Bartolomeo Eustachio è stato un grande medico del XVI secolo, nativo Di San Severino nelle Marche, svolse la sua professione alla corte di Urbino, e poi a Roma al seguito del cardinale Della Rovere dove divenne eccelso anatomista e grande umanista.
PARTE PRIMA DEL RACCONTO
Bartolomeo Eustachio nasce a S. Severino, la romana Settempeda, nella marca anconetana. In questa città ancora oggi si arriva, percorrendo la via Septempedana che conserva il nome latino. La strada è un diverticolo della via Flaminia, si distacca da essa all’altezza di Nocera Umbra, da dove sorpassando il crinale appenninico di passo Cornello, scende sino alla valle del Potenza dove sorge S. Severino.
La data della nascita non è certa, si pensa debba collocarsi tra il 1500 e il 1510. Come vedremo poi la Via Settempedana, Nocera umbra, S. Severino disegnano una geografia e una storia che riassume il ciclo vitale del Nostro.
Il padre, Mariano Eustachi, con pretese nobiliari che erano già dell’antenato Baldo, fu letterato e filosofo, prima di dedicarsi alla Medicina come fu anche per i due figli Bartolomeo e Fabrizio.
E, come questi, fu anche versato nelle lingue e in particolare il greco, che utilizzò in un suo lavoro sull’opera di Eroziano.
Si faceva forte anche della fama raggiunta da alcuni concittadini illustri: Severino Buccarati, rettore a Padova, Giambattista Aloisi che lì insegnava etica. L’esempio di questi ed altri lo spinsero a dedicarsi agli studi, e ad educare anche i figli allo studio e alla nobiltà dei comportamenti.
Bartolomeo dopo un periodo di vita e attività in comune con il fratello Fabrizio con cui aveva vissuto in comunione di beni, si separò da lui e quindi prese moglie. Dal matrimonio nacque il figlio Ferdinando che insegnò Medicina a Macerata e poi alla Sapienza di Roma.
Dunque la famiglia Eustachi dette 4 medici: Mariano, Bartolomeo, Fabrizio, Ferdinando.
La città di S. Severino ad un certo punto nominò Bartolomeo medico della città con il titolo di fisico eccellentissimo. In seguito alla fama raggiunta fu chiamato da Guidobaldo dei conti d’Urbino a diventare suo medico personale e protomedico di tutto lo stato, così abbandonò S. Severino e si trasferì ad Urbino.
Qui il suo ingegno trovò un terreno adatto perché presso la corte dei Montefeltro e poi dei Della Rovere lavoravano i più grandi intellettuali dell’epoca. Così il nostro si dedicò accanto alla medicina e agli studi anatomici, di cui cominciò a divenire un appassionato cultore, alla matematica e alle lingue, in particolare l’ebraico e l’arabo, Tanto da essere annoverato tra i più grandi del tempo, come risulta dagli attestati di stima che ricevette. Basti ricordare per tutti, Amato Lusitano medico ad Ancona che avendo desiderio di consultare un testo di Avicenna tradotto in latino dall’arabo, si rivolse ad Eustachio perché l’unico in grado di portare a termine quella traduzione.
Per tutto questo il nostro era conteso nelle corti di mezza Italia, e fu così che quando Giulio della Rovere fratello del duca Guidobaldo fu investito da papa Sisto IV della porpora cardinalizia, trasferitosi a Roma, volle in seguito che Eustachio lo raggiungesse.
Al suo arrivo ebbe da combattere con la fama d’alcuni grandi medici che lo avevano preceduto e con quelli che al momento dominavano le istituzioni della città: l’umbro Ippolito Salviani di Città di Castello che era stato medico di Giulio III, il marchigiano Francesco Antracini di Macerata, medico di Gregorio XIII, Giustiniano Finetti da Monte Lupone protomedico generale nel 1555, Fabio Amico anch’egli protomedico nel 1569, Stefano Cerasio protomedico nel 1557, Girolamo Rossi medico di Clemente VIII e molti altri.
Lo precedeva una fama consolidata, ma soprattutto fu lo studio dell’anatomia praticata su cadaveri dell’ospedale S. Spirito che fu molto apprezzata dal mondo medico romano tanto che fu chiamato nel 1562 a curare San Filippo Neri affetto da improvviso e grave malore nella chiesa di San Girolamo della Carità. Successivamente fu dichiarato medico ordinario da S. Carlo Borromeo nipote di Pio IV.
Che poi i suoi studi anatomici fossero, allora in vita e dopo, apprezzati grandemente n’è testimonianza l’opera del Lancisi, e le lettere a questi inviate dal Morgagni che ne loda il valore.
Dove dice che se oltre il coltello avesse avuto il microscopio, Eustachi sarebbe diventato la massima autorità medica nel mondo. E anche il Riolano ebbe parole di gran considerazione e così si esprime: << Bartolomeo Eustachio anatomico romano pubblicò pregiatissime tavole di anatomia che superarono di gran lunga il lavoro del Vesalio e del Falloppio>>
Le tavole erano quarantacinque o quarantasei come riporta il figlio Ferdinando dopo la morte del padre e come risulta dagli atti notarili del 1574 presso il notaio Curzio Saccoccia de Sanctis.
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