore corrispondente (per lui) alla nota suonata e la fa costruire per l’esecuzione della sua composizione “Prometeo”.

A questo proposito Rachmaninoff riferisce nella sua autobiografia una accesa conversazione fra Skrjabin e Rimskij-Korsakov, dalla quale emerge un ovvio ostacolo al progetto: la probabilità, anzi la certezza che musicisti diversi troveranno sempre associazioni diverse fra suoni e colori. Per esempio, mentre il Re è per tutti e due gli interlocutori marrone, il Mi bemolle è rosso per Skrjabin, blu per Rimskij-Korsakov. E allora come ci si può intendere tra suoni e colori? Infatti l’idea non farà molta strada.

Fra le tante cervellotiche certezze Skrjabin ha anche quella che un giorno il calore distruggerà la Terra. Nel frattempo annaspa in un confuso vortice di pensieri che lo sballottano dall’arte totale e dalle teorie superomiste di Nietsche alla teosofia, al misticismo e al cosmismo. Progetta la rigenerazione dell’umanità in una missione cosmica di evoluzione e trasformazione attraverso la spiritualità e la tecnologia.

Insomma è certo di avere il compito di salvare l’essere umano con la sua arte e questo risultato pensa di raggiungerlo con il suo “Mysterium”, un’opera multimediale della durata di una settimana fatta di suoni, danze, luci, profumi sul tema del giudizio universale, da mettere in scena in una struttura appositamente costruita ai piedi dell’Himalaya.

L’esecuzione non ci sarà mai, ovvio. Alla fine tutti d’accordo, amici e nemici, con la definizione di Horowitz: “Un folle ipocondriaco pieno di tic, incapace perfino di stare fermo a sedere”.

A 43 anni, al culmine della sua carriera, ammirato dal pubblico per le sue doti di pianista e per la visionarietà della sua musica, Skrjabin dà l’ultimo concerto che ha un immenso successo, a proposito del quale ricorda di avere corso un grosso rischio: “Durante l’esecuzione dimenticai completamente che suonavo per il pubblico…di solito dovevo controllarmi attentamente per non perdere la padronanza di me stesso”.

Una mattina, mentre si spunta i baffi, nota sul labbro superiore un foruncolo. Non ci fa troppo caso, ma qualche giorno dopo gli viene un po’ di febbre, l’infiammazione aumenta, il foruncolo diventa una pustola, poi un’ulcera. La temperatura sale a 41, si tenta un’incisione, ma ormai la setticemia gli ha infettato il sangue e in un paio di giorni Skrjabin è spacciato.

Quello che per qualsiasi altro uomo sarebbe stato un semplice fastidio, per lui è diventato una condanna a morte.

ALEKSANDR SKRJABIN 1872 – 1915

Visse tutta la vita sopra le righe, e poi morì per un foruncolo”. È la lapide che andrebbe scolpita sulla tomba di Aleksandr Skrjabin.

È un pianista compositore che parte galoppando all’inseguimento romantico di Chopin, ma poi il suo destriero si azzoppa e lui si ritrova sconcertato nell’atonalismo, guadagnandosi sulla Grande Enciclopedia Sovietica il podio di “Compositore più amato e nello stesso tempo più detestato di tutta l’Unione”. E anche la dichiarazione che “Nessuno fu più famoso in vita e pochi furono così rapidamente ignorati dopo la morte”.

Nasce a Mosca e giovanissimo già studia con Nicolaj Zverev che ha come allievo anche Rachmaninoff e, spesso a casa sua come ospite, Ciaikovskij. Insomma, nell’ambiente ci si trova a sguazzare subito.

Ha mani piccole; diventa lo stesso un abile pianista ma si sente inferiore al suo compagno Rachmaninoff che invece le mani le ha enormi e allora fa la stessa stupidaggine commessa a suo tempo da Schumann. Si sottopone a un esercizio massacrante: nel suo caso eseguire tutte le 32 sonate di Beethoven senza fermarsi mai. Naturalmente si procura un danno ai tendini, che il suo medico dichiara irreversibile, ma che, dopo un po’ di tempo per fortuna rientra.

Finiti gli studi di composizione e rifiutato il diploma per fare un dispetto al suo professore, Aleksandr si dedica all’insegnamento, sposa una pianista, ha sette figli; poi lascia lei, Mosca, i bambini, la cattedra di pianoforte al Conservatorio e parte per un giro di concerti in Europa con una studentessa con la quale ha un altro figlio, Julian, un bambino prodigio che annega a undici anni dopo aver composto opere sorprendentemente raffinate e mature. A questo punto torna a Mosca.

Si inventa una tastiera da cui il pianista può proiettare su uno schermo un fascio di luce del colore corrispondente (per lui) alla nota suonata e la fa costruire per l’esecuzione della sua composizione “Prometeo”.

A questo proposito Rachmaninoff riferisce nella sua autobiografia una accesa conversazione fra Skrjabin e Rimskij-Korsakov, dalla quale emerge un ovvio ostacolo al progetto: la probabilità, anzi la certezza che musicisti diversi troveranno sempre associazioni diverse fra suoni e colori. Per esempio, mentre il Re è per tutti e due gli interlocutori marrone, il Mi bemolle è rosso per Skrjabin, blu per Rimskij-Korsakov. E allora come ci si può intendere tra suoni e colori? Infatti l’idea non farà molta strada.

Fra le tante cervellotiche certezze Skrjabin ha anche quella che un giorno il calore distruggerà la Terra. Nel frattempo annaspa in un confuso vortice di pensieri che lo sballottano dall’arte totale e dalle teorie superomiste di Nietsche alla teosofia, al misticismo e al cosmismo. Progetta la rigenerazione dell’umanità in una missione cosmica di evoluzione e trasformazione attraverso la spiritualità e la tecnologia.

Insomma è certo di avere il compito di salvare l’essere umano con la sua arte e questo risultato pensa di raggiungerlo con il suo “Mysterium”, un’opera multimediale della durata di una settimana fatta di suoni, danze, luci, profumi sul tema del giudizio universale, da mettere in scena in una struttura appositamente costruita ai piedi dell’Himalaya.

L’esecuzione non ci sarà mai, ovvio. Alla fine tutti d’accordo, amici e nemici, con la definizione di Horowitz: “Un folle ipocondriaco pieno di tic, incapace perfino di stare fermo a sedere”.

A 43 anni, al culmine della sua carriera, ammirato dal pubblico per le sue doti di pianista e per la visionarietà della sua musica, Skrjabin dà l’ultimo concerto che ha un immenso successo, a proposito del quale ricorda di avere corso un grosso rischio: “Durante l’esecuzione dimenticai completamente che suonavo per il pubblico…di solito dovevo controllarmi attentamente per non perdere la padronanza di me stesso”.

Una mattina, mentre si spunta i baffi, nota sul labbro superiore un foruncolo. Non ci fa troppo caso, ma qualche giorno dopo gli viene un po’ di febbre, l’infiammazione aumenta, il foruncolo diventa una pustola, poi un’ulcera. La temperatura sale a 41, si tenta un’incisione, ma ormai la setticemia gli ha infettato il sangue e in un paio di giorni Skrjabin è spacciato.

Quello che per qualsiasi altro uomo sarebbe stato un semplice fastidio, per lui è diventato una condanna a morte.

SCOPRI DI PIÚ


SEGNALIAMO

  • ‘NA TAZZULELLA E CAFE’

    I francesi difesero e conservarono gelosamente i semi, fino a quando una spia brasiliana sedusse la moglie del Governatore e riuscì a farsi consegnare alcuni semi sufficienti per lo sviluppo dell’industria brasiliana del Caffè.


  • “CITTADINANZA ONORARIA”

    … agli studenti stranieri un primo importante passo simbolico che viene dai sindaci Durate la pausa ferragostana i politici di ogni orientamento hanno rilasciato, tra disquisizioni fisiologicamente contrapposte, pareri e commenti su “ius soli”, “ius culturae”, “ius scholae”, già archiviati come armi di distrazione di massa e quindi aria fritta di fronte a uno scenario…


  • “LA SALVEZZA DI QUESTA NAZIONE STA NEL CAPIRE CHI SIAMO”

    “LA SALVEZZA DI QUESTA NAZIONE STA NEL CAPIRE CHI SIAMO” di Rossana Pace Presidente dell’Associazione Culturale Eccellenze Italiane E’ in vigore dall’11 Gennaio scorso la Legge 206 “Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del Made in Italy”, una legge che richiede che i cittadini italiani siano preparati a gestirla Finalmente abbiamo…


  • « TANTO DI CAPPELLO! »

    Il Borsalino di Humphrey Bogart in “Casablanca” Per i giovanissimi e le giovanissime del giorno d’oggi coprirsi il capo con un cappuccio o con una semplicissima cuffia calata sulla fronte, o con un berretto da basebaal, dotato di visiera curva e piatta, unisex, simile a quello indossato dai campioni della formula 1, rappresenta un vezzo,…


  • #GRANBELLASTORIA

    #GRANBELLASTORIA

    “Lavorare nel sociale” sostiene Colucci, “significa dare un contributo a costruire comunità solidali.


  • #OTTOMARZO: IL LINGUAGGIO DI GENERE

    #OTTOMARZO: IL LINGUAGGIO DI GENERE

    Niente più schwa, chiocciole o asterischi in Argentina: Javier Milei, il presidente ultra liberista e ultra conservatore, ha vietato l’uso del “linguaggio inclusivo” e di “tutto ciò che riguarda una prospettiva di genere” nella pubblica amministrazione. In Argentina, il linguaggio inclusivo è usato negli enti governativi, nelle scuole, nelle università, ma anche nel linguaggio di…


  • 1800 EURO AL MINUTO (ED IL PASSATO CHE NON PASSA…)

    1800 EURO AL MINUTO (ED IL PASSATO CHE NON PASSA…)

    Ma quale censura? Anzi, una meritoria azione di risparmio dei soldi pubblici di un paese che ha tanti problemi, ed in cui c’è grossa crisi. E poi chi si crede di essere questo Scurati per chiedere ed ottenere con regolare contratto dalla tv di stato 1800 euro per un minuto di monologo? 1800 euro, mil-le-ot-to-cen-to……


  • 1960

    1960

    1960 … due mondi lontani in un unico borgo del lago Maggiore Dei miei ricordi di quindicenne forse quello più vivo, sempre pronto a riaffiorare dalle pieghe della memoria, è quell’affacciarmi dal balconcino della mia camera, come per un impulso incontenibile, per osservare lo scenario incantevole del lago che si spalanca di fronte a Baveno,…


  • A CENTO ANNI DALLA NASCITA

    A CENTO ANNI DALLA NASCITA

    Qui iniziò il primo tentativo di scuola a tempo pieno, espressamente rivolto alle classi popolari, dove, tra le altre cose, sperimentò il metodo della scrittura collettiva. Con il bel tempo si teneva lezione all’aperto sotto il pergolato. La scuola era una vera e propria comunità, dove si lavorava e si creava tutti insieme e la…


  • A PALAZZO FARNESE IL CONCORSO “LA SCUOLA ALBERGHIERA E IL SUO TERRITORIO” PREMIA CINGOLI

    Al contrario non è stato altrettanto entusiasmante il racconto, soprattutto da parte dei ragazzi di sala, di cui la giuria ha apprezzato la buona volontà pur rilevando che le motivazioni del concorso si sono rivelate più che fondate ovvero la necessità che la scuola approfondisca maggiormente il legame e quindi la conoscenza del territorio in…