Il governo Meloni ha fatto bene a Meloni. Ma non ha fatto altrettanto bene all’Italia
Sedici/A Hermes Storie di geopolitica – Italia
Carlo Rognoni
Giornalista, ex vicepresidente del Senato, già consigliere di amministrazione della Rai
Nel pezzo di apertura del focus di approfondimento che Democrazia futura dedica A due anni dalla vittoria elettorale di Giorgia Meloni Carlo Rognoni chiarisce “Da cosa dipende la forza del governo di Giorgia Meloni” ovvero – scrive l’ex vicepresidente del Senato “Da almeno due aspetti: primo, l’incredibile e straordinaria capacità di fare il contrario di quello che aveva promesso in campagna elettorale; secondo, la debolezza dell’opposizione”. Rognoni dopo aver ripreso alcuni giudizi espressi da Sabino Cassese, Marcello Sorgi e Claudio Cerasa evidenzia i punti di forza ma anche i punti di debolezza dell’esecutivo ivi compresi quelli emersi dalla manovra finanziaria appena approvata, prima di concludere :”Dopo due anni, si può dire: il governo ha fatto bene a Meloni. Ma il governo Meloni non ha fatto altrettanto bene all’Italia”.
26 ottobre 2024
Il governo di Giorgia Meloni è già durato due anni. Un quasi record rispetto a molti governi del passato. E tutto fa pensare che duri ancora. Da cosa dipende la sua forza? Da almeno due aspetti:
- primo, l’incredibile e straordinaria capacità di fare il contrario di quello che aveva promesso in campagna elettorale;
- secondo, la debolezza dell’opposizione.
È vero che i partiti che tengono in piedi il governo spesso litigano, ma sono anche peggio i partiti di opposizione che sembrano incapaci di trovare un programma credibile e soprattutto condiviso.
Due anni fa, nel 2022, ci fu un crollo dei votanti (allora si disse che il partito più forte era diventato quello degli astenuti) e un forte spostamento a destra dell’elettorato. Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, aveva vinto con idee e programmi spaventosi, inutili spinte nazionalistiche, un passato inquietante, una classe dirigente non all’altezza, lei e i suoi alleati sedotti dal sovranismo.
Sembrava davvero scontato dover rimpiangere la stagione del governo Draghi.
Oggi Meloni resta la leader di partito più popolare (39,4 percento di giudizi positivi tra l’elettorato nel suo complesso).
“L’economia va meglio del previsto. Occupati, esportazioni e. produttività crescono, anche in misura più accentuata rispetto agli altri grandi paesi europei”
ha scritto Sabino Cassese. E questo anche se i dati di Confindustria e del Fondo monetario disegnano un quadro assai diverso da quello descritto dalla premier, con la crescita ormai a rischio e affidata quasi solo ai lavori del Pnrr.
Invece di fare dichiarazioni demagogiche e propagandare messaggi secondo i quali
“l’Italia è il migliore dei paesi possibili”,
la premier farebbe meglio ad affrontare con parole di verità la situazione del Paese. È sbagliato, infatti, continuare a camuffare il reale aumento delle tasse dovuto al taglio delle detrazioni, la modestia del taglio del cuneo fiscale che ridurrà il perimetro dei beneficiari, la probabilità che “i contributi” chiesti a banche e assicurazioni vengano ribaltati sottoforma di nuovi costi sugli utenti.
Ha commentato Marcello Sorgi su La Stampa:
“Se l’aumento della manovra s’è chiuso, in un modo o nell’altro, la primavera presto si aprirà portando con sé il malcontento delle categorie colpite”.
E poi:
“Il cammino dei governi, anche dei più stabili, ha sempre segnato, con il tempo, un certo logoramento e rallentamento”.
C’è poi un freno oggettivo: l’alto debito pubblico (quasi tremila miliardi) che costringe a una politica prudente, non tanto per i timori di Bruxelles quanto per il giudizio dei mercati.
D’altra parte
“sul Pnrr, sul famoso piano nazionale sulle riforme, non si può dire che il governo Meloni abbia dato il massimo (nel 2022, nel 2023, nel 2024 l’Italia ha speso in media 19 miliardi all’anno, ne prevede di spendere 45,1 nel 2025 e 86,7 nel 2026, più del doppio e più del quadruplo di ciò che si è speso finora, a dimostrazione che il governo ha rimandato ai prossimi anni dossier che non riusciva a chiudere)”.
Lo scrive il direttore de Il Foglio Claudio Cerasa, che pure dedica un editoriale favorevole a Giorgia Meloni premier, parlando – dice lui – “senza paraocchi” dei due anni trascorsi.
Quello che ha convinto Cerasa a parlar bene del governo è soprattutto la politica estera. Scrive:
“Ha votato a favore di tutte le sanzioni contro la Russia. Ha votato a favore del Patto di stabilità. E ha votato, con i leader del Pse, a favore del Patto sull’asilo e migranti”.
E poi
“è arrivata a considerare l’immigrazione per l’Italia come un’opportunità da cogliere, come dimostra la presenza del decreto flussi più importante della storia del nostro paese (452 mila ingressi in tre anni)”.
Ma Cerasa scrive anche:
“Ci sono mille ragioni per criticare il governo e ci sono mille ragioni per essere delusi, per la deriva securitaria, i tic anti scientifici, la non attenzione dedicata all’innovazione, il poco coraggio mostrato sulle tasse, l’incapacità di dettare un’agenda in Europa provando a sfruttare le debolezza dei propri partner… anche grazie all’incoerenza si può dire che con tutti i limiti che questo governo ha, non c’è alcuna deriva lepenista, non c’è alcuna deriva autoritaria, non c’è alcuna deriva fascista, ci sono molte occasioni perse, molti treni non presi in orario”.
Già, capisco ma non condivido del tutto.
Intanto ci sono due temi strategici per il benessere degli italiani che sono drammaticamente trascurati da questo governo: la sanità e la scuola. Sono due temi sui quali le opposizioni farebbero bene a concentrarsi, a superare le differenze, e avanzare proposte forti e innovative.
E poi, a proposito di immigrazione, vogliamo parlare della figuraccia fatta con l’idea di portare in Albania alcune migliaia di immigrati? Un gigantesco flop politico dettato dalla demagogia più becera.
E sul rapporto con i valori di una democrazia vogliamo stendere un velo pietoso? Che senso ha, per esempio, trasformare in reato universale la maternità surrogata? Lo stesso Foglio di Cerasa ha scritto qualche giorno fa:
“Quattrocento diciassette anni di carcere. A tanto ammonta il numero di anni di pena in più inseriti nel nostro ordinamento da quando si è insediato il governo Meloni. Sono stati introdotti 48 nuovi reati (una media di due al mese) e svariati inasprimenti di pena”:
“La sbornia giustizialista” questo il sacrosanto titolo del giornale.
Se ci fosse un’opposizione capace di allearsi e costruire un programma per il futuro del Paese … ecco che allora il governo Meloni potrebbe fare le valige – piene delle sue incoerenze, della sua doppiezza e delle pericolose idee che continua ad avere.
Dopo due anni, si può dire: il governo ha fatto bene a Meloni. Ma il governo Meloni non ha fatto altrettanto bene all’Italia.
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