ANDREA PURGATORI

CARMEN LA SORELLA

Se ne va una grande figura del giornalismo italiano. Un collega serio, arguto, professionalmente raffinato e spigolosamente simpatico. Per piacersi non servono lunghe frequentazioni, basta un attimo, uno sguardo e il gusto di affrontare l’esistenza con impegno e leggerezza. Noi ci siamo piaciuti molti anni fa e pur non trovando il tempo degli incontri frequenti, abbiamo chiosato situazioni e sentimenti.
Di rabbia, di entusiasmo, di fantasia: mai di rassegnazione. Andrea Purgatori con “Atlantide” stava vivendo una nuova affascinante stagione professionale.

Dopo momenti faticosi, era tornato alla ribalta con un prodotto ben fatto, moderno, forte della sua esperienza e solido per l’autorevolezza che esprimeva. Mi aveva confidato, di essere completamente preso, di non trovare più il tempo per la vita privata, solo ritagli e se ne rammaricava, ma era contento.

Nel mestiere del giornalista, la passione moltiplica le energie, dilata gli spazi, acuisce le facoltà, decodifica l’impossibile. Conta trovare la strada per arrivare all’obiettivo, anche se di mezzo ci sono le montagne. Il lavoro di inviato, che abbiamo vissuto, ci ha insegnato che “si fa con quello che c’è”.

Si mettono in fila i fatti, si cercano i testimoni, si ragiona ad alta voce, si confrontano le fonti, si costruisce il racconto. Andrea non era nato “televisivo”, la sua carriera precedente al Corriere era stata ricca di soddisfazioni e poi di amarezze, come sempre capita. L’incontro con la tv lo aveva folgorato.

Era accaduto anche a me, che avevo avviato il mestiere nella carta stampata, molti anni prima. La scrittura, la forza delle immagini, la sonorità poliedrica delle voci e poi l’esecuzione dello spartito, in diretta, provocano un’emozione senza eguali. La scelta dell tv era stata naturale. Lui, puntiglioso, ma anche guascone, procedeva alla carica. Avanti!

Quaranta giorni fa, lo avevo chiamato per dirgli che avrebbe rievuto un premio. Presiedendo la giuria del Lamberti Sorrentino (Sorrentino è il nome di un altro inviato storico della prima metà del ‘900, cronista di guerra, come Barzini o Corradi), avevo proposto Andrea, perché aveva continuato a rimanere sul fronte della notizia con corraggio e rigore: la scelta del suo nome era stata approvata all’unanimità.
Il premio, grazie all’impegno dei concittadini di Sorrentino, tra cui il poliedrico avvocato Angelo Paladino, tra la metà degli anni ’90 e la metà del 2000, aveva portato a Sala Consilina il gotha del giornalismo italiano di guerra della seconda metà del ‘900 (tra gli altri, Ettore Mo, Mimmo Candito, Vittorio Dell’Uva, Giorgio Torchia, Toni Capuozzo e tra le prime donne, la sottoscritta, Monica Maggioni, Gabriella Simoni).

Ci si ritrovava con il sorriso, senza protagonismi, rifuggendo dalle passerele, nel piacere dei ricordi e con la gioia dei comportamenti di sempre.
Andrea aveva accettato con entusiamo. Sarebbe venuto con sua figlia.

Nell’imminenza della data, però, era scomparso. Lo avevamo cercato senza trovarlo. Poi la notizia inattesa e terribile, comunicata con parole semplici in un messaggio WhatsApp: “Ho fatto dei controlli. Va male. Ti abbraccio”.
Avevo letto e riletto quel messaggio, sconvolta. Potevo solo rispondergli con un altro messaggio: “Caro Andrea, affronterai da par tuo anche questa battaglia. Ti sono vicina per qualsiasi cosa. Se ti va, quando ti va, chiama. Un forte abbraccio.” Lui mi aveva lasciato un cuore che continuava a battere.

Andrea Purgatori, da par suo, ha combattuto. Riservato, decoroso, la trasmissione su La7, che andava in onda nelle repliche. Nel momento estremo, ha dimostrato quello che era: un grande uomo, un grande professionista, un campione di umanità.

Sconvolgente l’epilogo per la sua accelerazione. Il dolore fa male. Resta solo un conforto. Nel nostro tempo di approssimazioni e sofferenze esibite, il suo cuore continuerà a battere. Il suo esempio farà storia. Andrea aveva un volto. Non servivano le maschere.


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