APOPHIS IL DISTRUTTORE

Si paventa l’arrivo di Apophis, il “distruttore”, un corpo celeste che prende il nome dal dio egizio della morte. Ha un diametro di 320 metri e pesa 200 miliardi di tonnellate. C’è anche una data per l’impatto: il 13 aprile 2036, domenica di Pasqua, alle 22,45, ora di Greenwich.

In proposito, torna utile la simulazione dell’ESRI, Environmental Systems Research Institute, istituto di ricerca sui sistemi ambientali, di Redlands, in California, dove si elaborano programmi computerizzati applicabili alla geografia dai quali deriva uno scenario completamente inatteso. Apophis farebbe arrestare la rotazione terrestre. Il livello del mare dipende dalla gravità. La rotazione compensa con la forza centrifuga quella centripeta.

Se la tendenza naturale delle acque è quella di confluire verso il centro della Terra, la spinta all’esterno ne favorisce una distribuzione più equilibrata. Ma senza il moto rotatorio, le acque si sposterebbero verso le zone dalla gravità più bassa: i due poli. Sparirebbero le fosse oceaniche ed i continenti si fonderebbero in un unico agglomerato, una “cintura” che riempirebbe le odierne aree tropicali. L’altezza delle montagne aumenterebbe. Il Kilimanjaro toccherebbe i 12.786 m.

Un sasso spaziale dal diametro di 160 metri rischiò di cadere sulla Terra nel 2022. Era Dimorphos, deviato dalla sua orbita facendovi schiantare contro a 24.000 chilometri orari il DART, Double Asteroid Redirection Test.

Un esperimento di “difesa della Terra” che potrebbe rivelarsi necessario su più ampia scala nel caso di corpi celesti che replicassero l’impatto avvenuto 66 milioni di anni fa tra il Messico e l’Oceano Atlantico, cui si attribuisce l’estinzione dei dinosauri. Si ritiene che quell’asteroide avesse un diametro di 14 chilometri.

Lo spazio è più stretto di ciò che appare. Si definiscono NEO, Near Earth Objects, oggetti (spaziali) vicini alla Terra: asteroidi, comete e meteoriti che possono rappresentare un concreto pericolo. Fin dal 1996 ammoniva seriamente di occuparsene Dave Morrison, autorevole scienziato della NASA. Dopo avere preso parte all’annuale incontro dell’American Association for the Advacement of Science, inviò ai colleghi un’email in cui scriveva: «Siamo in grado, con gli strumenti giusti, di dire quando un NEO ci colpirà, dove colpirà e come difenderci».

Di qui gli scenari delle collisioni cosmiche. E come si è visto, sono già avvenute. La superficie terrestre annovera almeno 200 avvallamenti dovuti all’azione di corpi celesti. Il Meteor Crater in Arizona, dal diametro di 1.300 metri, si formò in se­guito a un impatto 20 milioni di anni fa. Michael Rampino, della New York University, e Verne (sic!) Oberbeck, geologo della NASA, hanno ipotizzato la frantumazione della crosta terre­stre nelle masse continentali quale conseguenza dell’arrivo di un asteroide, databile approssimativamente in 250 milioni di anni nel passato. È sempre in auge, poi, il mistero del fiume Tunguska, nella taigà siberiana, dove all’alba del 30 giugno 1908 avvenne un’esplosione sulla quale si sprecano le ipotesi. Quella più accreditata è il “rimbalzo” sugli strati atmo­sferici del nucleo di una cometa o di un asteroide che avesse, per così dire, colto di stri­scio, la Terra. Questo darebbe conto dell’assenza di un cratere. I reperti della spedizione italiana del 1991 vengono tutt’ora analizzati. Una riproduzione in miniatura dell’avvenimento si è avuta quasi certamente a a Chelyabinsk, negli Urali, il 15 febbraio 2013. Le riprese della pioggia di fuoco improvvisa e inspiegabile traboccarono da telefonini e microcamere amatoriali ai notiziari, per imperversare soprattutto online.

Carl Sagan ammetteva nel suo libro Il mondo infestato di demoni: «Noi viviamo in un’epoca in cui è stato accertato un reale rischio statistico a lungo termine di impatto con un asteroide». Anche lui, però, non cedeva all’allarmismo spettacolare che fa notizia. Il compianto Sagan riportava come esempio negativo l’articolo “Doomsday Asteroids” apparso su Weekly World News del 20 luglio 1993. Vi si leggeva che il corpo celeste M-167 avrebbe colpito la Terra l’11 novembre 1993…

Antonino Zichichi affermò: «Se un oggetto cosmico piombasse in pieno oceano, un’onda gigantesca si abbatterebbe sui due estremi opposti delle coste oceaniche: da un capo all’altro, anche se piombasse nel mezzo dell’oceano, a migliaia di chilometri dalle coste…»

Chi legge i fumetti di Asterix sa che i Galli avevano paura che cadesse loro il cielo sulla testa. Forse avevano insito nell’istinto un pericolo tutt’altro che immaginario.


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