Sedici/A Hermes Storie di geopolitica – Europa
Giampiero Gramaglia
Giornalista,
co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles
Secondo florilegio delle corrispondenze di Giampiero Gramaglie scritte nella prima decade di ottobre dedicate quotidianamente alle elezioni statunitensi che si svolgeranno il prossimo 5 novembre. Si parte dal dibattito televisivo fra i due candidati vicepresidenti caratterizzato da toni civili, alle nuove carte giudiziarie contro Trump, dagli inviti a Israele da parte dell’ex magnate a colpire siti nucleari iraniani, al ritorno dello stesso Trump sul luogo dell’attentato subito a Butler quest’estate, passando per l’analisi di come i due candidati hanno commemorato l’anniversario del 7 ottobre e le anticipazioni dell’ultimo libro di Bob Woodward che rivela l’amicizia virile fra Trump e Putin. In mezzo, il dato principale che emerge in questa fase della campagna elettorale, ovvero il fatto che ci si stia avvicinando all’Election Day nella più assoluta incertezza sul risultato della contesa sul cui esito finale rimangono decisivi i cosiddetti Stati in bilico.
21 ottobre 2024
1. Il dibattito televisivo fra i due candidati alla vicepresidenza apre l’ultimo mese di una campagna elettorale dall’esito molto incerto[1]
La drammatica ‘escalation’ in Medio Oriente e le devastazioni provocate, in North Carolina, Georgia e altri Stati, dall’uragano Helene hanno riflessi sulla campagna elettorale di Usa 2024, nella giornata segnata questa sera alle 21.00 della East Coast – in Italia sarà notte fonda, le tre del mattino di domani – dal dibattito in diretta televisiva sulla Cbs fra i candidati vice-presidenti Tim Walz, democratico, e James David Vance, repubblicano. Intervistato dalla Fox, Donald Trump mette le mani avanti: “Vance non avrà un trattamento equo”, dice.
Sul fronte mediorientale, poco prima dell’inizio delle operazioni di terra israeliane in Libano, lo speaker della Camera Mike Johnson aveva chiesto all’Amministrazione Biden di mettere termine
“alle controproducenti richieste di cessate il fuoco e alla campagna di pressione diplomatica contro Israele”:
per Johnson, l’eliminazione del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah è stata
“un importante passo avanti per il Medio Oriente”.
Sulla materia, Trump continua a non esprimersi.
La scia di lutti e danni lasciata dall’uragano Helene, che ha fatto almeno 120 vittime in sei Stati – e potrebbero rivelarsi molte di più -, diventa occasione di propaganda elettorale.
Trump ha visitato alcune aree colpite, in particolare Valdosta in Georgia, per – scrive il New York Times –
“proiettare l’immagine dell’uomo al comando”,
mentre il presidente Joe Biden chiedeva al Congresso di varare aiuti speciali per le aree colpite e la vicepresidente Kamala Harris esprimeva da lontano “vicinanza” alle famiglie delle vittime e visitava uomini e infrastrutture della protezione civile:
“Faremo di tutto per aiutare le popolazioni colpite”.
All’arrivo in Georgia, Trump ha scritto sul suo social Truth:
“Dove sono Biden ed Harris? Dovrebbero essere sul campo”, invece di “lasciare ad annegare le persone… Sotto questa Amministrazione, gli americani arrivano sempre per ultimi, perché abbiamo ‘leader’ che non hanno idea di come guidare!”.
Trump afferma di avere camion carichi “di cose” per le popolazioni colpite e di avere parlato con Elon Musk sulla possibilità di offrire loro i servizi Starlink il prima possibile (per la Casa Bianca, ciò stava già avvenendo, prima che Trump ponesse la questione).
Di fronte alle affermazioni di Trump, Biden lo accusa di “mentire” sull’inazione delle autorità:
“Non so perché lo fa e mi fa arrabbiare, non perché mi attacca, ma per quello che dice alla gente”.
Secondo l’analisi del New York Times, le parole di Trump sono, nel contempo, “vaghe” e “false”: da una parte, stimola un confronto con quanto fece Barck Obama dopo l’uragano Sandy nel 2012; dall’altra, fa venire in mente come lui si disinteressò nel 2017 del Portorico, dopo il passaggio dell’uragano Maria.
New York Times da endorsement a Harris
Con un editoriale, il New York Times dà il suo endorsement per la presidenza a Kamala Harris, scrivendo che “è l’unica scelta patriottica” e elencando i rischi di una seconda presidenza Trump,
“indegno a ricoprire la carica di presidente degli Stati Uniti”.
La scelta del giornale è coerente con la linea fin qui tenuta nel coprire la campagna elettorale.
Negli Stati Uniti, è consuetudine che i media dichiarino di appoggiare l’uno o l’altro candidato. Nell’editoriale, si dice che l’ex presidente si è dimostrato
“moralmente e caratterialmente inadatto”
alla presidenza degli Stati Uniti.
“Alcune delle persone scelte da Trump nel suo mandato hanno salvato l’America dai suoi impulsi più pericolosi. Si sono rifiutate di infrangere la legge in suo favore e hanno parlato apertamente, quando ha anteposto i suoi interessi a quelli del Paese
– afferma il New York Times -.
Per questo, se sarà rieletto, Trump intende circondarsi di persone che non sono disposte a sfidare le sue richieste. Se gli elettori non si faranno sentire,
“Trump avrà il potere di arrecare una danno profondo e duraturo alla nostra democrazia”.
Fox, sondaggio con Harris avanti nella Rust Belt
Un sondaggio della Quinnipiac University per Fox News indica che Harris è in vantaggio su Trump in Pennsylvania di sei punti, in Michigan di cinque e in Wisconsin – di uno solo -. Una conferma indiretta viene dal Washington Post, secondo cui i democratici della Pennsylvania sono più attivi dei repubblicani nell’early voting e nel voto per posta. Se Harris vincesse nei tre Stati della Rust Belt che sono in bilico, vincerebbe le elezioni.
I dati della Quinnipiac non sono, però, recentissimi e appaiono un po’ in controtendenza rispetto all’attuale inezia della campagna elettorale, con Trump in recupero e Harris un po’ appannata. Il rilevamento, che tiene conto anche dei candidati minori, indica la verde Jill Stein e il libertario Chase Oliver non vanno in genere oltre l’1 per cento, fa eccezione il Michigan, dove Stein è al 2 per cento.
L’attesa per il dibattito fra Tim Walz e James David Vance
I candidati vicepresidenti Tim Walz, governatore del Minnesota, e James David Vance, senatore dell’Ohio, sono attesi questa sera a quello che potrebbe essere l’ultimo dibattito di questa campagna, considerato il rifiuto di Trump di incontrare di nuovo Harris dopo il confronto del 10 settembre sulla Abc. Da quando, nel 1960, sono stati introdotti i dibattiti televisivi, sarebbe la prima volta che i candidati presidenti si affrontano una sola volta. Walz, che è più colloquiale, e Vance, che è più aggressivo, preparano da giorni il loro confronto. Per entrambi, il dibattito è la prima occasione per presentarsi a una platea nazionale, fatte salve le rispettive Convention.
Sulla base di un suo sondaggio, l’Associated Press scrive che Walz gode fra i democratici di un’opinione migliore di quella che Vance ha fra i repubblicani; e, in generale, Walz ha un tasso di popolarità maggiore e migliore di Vance, le cui sortite hanno spesso creato polemiche. Walz fa meglio di Vance sia fra le donne che fra gli uomini e specialmente fra gli over 60
- Lo sciopero di 47 mila lavoratori portuali, che paralizza i traffici marittimi dal New England al Golfo del Messico, fino Texas, minaccia la crescita dell’economia statunitense e può impattare sul voto di Usa 2024, secondo il Washington Post.
- Nei suoi comizi più recenti, Trump ha confermato l’intenzione di sopprimere il ministero della Pubblica istruzione e di tornare a fare un comizio a Butler, in Pennsylvania, dove il 13 luglio scampò a un attentato e che, a suo dire, è nel frattempo divenuto “un luogo turistico”.
- Ryan Routh, l’uomo che intendeva assassinare Trump il 15 settembre 2024, nel suo campo da golf in Florida, si è dichiarato non colpevole in un’udienza a West Palm Beach.
Rimangono distanti le posizioni su migranti e aborto
2. Toni civili al dibattito fra Tim Walz e James David Vance[2]
Un dibattito informativo, ad ampio spettro, senza toni particolarmente aggressivi né dall’una né dall’altra parte: il confronto in diretta televisiva sulla Cbs fra i candidati vice a Usa 2024 Tim Walz, democratico, e James David Vance, repubblicano, non risulterà probabilmente il momento clou della corsa alla Casa Bianca, ma ha mostrato il volto buono della politica statunitense. Lo nota, con un pizzico di ironia, e con una dose di sorpresa, il Washintgon Post nella sua analisi:
“E’ stata una cosa notevolmente civile”.
Jim Kessler, analista politico del think tank di centro-sinistra Third Way, spiega:
“I dibattiti fra i vice non fanno vincere le elezioni, ma aiutano a creare, o a smontare, un momento… Non si segnano gol, ma si fa possesso palla”
– lui, in termini non calcistici, ma da football americano, dice:
“You don’t score touchdowns, but you can gain yards or you can lose yards”.
Vance, giacca blu scuro e cravatta più rosa che rossa, e Walz, giacca nera e cravatta blu d’ordinanza, si sono stretti la mano prima di prendere posto dietro i loro podi e, alla fine, salutandosi, hanno mostrato una particolare cordialità, mentre sul palco salivano le loro mogli. Forse, tanto fair-play è stato favorito dal fatto che i due non dovevano vendere sé stessi e le loro idee, ma erano lì per fare da piazzisti ai loro capi, Kamala Harris e Donald Trump: in fondo, erano due ‘sottopadrone’.
Walz è partito lento, un po’ esitante, ma ha acquisito sicurezza e solidità con il passare dei minuti e con l’arrivo di temi a lui congeniali come l’aborto e la difesa della democrazia.
Vance è parso subito sicuro di sì e netto nelle sue affermazioni, specie sui migranti, che, proprio come fa sempre Trump, cercava d’infilare in ogni risposta; ma ha anche cercato di smussare le posizioni sull’aborto e di “riscrivere la storia” – l’espressione è del Washington Post – della presidenza Trump …
L’ultimo dibattito, nel giorno del secolo di Carter
E’ stato, probabilmente, l’ultimo dibattito di questa campagna, considerato il rifiuto di Trump d’avere un ulteriore confronto con Harris, dopo quello del 10 settembre. Un dibattito che coincideva con i cento anni dell’ex presidente Jimmy Carter: è il primo presidente nella storia degli Stati Uniti a raggiungere tale traguardo.
Nella sintesi dell’Associated Press, Walz e Vance sono andati in profondo sulle singole politiche, il clima e l’energia, l’economia e l’inflazione, l’immigrazione, la sanità, l’aborto, attaccando a vicenda i rispettivi candidati presidenti e cercando di fornire ragioni per votare il proprio campione.
Entrambi sono stati chiamati dalle moderatrici del dibattito, le giornaliste Margaret Brennan e Norah O’Donnell, puntuali ed efficaci, a rendere conto di loro bugie o contraddizioni; e, in un caso, i loro microfoni, normalmente aperti, sono stati disattivati, per impedire che si parlassero addosso. Ed entrambi, con qualche riluttanza, hanno fatto ‘mea culpa’: Vance ha detto di avere sbagliato, quando, fino a quattro anni or sono, criticava Trump; e Walz ha riconosciuto di non averla detta tutta giusta sul tempo passato in Cina.
Walz – Vance, i contenuti del dibattito
Vance, 40 anni e barba ben curata, ha sfruttato la sua telegenia; Walz, 60 anni e pancetta, ha tenuto botta, nonostante qualche esitazione. Un sondaggio a caldo della Cnn dà il democratico vincente al 51 per cento, d’una corta incollatura.
Per il Washington Post, Walz e Vance
“si sono presentati sulla scena nazionale ed hanno discusso in modo più approfondito di quanto avevano fatto Trump e Biden e poi Trump e Harris”.
Il New York Times scrive:
“Più politica, meno battute. Vance e Walz hanno opinioni diverse su guerre, immigrazione, economia, tasse e molto altro”.
Un sito conservatore, il Daily Signal, ricorre a un gioco di parole, “Best in the Midwest”, il meglio nel Midwest, perché entrambi i candidati vice hanno spesso fatto riferimento alle loro origini: Vance è senatore dell’Ohio, Walz è nato in Nebraska ed è governatore del Minnesota.
Trump non s’è astenuto dal commentare su X in diretta: ha ovviamente accusato le moderatrici d’essere parziali e ha voluto puntualizzare la sua posizione sull’aborto,
“Tutti sanno che non sosterrei un divieto dell’aborto a livello federale, metterei il mio veto”.
Walz-Vance, i più e i meno del dibattito
Il dibattito è partito dalle guerre, anzi da ciò che sta accadendo in Medio Oriente: né Walz né Vance hanno risposto in modo diretto alla domanda se avallerebbero un attacco preventivo di Israele all’Iran, ma Vance ha evocato l’idea di “pace attraverso la forza” e ha attribuito alla “paura suscitata da tale forza” il fatto che Trump non abbia dovuto gestire conflitti nel suo mandato.
Walz ha invece rilevato la necessità “fondamentale” di una leadership “stabile”, mentre gli alleati percepiscono la leadership di Trump come “volubile” (ricordando che ex consiglieri lo descrivono come “l’essere più imperfetto mai incontrato”).
Nella serie delle battute più efficaci, nella perorazione finale, Walz, che chiama a coalizione intorno ad Harris da Taylor Swift a Dick Cheney, dice:
“Trump vuole farvi sentire la paura… Kamala ed io, come Franklyn Delano Roosevelt, pensiamo che l’unica cosa di cui avere paura è la paura stessa…”.
Vance, invece, afferma:
“Ricchi e poveri in America devono potere accendere il riscaldamento, mangiare bene, avere una casa… Se non potete farlo, è colpa di Kamala Harris”.
3. Nuove carte giudiziarie contro Trump, echi del dibattito fra vice[3]
La variabile giudiziaria fa di nuovo irruzione nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali del 2024. Donald Trump “ha compiuto dei reati” per tentare di restare al potere dopo avere perso le elezioni del 2020, usando
“l’inganno per prendere di mira ogni fase del processo elettorale”.
È quanto si legge nei documenti parzialmente desecretati presentati dal procuratore speciale Jack Smith nel quadro del procedimento in cui l’ex presidente è accusato di avere cercato di sovvertire il risultato delle elezioni del 2020. I nuovi documenti servono, nelle intenzioni degli inquirenti, a uscire dalle secche della sentenza della Corte Suprema che riconosce al presidente in carica una parziale immunità per i propri atti. Secondo il procuratore speciale Jack Smith, l’allora presidente in combutta con altre persone
“lanciarono una serie di piani disperati per capovolgere i legittimi risultati elettorali”.
Per quegli atti, compiuti – sostiene Smith – in quanto candidato (e, quindi, privato cittadino), e non in quanto presidente, Trump non ha diritto all’immunità. Il New York Times nota che i documenti ora resi pubblici offrono il quadro finora più completo di quanto finora accertato dagli inquirenti sulla sommossa del 6 gennaio 2021. Fra i particolari rilevati, il New York Times cita la testimonianza di un collaboratore di Trump, che lo informò che il suo vice Mike Pence era stato portato in un luogo sicuro per sottrarlo ai facinorosi. Trump si limitò a rispondere, guardandolo: “E allora?”, invece di prendere iniziative.
Un’immagine della manifestazione del 6 gennaio 2021 prima che degenerasse in sommossa (Fonte: Los Angeles Times)
Per il Washington Post, i documenti danno dettagli sui contatti intercorsi quel giorno tra Trump, Pence, l’allora avvocato di Trump Rudy Giuliani e vari funzionari della Casa Bianca: la procura confida di potere convincere i giudici che Trump, su quelle basi, può essere processato, anche se è escluso che ciò possa avvenire prima delle elezioni.
Alla pubblicazione dei documenti, Trump ha subito reagito sul suo social Truth, giudicandoli
“pieni di falsità” e “incostituzionali” e “una caccia alle streghe”
– espressione da lui usata tutte le volte che è stato incriminato (sono tre i processi che ancora lo attendono) – e sostenendo che costituiscono un’interferenza nelle elezioni del 2024.
I documenti, che
“arrivano subito dopo la disastrosa performance al dibattito di Tim Walz”, sono “un altro chiaro tentativo del regime Harris-Biden di mettere a rischio la democrazia americana e interferire con il voto”.
Dopo il dibattito fra vice, Vance meglio, ma si sposta poco[4]
Del dibattito tra i candidati vice, tutti i media, a caldo. hanno parlato in modo positivo, per i modi e i toni civili di James David Vance e Tim Walz. Però
”già nel pomeriggio di ieri non se ne parlava più”,
osserva la Cnn, per indicare che il confronto non lascerà probabilmente il segno e non avrà impatto sulle scelte degli elettori.
James David Vance e Tim Walz si salutano al termine del loro dibattito (Fonte: La Repubblica)
I sondaggi fatti immediatamente dopo il dibattito indicano una vittoria ai punti (tipo 51 per cento a 49 per cento), del repubblicano sul democratico, con spostamenti non rilevanti nelle intenzioni di voto. Politico e altri media condividono questa valutazione sia pur con sfumature diverse, mentre il conservatore Wall Street Journal trova che Vance
“ha prevalso largamente”
Ancora più netto il giudizio di Trump, che in un’intervista alla Fox dice che che Walz “si è messo in imbarazzo”, mentre Vance “è stato fantastico”:
“Tim Walz ha dimostrato di non avere la statura per la carica a cui punta, anche se lo metterei molti gradini sopra Kamala Harris”, ha osservato Trump, secondo cui il “Paese ha bisogno di persone smart, non di persone che non sanno mettere due frasi insieme”.
Per Politico, Vance
“non solo è stato raffinato, ma ha anche fatto una critica di Harris più tagliente rispetto a quella fatta da Trump è riuscito a fare nel suo dibattito con lei il mese scorso”,
mentre Walz
“ha impiegato un po’ di tempo per scaldarsi, e non è stato granché nemmeno quando ci è riuscito”.
In conclusione,
“Il dibattito, leggero sui colpi personali e pesante sulla politica, è stato vinto da Vance per questioni di stile”.
Per il Wall Street Journal,
“il tono dell’evento è stato a tratti tagliente, ma in genere sostanziale. Vance ha parlato con sicurezza e chiarezza, mentre Walz ha avuto più difficoltà a trovare il suo equilibrio”.
Tra gli intervistati nel sondaggio della Cnn, Walz rimane il candidato visto in modo più positivo e percepito più in contatto con le loro esigenze e la loro visione del Paese. Vance, che partiva da un deficit di immagine maggiore sia tra gli spettatori che tra il pubblico in generale, ha però migliorato la sua considerazione tra il pubblico del dibattito, facendo meglio del previsto: c’è più gente che lo percepisce come qualificato. Entrambi i candidati, secondo il sondaggio, sono ora considerati dalla maggioranza degli spettatori del dibattito qualificati ad assumere la presidenza, se necessario. Ma nessuno degli elettori o quasi trova nel dibattito una ragione per cambiare il proprio voto. Prima del confronto, il 54 per cento s’aspettava che Walz prevalesse, il 45 per cento pensava che prevalesse Vance.
Kamala un falso sito; Melania pro – scelta
NewsGuard, una piattaforma che monitora la disinformazione online, ha scovato un falso sito attribuito a Kamala Harris completo di slogan, programma politico e ‘advisory board’, in cui figurano, fra gli altri, Hillary Clinton e Bill Gates. Secondo NewsGuard il sito, che s’intitola NewWayForward.us, è stato creato da John Dougan, un ex vicesceriffo della Florida
“diventato maestro della disinformazione di Mosca”
verso le elezioni presidenziali e non solo.
Infine, The Guardian pubblica le ennesime anticipazioni del libro di memorie di Melania Trump, d’imminente uscita. Questa volta, l’ex first lady imbarazza il marito: dice di sostenere con passione il diritto delle donne a decidere sul proprio corpo, incluso l’aborto.
“È imperativo che le donne abbiano l’autonomia nel decidere se avere figli sulla base delle loro convinzioni, e che siano libere da ogni intervento o pressione del governo”, scrive Melania.
4. La carica delle donne contro Trump, Kamala, Liz e pure Melania[5]
Il vicepresidente candidato presidenziale democratico Kamala Harris, a sinistra, arriva per parlare a un evento elettorale con l’ex deputata Liz Cheney, R-Wyo. a destra, al Ripon College di Ripon, Wisconsin, giovedì 3 ottobre 2024.
Gli occhi dei media puntati sul comizio in Wisconsin di quella che viene definita la strana coppia: Kamala Harris insieme all’ex deputata repubblicana Liz Cheney nello stato in bilico del Wisconsin, a Ripon, dove. in una piccola scuola elementare con una sola aula, alla metà dell’Ottocento, nacque il Partito repubblicano.
Agli attacchi prevedibili di Harris e Cheney si sommano le punture di spillo inattese e ripetute di Melania Trump, la ex first lady, al marito: difficile, ormai, considerarle casuali.
Harris e Cheney hanno entrambe additato Donald Trump come un pericolo per la democrazia , non solo negli Stati Uniti d’America, ma nel Mondo, che – ha affermato Harris –
“vuole costringere l’Ucraina a cedere territori alla Russia”, il cui presidente Vladimir Putin è “un brutale dittatore”.
L’obiettivo dell’iniziativa congiunta Harris – Cheney era di corteggiare repubblicani e indipendenti. Le due donne hanno poco in comune politicamente, ma l’ex esponente repubblicana, come il padre Dick Cheney (potente vicepresidente di George W. Bush), le ha dato il suo endorsement, convinta che Trump sia – appunto –
“una minaccia senza precedenti per la democrazia”.
Liz Cheney è stata fatta fuori dal suo partito dopo essere stata vicepresidente della commissione della Camera sull’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021: battuta nelle primarie del Wyoming nel 2022 da un ‘trumpiano’, è divenuta una delle più acerrime avversarie interne dell’ex presidente.
Trump è sentito da Harris e Cheney come una minaccia alla democrazia perché tradì il giuramento alla Costituzione e ostacolò la pacifica transizione del potere dopo le elezioni del 2020, fino all’assalto al Campidoglio il 6 gennaio 2021 per indurre il Congresso a rovesciare l’esito del voto.
Molti media tornano sui nuovi elementi presentati mercoledì 2 ottobre dal procuratore speciale Jack Smith, per sostenere la tesi che Trump vada processato per quanto avvenuto il 6 gennaio 2021. Colpiscono alcune affermazioni dell’allora presidente che l’importante non era chi avesse vinto le elezioni, ma restare al potere.
Melania “solidale” con i migranti
Melania con il discusso parka con cui fece visita ai minori migranti durante la presidenza del marito.
Suscitano molta attenzione, e molti interrogativi, le prese di posizione ripetute della ex first lady Melania Trump, che paiono in contrasto con quelle del marito. Melania sta per pubblicare un libro di memorie e sta conducendo una campagna pubblicitaria molto intensa, snocciolando anticipazioni. Dopo essersi dichiarata ‘pro-scelta’ sull’aborto, ora, in anticipazioni affidate stavolta al Daily Mail, mostra empatia verso i migranti e dice di essere
“solidale con tutti coloro che desiderano trovare una vita migliore in questo Paese… Come immigrata – lei è slovena, ndr -, comprendo nel profondo il necessario, seppur arduo, processo per diventare legalmente un’americana”.
Parole che sembrano sconfessare l’approccio offensivo e discriminatorio del marito verso i migranti.
Melania racconta di avere convinto il marito ad abbandonare gli aspetti più aspri della sua politica sull’immigrazione e definisce “inaccettabili” le separazioni dei bambini dai genitori al confine, basate sulla “tolleranza zero” degli esordi dell’Amministrazione Trump.
La sortita ‘pro-scelta’ dell’ex fist lady ha suscitato delusione e critiche nel campo ‘pro-vita’. “Melania aveva la possibilità di ispirare con il suo libro, ma ha invece scelto di
“promuovere un femminismo corrotto che mette le donne in guerra con i propri corpi”,
ha detto a Newsweek Kristan Hawkins, presidente di Students for Life of America.
Endorsement dati e negati
Fanno anche notizia la fine dello sciopero di 45 mila portuali che minacciava di paralizzare i traffici via mare dal Maine al Texas – i sindacati hanno ottenuto una promessa di aumenti salariali e hanno così concordato una tregua negoziale fino al gennaio 2025 – e la decisione del sindacato dei vigili del fuoco, che nel 2020 aveva appoggiato Joe Biden, di non sostenere nel 2024 nessun candidato.
The Dundalk Marine Terminal in Baltimore, Maryland. (Anna Moneymaker/Getty Images)
La fine dello sciopero è una buona notizia per Harris perché leva un intralcio all’economia verso le elezioni presidenziali. Invece, la presa di posizione dei vigili del fuoco, che fa seguito a quella analoga degli autotrasportatori, è una cattiva notizia, non bilanciata dall’endorsement eccellente, ma scontato, di Bruce Springsteen
“Trump è il candidato alla presidenza più pericoloso della mia vita”,
dice il cantante di ‘Born in the Usa’, sempre schierato coi democratici – e da quello di Cassidy Hutchinson, transfuga repubblicana, ex assistente della Casa Bianca quando Trump era presidente e la prima a testimoniare al Congresso sulle responsabilità dell’allora presidente il giorno dell’assalto al Campidoglio.
5. Trump, Israele colpisca siti nucleari iraniani[6]
Il presidente statunitense Joe Biden dice che Israele non dovrebbe colpire i siti nucleari iraniani e frena anche sull’ipotesi di un’azione contro i giacimenti petroliferi, in risposta all’attacco missilistico iraniano dei giorni scorsi. L’ex presidente Donald Trump afferma il contrario:
“Colpite il nucleare prima e preoccupatevi poi… Se lo faranno lo faranno: lo scopriremo…”,
dice in North Carolina, uno degli Stati in bilico nel voto di novembre, rispondendo a domande di giornalisti a margine di un comizio.
Il New York Times avverte che l’imminenza delle elezioni statunitensi, e la percezione di debolezza dell’Amministrazione in carica a fine corsa, può fare peggiorare i conflitti in atto, senza però sfociare nella terza guerra mondiale.
Trump ha anche criticato di nuovo il presidente Biden e la sua vice Kamala Harris per la gestione dell’uragano Helene e per la mancanza di fondi per le vittime.
“Non ci sono perché li hanno usati per i migranti”,
dice; e sostiene che l’Amministrazione democratica non vuole aiutare le vittime perché sono in maggioranza repubblicani.
Donald Trump sul palco del comizio di ieri in North Carolina (Fonte: Abc)
Kamala Harris si trova il 5 ottobre in North Carolina, lo Stato più colpito da Helene, dopo essere già stata tre giorni prima in Georgia. Le vittime dell’uragano accertate sono già oltre 200, ma vi sono ancora centinaia di dispersi. Venerdì 4 ottobre Harris ha incontrato in Michigan i leader delle comunità arabo-americane e musulmane, cercando di limitare le defezioni da parte di un gruppo di elettori cruciale nello Stato, ma che di recente ha preso le distanze dai democratici e da Biden per il sostegno a Israele.
L’incontro è avvenuto prima del comizio di Harris a Flint, città salita alle cronache per lo scandalo dell’acqua inquinata con agenti chimici:
“Stiamo assistendo a un assalto delle nostre libertà fondamentali, da quella di respirare aria pulita e quella di bere acqua pulita”.
Trump schiera Musk, Harris gioca Obama
Sabato 5 ottobre, a un mese esatto dall’Election Day, è giornata di appuntamenti elettorali importanti. Se, nei gialli, l’assassino torna sempre sul luogo del delitto, in queste presidenziali è la vittima a tornarci: scortato da una guardia del corpo d’eccezione, Elon Musk, Trump torna a Butler, Pennsylvania, dove il 13 luglio un ragazzo di 21 anni tentò di assassinarlo, ferendolo a un orecchio ed uccidendo un astante, prima di essere a sua volta ammazzato.
“Sarò lì per sostenerti”,
scrive Musk su X: il miliardario non ha mai assistito a un comizio di Trump alla cui campagna sta dando notevole sostegno finanziario e mediatico. Trump s’era da tempo impegnato a tornare a Butler, anche per rendere omaggio alla vittima innocente di quel giorno, Corey Comperatore, un ex capo dei vigili del fuoco morto per proteggere la sua famiglia.
Kamala Harris al telefono con l’ex presidente Barack Obama, che le comunica l’endorsement suo e di Michelle
Se Trump schiera Musk, Harris si appresta a giocare la carta Obama, che per 25 giorni farà comizi negli Stati in bilico a cominciare da Pittsburgh in Pennsylvania il 10 ottobre.
Il New York Times rilancia la polemica sulla reticenza di Trump a dare informazioni sulla propria salute,
“persino quelle più basiche”.
Anche quando era presidente, Trump è sempre stato elusivo in merito, ma il giornale sottolinea che il magnate, se vincesse, sarebbe il presidente più anziano della storia ad entrare in carica: Trump ha infatti 78 anni compiuti e al termine di un eventuale secondo mandato ne avrebbe 82 e mezzo. Gli esperti sentiti dal giornale dicono Trump potrebbe affrontare nel prossimo futuro una serie di problemi di salute, dagli strascichi dello shock del fallito attentato al calo cognitivo legato all’età.
Occupazione su, disoccupazione giù
I maggiori media statunitensi hanno annunciato con molto rilievo gli ultimi dati sul mercato del lavoro, migliori del previsto: a settembre, sono stati creati negli Stati Uniti 254 mila posti e la disoccupazione è scesa al 4,1 per cento, anche per effetto di una spesa sostenuta da parte dei consumatori. Il segnale è stato accolto positivamente dall’Amministrazione Biden, anche se gli economisti avvertono che ciò potrebbe indurre la Federal Reserve ad attendere per ulteriori riduzioni del costo del denaro. Le borse hanno comunque festeggiato, mentre Trump mastica amaro e commenta così:
“Gli illegali e i migranti stanno prendendosi i posti di lavoro”.
L’asprezza dei toni di Trump fa dire a Biden, sceso a sorpresa nella sala stampa della Casa Bianca:
“Ho fiducia” che le elezioni “saranno libere e giuste, ma non so se saranno pacifiche. Quello che dice Trump è molto pericoloso”.
La Corte Suprema ha preso una rara decisione favorevole all’Amministrazione Biden, dando via libera a due ambizioni programmi per combattere il cambiamento climatico e ridurre l’inquinamento, imponendo agli impianti a combustibile fossile di ridurre le emissioni di mercurio e di altre sostanze inquinanti e all’industria del petrolio e del gas di ridurre il ricorso al metano. La Corte Suprema deve ancora pronunciarsi sulle contestazioni contro ulteriori iniziative ambientali dell’Amministrazione Biden.
Andrew Northwall, responsabile finanziario sella società proprietaria del social Truth, Trump Media & Technology Group, s’è dimesso e la società dovrà versare almeno 800 mila azioni a uno dei suoi investitori originali, secondo quanto disposto dalle autorità regolatorie. Ulteriori conferme delle acque agitate in cui opera Trump Media & Technology Group, per i pessimi risultati di Truth.
6. Trump torna sul luogo dell’attentato, i sondaggi[7]
Donald Trump sul palco del comizio di Butler in Pennsylvania (Fonte: Bloomberg)
Donald Trump in versione ‘super-eroe’ indistruttibile:
“Negli ultimi otto anni coloro che volevano fermarci mi hanno accusato e incriminato, hanno cercato di cacciarmi dalle urne e, chissà, forse hanno cercato di uccidermi. Ma io non mi fermo e non fermerò”.
James David Vance in versione mistica:
“Quello che è successo qui quel giorno è stato un miracolo”.
Elon Musk in versione saltimbanco e colonialista dello spazio, con la scritta sula maglietta ‘Occupy Mars’. La triade ‘trumpiana’ delle elezioni presidenziali di USA 2024 si presenta così al remake del comizio di Butler, in Pennsylvania, dove il 13 luglio 2024 un ragazzo di 21 anni, Thomas Matthew Crooks, attentò alla vita di Trump, ferendolo di striscio a un orecchio e uccidendo una persona nel pubblico, prima di essere a sua volta ammazzato. Il comizio di Butler, con misure di sicurezza eccezionali e stavolta efficaci, è stato l’evento clou della campagna elettorale di sabato 5 ottobre, a un mese esatto dall’Election Day del 5 novembre. Un sondaggio della Marist per la radio pubblica Npr e per Pbs News vede la candidata democratica Kamala Harris in vantaggio di due punti su Trump, candidato repubblicano, 50 per cento a 48 per cento, ma Trump è avanti fra gli indipendenti 50 per cento a 46 per cento. I distacchi sono nei margini di errore del rilevamento.
L’uno dopo l’altro, i sondaggi confermano totale l’incertezza sull’esito delle presidenziali, mentre cresce la fiducia dei democratici nella possibilità di riconquistare la maggioranza alla Camera, mentre i repubblicani potrebbero riprendere il controllo del Senato. Una comunicazione riservata del partito democratico, intercettata dall’Huffington Post, indica che i candidati repubblicani patiscono l’effetto per loro negativo dei temi dell’aborto e del Project 2025, un programma di destra per la prossima presidenza, da cui Trump ha preso le distanze, percependone l’effetto tossico.
La cronaca dell’evento di Butler
Per la cronaca dell’evento di Butler, ci affidiamo alla collega dell’ANSA Serena Di Ronza. Trump sale sul palco fra misure di sicurezza imponenti e ricorda il “mostro feroce” che ha aperto il fuoco, ferendolo e uccidendo l’ex capo pompiere Corey Comperatore, deceduto per salvare la sua famiglia che è seduta in prima fila e che il magnate abbraccia.
L’omaggio del pubblico del comizio di Butler a Corey Comperatore (Fonte: Newsweek)
“Torno a Butler con un messaggio semplice per la Pennsylvania e l’America”: il nostro movimento “è più che mai vicino alla vittoria”,
dice l’ex presidente chiedendo di osservare un minuto di silenzio in onore di Comperatore. Poi, Trump riprende la parola e si scaglia contro i democratici.
“Meritate un Paese che vi difenda e che sia rispettato come lo era quattro anni fa. Ora ci ridono dietro”…
Ed elogia il suo vice Vance:
“Avete visto quanto è stato bravo al dibattito”
contro il candidato vice democratico Tim Walz, martedì 1° ottobre. Per Vance, i democratici
“continuano a usare una retorica incendiaria”: come si permette Harris – chiede – di definire Trump “una minaccia alla democrazia”, quando Trump “ha preso una pallottola in nome della democrazia”?
Donald Trump ed Elon Musk sul palco del comizio di Butler in Pennsylvania
L’ex presidente invita sul palco Elon Musk. Maglietta nera ‘Occupy Mars’, giacca nera e cappellino con visiera nera –
“Sono un Dark Maga”,
scherza, saltellando a destra e a manca -, il miliardario è “onorato” di partecipare all’evento.
“Questa elezione è la più importante della nostra vita – dice -. L’altra parte vuole togliervi la libertà di parola, che serve per avere la democrazia… Trump deve vincere per preservare la Costituzione e la democrazia”.
Il patron di X esorta tutti a votare: è importante, perché questa elezione potrebbe essere decisa da uno scarto di voti ridotto.
“Fight, Fight. Fight. Vote, vote, vote”,
scandisce, prima d’abbracciare Trump e di lasciare il palco.
Il candidato repubblicano critica l’Amministrazione Biden / Harris per la gestione dell’uragano Helene e assicura che con lui alla Casa Bianca sarà evitata la
“terza guerra mondiale, cui siamo molto vicini”:
“Vinciamo in Pennsylvania e vinciamo ovunque”,
esorta, mentre il voto è ormai iniziato in molti stati e circa 1,4 milioni di elettori si sono già espressi per queste presidenziali del 2024.
“Insieme salviamo il Paese” dall’ “incompetente” Kamala Harris, che vuole solo “alzarvi le tasse”, come mai prima: “Vogliamo una vittoria così schiacciante che non possano rubarcela”,
aggiunge, riproponendo ‘The Big Lie’ delle elezioni rubate del 2020.
7. Harris e Trump serrano i tempi delle loro campagne[8]
Da Butler in Pennsylvania a Juneau in Wisconsin, il candidato repubblicano alla Casa Bianca Donald Trump stringe i tempi e moltiplica gli eventi della sua campagna, a quattro settimane dall’Election Day, il 5 novembre: sulla sua agenda, c’è quasi un evento al giorno. A Juneau, Trump, che gioca la carta della paura, ha detto:
“Siamo in grossi guai. Siamo una nazione in declino”;
colpa di un’amministrazione “corrotta” e inetta.
Anche la candidata democratica Kamala Harris accelera: nella settimana di ottobre rilascerà una serie d’interviste, fra cui una al celebre programma ’60 Minutes’ della Cbs, mentre la Fox, che appoggia Trump, le conta i giorni senza conferenze stampa da quando ha ottenuto la nomination – oggi sono 78 -. Per Trump, sempre citando il comizio di Juneau,
“Con Harris l’incubo è all’inizio”, mentre “Noi siamo il partito del buon senso”.
A fare campagna per la vicepresidente, negli Stati in bilico, da giovedì 10 ottobre, ci sarà l’ex presidente Barack Obama, che aprirà da Pittsburgh, Pennsylvania, un tour di comizi e incontri verso le presidenziali di USA 2024.
Nella mappa del sito 270towin.com, Harris è sempre accreditata di 226 Grandi Elettori (191 sicuri, 35 probabili o molto probabili) e Trump di 219 (125 sicuri, 94 molto probabili). I 93 Grandi Elettori in bilico, da cui dipende l’esito delle elezioni, sono quelli di Pennsylvania 19, Michigan 15, Wisconsin 10, North Carolina 16, Georgia 16, Arizona 11 e Nevada 6.
Harris si guarda da Biden, Trump dai ‘serpenti’
Il presidente Joe Biden e il vicepresidente Kamala Harris si abbracciano alla Convention nazionale democratica del 2024 a Chicago
Secondo la Cnn, Harris intende prendere sempre più le distanze da Joe Biden, per convincere indecisi e indipendenti che lei non è un clone del presidente uscente. L’obiettivo è difficile da centrare perché Biden continua a intromettersi nella campagna elettorale: ad esempio, la decisione del presidente di andare nella North Carolina devastata dall’uragano Helene ha innervosito lo staff di Harris, perché la vicepresidente ha dovuto posticipare la sua visita esponendosi alle critiche di Trump. In questo contesto, la missione di Biden in Germania e in Angola è vista con sollievo, perché lo staff di Harris conta di avere per una settimana le mani libere.
Se Harris è alle prese con i problemi postile dal suo doppio ruolo di vicepresidente e candidata, Trump si preoccupa già di
“tenere i serpenti fuori dalla sua Amministrazione”
per evitare il ripetersi delle lotte intestine alla Casa Bianca che avevano caratterizzato il suo mandato 2017-‘21. È questa il compito affidato al figlio maggiore Donald Trump Jr, descritto dal Wall Street Journal come
“il principe della corona del movimento Maga”.
“Il mio ruolo sarà quello di assicurarmi che i cattivi non entrino nell’Amministrazione per sovvertire mio padre e le sue politiche. Ora sappiamo chi sono quelle persone, nel 2016 non ne avevamo idea”,
ha detto Donald Jr al Wall Street Journal, citando il pressing che ha esercitato sul padre perché scegliesse come vice James David Vance. Anche se nel partito repubblicano ci sono critiche e scetticismi sulla scelta di Vance verso Usa 2024, Trump Jr lo considera vitale per il padre.
“Penso che Trump padre sia conscio che Don figlio conosce gli elettori meglio di altri ed è molto persistente”,
sostiene Tucker Carlson, un sostenitore di Trump. Carlson condivide l’opinione di Donald jr sulla scelta di Vance.
Trump nelle vesti di costruttore con il figlio Donald jr, Eric ed Ivanka (Fonte: Vanity Fair)
Su Medio Oriente e Ucraina, vecchie e nuove ostilità
Il ministro della Sicurezza israeliano Itamar Ben Gvir, un esponente di estrema destra, attacca Harris su X dopo l’annuncio che gli Stati Uniti d’America daranno 157 milioni di dollari in aiuti ai civili libanesi colpiti dall’offensiva israeliana.
“Kamala, l’atto umanitario consiste nell’assicurarsi che tutti i cittadini del Nord di Israele tornino a casa sani e salvi, contro tutti i nemici”,
scrive Ben Gvir. Harris, in un post, aveva spiegato che gli Usa stanzieranno fondi per coprire
“bisogni essenziali come cibo, riparo, acqua, protezione e servizi igienici, degli sfollati a causa del recente conflitto”.
Sul fronte ucraino, il New York Times recupera un incontro del 7 luglio 2017 ad Amburgo fra l’allora presidente Trump e il presidente russo Vladimir Putin, dove Putin disse a Trump che dare armi all’Ucraina sarebbe stato “un errore”, perché
“ne chiederanno altre”.
Era la prima volta che Trump e Putin s’incontravano di persona e l’americano chiese al russo un parere sulla possibilità che gli Stati Uniti fornissero ulteriori armi all’Ucraina.
Secondo il New York Times, nel faccia a faccia Putin denigrò l’Ucraina, definita “Paese corrotto”, e disse che la Russia aveva tutto il diritto di esercitare la propria influenza su Kiev. Rex Tillerson, l’allora segretario di Stato statunitense, dopo l’incontro affermò:
“Dobbiamo lavorare per fare cambiare idea al presidente sull’Ucraina”.
Sempre secondo il New York Times, l’incontro di Amburgo è uno dei motivi del rancore di Trump verso l’Ucraina. L’ex presidente, infatti, era già convinto che Kiev preferisse i democratici e Putin, nei loro primi contatti, contribuì a cementargli dentro l’idea che l’Ucraina non fosse una democrazia che voleva legami con l’occidente, ma piuttosto un vicino indisciplinato della Russia di lingua russa gestito da oligarchi e funzionari corrotti che avevano cercato di fare eleggere Hillary Clinton.
8. Verso l’Election Day, senza alcuna certezza[9]
A quattro settimane dall’Election Day del 5 novembre, la corsa 2024 alla Casa Bianca resta aperta, a livello dei Grandi Elettori, che sono quelli determinanti. Conta poco che, nei sondaggi nazionali, Kamala Harris appaia in leggero e crescente vantaggio su Donald Trump. Saranno decisivi gli Stati in bilico, dove i rapporti di forze tra Harris e Trump sono altalenanti,
“così incerti da confondere le idee”,
scrive sul New York Times Jess Bidgood, che pure è una che se ne intende. Per vincere le elezioni, bisogna conquistare almeno 270 Grandi Elettori su 538. Nei calcoli dei guru delle previsioni elettorali, Harris può contarne 226 sicuri o quasi e Trump 219. Restano quelli – 93 – degli Stati incerti: Pennsylvania, Michigan e Wisconsin nella Rust Belt, North Carolina e Georgia nel Sud, Arizona e Nevada ad Ovest.,Ad ogni area, corrispondono realtà demografico / economiche molto diverse: ogni Stato, una campagna a sé. Joe Biden, nel 2020, vinse in tutti gli Stati oggi in bilico, tranne che in North Carolina. E proprio lì la campagna repubblicana subisce i contraccolpi di uno scandalo politico-sessuale che coinvolge il candidato governatore Mark Robinson, un ‘trumpiano’ da cui Trump cerca ora di smarcarsi, dopo che la Cnn ha scovato sul sito porno Africa Nude suoi post in cui, anni fa, si definiva “nazista nero” e “pervertito”. Robinson non vuole fare un passo indietro, anche se Trump non lo vuole più accanto a sé sul palco dei comizi.
In un contesto di fibrillazione, s’intrecciano momenti propri di una campagna elettorale – il dibattito in tv del 10 settembre, vinto da Harris su Trump, e quello del 1° ottobre, fra i due vice, Tim Walz e James David Vance – e momenti che non dovrebbero appartenerle, come il secondo fallito attentato a Trump, il 15 settembre, mentre giocava a golfo nel suo club di West Palm Springs, in Florida.
Virulenze verbali e violenze fisiche s’intrecciano, in un Paese che resta spaccato e dove i toni sono apri, specie da parte di Trump e Vance. Nell’analisi di Foreign Affairs, che dedica al tema il suo ultimo numero,
“lo stile violento della politica americana” è “il nostro proprio peggiore nemico”:
come a dire, il nemico “ce l’abbiamo in casa”, senza bisogno di andarlo a cercare altrove, in Cina o fra i migranti.
E le preoccupazioni per il destino della democrazia americana, specie se dovesse vincere Trump, che rivendica “un primo giorno da dittatore” alla Casa Bianca, si inquadrano bene nel rapporto dell’International Institute for Democracy and Electoral Assistance di Stoccolma: il 2023 ha visto un declino della democrazia nel Mondo per l’ottavo anno consecutivo e il peggior declino, nell’ultimo mezzo secolo, in termini di credibilità delle elezioni e di potere dei parlamenti. Le cause sono diverse: intimidazioni governative, interferenze straniere, disinformazione e misinformazione e il maldestro o malevolo ricorso all’intelligenza artificiale.
Il Global Report on the State of the Democracy misura dal 1975 lo stato di salute della democrazia in 158 Paesi, L’Istituto di Stoccolma nota che, negli ultimi cinque anni, il 47 per cento dei Paesi ha visto declinare indicatori democratici chiave: un’elezione su tre, in media, è oggetto di contestazioni e l’esito di una su cinque viene deciso dopo ricorsi giudiziari; e l’affluenza alle urne media è calata dal 65,2 per cento nel 2008 al 55,5 per cento nel 2023, che è stato l’anno peggiore di tutti.
Il segretario generale dell’Istituto svedese, Kevin Casas-Zamora, commenta:
“Le elezioni restano lo strumento migliore per arrestare il declino della democrazia e per rovesciare l’onda a suo favore… Il successo della democrazia dipende da molti fattori, ma diventa pressoché impossibile se le elezioni sono un fallimento”.
Segnali inquietanti dalla campagna elettorale
Purtroppo, ci sono molte premesse perché le elezioni presidenziali del 5 novembre negli Stati Uniti non filino lisce: Trump ha già lasciato intendere che non accetterà una sconfitta e che contesterà l’esito del voto, se negativo, come fece nel 2020, fino all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 condotto da migliaia di facinorosi suoi sostenitori per indurre, o meglio costringere, il Congresso, riunito in plenaria, a ribaltare il verdetto delle urne.
Molti Stati hanno modificato le circoscrizioni elettorali, per favorire il partito localmente al potere – avviene ogni volta – e hanno preso misure per intralciare l’accesso alle urne delle minoranze. E uno, il Nebraska, ha addirittura provato, in extremis, a cambiare le regole del gioco per favorire Trump: il governatore dello Stato, Jim Pillen, ha rinunciato a convocare una sessione legislativa speciale all’uopo solo perché un senatore statale repubblicano, Mike McDonnell, s’è pronunciato contro, facendo venire meno la maggioranza necessaria dei due terzi.
La campagna di Trump voleva allineare l’attribuzione dei Grandi Elettori del Nebraska al modello ‘winner takes all’ adottato tutti i 50 Stati americani tranne – appunto – Nebraska e Maine. Con la modifica, Trump si sarebbe aggiudicato tutti e cinque i Grandi Elettori dello Stato; senza, uno andrà a Harris.
Su un solo fronte democratici e repubblicani hanno convenuto una tregua elettorale reciprocamente vantaggiosa: il Congresso ha definitivamente approvato – e il presidente Joe Biden lo ha firmato – una misura tampone di compromesso che finanzia la spesa pubblica fino al 20 dicembre. Il rischio di uno shutdown, cioè di una serrata di alcuni servizi federali, durante la campagna è così sventato. Ora, la minaccia aleggia sul Natale: a decidere sarà sempre l’attuale Congresso, perché quello che uscirà dal voto del 5 novembre s’insedierà solo a gennaio.
Negli Stati Uniti, l’anno fiscale inizia il 1° ottobre: a quella data, l’Amministrazione Biden, senza un’intesa nel Congresso, si sarebbe trovata nell’impossibilità di spendere. Lo speaker della Camera Mike Johnson, repubblicano, ha così spiegato la disponibilità al compromesso:
“Anche se questa non è la soluzione che preferiamo, è la strada più prudente da seguire… Come la storia ci insegna, e dicono i sondaggi, una serrata a ridosso dalle elezioni sarebbe un atto di negligenza politica”
(e sarebbe un boomerang per il partito che se ne assume la responsabilità).
Un elettorato tendenzialmente bloccato sulle proprie posizioni
Segnaletica in un centro di voto anticipato il 23 settembre 2016 a Minneapolis, Minnesota. I residenti del Minnesota possono votare alle elezioni generali tutti i giorni fino al giorno delle elezioni dell’8 novembre.
L’elettorato statunitense sembra piuttosto bloccato – o barricato, visto il clima – sulle proprie posizioni: né le convention in estate, né il dibattito del 10 settembre vinto da Harris né il secondo tentato fallito attentato a Trump del 15 settembre hanno davvero inciso sui rapporti di forza fra i due candidati. E negli Stati in bilico la situazione è ballerina, con sorpassi e controsorpassi e la sensazione diffusa che, a fare la differenza, possa essere la Pennsylvania. Harris tende a consolidare e ad ampliare il suo vantaggio su Trump a livello nazionale.
Ma ci sono sondaggi che danno Harris e Trump statisticamente pari – con distacchi, cioè, inferiori ai margini d’errore –. La corsa, a giudizio quasi concorde degli analisti, resta estremamente serrata. Il magnate – scrivono i sondaggisti della Cnn, a commento dei dati da loro raccolti – ha uno zoccolo molto duro (e difficile da scalfire) di sostenitori, la vicepresidente conta su un forte appeal personale; Trump gode in genere di più credito sull’economia, Harris ottiene più fiducia sui diritti riproduttivi. La candidata democratica batte sui tasti dov’è percepita più debole, l’immigrazione – dove il ‘giro di vite’ deciso in primavera dall’Amministrazione Biden sta funzionando – e, appunto, l’economia.
Se Trump la bolla di “comunista”, lei si presenta come una
“capitalista pragmatica e pro-business”
e ottiene l’avallo di oltre 400 economisti ed esperti di politica economica, autori di una lettera aperta e certi che la vicepresidente
“lavorerà incessantemente per costruire un’economia forte e favorevole alla crescita per tutti gli americani”.
Secondo i firmatari, invece,
“le politiche proposte da Trump rischiano di riaccendere l’inflazione e minacciano la posizione globale degli Stati Uniti e la stabilità economica interna”.
La lettera aperta recita:
“Ricercatori imparziali prevedono che, se Trump metterà in atto la sua agenda, ciò ridurrà la crescita del Pil e aumenterà il tasso di disoccupazione”.
Vada come vada il 5 novembre, una certezza pare acquisita: nel 2028, Trump, che avrà 82 anni, non si ripresenterà. Lo ha detto lui stesso in un’intervista a Full Measure:
“No, basta, non ci penserei proprio”.
In caso di vittoria, Trump non potrebbe più ricandidarsi, avendo esercitato due mandati; se sconfitto, teoricamente potrebbe ancora farlo.
Uscendo dal cono d’ombra dov’era finito dopo il ritiro il 21 luglio, per cui faceva notizia solo quando veniva fotografato, com’è successo, con indosso un cappellino di Trump, il presidente Biden, intervistato dal talk show Abc The View, attacca Trump, che
“non crede nella democrazia”,
e si mostra tuttora sicuro che lo avrebbe battuto:
“E’ un perdente, lo avrei sconfitto”.
Medio Oriente e Ucraina, il fattore guerre
Traccianti della contraerea nei cieli di Israele, la sera di martedì 1° ottobre (Fonte: TWP)
Nell’ultima decade di settembre, la campagna, già condizionata dalle guerre in Medio Oriente e Ucraina, è stata parzialmente oscurata dal via vai di leader internazionali all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York. La prolungata presenza negli Stati Uniti del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj ha rimesso l’Ucraina, più che i conflitti di Israele, al centro dell’agenda elettorale e ha fatto emergere differenze e contrasti tra Harris e Trump.
Giovedì 26 settembre, Zelens’kyj è stato ricevuto alla Casa Bianca dal presidente Biden e dalla sua vice Harris. Venerdì 27 settembre, ha visto, e oggi vedrà, dopo vari tiramolla, alla Trump Tower di New York Trump – è stato il loro primo incontro dal 2019 -. In precedenza, Zelens’kyj aveva visitato una fabbrica d’armi in Pennsylvania – circostanza che aveva molto irritato Trump -, parlato all’Assemblea generale, partecipato a un’iniziativa sull’Ucraina organizzata da Biden e avuto numerosi bilaterali – uno anche con la premier italiana Giorgia Meloni -.
A tutti i suoi interlocutori, Zelens’kyj ha presentato il suo “piano per la vittoria”. Biden ha reagito annunciando la convocazione in Germania in ottobre di un incontro d’alto livello dei 50 Paesi alleati dell’Ucraina.
Fronte forniture belliche, Biden ha confermato un pacchetto di aiuti del valore di 8 miliardi di dollari, nell’ambito dei fondi già stanziati dal Congresso: ci sono dentro l’estensione dell’addestramento dei piloti ucraini sugli F-16, una nuova batteria antiaerea Patriot coi suoi missili e missili a lungo raggio. Ma non c’è l’autorizzazione ad usarli contro obiettivi in territorio russo.
Centrale, però, in prospettiva elettorale, è stato lo scambio di battute a distanza tra Harris e Trump. Dopo l’incontro con Zelens’kyj, parlando ai giornalisti fuori dal suo ufficio senza mai citare Trump, Harris ha detto:
“Ci sono dei leader negli Stati Uniti che vogliono che l’Ucraina ceda una larga parte del suo territorio, accetti la neutralità e rinunci a rapporti di sicurezza con altri Stati… Sono proposte che non sono di pace ma di resa… Quei leader hanno la stessa posizione di Putin, il che è pericoloso e inaccettabile”.
“La mia strategia per l’Ucraina non è la resa”,
ha replicato Trump.
“Io voglio salvare vite umane”,
ha poi aggiunto, ribadendo che con lui alla Casa Bianca
“la guerra non ci sarebbe mai stata”.
Ma, per giorni, l’ex presidente ha criticato Zelens’kyj, che è
“il più grande venditore della storia: quando viene qui, se ne va sempre via con 60 miliardi di dollari”;
e che, inoltre, ha il difetto di tifare Harris –
“Vuole tanto che vinca lei” -.
Per Trump, gli Stati Uniti d’America
“continuano a dare soldi a quest’uomo che si rifiuta di fare un accordo”.
Quando lui era presidente, è il ritornello del magnate, gli altri leader lo chiamavano per chiedergli
“se potevano o meno entrare in guerra”.
Meno marcate le distanze tra Harris e Trump sul Medio Oriente: sì al diritto alla difesa di Israele, ma inviti alla moderazione e impegno a sventare un allargamento del conflitto. Persino Trump riconosce che ora
“bisogna finirla in un modo o nell’altro”, perché “a un certo punto il mondo non lo accetterà più“
e la guerra deflagrerà. Salvo naturalmente aggiungere che
“il 7 ottobre, con me, non sarebbe mai successo”.
Trump, in pace con la giustizia, non con le donne
Donald Trump partecipa a un’udienza preliminare presso il tribunale penale di Manhattan il 15 febbraio 2024 a New York City. Mel 2023 Trump è stato accusato di 34 capi d’accusa di falsificazione di documenti aziendali, che secondo i pubblici ministeri era un tentativo di nascondere un potenziale scandalo sessuale, sia prima che dopo le elezioni presidenziali del 2016.
Trump è ormai in pace con la giustizia: i tre procedimenti federali aperti contro di lui a Washington, in Georgia e in Florida non partiranno di sicuro prima del 5 novembre; e il verdetto del processo dove è già stato riconosciuto colpevole a New York sarà pronunciato dopo le elezioni. Invece, continua ad avere problemi con le donne, cioè con l’elettorato femminile, complice pure il suo vice, che non lo aiuta su quel fronte. Già in difficoltà sul tema dell’aborto, il magnate se l’è andata a cercare quando, in un comizio, s’è auto-proclamato “il protettore delle donne”:
“Non avrete più l’ansia per tutti i problemi che ci sono nel nostro Paese. Sarete protette e io sarò il vostro protettore…Non penserete più all’aborto… Non sarete più abbandonate, sole o spaventate… Non sarete più in pericolo…”.
Diverse organizzazioni per i diritti delle donne hanno contestato le dichiarazioni dell’ex presidente definendole “viscide e inquietanti”. L’associazione bipartisan The Seneca Project, ad esempio, ricorda che Trump
“è un predatore sessuale ed è un mostro che ci ha strappato il diritto di decidere dei nostri corpi”.
Molti account pubblicano la clip della dichiarazione insieme al sonoro del 2016, dove il magnate afferma, in modo volgare, di
“potere disporre delle donne” come gli pare.
Hillary mette in guardia Kamala dalla sorpresa di ottobre
In una campagna straordinariamente ricca di colpi di scena, le sorprese potrebbero non essere finite. Hillary Clinton mette in guardia i democratici e, in particolare Harris, da “una sorpresa d’ottobre” che potrebbe danneggiarne la corsa alla Casa Bianca, senza però precisare che cosa possa essere (del resto, altrimenti, che sorpresa sarebbe?) trattarsi. La “sorpresa d’ottobre” è un ‘mostro di LochNess delle elezioni statunitensi: se ne parla sempre, da quando nel 1864 una vittoria degli unionisti contro i confederati nella Guerra civile risultò decisiva per la rielezione di Abraham Lincoln; ma la si vede raramente.
Hillary Clinton, in una foto di repertorio
Però, alcune elezioni presidenziali sono state effettivamente nel mese di ottobre da quella che è appunto chiamata ‘October Surprise’. Nell’ottobre del 1980, Jimmy Carter non riuscì a indurre l’Iran a liberare gli ostaggi sequestrati nell’ambasciata americana di Teheran – furono ‘restituiti’ solo a gennaio del 1981, in coincidenza con l’insediamento alla Casa Bianca di Ronald Reagan -.
Nel 2016, Hillary fu effettivamente danneggiata dalla strampalata decisione del direttore dell’Fbi Bill Comey di riaprire il caso delle e.mail mandate da un account privato, quando lei era segretaria di Stato, salvo poi chiuderlo pochi giorni dopo. Nel 2020, infine, i repubblicani si fecero illusioni sull’impatto del ritrovamento di un computer di Hunter Biden, il figlio di Joe, che poteva contenere informazioni imbarazzanti, ma che però non cambiò l’inerzia della campagna.
9. Harris e Trump celebrano in modi diversi l’anniversario del 7 ottobre[10]
Il presidente Joe Biden e la first lady Jill celebrano con un rabbino alla Casa Bianca l’anniversario del 7 ottobre
L’anniversario del 7 ottobre, celebrato dal presidente Joe Biden con un rabbino alla Casa Bianca, ha segnato la campagna elettorale per le presidenziali del 2024, al termine di quello che la Cnn, in un editoriale, definisce “un anno di dolore”. Per Kamala Harris, Hamas è “puro male” e un accordo per Gaza, che preveda una tregua e il rilascio di tutti gli ostaggi, è tra le massime priorità dell’Amministrazione. Donald Trump ha detto che Israele ha diritto di colpire l’Iran. Il New York Times sottolinea una gaffe della campagna di Trump, che, in un’intervista radiofonica, ha lasciato intendere di essere stato a Gaza, viaggio di cui non c’è traccia. Per giustificare l’affermazione, la campagna dell’ex presidente ha detto che Trump ha visitato Israele e che Gaza “è in Israele”.
Il New York Times fa le pulci ai discorsi di Trump
Proprio il New York Times, che nei primi giorni di ottobre aveva ripreso il tema della reticenza del magnate nel fornire informazioni sulla sua salute, ripropone la questione dell’età e della lucidità di Trump con un lungo articolo, in cui esamina negli anni i discorsi del magnate, analizzandone al computer comizi ed eventi, nettamente diminuiti di numero (finora 61, contro i 283 del 2016).
“Con il passare del tempo – scrive il quotidiano -, i discorsi dell’ex presidente, 78 anni, si sono fatti più cupi, più duri, più lunghi, più arrabbiati, meno concentrati, più volgari e più volti al passato”.
Tra gli ultimi esempi, quando ha raccontato come nel dibattito televisivo con Kamala Harris il pubblico fosse dalla sua parte, mentre non c’era nessun spettatore.
“Trump – osserva il New York Times, – divaga, si ripete, salta da un pensiero all’altro, alcuni difficili da cogliere, alcuni incompiuti, alcuni fattualmente fantastici. Fa affermazioni stravaganti, che paiono inventate di sana pianta. Si dilunga in bizzarre digressioni sul golf, sugli squali, sul suo ‘bellissimo’ corpo. Si gode ‘una splendida giornata in Louisiana’ quando è stato in Georgia. Esprime il timore che la Corea del Nord stia ‘cercando di uccidermi’, quando presumibilmente intende l’Iran”.
Harris alla Cbs su Ucraina, tasse, armi
Lunedì 7 ottobre, la Cbs ha trasmesso nel suo programma cult 60’ una lunga intervista a Kamala Harris, in cui la candidata democratica ha toccato molti temi. Fronte guerre, ha detto che, se sarà eletta, incontrerà Vladimir Putin per porre fine all’invasione dell’Ucraina solo se sarà presente anche l’Ucraina, che
“ha il diritto di difendersi dall’aggressione della Russia e deve avere voce in capitolo sul proprio futuro”.
Harris ha proseguito:
“Se Trump fosse presidente, Putin ora sarebbe a Kiev”: Trump “continua a dire che metterà fine alla guerra fin dal primo giorno. ma sa cosa significa? Arrendersi”.
Fronte economia, Harris intende aumentare le tasse ai più ricchi per finanziare i suoi programmi, che comprendono un credito d’imposta di 6 mila dollari alle famiglie con figli di meno di un anno. Di fronte alle obiezioni del conduttore sulla fattibilità di un piano del genere, Harris ha replicato di credere che i leader del Congresso siano disposti ad ascoltare i loro elettori sull’aumento delle tasse sui redditi più alti. E quando le è stato contestato di avere cambiato opinione su alcune politiche, Harris ha risposto:
“Ascolto la gente e cerco dov’è possibile un terreno comune, credo nella creazione di un consenso”.
Harris è anche tornata sul fatto di possedere una pistola, una Glock, affermando di averla usata:
“Certo che sì, in un poligono di tiro”.
I soldi di Musk e quelli per le vittime dell’uragano
Molta attenzione suscita sui media un piano di Elon Musk per finanziare la ricerca di elettori pro Trump, compensando chi convince qualcuno ad andare a votarlo. E molto alte restano le polemiche sugli aiuti alle popolazioni colpite dall’uragano Helene, proprio mentre un altro uragano, Milton, si palesa sulle coste della Florida. Harris accusa Trump di diffondere “un sacco di disinformazione” sulle risorse federali per le vittime di Helene e di essere
“straordinariamente irresponsabile”.
Trump continua a ripetere che non ci sono fondi per riparare i danni dell’uragano perché l’Amministrazione Biden-Harris li ha spesi per i migranti, ma in realtà si tratta di capitoli di spesa ben distinti. Anche Casa Bianca e Fema, la protezione civile degli Stati Uniti, criticano il magnate per le sue accuse “false”. L’ex presidente continua, però, a sollevare il tema, così come quello dei migranti, che ora sostiene che portino negli Stati Uniti d’America “geni cattivi” .
“parole odiose”,
chiosa la Casa Bianca -. Trump annuncia un comizio venerdì 11 ottobre ad Aurora, un sobborgo di Denver, in Colorado, e conferma di volere andare anche a Springfield, Ohio. Sono due località al centro di falsità anti-migranti: per Aurora, l’ex presidente monta la storia di una gang venezuelana che controllerebbe, con la violenza, edifici residenziali; invece, per Springfield, sostiene che gli immigrati haitiani mangiano gli animali domestici, gatti e cani, dei residenti.
Harris avanti di tre punti a Trump nelle rilevazioni di voto
10 Woodward rivela l’amicizia virile fra Trump e Putin e le ‘sparate’ di Musk [11]
Bob Woodward e la copertina del suo ultimo libro War (Fonte: New York Post)
Nelle intenzioni di voto a livello nazionale, Kamala Harris è avanti di tre punti su Donald Trump, nell’ultimo sondaggio New York Times / Siena College: la candidata democratica ha il 49% dei consensi, il candidato repubblicano il 46 per cento. Il distacco è nel margine di errore del rilevamento, ma è comunque la prima volta, in questo sondaggio periodico, che Harris è in testa: a settembre, i due candidati erano testa e testa con il 47 per cento. Gli elettori intervistati sono propensi ad attribuire più alla vicepresidente che all’ex presidente la capacità di rappresentare il cambiamento e di occuparsi della gente comune. Il dato nazionale giunge mentre i sondaggi condotti negli Stati in bilico indicano che la gara è una delle più incerte degli ultimi 60 anni.
Woodward e la ‘bromance’ tra Trump e Putin
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (a sinistra) tiene in mano un pallone da calcio durante una conferenza stampa congiunta con il presidente russo Vladimir Putin a Helsinki, Finlandia, il 16 luglio 2018
Tengono banco, sui media statunitensi, le prime anticipazioni del nuovo libro di Bob Woodward, che fu uno dei due giornalisti del Watergate. Ne emerge quella che la Cnn sintetizza nella formula ‘bromance’, cioè un’amicizia virile, fra Trump e il presidente russo Vladimir Putin, che si sarebbero sentiti in segreto sette volte da quando il magnate ha lasciato la Casa Bianca. E, durante il suo mandato, all’inizio della pandemia, Trump avrebbe mandato a Putin – sempre in segreto – i primi test anti-Covid. Woodward giunge alla conclusione che Trump è peggio di Richard Nixon, il presidente indotto alle dimissioni dallo scandalo Watergate.
Un’altra anticipazione del libro di Woodward, che s’intitola ‘War’, guerra, rivela, invece, aspetti del rapporto ben diverso tra Putin e l’attuale presidente Joe Biden. Mesi dopo l’invasione dell’Ucraina, l’intelligence statunitense captò
“discussioni credibili al Cremlino”
su valutazioni in corso sull’uso dell’atomica, ritenuto dai servizi segreti possibile al 50 per cento.
Biden incaricò il consigliere alla Sicurezza nazionale Jake Sullivan di contattare i russi e dire loro, in un linguaggio minaccioso, ma non troppo forte, quale sarebbe stata la risposta statunitense. E Biden mandò un messaggio a Putin sulle “conseguenze catastrofiche” di un ricorso all’atomica.
Sempre in tema di politica internazionale, la vice di Biden Harris, ospite di The Late Show condotto da Stephen Colbert sulla Cbs, ha detto che bisogna non perdere la speranza di un’intesa su Gaza.
“Abbiamo bisogno di un cessate-il-fuoco e del rilascio degli ostaggi il prima possibile… Questa guerra deve finire”.
I paradossi di Musk, un po’ agghiaccianti
Elon Musk e Tucker Carlson durante l’intervista (Fonte: Times of India)
Molta eco ha anche un’intervista di Elon Musk con l’ex conduttore della Fox Tucker Carlson, allontanato dalla rete per eccesso di trumpismo, diffusa su X. Musk ha una serie di battute apparentemente paradossali. Tipo:
“Se Trump perde, sono fottuto. Quanti anni di carcere pensi mi daranno? Vedrò ancora i miei figli?”,
chiede al suo intervistatore. L’idea di Musk è che
“potrebbe esserci una vendetta nei miei confronti, cercheranno di perseguire la società, cercheranno di perseguire me”,
sostiene il proprietario di X, oltre che di Testa, SpaceX e Starlink, dicendosi
“totalmente coinvolto” a favore di Trump, “fino in fondo”.
Poi Musk si dice sicuro che, se Trump non vince,
“queste elezioni saranno le ultime che avremo”, perché milioni di migranti “importati” dall’Amministrazione Harris-Biden avranno la cittadinanza e sposteranno definitivamente gli equilibri politici negli Usa verso “un governo monopartitico”.
Per sostenere la sua tesi, Musk ha citato l’Immigration Reform and Control Act del 1986, che concesse l’amnistia a milioni di migranti illegalmente nell’Unione.
“Da allora, la California è fortemente democratica… Penso che vogliamo rimanere una democrazia e che non vogliamo diventare uno Stato monopartitico…”.
L’uomo più ricco al Mondo fa poi un’allusione criptica:
“Uno dei motivi per cui Kamala sta ottenendo tanto sostegno è che, se Trump vincesse, la lista dei clienti di Epstein – il finanziere suicida in carcere accusato di traffico di minorenni, ndr – diverrebbe pubblica. Alcuni miliardari dietro Kamala sono terrorizzati da questa possibilità”.
Infine Musk, nonostante sia già sotto inchiesta del Secret Service, ‘scherza’ per la seconda volta sul fatto che nessuno sta tentando di uccidere Harris
“perché sarebbe inutile”:
via un burattino, se ne fa un altro, interloquisce Carlson. Ed entrambi ridono.
Sviluppi giudiziari, New York, armi, TikTok
Sul fronte scandali e politica, la stampa di New York presta molta attenzione alle vicissitudini dell’Amministrazione cittadina, scossa da dimissioni – l’ultima, la settima, della vicesindaca Sheena Wright, una fedelissima del sindaco Eric Adams – e da un’inchiesta che ha visto l’8 ottobre l’incriminazione di un ex collaboratore del sindaco, Mohamed Bani, per avere cercato di distruggere prove e di manipolare testimoni. Su altri fronti, la Corte Suprema appare incline, a giudizio dei media statunitensi, ad avallare le misure dell’Amministrazione Biden contro i ‘ghost guns’, cioè le armi in plastica che possono sfuggire ai controlli dei ‘metal detectors’ e che sono vendute in kits da assemblare a casa. È almeno quanto emerge da un’audizione preliminare svoltasi l8 ottobre.
E, infine, 12 Stati dell’Unione e il Distretto di Colombia hanno intentato un’azione legale contro TikTok, sostenendo che la piattaforma rende dipendenti i minori ed è dannosa per la loro salute mentale.
Una questione che sarà risolta dopo il voto per le presidenziali di USA 2024.
[1] Scritto il 1° ottobre 2024 per The Watcher Post. Cfr. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/01/usa-2024-34-mo-e-uragano/.
[2] Scritto il 2 ottobre 2024 per The Watcher Post. In versione podcast, su AffarInternazionali.it. Cfr. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/02/usa-2024-33-walz-vance-civili/
[3] Scritto il 3 ottobre 2024 per The Watcher Post Cfr. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/03/usa-2024-32-carte-echi/.
[4] Paragrafo estratto dal mio articolo “Nuove carte giudiziarie contro Trump”, The Watcher Post, 3 ottobre 2024. Cfr. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/03/usa-2024-32-carte-echi/.
[5] Scritto il 4 ottobre 2024 per The Whatcher Post Cfr. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/04/usa-2024-31-kamala-melania/.
[6] Scritto il 5 ottobre 2024 per The Watcher Post. Cfr. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/05/usa-2024-30-trump-siti-iran/.
[7] Scritto il 6 ottobre 2024 The Watcher Post. Cfr. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/06/usa-2024-29-luogo-attentato/.
[8] Scritto per GP news, 7 ottobre 2024. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/07/usa-2024-28-serrano-i-tempi/
[9] Un punto della situazione scritto per il numero di ottobre del mensile di AffarInternazionali.it, 7 ottobre 2024. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/07/usa-2024-senza-certezza/.
[10] Scritto per GP news, 8 ottobre 2024. Cfr. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/08/usa-2024-27-7-ottobre/.
[11] GP news, 9 ottobre 2024. Cfr. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/09/usa-2024-26-woorward-musk/.