DAVIDE CUNEO
Il mondo del calcio è in subbuglio come mai prima. FIFA e UEFA tremano, Florentino Perez festeggia e il Governo inglese corre ai ripari. Ma andiamo con ordine.
Il calcio è lo sport più popolare al mondo, basti pensare che la finale dei mondiali è stata seguita da oltre 1,5 miliardi di spettatori in tutto il mondo. E, pur essendo l’amore per il calcio un fenomeno globale, non si può negare che l’Europa ed il Sud America siano i continenti dove il suo rilievo è ancora maggiore; in particolare poi l’Europa è il continente del calcio che conta. Senza se e senza ma.
I timidi tentativi di USA, Cina e ora Arabia Saudita di creare un campionato in grado di competere con quelli europei non hanno per ora portato frutti. Non è un caso dunque che la sentenza destinata a stravolgere il calcio provenga proprio dall’Europa e nello specifico dalla Corte di Giustizia Europea. Quest’organo si è pronunciato nella giornata del 21 dicembre contro la FIFA e la UEFA, le associazioni con sede in Svizzera che gestiscono rispettivamente l’organizzazione degli eventi intercontinentali ed europei, tacciate di aver “abusato della loro posizione dominante”.
In effetti poco più di un anno fa la UEFA e la FIFA, alla notizia della nascita di un nuovo organo responsabile di organizzare una Superlega che avrebbe sostituito la Champions League, la più prestigiosa competizione tra club europei, hanno reagito minacciando pesanti sanzioni, tra cui l’espulsione dai rispettivi campionati nazionali, per qualsiasi club avesse deciso di aderire a questa nuova formula, pensata per dare più potere e soprattutto più soldi alle grandi squadre, portatrici della maggior parte dei ricavi.
Ora però i grandi monopolisti del calcio moderno sono obbligati a fare un passo indietro. L’UE non consente che all’interno dei suoi confini venga applicato un simile tipo di monopolio (o oligopolio che dir si voglia) e le squadre più blasonate presto potrebbero trovarsi a dover scegliere se partecipare alle competizioni internazionali con la UEFA, ivi inclusa la Champions League, o con questa nuova Superlega.
Il che è una novità assoluta.
Un torneo con una rilevanza simile non veniva introdotto dai lontani anni ’50, quando nacque la Coppa dei Campioni o Champions League. E oggi come allora la squadra che promuove questo grande cambiamento è il Real Madrid, indubbiamente il club più blasonato e importante al mondo. È stato proprio Florentino Perez, presidente del Real, a portare avanti questa battaglia legale fino alla sentenza della Corte Europea, alleato di Joan Laporta, presidente del Barcellona e di Andrea Agnelli, ex-presidente della Juventus. Osservando le squadre più strettamente coinvolte nel progetto non dovrebbe stupirci l’assenza di qualsiasi club inglese, considerato ormai da circa un decennio il campionato più prestigioso al mondo, oltre che di netto il più ricco.
L’idea del visionario Florentino infatti è proprio quella di cercare, attraverso una nuova competizione con un cachet decisamente più ricco, di ridurre il gap tra le ormai faraoniche possibilità sul mercato delle squadre inglesi rispetto a quelle degli altri campionati. Eppure le reazioni dei vari club interpellati sono per ora tiepide o apertamente contrarie. Il Bayern Monaco, l’Inter, il PSG e altre squadre prestigiose hanno declinato seccamente l’invito, ma potrebbero anche trovarsi a dover tornare presto a Canossa.
Chi invece non sembra destinato a far parte di questa lega (almeno per un po’ di tempo) sono le squadre inglesi, una questione non da poco se si considera che l’Inghilterra è il luogo di nascita del calcio.
Il Governo inglese (non più sottoposto alle decisione dell’UE dopo la Brexit) infatti, dopo aver investito non poche risorse economiche per riportare il suo calcio in una posizione preminente, non vuole lasciarsi sfuggire questa primazia ed è pronto, secondo quanto è stato dichiarato da alcuni portavoce, a impedire l’accesso dei club d’oltremanica nella nuova Superlega, pena l’esclusione dal campionato nazionale.
Sorge dunque spontaneo chiedersi: ora cosa dobbiamo aspettarci? Bella domanda. Potremmo presto trovarci davanti ad una sorta di “secessione dell’Aventino” del calcio europeo e ad avere due diverse competizioni di altissimo livello che competono tra loro per attrarre il maggior share, un po’ come avvenne tra NBA ed ABA nel basket americano degli anni ’70, prima della riconciliazione che ha dato vita all’odierna NBA. Va detto che fare previsioni, che stanno pian piano affollando il web ed i giornali, in questo caso è praticamente impossibile, a meno che non si possieda il dono della veggenza, perché i fattori che possono influenzare il futuro della Superlega e delle altre competizioni per club europee sono innumerevoli.
Innanzitutto ancora è scarsa la chiarezza su come la Superlega sia destinata a funzionare. Si sente parlare di partite trasmesse gratis per avvicinare ancora più persone al prodotto, con l’eventuale possibilità di abbonamenti premium per l’accesso ad ulteriori contenuti, di competizioni in forma di campionato con dei playoff, di squadre sempre presenti e di altre premiate in base alla posizione raggiunta in campionato; soprattutto i fondatori giurano che le competizioni e i campionati nazionali ed non saranno in alcun modo intaccati.
La competizione poi quando dovrebbe iniziare? Non è impossibile che, ammettendo che un numero sufficiente di club possa essere coinvolto, inizi già l’anno prossimo, ma sembra comunque molto difficile avere tutto pronto da qui a 9 mesi. È dunque evidente quanto sbilanciarsi su previsioni di qualsiasi tipo equivalga a poco più che tirare a casaccio.
Una cosa però si può dire con una buona certezza: se non è certo che la Superlega ne uscirà da indiscussa vincitrice, la sconfitta di FIFA e UEFA, abituate ad agire secondo i loro desideri (e spesso accusate di essere profondamente corrotte), ora non potranno più imporsi con la stessa autorità di prima. Una debacle questa che non ha precedenti per loro e che presto o tardi avrà delle conseguenze, che potrebbero anche essere radicali, sul mondo del calcio tutto. In fin dei conti il mondo è sempre mutato e non c’è ragione per cui il calcio non debba mutare con esso; per il resto, “di doman non c’è certezza”.
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