BENJAMIN BRITTEN 1913 – 1976

Benjamin nasce in una cittadina inglese sul mare. Il padre è un dentista, buon dilettante di musica, e soprattutto bravo a riconoscere e a favorire la forte inclinazione musicale del figlio. La madre, un tipo un po’ particolare, anche lei appassionata di arte e in più dotata di una fissazione quasi patologica, decide che il piccolo dovrà diventare una personalità così straordinaria da trasformare il famoso trio delle grandi B della musica: Bach, Beethoven, Brahms, in un quartetto, con l’aggiunta, in coda, di Britten.

Studia con poco entusiasmo ma molto profitto. Una delle sue tante insegnanti private lo presenta a Frank Bridge, celebre musicista, noto per il suo inflessibile rifiuto a dare lezioni. Per Benjamin fa un’eccezione, anzi scrive addirittura un biglietto a papà Britten: “Ho molto piacere ad aiutare vostro figlio. Ha doti eccezionali e con la vostra comprensione conseguirà grandi cose.”

Britten è un ragazzo molto, troppo sensibile; in più oppresso da un’educazione puritana che gli regala giornate di depressione e notti di incubi. Intorno ai vent’anni, dopo aver studiato a fondo Freud, incontra il poeta W. H. Auden il quale lo aiuta ad accettare la propria omosessualità e a liberarsi dal senso del peccato e del segreto che fino a quel momento lo avevano paralizzato.

Conosce il tenore Peter Pears che diventerà l’interprete prediletto delle sue opere nonché il compagno di tutta la sua vita. Allo scoppio della guerra partono insieme per gli USA e lì passano gli anni del conflitto.

Nel dopoguerra Britten torna in Europa, acquista una residenza a Aldeburgh, vicino a casa dei suoi, e fonda l’English Opera Group con l’obiettivo di rilanciare il teatro e la musica inglese. Una parte del repertorio è destinato ai bambini, numerosi fra il pubblico, e a cui Britten si dedica con incontri e spettacoli. Immediatamente le malelingue partono alla carica e questa bella iniziativa si trova al centro dei sospetti di tutto il vicinato, che associando la presenza dei bambini alla ormai nota omosessualità dei padroni di casa (all’epoca ancora reato in Inghilterra) fanno virtuosamente e stupidamente naufragare tutto.

Intanto la fama del compositore cresce; è ormai mondiale. Le sue opere sono presenti in tutte le occasioni mondane e intellettuali: la Biennale di Venezia, la Royal Opera House, il Festival dei Due Mondi di Spoleto. Ma il suo cuore non va, e allora Britten, in uno sguardo retrospettivo sulla propria esistenza, mette in musica “Morte a Venezia” di Mann. E come il protagonista del romanzo, muore con la mano stretta in quella di Pears, destinatario dell’opera, silenzioso a vegliare l’amato.

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