Il gusto, il piacere, lo stile, il modello “Italia” è ri-conosciuto e ri-cercato in tutto il mondo. L’agroalimentare, insieme alla moda, ai beni culturali e al turismo, possono essere la chiave per una ripresa della produttività e per una crescita del mercato interno e fattore di sviluppo del made in Italy sul mercato internazionale.
Un’economia che sottende migliaia di piccole e medie imprese che fanno del “produrre” una questione di “sicurezza” e di “qualità”. La stessa “qualità” che oggi, più che mai, è la chiave di volta per entrare nei mercati esteri, e quindi serve un rinnovato impegno per aprire una fase nuova in cui ci sia al centro l’impresa artigiana. Quanto agli artigiani del cibo penso ci voglia una legge che consenta: di definire “artigiane” quelle aziende che producono senza l’utilizzo di sostanze chimiche, di promuovere nuove norme regionali per la qualificazione degli artigiani del cibo definendone i requisiti specifici; di dare vita ad un mercato distinto dei prodotti artigianale aprendosi anche alla GDO, di promuovere la qualità del cibo come diritto alla salute. Oltre al codice dei prodotti alimentari, e alle etichette che descrivono il processo di produzione.
Che la dieta mediterranea abbia proprietà straordinarie per il nostro organismo è ormai noto a tutti. Ma se l’alimentazione è decisiva per la salute e il benessere, allora è della massima importanza la sicurezza e la qualità. Il problema da risolvere è la garanzia per il consumatore e quindi la professionalità e la responsabilità di quanti producono il cibo. Per questo sono state istituiti corsi di laurea in scienze alimentari, ma credo sarebbe anche molto utile fare corsi di formazione professionale come quelli che si fanno in Puglia per il titolo di mastro oleario.
Credo sarebbe una scelta utile che le Regioni fondassero nei loro territori delle Scuole delle arti e dei mestieri del cibo. Una scuola centrata sull’apprendistato, sul recupero di mestieri antichi restituendo significato all’artigianato. Mastri oleari, enologi, panettieri, norcini, casari etc possono riconquistare quel prestigio che storicamente la nostra società ha riconosciuto loro, perché sono i protagonisti della gastronomia italiana. Con una scuola i partecipanti avrebbero la possibilità di imparare direttamente dai maestri un mestiere che può definire l’identità della propria vita, ci potremmo ispirare alle botteghe rinascimentali.
Ma una vera, forte innovazione, ancora una volta, passa per l’universo della Grande Distribuzione dove emergono idee e tendenze nuove: cambia il posizionamento da discount a supermercato, va in crisi l’ipermercato mentre riprende fiato il negozio di prossimità e hanno successo i prodotti “premium”. I progettisti sono al lavoro per costruire una nuova “dimensione” secondo la cultura del servizio al cliente, mentre i bayer promuovono audit sulla qualità per scegliere i propri fornitori e reindirizzare il food&retail, perché hanno capito che “vendere” alimenti sul vecchio scaffale “generalista” piace sempre meno e che cambiare non significa robotizzare lo scaffale o creare nuovi prodotti a marchio, ma è necessario cogliere i macro e micro trand del mercato che condizionano i comportamenti per costruire una comune strategia di retailer e fornitori per offrire al consumatore una reale possibilità di scegliere e la piena soddisfazione delle sue aspettative.
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