”CRONACA NERA DELLE MORTI BIANCHE”: LA DIGA DI SUVIANA 

Perché questo titolo? Il concetto di cronaca nera riguarda “le notizie su omicidi, femminicidi, violenze e abusi sessuali che avvengono in un certo luogo”.

Ed alla diga di Suviana si parla di omicidio colposo.

Purtroppo tutti lo sanno: esistono delle colpe anche in questa storia della centrale elettrica di Suviana (7 morti e 5 feriti); infatti tutti si stanno affrettando a fare distinguo giuridici per evitare di avere colpa.

Certamente non è stata colpa del  fato.

L’amministratore delegato di Enel ha subito dichiarato di essere “parte lesa” e quindi è evidente che qualcuno ha colpa.

Chi sono i general contractors a cui si è affidata Enel?

Attenzione: sono colossi del mondo delle grandi opere come  ABB, Siemens, Voith cioè “partner d’eccellenza” e non imprese “pizza e fichi”.

Se non fosse per la drammaticità degli avvenimenti l’ossimoro cromatico fra il nero e il bianco sarebbe accettabile.

Invece si parla di vita(bianco) e di morte(nero)! E cioè 7 morti e 5 feriti a causa di “un disastro e di un omicidio colposo”: così titola l’indagine.

I dati generali di contesto sono eloquenti: le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail sono state circa 800.000( nel 2022) e le malattie professionali denunciate nei primi due mesi del 2024 sono state 14.099.

Nel 2022 le “morti bianche” sono state 1089.

Si dice “morte  bianca” perché non si identifica direttamente la mano della persona che uccide il lavoratore;c’è però la responsabilità delle condizioni di lavoro, degli ambienti e del management che deve assumere decisioni operative e funzioni strutturali efficaci di sicurezza in azienda .

La sicurezza dei luoghi di lavoro è un “tool” di management che le università e le business school dovrebbero sviluppare in ottica di responsabilità sociale d’impresa.

Si veda anche l’evoluzione della normativa EU con l’ESRS( European Sustainability Reporting Sstandard) che si declina con gli standard per le imprese ESRS. S 1(own workforce )ESRS.S2( workers in the value chain )in cui si devono rispettare gli indicatori strutturali sulla sicurezza sul lavoro.

I controlli non sono sufficienti, la formazione e l’informazione latita perché spesso i corsi non sono efficaci.

Quanti corsi hanno un test di verifica di apprendimento che consideri il segmento di lavoratori e dipendenti a cui ci si rivolge?.

In sintesi, non possiamo fermarci ai titoli della “cronaca nera delle morti bianche”.

Non c’è accordo fra datori di lavoro e sindacato e comunque non si vede un compromesso che eviti parte delle morti

Il dibattito se la sicurezza è un costo o un investimento è  un approccio da “sepolcro imbiancato”: infatti, senza scomodare la frase d’effetto “la vita non ha prezzo”,forse è necessario dare una quantificazione più severa del danno arrecato a coloro che sono infortunati o ai parenti delle morti bianche.

Ci sono le assicurazioni che spesso hanno un contenzioso dilatorio ed al ribasso  per il risarcimento.

Anche la sicurezza sul lavoro è parte del dibattito che auspica di massimizzare in modo relativo il profitto( non azzerarlo)che diventa un finalismo assoluto delle imprese virtuose e sociali.

Nella valutazione ESG, nella traduzione per il tramite degli indicatori GRI, si potrebbe calcolare il rating di una azienda in termini di sicurezza.

Ormai si è capito che la sicurezza sul lavoro non è un problema che si può evitare solocon le norme, anche perché le eventuali responsabilità penali del management sono tutelate da schiere di valenti penalisti che hanno grandi capacità di difesa.

Spiace dirlo, ma una via importante di soluzione è un incentivo efficace per la sicurezza nei luoghi di lavoro può essere” il taglio degli stipendi”:ossia se c’è una “morte bianca” in un’impresa ,da subito, si abbatte il 50% delle remunerazioni(fisse e variabili) dell’amministratore delegato,o  ceo che dir si voglia ,e della prima linea e del board della dirigenza.(si veda il D .Lgs 231/2001).

 Con la logica del “solve et repete”, cioè solo in seguito si vedrà se non ci sono responsabilità;nel frattempo siamo al 50% retributivo.Si accorcerebbero anche i contenziosi.

Questo deterrente gestionale pone dei paletti strutturali e organizzativi molto incidenti per i livelli di responsabilità da dimostrare.

Una ulteriore azione è la formazione dei futuri manager in tema di sicurezza del lavoro e come pratica di management di successo. Purtroppo nell’università non si tratta il tema come una opportunità di successo professionale,ma come vincolo.

Nelle scuole di management quanti sono i corsi di gestione della sicurezza  sul lavoro? Quasi zero.

L’università hanno da tempo fatto propria strategicamente e operativamente la “terza missione” che è l’insieme delle azioni con le quali gli atenei interagiscono direttamente con la società e il proprio territorio di riferimento, sia attraverso azioni di valorizzazione della conoscenza sia anche tramite la divulgazione della responsabilità sociale.

 Il tema della sicurezza sul lavoro non forse  è un tema sociale?.

La sfida è quella di misurarsi con il mercato, integrando le scelte di sicurezza e le risorse di funzionamento dell’impresa, con l’obiettivo della massimizzazione relativa e non assoluta del profitto.

La “cronaca nera delle morti bianche” si ridimensiona se il lavoro non è legato al fare in fretta ed in meno tempo e qualifica il profitto in una visione sociale.


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