1. La Legge di riforma n. 103 del 14 aprile 1975
Verso la celebrazione dell’inizio delle trasmissioni radiofoniche in Italia
Bruno Somalvico
Direttore editoriale di Democrazia futura
Bruno Somalvico prosegue per Democrazia futura la ricostruzione di Cento anni di radiofonia e settant’anni di televisione in Italia. Dopo aver pubblicato vari contributi sulla nascita della radiofonia, l’età del monopolio radiofonico Uri-Eiar Rai (1924-1954), l’età del monopolio radiotelevisivo pubblico della Rai (1954-1974), a partire da oggi inizia la ricostruzione della terza stagione ovvero L’età del sistema radiotelevisivo misto (1976-2004) che a sua volta conosce principalmente al suo interno due fasi:
1) Gli anni dell’a-regulation (1976-1993) dalla terza sentenza della Corte Costituzionale nel 1976 sino all’applicazione della Legge Mammì del 1990 coincidente con la fine della prima Repubblica
2) gli anni dal 1994 al 2004, ovvero il primo decennio della Seconda Repubblica dalla fase perfezionamento del sistema radiotelevisivo misto e di avvio di Internet e della rivoluzione digitale sino all’approvazione dell’ultima legge di sistema, la Legge Gasparri (1994-2004)
A fare da spartiacque fra la vecchia stagione del monopolio e l’avvio del sistema misto, la Legge n.103 del 14 aprile 1975 oggetto di questo primo contributo.
lI 14 aprile 1975, dopo una discussione parlamentare lunga e aspra è approvata finalmente la legge di riforma della Rai è promulgata la legge che detta «Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva» e segna l’inizio della riforma della RAI (Legge 14 aprile 1975, n. 103). La legge conferma la riserva allo Stato del servizio pubblico radiotelevisivo radiodiffuso su reti terrestri, e la estende alle trasmissioni via filo, via cavo e attraverso qualsiasi altro mezzo, diffuse su scala nazionale. il monopolio pubblico viene ad essere qualificato dal «pluralismo». Il controllo politico passa dal Governo al Parlamento, attraverso la Commissione per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Principi fondamentali del servizio pubblico: indipendenza, obiettività e apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali. Le legge di riforma n. 103 autorizza le televisioni via cavo e la ripetizione via etere delle emittenti estere. Tele Biella riprende a trasmettere via cavo e parzialmente su reti terrestri. Tuttavia la legge autorizza la trasmissione di un solo canale per ogni impianto televisivo via cavo (il cosiddetto cavo monocanale), bloccando lo sviluppo di questa modalità di trasmissione.
I dieci punti essenziali della legge di riforma del 14 aprile 1975
1. Le diffusioni radiofoniche e televisive, via etere e via cavo, costituiscono
“un servizio pubblico essenziale ed a carattere di preminente interesse generale, in quanto volto ad ampliare la partecipazione dei cittadini a concorrere allo sviluppo sociale e culturale del Paese”.
2. La legge di riforma del servizio pubblico radiotelevisivo conferma la legittimità del monopolio statale sull’attività radiotelevisiva (ad eccezione delle aree già sottratte alla riserva statale con le Sentenze nn. 225 e 226 della Corte Costituzionale), ma
con finalità di “ampliamento della partecipazione” e principi fondamentali quali “indipendenza, obiettività e apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali”.
3. Il monopolio pubblico viene ad essere qualificato dal “pluralismo” e dall’”accesso”, ovvero dall’obbligo di riservare il 5 per cento delle trasmissioni radiofoniche e il 3 per cento di quelle televisive a programmi autogestiti da organizzazioni religiose, politiche, sindacali.
4. Il controllo politico passa dal Governo al Parlamento, allo scopo di osservare maggiore pluralismo, completezza e obiettività dell’informazione. La legge sottrae pertanto la Rai al controllo esclusivo dell’esecutivo, attraverso l’attribuzione di nuovi poteri ad una rinnovata Commissione parlamentare bicamerale per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi composta da 40 membri (senatori e deputati) in modo da rispecchiare la forza dei singoli gruppi.
5. Lo Stato concede alla Rai la gestione dei servizi per sei anni. La concessione può essere rinnovata per altri sei anni. Anziché configurarsi come Ente pubblico, la Rai diventa una società per azioni a totale partecipazione pubblica, dotata di una Convenzione con lo Stato della durata di 6 anni.
6. Il consiglio di amministrazione è composto da sedici membri: sei eletti dall’Assemblea dei soci, dieci dalla commissione parlamentare con la maggioranza dei tre quinti, dei quali quattro designati dalle Regioni.1
7. Il finanziamento dell’azienda avviene tramite il canone di abbonamento e solo in modo secondario deriva dalla pubblicità, raccolta dalla SIPRA. La durata complessiva dei programmi pubblicitari non può superare il 5 per cento dei tempi di trasmissione, ovvero della programmazione giornaliera.
8. Impianti di diffusione sonora o televisiva via cavo sono ammessi per le zone geografiche con popolazione non superiore a 150 mila abitanti. Sono anche ammessi ripetitori per trasmittenti straniere purché autorizzati dal Ministero delle Poste e a condizione che non interferiscano con le reti del servizio pubblico nazionale.
9. Una norma transitoria concede alla Sipra di assumere, fino all’entrata in vigore della Concessione, nuovi contratti per pubblicità per un importo non superiore al 10 per cento del fatturato 1974.
10. I nuovi organi della Rai saranno costituiti entro 30 giorni.
Il 9 maggio 1975, l’Assemblea degli azionisti della Rai, in ottemperanza alla legge di riforma n. 103, modifica lo Statuto sociale deliberando, con effetto dal 1° dicembre 1974, il trasferimento della totale proprietà delle azioni in mano pubblica. Pertanto la partecipazione azionaria della Rai – prima divisa tra l’Iri (75,45 per cento), la Stet (22,90 per cento), la Siae (0,45 per cento) ed altri azionisti (1,20 per cento) – diventa per il 99,55 per cento appartenente all’Iri e per lo 0,45 per cento alla Siae.
Con la riforma della Rai, si rafforza la figura del Presidente, eletto dal Consiglio d’Amministrazione. Scompare la figura dell’Amministratore Delegato, cresce quella del Direttore Generale.
L’accordo politico prevede che il primo goda della fiducia del Partito Socialista e il secondo della Democrazia Cristiana.
Il Consiglio d’amministrazione elegge Presidente, vicepresidente e, in questa prima fase, sino al 1985, anche il Direttore Generale.
È inoltre competente per tutte le nomine dirigenziali. Definisce inoltre la gestione finanziaria e contabile, delibera il piano annuale delle trasmissioni poi trasmesso per approvazione delle linee generali alla Commissione di Vigilanza, e su questa base approva lo schema dei programmi del trimestre successivo.
Principi fondamentali, governance e riassetto del servizio pubblico radiotelevisivo in Italia
Il secondo comma dell’art. 1 stabilisce che
“l’indipendenza, l’obiettività e l’apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e culturali, nel rispetto delle libertà garantite dalla Costituzione, sono principi fondamentali del servizio pubblico radiotelevisivo”
L’Art. 18 voluto dal leader repubblicano Ugo La Malfa sancisce che
“il consiglio di amministrazione e il direttore generale decadono quando in un esercizio finanziario il totale delle spese superi di oltre il 10 per cento il totale delle spese previste”,
assegnando al Collegio dei Sindaci il compito di vigilare sugli sfori oltre il 10 per cento nei bilanci consultivi e di riferire entro quindici giorni alla Commissione di Vigilanza che accertato lo sforo
“nomina un collegio commissariale di cinque membri in carica per quattro mesi”
lasciando peraltro la possibilità al consiglio di amministrazione di segnalare
“tempestivamente al Governo, alla Commissione Parlamentare e al Collegio Sindacale, per gli opportuni provvedimenti di rispettiva competenza, le possibilità di aumento dei costi, derivanti da ragioni esterne, obiettive e non prevedibili che possono determinare la situazione di cui al presente articolo”
L’Art. 13 crea quella che Enzo Scotto Lavina definisce una “architettura del processo editoriale” fortemente piramidale,
“insieme complessa e dettagliatamente scandita in tutte le sue possibili fasi, sempre strutturate in modo da sancire l’autonomia del direttore di rete e insieme la sua dipendenza dal direttore generale”.2
Tale architettura piramidale prevede:
1.in cima a livello politico la Commissione Parlamentare di Vigilanza
“composta da quaranta membri designati pariteticamente dai Presidenti delle due Camere del Parlamento, tra i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari”
2.quindi la Concessionaria articolata in Consiglio di Amministrazione composto da 16 membri in carica tre anni che nomina il Presidente, il Direttore Generale e uno o più vicepresidenti;
3.il corpo aziendale composto da Direzioni di rete, Testate giornalistiche, Dipartimento delle trasmissioni scolastiche ed educative, Direzioni di supporto, le strutture periferiche per il decentramento ideativo e produttivo, la conservazione e le attività commerciali
Le Direzioni di rete organizzano
“l’ideazione e la realizzazione della programmazione televisiva e radiofonica […] Ciascuna direzione di rete ha una sua distinta assegnazione di personale organizzativo e amministrativo. Le direzioni di rete sono articolate in cinque strutture di programmazione, per ciascuna delle quali viene stabilito un numero di collocazioni orarie e i relativi stanziamenti e mezzi tecnici, e due strutture di supporto, una per la pianificazione (gestione del palinsesto e dei mezzi di produzione) e l’altra per l’amministrazione (gestione del personale, del budget e dei contratti). Per quanto attiene all’impostazione, realizzazione e messa in onda dei programmi i direttori di rete sono alle dipendenze del direttore generale”
lasciando ai tre vicedirettori generali funzioni di coordinamento rispettivamente delle attività delle tre reti televisive, delle tre reti radiofoniche e delle direzioni di supporto.
Le testate giornalistiche
“I servizi giornalistici quotidiani e periodici sono forniti in televisione da due telegiornali e in radio da tre giornali radio, il direttore di ciascuno dei quali è responsabile di fronte al direttore generale particolarmente dell’impostazione informativa e politica, della realizzazione e messa in onda delle trasmissioni”
Il Dipartimento delle trasmissioni scolastiche ed educative
“Al fine di valorizzare le attività scolastiche ed educative del mezzo televisivo… è istituito il dipartimento radiotelevisivo delle trasmissioni scolastiche ed educative per adulti, il direttore del quale è responsabile di fronte al direttore generale”
Le quattro Direzioni di supporto e i servizi giornalistici per l’estero e di tribuna politica
“Servizi comuni di natura gestionale sono forniti dalle quattro direzioni di supporto [amministrazione, personale, commerciale, tecnica]. I direttori delle direzioni di supporto, dei servizi giornalistici per l’estero, di tribuna politica, sono, indipendentemente dalle qualifiche, alle dipendenze del direttore generale”
Le strutture periferiche per il decentramento ideativo e produttivo
Il penultimo comma è dedicato al
“decentramento ideativo e produttivo che potenzi e sviluppi le strutture periferiche della concessionaria”
La conservazione e le attività commerciali
L’ultimo comma precisa che
“La conservazione e la diffusione […] delle produzioni artistiche e culturali della concessionaria… e, in genere, le attività commerciali sono effettuate direttamente o a mezzo di società collegate di totale o prevalente proprietà della concessionaria stessa”.
Pluralismo interno e pluralismo esterno
La riforma della RAI nel 1975 va considerata in Italia La prima disciplina organica del settore radiofonico e televisivo sebbene vada considerata essenzialmente in quanto riforma del Servizio Pubblico – e come tale è sempre stata ricordata.
Essa assicura il cosiddetto pluralismo interno nell’ambito della Rai attraverso reti e testate autonome le cui direzioni verranno assegnate a personalità investite del gradimento di altrettante forze politiche e aree culturali distinte determinando quello che è stato chiamato da taluni il passaggio dal latifondo democristiano alla cosiddetta lottizzazione politica della Rai, che interessa non più e non solo gli altri partiti dell’area di centro (liberali) e di centro-sinistra (repubblicani, social-democratici e socialisti), sempre più relegati nel lungo dominio Rai di Ettore Bernabei in posizioni subalterne, ma anche quello che è stato per anni il principale partito di opposizione, il Partito Comunista Italiano che si accinge a passare nella maggioranza che sosterrà i governi di unità nazionale dal 1976 al 1979, pur non ricoprendo direttamente incarichi di governo. La Legge n. 103 del 14 aprile 1975 contemporaneamente sancisce il pluralismo dell’emittenza radio-televisiva – il cosiddetto “pluralismo esterno” – che inizia a delinearsi dopo le due sentenze della Corte Costituzionale del 1974 con la nascita delle prime televisioni via cavo e l’inizio della ripetizione di canali provenienti dall’estero. La Legge conferma il monopolio di Stato sulla concessionaria del servizio pubblico, ma mette fine per la prima volta al tradizionale centralismo dell’azienda e apre la strada ad un doveroso rinnovamento. Si apre un periodo in cui il corpo aziendale subisce – come ricorda Scotto Lavina – una serie di scosse:
il 1976 segnerà il passaggio da una organizzazione basata sulla specializzazione dei contenuti (Direzione Spettacolo e Direzione Programmi Culturali) a quella attuale – si osserva nell’Annuario 1976 – che vede le due Reti a confronto, “ciascuna impegnata su un arco completo di interessi”, l’avvio della progettazione della nuova Rete regionale-nazionale e, al vertice più alto, in successione due nuovi Presidenti … e tre Direttori Generali, una sequenza traumatica per un corpo aziendale abituato alla lunga durata dei vertici aziendali e soddisfatto, nelle esigenze di cambiamento, dai tempi brevi degli organigrammi”.3
I primi sforzi di rottura del monopolio pubblico operati da alcuni operatori che avevano dato vita ai primi tentativi di televisione locale via cavo, rimarranno vani nonostante le prime due sentenze della Corte Costituzionale a causa della miopia ribadita dal legislatore. Il regolamento di attuazione della legge 103 del 1975 conferma infatti l’imposizione del cosiddetto “cavo monocanale”, attribuendo al gestore del circuito la possibilità di trasmettere esclusivamente il proprio canale.4 Infine la legge prevede una normativa per la ripetizione dei segnali esteri, ma a condizione di depurarli degli spot pubblicitari.5 Fatto costoso e che non potrà mai essere applicato.
Con l’insediamento di un nuovo Consiglio di Amministrazione e l’inizio della riorganizzazione della Rai nasce in Italia la terza stagione, quella del sistema radiotelevisivo misto che si concluderà trent’anni dopo nel maggio 2004 con l’approvazione della Legge Gasparri.
- L’art. 15 del nuovo Statuto modifica i criteri di nomina e di composizione del Consiglio di Amministrazione. Il Consiglio è costituito di 16 membri: 10 sono eletti dalla Commissione parlamentare. Di questi dieci membri, quattro sono eletti sulla base delle designazioni effettuate dai Consigli regionali. All’assemblea dei soci, ossia all’azionista IRI, oltre a proporre il Direttore Generale, rimane il compito di indicare i rimanenti sei consiglieri di amministrazione. ↩︎
- Enzo Scotto Lavina, Tra Sisifo e Nesso. Modelli e strutture editoriali del servizio pubblico televisivo 1954 – 2004, Milano, Lampi di Stampa, 2011, 370 p. ↩︎
- Enzo Scotto Lavina, Tra Sisifo e Nesso …, op. cit. alla nota 1. ↩︎
- La “Legge di riforma”, regolamentava la televisione via cavo concedendo anche all’iniziativa privata la realizzazione della televisione via cavo, anche se con molti limiti. In parlamento infatti le forze che difendevano il monopolio televisivo della RAI sono ancora preponderanti e, non potendo mantenere il monopolio radiotelevisivo riservato alla stato dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale a sfavore di tale monopolio inerente alla televisione via cavo, fissano comunque forti limitazioni: ogni televisione via cavo può essere diffusa ad un solo comune o a più comuni contigui se questi non hanno una popolazione complessiva superiore a 150 mila abitanti; ogni rete per telecomunicazioni (necessaria per la diffusione del segnale televisivo agli utenti) realizzata può diffondere solo una singola televisione (cavo monocanale). ↩︎
- La legge 103 autorizza, previa approvazione ministeriale, la ripetizione sul territorio nazionale dei segnali di televisioni estere, che non risultino però costituite allo scopo di diffondere i programmi in Italia e a condizione di depurarli degli spot. ↩︎
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