COOPERAZIONE E CONTRADDIZIONE

IL RINOCERONTE

Il nostro futuro dipende dal futuro del continente africano”, dichiara Giorgia Meloni durante la conferenza Italia-Africa organizzata a Roma a gennaio 2024. 46 Stati africani presenti, 23 organizzazioni internazionali, 11 ministri degli Esteri, 10 ore di interventi in un Senato blindato. La conferenza, però, sembra aver fatto emergere più questioni che soluzioni.

Segnali di tensione non sono mancati: la Nigeria, il Paese più popoloso e ricco del Continente, ha disertato il vertice; il presidente dell’Unione africana ha criticato il governo italiano per la mancanza di consultazioni prima della presentazione del piano; e l’Unione europea, contrariamente da quanto Meloni sperava, non ha annunciato alcun contributo finanziario.

Il piano Mattei, che mira a stabilire una cooperazione “non predatoria e paritaria” tra Italia e Africa e a trasformare l’Italia in un hub energetico europeo e a ridurre i flussi migratori, sembra lasciare aperti alcuni interrogativi. In primis, non è chiaro quali progetti saranno finanziati in Africa.

La premier Meloni si è limitata a parlare dei “progetti pilota” in 5 aree di intervento.

Istruzione e formazione, salute, agricoltura ed energia saranno i settori prioritari del piano Mattei e saranno lanciati in Marocco, Tunisia, Costa d’Avorio, Algeria, Mozambico, Egitto e Repubblica del Congo. Rimangono, però, ancora da definire, assieme a governi dei Paesi interessati, i progetti veri e propri.

La premier Meloni ha annunciato uno stanziamento di 5,5 miliardi di euro, ma da dove arrivano? Al momento si sa che 2,5 provengono dal “Fondo per la cooperazione allo sviluppo” e altri 2,5 dal “Fondo clima” (cifre che sarebbero state spese al di là del piano Mattei).

Una parte di questa somma è destinata all’industria fossile, non è forse questa una contraddizione rispetto all’ideale di sostenibilità ecologica?

Tuttavia, questa somma è stata considerata, da Meloni stessa, insufficiente rispetto alle ambizioni del piano.

In ultimo una domanda: quale vuole essere il coinvolgimento delle grandi aziende, in particolare quello di Eni? Il decreto legge, recentemente approvato dal Parlamento, stabilisce la presenza di rappresentanti di società private, pubbliche e partecipate nella cabina di regia che “sovraintenderà” il piano Mattei.

Tuttavia, la presenza di Eni in Africa non è sempre stata in linea con l’approccio “rispettoso dell’ambiente dei popoli” professato dal governo italiano.

In Nigeria, una commissione indipendente ha ritenuto diverse multinazionali straniere responsabili dello sversamento di migliaia di barili di petrolio e della conseguente catastrofe ambientale e umana.

Alcune controversie legate ad attività disastrose in Africa ora tornano a galla.

Il piano Mattei riflette la volontà di rafforzare i legami economici e sociali tra l’Italia e l’Africa, promuovendo lo sviluppo sostenibile e affrontando le sfide migratorie, tuttavia rimane un velo di dubbio: la mossa del governo Meloni mira davvero, come da sempre promette, a contrastare le grandi migrazioni verso l’Europa?

Cosa spera di ottenere con soli 5.5 miliardi di euro?

Nella lista dei Paesi da sostenere economicamente, ci si ricorderà dei luoghi schiacciati da guerre civili e oppressioni, da cui arriva il maggior numero di migranti, persone che hanno molto bisogno e che attraversano il deserto con la speranza poi di superare le prigioni libiche e il mare?


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