Premessa
Sulla Terra esistono innumerevoli specie batteriche che vivono in ambienti estremi, alcuni addirittura ostili alla vita come negli abissi oceanici a diecimila metri di profondità dove la pressione dell’acqua è di oltre mille bar, nelle profondità del sottosuolo, dei ghiacci dell’ Antartide, in siti dove la concentrazione di acidi è così elevata da corrodere il metallo e perfino in mezzo alle scorie radioattive. Non è quindi impensabile che batteri possano esistere in condizioni estreme come quelle presenti in altri corpi celesti.
La ricerca microbiologica nello spazio è iniziata da almeno 50 anni con l’intento di identificare l’eventuale presenza di forme viventi microscopiche nei pianeti raggiunti e soprattutto, per studiare la situazione ”batterica” nella stazione spaziale internazionale che, negli ultimi dieci anni, è servita anche da osservatorio microbico e da laboratorio dotato di tutta la strumentazione per la identificazione microbica, compreso un sequenziatore genomico di ultima generazione.
Ci sono batteri sugli altri corpi spaziali?
Al momento possiamo solo essere certi che se parliamo dellaluna la risposta è sì, ma sono batteri di origine terrestre, arrivati sulla luna grazie all’ attività umana. Si tratta, ad esempio, dei batteri fecali lasciati impacchettati sulla superficie lunare durante le missioni Apollo e anche di altri batteri che ci sono arrivati tramite la sonda israeliana Beresheet,che all’ inizio del 2019 raggiunse la superficie lunare schiantandosi al suolo per un problema tecnico.
ll veicolo trasportava una “capsula biologica” con un campione di DNA umano, cellule animali e vegetali e migliaia di microrganismi disidratati. Nonostante l’impatto sia stato violento, secondo gli esperti è “estremamente probabile” che il carico non sia andato completamente distrutto. In che condizioni siano questi batteri non ci è dato di sapere.
Però varie prove sperimentali sono state fatte ricreando artificialmente condizioni simili a quelle presenti sulla luna e su Marte e i risultati confermano che molte specie batteriche sarebbero in grado di rimanere vitali a lungo sulla luna e anche su Marte.
Marte è stato scelto come meta futura dell’ uomo per le sue condizioni ambientali che sono migliori di quelle di tutti gli altri corpi del sistema solare, ben lontane dal clima torrido di Mercurio e Venere, dalle gelide temperature di Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Condizioni, comunque, che non permetterebbero la vita umana per più di un minuto, senza adeguate protezioni. Proprio in quelle condizioni, però, varie specie batteriche, prima tra tutte la specie Deinococcus radiodurans sono in grado di vivere.
Ci sono batteri sulla Stazione spaziale internazionale ?
Il problema è decisamente più interessante se andiamo ad analizzare quel piccolo corpo extraterrestre gia da tempo abitato dall’ uomo: la Stazione spaziale internazionale (ISS), una stazione spaziale, dedicata alla ricerca scientifica. La stazione si trova in orbita terrestre bassa, a circa 400 Km dalla superficie terrestre, è visibile a occhio nudo da terra, è estesa quanto un campo da calcio, pesa 450 kg e ruota intorno al pianeta a 28.000 km orari impiegando 90 minuti per fare un’orbita completa.
Fin dal novembre 2000 la stazione è abitata continuativamente da un equipaggio variabile da 2 a 7 astronauti. Nel tempo l’equipaggio è stato sostituito varie volte ed alcuni astronauti sono tornati più volte sulla ISS. L’equipaggio a bordo della Stazione è esposto a radiazioni (radiazioni cosmiche e UV-A solari ) dieci volte maggiori rispetto a quelle che arrivano alla superficie terrestre, e fluttua liberamente nello spazio interno grazie alla presenza di una forza di gravità molto minore rispetto a quella presente sulla superficie terrestre (10-3-10-6g: la cosiddetta microgravità).
Tutto ciò non è senza effetti fisiopatologici sugli astronauti. Infatti, soprattutto se si parla di missioni di lunga durata (oltre i tre mesi) sono state diagnosticate decalcificazione e fragilità ossea, perdita muscolare, riduzione (temporanea o prolungata) delle capacità sensoriali e motorie, disturbi cardiovascolari e disturbi oculari. Inoltre è stata documentata una disregolazione temporanea del sistema immunitario che permette di identificare gli astronauti come persone affette da una particolare immuno-compromissione, situazione che li espone ad un aumento del rischio infettivo. Importante, quindi, è capire quali sono i microrganismi presenti nella ISS.
Uomini e donne, per quanto puliti, non sono mai soli, nemmeno nello spazio, ma sempre accompaganti dalla loro popolazione microbica residente (microbiota) che popola qualsiasi distretto a contatto diretto o indiretto con l’ esterno. Il microbiota è costituito da miliardi di batteri di migliaia di specie differenti che vengono eliminati nell’ ambiente tramite gli scarti metabolici. Questi batteri popolano le superfici interne della stazione spaziale.
Inoltre la costruzione e il trasporto dei componenti strutturali della stazione e di tutta la strumentazione di bordo non è avvenuta in condizioni di sterilità e i batteri di diversi ambienti terrestri sono stati trasportati nello spazio dove hanno trovato condizioni accettabili per la loro vita.
La stazione spaziale, rappresenta, quindi, un ecosistema “unico” dove convivono batteri facenti parte della popolazione microbica normale degli astronauti unitamente a batteri provenienti da svariati ambienti terrestri, gli uni e gli altri sottoposti a condizioni ambientali particolari.
La quantità di batteri presenti sulla superfici interne della stazione varia da 7×103 a 8 ×1010 batteri vivi/m2. Circa il 70% di questi batteri sono costituenti del microbiota umano e il 30% sono batteri ambientali (suolo o acqua). Le Enterobacteriaceae rappresentano il 50% dei batteri identificati, le Methylobacteriaceae~13% e le Staphylococcaceae ~ 10%.
Si è visto che, in generale, la popolazione batterica della Stazione cambia con il tempo, ma non tra i vari compartimenti.
Interessante è stato anche notare come i microbiota (naso, bocca, intestino) dei diversi astronauti col tempo subiscono modifiche e tendono a diventare molto simili tra loro anche se alla partenza erano diversi. Se la permanenza insieme nella ISS dura sufficientemente a lungo, si può quindi ipotizzare un microbiota d’ equipaggio che influenza quello della intera stazione. Il microbiota dei singoli astronauti tornerà allo stato originario dopo il rientro sulla terra.
I batteri non sono solo adesi alle superfici. In campioni di polvere prelevati dai filtri dell’aria della ISS sono stati identificati Actinobacteria, batteri, anch’ essi, costituenti principali del microbiota della pelle umana. Occasionalmente sono stati anche ritrovati batteri patogeni come Stafiloccoco Aureo, che si trova comunemente sulla pelle e nelle cavità nasali dei portatori.
Molte specie presenti a bordo possono presentare modificazioni temporanee del loro metabolismo e delle loro caratteristiche e si possono anche selezionare varianti vere e proprie. Probabilmente questi fenomeni sono da attribuire alle radiazioni cosmiche e ai raggi solari UVA diretti che possono generare mutazioni sia attraverso l assorbimento di energia da parte del DNA e delle proteine, sia in modo indiretto inducendo radicali liberi che a loro volta interagiscono con DNA e proteine. Non solo, anche la microgravità può essere coinvolta andando ad alterare le forze fisiche attorno alle cellule e modificando gli scambi tra materiale intra ed extracellulare.
Ad esempio è stato documentato:
*Un aumento della fluidità della membrana di Escherichia coli che potrebbe essere responsabile della aumentata resistenza ad alcuni antibiotici.
*Una espressione differente, in Salmonella typhimurium, di oltre 100 geni alcuni dei quali coinvolti nella produzione dei fattori di virulenza e nella resistenza agli antibiotici.
*Un aumentato scambio interbatterico di materiale genetico nei Batteri Gram-positivi.
*Una aumentata produzione di biofilm da parte di batteri Gram-positivi e Gram-negativi
Inoltre sono stati identificati in quattro diversi punti della stazione e in periodi differenti quattro ceppi batterici precedentemente sconosciuti.
Quello che è emerso è che i quattro i ceppi appartengono alla famiglia delle Methylobacteriaceae. Tre di questi appartengono al genere Methylobacterium, bacilli Gram neg, ossidasi positivi e mobili, molto resistenti, che spesso si ritrovano nell’ acqua dolce. I tre ceppi sono molto simili tra loro anche se isolati da diversi punti della stazione e durante missioni differenti, cosa che li ha fatti includere nella stessa specie. La nuova specie è stata denominata Methylobacterium ajmalii , dal nome del rinomato scienziato indiano della biodiversità: Ajmal Khan.
Il quarto ceppo è differente dai primi tre ed è stato denominato Methylorubrum rhodesianum per analogia genetica con ceppi simili già ritrovati sulla terra e noti per essere in grado di fissare l’ azoto cioè trasformare l’ azoto atmosferico N2 in ammonio organico NH4+.
Il catalogo completo di batteri e dei funghi che vivono e proliferano sulla ISS è stato elaborato dalla NASA, il risultato è stato pubblicato sulla rivista Microbiome e verrà regolarmente aggiornato con l’ obiettivo di definire la sicurezza dell’ equipaggio nei viaggi spaziali a lungo termine, come quello verso Marte e anche valutare il rischio di contaminare pianeti e altri corpi spaziali quando saranno raggiunti.
Molti studi sono in corso anche per capire se la nuova specie Methylobatterium ajmalii, puo’ essere considerata un patogeno opportunista per l’ uomo come altri Metilobatteri che sono ospiti frequenti degli ambienti acquosi, compresa l’ acqua potabile. La trasmissione negli ambienti sanitari è stata documentata spesso in pazienti fragili con cateteri a permanenza, dopo procedure di broncoscopia e endoscopia, in dialisi peritoneale ambulatoriale. In genere i sintomi sono lievi ma sono stati riportati anche casi di batteriemia, peritonite e polmonite. Le infezioni sanitarie sono state tutte ricondotte all’ acqua e agli impianti idraulici.
Questi batteri hanno una alta idrofobicità di superficie, aderiscono tenacemente alle superfici interne delle condutture dove formano biofilm molto resistenti. Proprio per questo motivo la Nasa sta prestando particolare attenzione al sistema di produzione dei vegetali a bordo della ISS, che è composto da una serra che usa come terriccio un substrato inerte a base di argilla, un sistema di irrigazione, di ventilazione e di illuminazione, oltre al pannello di controllo.
Esistono batteri anche esternamente alla ISS?
I batteri non sono solo all’ interno della stazione. Durante un’attività extraveicolare (EVA) all’esterno del segmento russo della stazione sono stati trovati “batteri viventi di origine sconosciuta”, che sono stati spediti a Terra e analizzati in laboratorio. Il campionamento è avvenuto nel 2021 in un’area esterna della stazione dove si accumulano i residui di carburante dovuti alle manovre dei motori. I batteri in questione non erano presenti nel 1998, quando quel modulo fu lanciato nello Spazio. Sono arrivati dallo Spazio esterno e si sono stabiliti fuori dalla ISS? Prima di leggere tra le righe una possibile scoperta di vita (batterica) aliena, occorre chiarire che gli stessi Ricercatori russi hanno fatto sapere che i microrganismi sono stati probabilmente portati li dalle correnti ascensionali che trasportano materia fino alla ionosfera oppure dai tablet degli astronauti e da altre strumentazioni usate durante le EVA e poi con il tempo hanno dato origine a varianti rispetto ai progenitori. Il dato interessante è – ancora una volta – la loro incredibile capacità di sopravvivenza, a temperature che vanno dai 121 °C nel lato soleggiato, ai -157 °C in quello in ombra, a oltre 400 km da Terra, in condizioni alterate di gravità e nonostante le radiazioni.
(NDT. L’IMMAGINE IN IEVIDENZA È UN FOTOGRAMMA DEL FILM “ANDROMEDA STRAIN” DI R. WISE TRATTO DAL LIBRO DI MICHAEL CRICHTON”
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