Nonostante gli effetti limitati dei 300 missili e droni lanciati dall’Iran contro Israele
Tredici/A Hermes Storie di geopolitica – Mondo
Giampiero Gramaglia
Giornalista,
co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles
Prosegue la ricostruzione per Democrazia futura da parte di Giampiero Gramaglia dei due principali fronti di guerra. Con il titolo “Sempre molto alta la tensione in Ucraina e in Medio Oriente. Nonostante gli effetti limitati dei 300 missili e droni lanciati dall’Iran contro Israele”, l’ex direttore dell’Ansa raccoglie tre corrispondenze. Nella prima, scritta il 3 aprile “Pasqua senza pace, Francesco prega, Putin e Natanyahu colpiscono”, l’ex direttore dell’Ansa osserva come “resti forte il sostegno degli Stati Uniti a Israele, nonostante i rapporti tra il presidente Joe Biden e il premier Netanyahu siano gelidi.
Israele tiene pure aperto il negoziato con Hamas mediato da Qatar, Stati Uniti d’America ed Egitto. Però, un conto sono le parole; e un conto i fatti. L’attacco aereo contro un edificio annesso all’ambasciata iraniana a Damasco, che Israele non rivendica, ma che gli viene unanimemente attribuito, fa oltre dieci vittime di diversa nazionalità – fra di loro, dei Guardiani della Rivoluzione iraniani e un loro comandante. Mohammad Reza Zahedi, dal 2016 a capo della forza di élite Quds in Libano e in Siria -. Teheran minaccia risposte: c’è il rischio che l’onda di reazione allarghi l’area di guerra ed inneschi ritorsioni di lupi solitari o di cellule dormienti, anche nei nostri Paesi. Quasi contemporaneamente, un altro attacco missilistico israeliano uccide sette operatori umanitari internazionali della World Central Kitchen che stavano per distribuire viveri nel nord della Striscia, dove l’offensiva militare israeliana in corso da quasi sei mesi riduce alla fame centinaia di migliaia di persone”. Tutto questo mentre “Il segretario di Stato Antony Blinken ha insistito per una riforma dell’Autorità nazionale palestinese, che governa la Cisgiordania e che potrebbe essere coinvolta, dopo la guerra, nella gestione della Striscia, Parlando al telefono con il presidente dell’Autorità Abu Mazen, Blinken ha sottolineato l’impegno statunitense “alla creazione di uno Stato palestinese indipendente con garanzie di sicurezza per Israele”. Nell’ultima settimana di marzo, il presidente Abu Mazen ha provveduto a insediare un nuovo governo, fatto per lo più di figure finora poco note. […] Sul fronte dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, le cronache, stantie, ma non per questo meno tragiche, ripetono la litania di attacchi russi alle infrastrutture energetico-industriali ucraine e di sporadici contrattacchi ucraini in territorio russo. Da Kiev, il presidente Volodymyr Zelens’kyj fa sapere che le forze ucraine dovranno cedere ulteriore territorio alle truppe d’invasione e che alcune grandi città potrebbero cadere se non arrivano presto gli aiuti americani”. Nella seconda corrispondenza “Speranze di tregua deluse, allarmi terrorismo, prospettive conflitti”, scritta il 10 aprile Gramaglia evidenzia come “Gli sviluppi militari d’un conflitto che dura ormai da più di sei mesi s’intersecano con l’altalena dei negoziati al Cairo tra Israele e Hamas: c’è chi parla di significativi progressi e di consensi trovati su punti controversi, ma, ogni volta, quando sembra di essere vicini a un accordo, ci sono passi indietro. Un’intesa deve prevedere una tregua in cambio della liberazione di ostaggi e della scarcerazione di detenuti palestinesi; ma i dettagli mancano: quanto lunga la tregua? quanti gli ostaggi da liberare? quali i detenuti palestinesi da scarcerare? [mentre ] Sul fronte ucraino, il presidente Volodymyr Zelens’kyj ripete che il suo Paese perderà la guerra con la Russia, se gli Stati Uniti non torneranno a fornire aiuti militari. E il ministro degli Esteri britannico David Cameron va a Washington, passando da Mar-a-lago in Florida, dove incontra Donald Trump, per cercare di persuadere i repubblicani a sbloccare il pacchetto di aiuti da 60 miliardi di dollari sospeso dal novembre 2023.Il tutto di fronte al “muro di gomma di Netanyahu di fronte alle pressioni statunitensi e internazionali”: ammette le responsabilità israeliane nell’uccisione dei sette operatori umanitari internazionali, annuncia provvedimenti per evitare che errori del genere si ripetano, riapre il varco di Erez tra Israele e Gaza e il porto di Ashod – erano chiusi dal 7 ottobre – per fare transitare più aiuti; ma non concede nulla sulla tregua né sull’operazione a Rafah”. Per Netanyahu, l’entrata a Rafah è necessaria “per una vittoria su Hamas completa”: un mito che il premier perpetra, sperando, in tal modo, di tenere in vita il suo traballante governo e sufficientemente coesa la sua litigiosa maggioranza. Ma – chiarisce Gramaglia ci sono ministri che lo smentiscono e altri che gli remano contro, cercando sponde per succedergli”. Infine nella terza corrispondenza scritta nelle prime ore di domenica 14 aprile “Missili e droni iraniani contro Israele si abbattono sulla campagna elettorale negli Stati Uniti. Resistono bene le difese antiaeree israeliane. Biden ostile a un contrattacco contro Teheran”, l’ex direttore dell’Ansa osserva come “L’ondata di missili e droni iraniani, insolitamente annunciata – alla partenza e non a cose fatte – dall’agenzia iraniana Irna, tiene il Mondo intero con il fiato sospeso: è l’inevitabile ritorsione all’attacco israeliano sul consolato dell’Iran a Damasco, che aveva fatto numerose vittime, fra cui un generale dei Pasdaran, il primo aprile; e aumenta il rischio di un allargamento del conflitto. Missili e droni – aggiunge Gramaglia – non partono solo dall’Iran, ma anche da Yemen, Libano, Siria e Iraq, dove operano milizie che rispondono a Teheran. Il bilancio dell’azione è, nelle dichiarazioni di Israele, contenuto: danni limitati a installazioni militari – specie una base nel deserto del Negev, che resta operativa – e una trentina di feriti, tra cui una bimba di 9 anni in gravi condizioni. Teheran, invece, dichiara d’avere centrato tutti i suoi obiettivi”. Conclude Gramaglia “Biden manifesta l’incrollabile sostegno degli Stati Uniti a Israele, ma lo avverte di non essere favorevole a un contrattacco contro Teheran. Il presidente statunitense sollecita i leader del G7 a dare “una risposta diplomatica unitaria”. L’attuale inquilino alla Casa Bianca si sente rafforzato anche perché “Nei sondaggi Bidem [è] in recupero su Trump”. “Il presidente e l’ex presidente sono praticamente alla pari, con il magnate avanti 46 per cento a 45 per cento – i margini d’errore del rilevamento sono superiori -. E’ un miglioramento per Biden rispetto a fine febbraio, quando Trump era ben avanti: 48 per cento a 43 per cento”.
15 aprile 2024
1. Pasqua senza pace, Francesco prega, Putin e Natanyahu colpiscono1
Scena di guerra a Gaza (Fonte: Euronews)
C’è chi, come Papa Francesco, la pace la invoca, a Pasqua e tutti i suoi santi giorni.
E c’è chi la pace la sabota, a Pasqua e tutti i suoi empi giorni. Sono i terroristi integralisti della strage alla Crocus City Hall di Mosca, dopo quelli di Hamas che, il 7 ottobre, avevano ucciso 1200 israeliani e ne avevano presi circa 300 in ostaggio; Vladimir Putin che martoria l’Ucraina invasa; Benjamin Netanyahu che, pur di restare al potere e sottrarsi a giustizia ed elettori, gioca col fuoco di un allargamento del conflitto con gli attacchi letali su una sede diplomatica iraniana a Damasco e a un convoglio umanitario ‘made in Usa’ nella Striscia di Gaza – alla faccia dell’attenzione per le vite dei civili -.
I conflitti che insanguinano fette di Mondo e tengono con il fiato sospeso tutto il Mondo vivono drammatici sussulti proprio in coincidenza con la Pasqua. Avviene specialmente nel Medio Oriente, nonostante il Papa denunci “l’assurdità” della guerra, chieda un cessate-il-fuoco tra Israele e Hamas (dopo che l’ordine in tal senso impartito dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu è caduto nel vuoto), insista per la liberazione di tutti gli ostaggi e perché gli aiuti umanitari possano arrivare agli abitanti della Striscia di Gaza ridotta allo stremo e senza cibo né medicinali.
Le parole di Francesco, che, a 87 anni, ritrova vigore nell’appello alla pace della benedizione Urbi et Orbi, coincidono con la fine dell’assedio israeliano di 14 giorni all’ospedale palestinese di Al-Shifa, la più grande struttura sanitaria di Gaza. I giornalisti di Cnn e Washington Post che per primi possono entrarvi riferiscono di “odore di morte” e di infrastrutture distrutte, cadaveri e devastazioni. Il bilancio del ‘repulisti’ nel nosocomio è di circa 200 vittime.
Israele, un mare tra il dire e il fare
Sulle operazioni di terra a Rafah, Israele gioca la carta del dialogo con Washington, che, mentre critica il governo, non lesina le armi all’esercito: è pronta la vendita di 50 caccia F-15 di un valore di 18 miliardi di dollari, la più grossa fornitura militare statunitense a Israele dall’inizio del conflitto. Inoltre, il pacchetto include oltre 1800 bombe da 2000 libre MK84, già utilizzate in episodi bellici sfociati in uccisioni di massa. Il che – osservano media americani – dà un’idea di quanto resti forte il sostegno degli Stati Uniti a Israele, nonostante i rapporti tra il presidente Joe Biden e il premier Netanyahu siano gelidi.
Israele tiene pure aperto il negoziato con Hamas mediato da Qatar, Stati Uniti d’America ed Egitto. Però, un conto sono le parole; e un conto i fatti. L’attacco aereo contro un edificio annesso all’ambasciata iraniana a Damasco, che Israele non rivendica, ma che gli viene unanimemente attribuito, fa oltre dieci vittime di diversa nazionalità – fra di loro, dei Guardiani della Rivoluzione iraniani e un loro comandante. Mohammad Reza Zahedi, dal 2016 a capo della forza di élite Quds in Libano e in Siria -. Teheran minaccia risposte: c’è il rischio che l’onda di reazione allarghi l’area di guerra ed inneschi ritorsioni di lupi solitari o di cellule dormienti, anche nei nostri Paesi.
Quasi contemporaneamente, un altro attacco missilistico israeliano uccide sette operatori umanitari internazionali della World Central Kitchen che stavano per distribuire viveri nel nord della Striscia, dove l’offensiva militare israeliana in corso da quasi sei mesi riduce alla fame centinaia di migliaia di persone.
Israele apre un’inchiesta e riconoscerà di aver commesso un errore: Netanyahu, cui domenica 31 marzo è stata asportata un’ernia, deve ammettere che “sfortunatamente” operatori umanitari “innocenti” sono stati colpiti “non intenzionalmente”.
Quello che viene definito “un tragico incidente” è oggetto “di un accurato esame”: Israele farà “tutto il possibile perché eventi del genere non si ripetano”. Ma l’episodio letale è l’ennesimo di una guerra che ha già fatto oltre 31 mila vittime, nella stragrande maggioranza civili, donne, bambini.
Il “tragico incidente” acuisce le tensioni tra il presidente Joe Biden e Netanyahu, mentre la World Central Kitchen, un’organizzazione umanitaria fondata dallo chef stellato José Andrés, sospende le operazioni a Gaza: il convoglio è stato colpito – dice la Ong –
“nonostante avesse coordinato i movimenti con l’esercito israeliano”.
Fra le vittime, cittadini australiani, britannici e polacchi, oltre a due palestinesi con doppia nazionalità (statunitense e canadese).
C’è il rischio di un rallentamento nell’invio e nella distribuzione degli aiuti internazionali, proprio quando il pericolo di carestia nella Striscia è imminente e generalizzato. Operando in collaborazione con gli Emirati Arabi Uniti, la World Central Kitchen aveva fatto arrivare, lunedì 1 aprile 2024, da Cipro, tre navi con circa 400 tonnellate di viveri e rifornimenti. L’esercito israeliano era al corrente dello scarico e della distribuzione degli aiuti.
Il segretario di Stato Antony Blinken ha insistito per una riforma dell’Autorità nazionale palestinese, che governa la Cisgiordania e che potrebbe essere coinvolta, dopo la guerra, nella gestione della Striscia, Parlando al telefono con il presidente dell’Autorità Abu Mazen, Blinken ha sottolineato l’impegno statunitense
“alla creazione di uno Stato palestinese indipendente con garanzie di sicurezza per Israele”.
Nell’ultima settimana di marzo, il presidente Abu Mazen ha provveduto a insediare un nuovo governo, fatto per lo più di figure finora poco note.
L’attacco su Damasco, di cui Washington non era stata preventivamente informata, e l’uccisione degli operatori umanitari hanno suscitato proteste e rimostranze non solo nel Mondo arabo, ma anche in Occidente e, in particolare, nell’Unione europea, dove la Spagna ha assunto una posizione molto critica. Perplessità desta pure l’intenzione israeliana di limitare l’accesso all’informazione di al Jazeera, la tv che più racconta quanto accade nella Striscia: diversi suoi giornalisti sono stati uccisi nel conflitto. Il capo della diplomazia europea Josep Borrell avverte:
“Niente affari con chi viola i diritti umani e i principi dell’Onu”.
Zelens’kyj: senza aiuti siamo costretti ad arretrare
Sul fronte dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, le cronache, stantie, ma non per questo meno tragiche, ripetono la litania di attacchi russi alle infrastrutture energetico-industriali ucraine e di sporadici contrattacchi ucraini in territorio russo.
Da Kiev, il presidente Volodymyr Zelens’kyj fa sapere che le forze ucraine dovranno cedere ulteriore territorio alle truppe d’invasione e che alcune grandi città potrebbero cadere se non arrivano presto gli aiuti americani.
Da novembre 2023, un pacchetto di aiuti internazionali – attualmente, 95 miliardi di dollari, 60 dei quali per l’Ucraina, è bloccato in Senato dall’opposizione repubblicana all’Amministrazione democratica del presidente Biden.
Ci sono timidi segnali che la situazione potrebbe sbloccarsi, ma, intanto, è evidente che gli ucraini al fronte sono in difficoltà, perché gli aiuti militari europei non sono sufficienti. E se Kiev ha difficoltà di leva, Mosca lancia un bando per coscritti ordinario, ma innalzando l’età dei chiamati alle armi da 27 a 30 anni: l’impegno è che chi risponderà alla chiamata non andrà a combattere in Ucraina la guerra che il patriarca Kiril ha ormai chiamato “santa”.
Gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali stanno intanto valutando se trasferire alla Nato la gestione d’un gruppo multinazionale attualmente a guida statunitense, il gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina che coordina la spedizione di armi a Kiev. La mossa – scrive Politico – è finalizzata a mantenere il flusso d’aiuti all’Ucraina anche nel caso di una seconda presidenza di Donald Trump.
Mosca è ancora alle prese con gli strascichi dell’attentato alla Crocus Cvity Hall: indagini, arresti, accuse all’intelligence di Kiev.
L’Amministrazione di Washington aveva avvisato Mosca che il teatro era potenziale obiettivo di un attacco terroristico più di due settimane prima della strage poi compiuta dall’Isis-K: lo riferisce il Washington Post, citando fonti statunitensi protette dall’anonimato e informate dei fatti. L’alto grado di specificità contenuto nell’avvertimento indica, da una parte, che l’intelligence statunitense era sicura del fatto suo e contraddice, d’altra parte, le affermazioni di Mosca secondo cui i moniti erano stati troppo generici per consentire di prevenire l’assalto.
Nelle dichiarazioni di alcuni leader europei, a partire dal premier polacco Donald Tusk, continuano ad avvertirsi venti di guerra, mentre la portavoce del Pentagono Sabrina Singh prova a rassicurare gli alleati:
“Difenderemo ogni centimetro del territorio Nato”.
E’ tornato attuale il vecchio motto “Se vuoi la pace, prepara la guerra”: Polonia e Paesi Baltici temono di essere il prossimo obiettivo d’un attacco russo. E, nell’analisi delle intelligence, le frasi di Putin, secondo cui i caccia F-16 forniti all’Ucraina sono obiettivi russi legittimi – anche su campi d’aviazione di Paesi Terzi -, rappresentano un’escalation nella retorica che può condurre a una guerra.
Un quadro d’insicurezza globale
L’insicurezza globale non si limita al Medio Oriente e all’Ucraina. La diplomazia statunitense è attiva su tutti i fronti di conflitto e di tensione: lunedì 1 aprile, Biden ha parlato al telefono con il presidente cinese Xi Jinping, per la prima volta dopo l’incontro di novembre 2023 a San Francisco2: fitta l’agenda, con la conferma della rinnovata cooperazione militare per evitare incidenti per errore; la situazione a Taiwan, poi colpita la mattina di mercoledì 3 aprile da un violento terremoto; l’intelligenza artificiale e TikTok, cui il Congresso di Washington intende porre restrizioni; la lotta al traffico di droga, specie il fentanyl. Positivo di per sé il colloquio, ma non risolutivo su nessuno dei temi in discussione.
Stretta di mano fra i presidenti cinese Xi Jinping e Usa Joe Biden (Fonte: Key4biz)
Ad aggravare il quadro di insicurezza globale, in particolare nel Pacifico, la Corea del Nord testa “con successo” – dice – un nuovo missile balistico a raggio intermedio con testata ipersonica e fa sapere che tutti i missili sviluppati dal Paese hanno ormai capacità nucleare. Secondo quanto scrive la Kcna, l’agenzia di stampa nord-coreana, il presidente nordcoreano Kim Jong-un ha guidato il test del missile Hwasong-16.
L’esercito sudcoreano conferma di avere rilevato il lancio di un missile balistico ipersonico: l’ordigno ha volato per circa 600 chilometri prima di cadere nel Mare Orientale.
2. Speranze di tregua deluse, allarmi terrorismo, prospettive conflitti3
Avanti così verso e oltre la fine del Ramadan, tra speranze di tregua deluse e allarmi terrorismo che danno brividi all’Europa, con l’Isis che minaccia gli stadi dei quarti di finale della Champions League: “Uccideteli tutti!”, scrive sui suoi siti.
Alternando come di consueto il caldo al freddo, il premier israeliano Benjamin Netanyahu dice che il momento dell’offensiva di terra a Rafah, annunciata a fine febbraio, è ormai deciso, senza però indicare la data. Lì, s’accalcano un milione e mezzo di palestinesi rifugiati dal Nord della Striscia, dove, invece, c’è un ritiro di forze israeliane, specie da Khan Younis.
La presenza sul territorio di militari israeliani scende al livello più basso dall’inizio del conflitto, innescato dagli attacchi terroristici di Hamas in territorio israeliano, che fecero circa 1200 vittime e condussero alla cattura di quasi 300 ostaggi, oltre un centinaio dei quali devono ancora essere liberati.
Un’immagine di devastazione a Khan Younis, oggi
Non c’è da trarne auspici di tregua. L’intelligence occidentale parla di un avvicendamento delle forze, dopo mesi di combattimenti che hanno ridotto gran parte della citta in rovine, E il Ministero della Difesa israeliano dice che le truppe di stanno riorganizzando, in vista “di nuove missioni”, fra cui forse l’operazione di Rafah:
“La guerra nella Striscia continua. Non stiamo per fermarci”
dice Herzi Halevi, capo di Stato Maggiore. E, del resto, a Khan Younis, la città del leader di Hamas Yehya Sinwar, resta una presenza militare israeliana “significativa”, per condurre “operazioni mirate”.
Gli sviluppi militari d’un conflitto che dura ormai da più di sei mesi s’intersecano con l’altalena dei negoziati al Cairo tra Israele e Hamas: c’è chi parla di significativi progressi e di consensi trovati su punti controversi, ma, ogni volta, quando sembra di essere vicini a un accordo, ci sono passi indietro. Un’intesa deve prevedere una tregua in cambio della liberazione di ostaggi e della scarcerazione di detenuti palestinesi; ma i dettagli mancano: quanto lunga la tregua? quanti gli ostaggi da liberare? quali i detenuti palestinesi da scarcerare?
Un momento della conferenza stampa al Dipartimento di Stato del ministro degli Esteri britannico Davide Cameron e del Segretario di Stato Una Antony Blinken (Fonte: Jefferson City News Tribune)
Sul fronte ucraino, il presidente Volodymyr Zelens’kyj ripete che il suo Paese perderà la guerra con la Russia, se gli Stati Uniti non torneranno a fornire aiuti militari. E il ministro degli Esteri britannico David Cameron va a Washington, passando da Mar-a-lago in Florida, dove incontra Donald Trump, per cercare di persuadere i repubblicani a sbloccare il pacchetto di aiuti da 60 miliardi di dollari sospeso dal novembre 2023. Zelen’skyj chiede munizioni, specialmente per la difesa aerea, e avverte che “altri Stati saranno attaccati” se l’Ucraina non sarà in grado di resistere.
La situazione è critica soprattutto presso la centrale nucleare di Zaporizhzhia, occupata dai russi dal 2022, oggetto di attacchi coi droni sia domenica 7 che lunedì 8 aprile. L’Agenzia dell’Onu per l’energia atomica, l’Aiea, parla di “un serio incidente”, che “poteva compromettere la sicurezza” dell’impianto, ma conferma l’integrità del reattore. Ucraini e russi si rimpallano la responsabilità dell’azione, mentre l’intelligence ucraina rivendica il danneggiamento di una nave russa nella exclave di Kaliningrad – i russi non confermano -.
Striscia di Gaza, muro gomma di Netanyahu di fronte alle pressioni statunitensi e internazionali
Una giovane mamma con il suo bambino a Gaza, dove la situazione umanitaria è disperata (Fonte: Quotidiano.net)
Il Ramadan, il mese del digiuno musulmano, è trascorso: non ha portato le violenze temute in CisGiordania e a Gerusalemme, ma non ha neppure portato la tregua sperata. Anzi, lo sconsiderato e gratuito attacco letale israeliano all’ambasciata dell’Iran a Damasco ha accresciuto il pericolo globale: ci si attende da un momento all’altro una ritorsione iraniana, che può essere contro interessi israeliani ovunque nel Mondo, ma c’è anche il timore di derive terroristiche coordinate o opera di cani sciolti – e, quindi, impossibili da prevenire -.
Per Netanyahu, l’entrata a Rafah è necessaria “per una vittoria su Hamas completa”: un mito che il premier perpetra, sperando, in tal modo, di tenere in vita il suo traballante governo e sufficientemente coesa la sua litigiosa maggioranza. Ma ci sono ministri che lo smentiscono e altri che gli remano contro, cercando sponde per succedergli. Benjamin Gantz, leader dell’opposizione, ma membro del governo d’emergenza, propone elezioni a settembre 2024, mentre, nel Paese, la protesta – avverte l’intelligence – “sta divenendo rivolta”.
Gli Stati Uniti fanno sapere di non essere stati informati sulla tempistica dell’attacco a Rafah – ammesso che sia stata davvero decisa – e ripetono di temere che un’offensiva di terra
“possa avere un devastante impatto sui civili e, in fin dei conti, danneggiare la sicurezza di Israele”,
creando ulteriore risentimento arabo e palestinese nei confronti dello Stato ebraico. Washington chiede un piano di protezione dei civili “credibile”. L’Onu, l’Unione europea, gli Stati Uniti d’America e altri vogliono che parte dei palestinesi rifugiati nel Sud della Striscia possano tornare alle macerie delle loro case nel Nord e che il flusso degli aiuti umanitari – acqua, viveri, medicinali – aumenti ancora per tamponare un’emergenza dalle proporzioni spaventose.
In una conversazione telefonica di trenta minuti, la prima fra di loro dopo il raid su Damasco e l’uccisione, “per errore” di sette operatori umanitari di un’organizzazione non governativa statunitense, il presidente statunitense Joe Biden ammonisce Netanyahu che la situazione a Gaza è “inaccettabile” e lo sollecita a prendere misure per affrontare la crisi o a subirne le conseguenze.
“L’atteggiamento degli Stati Uniti d’America verso Israele ne dipende”,
spiega ai giornalisti dopo la telefonata il segretario di Stato Antony Blinken, senza fornire dettagli.
Ma Netanyahu, che ha totalmente ignorato un ordine vincolante dell’Onu alla tregua, è un muro di gomma: ammette le responsabilità israeliane nell’uccisione dei sette operatori umanitari internazionali, annuncia provvedimenti per evitare che errori del genere si ripetano, caccia due ufficiali che sarebbero i responsabili “di serie violazioni” delle procedure convenute, riapre il varco di Erez tra Israele e Gaza e il porto di Ashod – erano chiusi dal 7 ottobre – per fare transitare più aiuti; ma non concede nulla sulla tregua né sull’operazione a Rafah.
L’inchiesta sull’uccisione dei sette operatori umanitari internazionali conduce ad ammissioni imbarazzanti per Israele, che deve riconoscere lacune nelle procedure di sicurezza per i civili, e rinnova lo scetticismo sull’accuratezza dei processi decisionali militari israeliani. I palestinesi e le organizzazioni umanitarie, che hanno avuto oltre 200 operatori uccisi dall’inizio del conflitto, hanno spesso accusato gli israeliani di tirare sui civili in modo indiscriminato. Scott Paul, della Oxfam, testimonia:
“Quanto accaduto è tragico, ma non è un’anomalia… L’uccisione di operatori umanitari nella Striscia è stata sistematica…”.
L’Onu sta intanto valutando se dare o meno alla Palestina lo statuto di membro a parte intera. Dal novembre 2012, la missione palestinese presso le Nazioni Unite gode dello statuto di “Stato osservatore non membro”. Ma, sui luoghi del conflitto, dove l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati, l’Unwra, osteggiata da Israele, opera ormai a fatica, i palestinesi temono per la loro vita e s’interrogano sul loro futuro.
Ucraina, i ‘trolls’ si moltiplicano, le munizioni mancano
Una scena apocalittica, un’immagine della guerra in Ucraina (Fonte: Media Duemila)
Se negli Stati Uniti la guerra in Ucraina non trova molto spazio nella campagna elettorale per Usa 2024, nell’Unione europea, invece, il tema agita l’attesa delle elezioni europee dal 6 al 9 giugno. Molti leader di Paesi dell’Unione europea invitano le opinioni pubbliche a prepararsi a un possibile conflitto: non solo i Baltici e la Polonia, anche Francia e Germania. In Italia, al contrario, la retorica politica va nella direzione opposta: la guerra non è un’opzione.
Le scadenze elettorali sono ben presenti all’attenzione del Cremlino: ‘trolls’ russi, o foraggiati dai russi, contribuiscono a diffondere sentimenti anti-ucraini in Europa e soprattutto in America, dove distribuiscono migliaia di articoli o di post sui social per incoraggiare l’isolazionismo statunitense. Il Washington Post rivela l’esistenza di un documento di Mosca in merito ottenuto da un’intelligence europea.
Se gli aiuti all’Ucraina arrivano, in questa fase, con il contagocce, e Kiev manca di munizioni anti-carro ed anti-aeree, i movimenti di truppe sul territorio della Nato sono significativi: ad esempio, reparti tedeschi vengono schierati in Lituania, in quello che è il loro primo impiego a lungo termine fuori della Germania dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Il ministro della Difesa lituano Laurynas Kasciunas esalta l’evento come “un grande esempio” di difesa Nato dei confini atlantici e un segnale per la Russia e la Bielorussia:
“Creeremo un’architettura di dissuasione tale che nessun nemico vorrà mettere alla prova la nostra determinazione”.
L’Ucraina abbassa l’età della leva da 27 a 25 anni, per rinfoltire le fila delle truppe rarefatte dalle perdite, ma deve fare fronte al rifiuto di molti di andare a combattere – giovani fuggiti all’estero all’inizio dell’invasione e che non rispondono alla chiamata alle armi -, proprio mentre la Russia sta preparando – riferiscono fonti d’intelligence – una nuova grossa offensiva nel Donbass e forse in direzione di Kharkiv e continua a condurre bombardamenti notturni sulle infrastrutture energetiche e industriali ucraine.
Come Kiev, anche Bruxelles – Unione europea o Nato che sia – paventa l’ipotesi di un avvicendamento alla Casa Bianca, che potrebbe preludere al disimpegno degli Stati Uniti dall’Ucraina, anche se Donald Trump ha smentito l’esistenza d’un piano di pace attribuitogli dal Washington Post. Si tratterebbe di premere sull’Ucraina perché lasci alla Russia la Crimea e la regione del Donbass, attualmente occupata e annessa. Secondo il Washington Post, l’ex presidente ritiene che l’Ucraina e la Russia
“vogliono salvare la faccia e avere una via di uscita”.
Ma la pace ‘alla Trump’ pare sostanzialmente una vittoria dei russi. L’ex presidente è convinto che gli abitanti di alcune province ucraine preferiscano essere russi.
All’idea di pace di Trump, lontana dalla ‘pace giusta’ di cui parla l’Amministrazione Biden, si pone in antitesi un editoriale del New York Times, per cui l’Ucraina sta difendendo “la sua democrazia e il suo territorio dalla Russia” e ha bisogno degli Stati Uniti d’America. L’editoriale esorta lo speaker della Camera Mike Johnson, che è una marionetta di Trump, ad agire e a sbloccare gli aiuti: se la Russia
“imporrà la sua volontà all’Ucraina, la credibilità e la leadership americana subiranno un duro colpo”.
Ma questo è, in fondo, quel che il magnate vuole: uno smacco per Biden, più che una vittoria per Putin.
Per il New York Times
Trump e i “suoi seguaci possono sostenere che la sicurezza dell’Ucraina, o addirittura dell’Europa, non è un problema degli Stati Uniti”.
Ma una vittoria della Russia in Ucraina avrebbe come conseguenza un Mondo in cui i sistemi autoritari
“si sentono liberi di spegnere il dissenso e occupare territori…. Questa è una minaccia alla sicurezza dell’America e del Mondo”.
Per farvi fronte, la Nato pensa a garantire sostegno militare all’Ucraina a lungo termine: un fondo da cento miliardi di dollari per cinque anni – non è chiaro se i 50 miliardi di euro già decisi dall’Unione europea per lo stesso periodo ne sarebbero parte o sarebbero aggiuntivi – e che non potrebbe essere rimesso in discussione dal ritorno di Trump alla Casa Bianca.
Resistono bene le difese antiaeree israeliane. Biden ostile a un contrattacco contro Teheran
3. Missili e droni iraniani contro Israele si abbattono sulla campagna elettorale per le presidenziali negli Stati Uniti4
Un’immagine dell’attacco iraniano con missili e droni su Israele (Fonte: Euronews)
I circa 300 missili – 120 balistici e una trentina di cruise – e droni che l’Iran ha lanciato nella notte fra sabato 13 e domenica 14 aprile contro Israele vengono intercettati “al 99 per cento” dalle difese antiaeree israeliane e dai loro alleati, ma s’abbattono sulla campagna elettorale per Usa 2024. Il presidente statunitense Joe Biden segue gli eventi che possono incendiare il Mondo nella Situation Room della Casa Bianca, dopo avere fatto saltare tutti i suoi programmi del fine settimana: con lui, c’è il team per la sicurezza nazionale, il segretario di Stato Antony Blinken, il capo del Pentagono Lloyd Austin, i vertici militari; la vice presidente Kamala Harris è collegata in video.
L’ex presidente Donald Trump, invece, prima scrive sul suo social Truth;
“Israele è sotto attacco. Con me presidente non sarebbe mai successo”.
Poi, fa un discorso a un comizio in Pennsylvania, come da programma, e critica il rivale:
“L’attacco dell’Iran contro Israele è segno della debolezza degli Stati Uniti guidati da Biden”.
L’ondata di missili e droni iraniani, insolitamente annunciata – alla partenza e non a cose fatte – dall’agenzia iraniana Irna, tiene il Mondo intero con il fiato sospeso: è l’inevitabile ritorsione all’attacco israeliano sul consolato dell’Iran a Damasco, che aveva fatto numerose vittime, fra cui un generale dei Pasdaran, il primo aprile; e aumenta il rischio di un allargamento del conflitto.
Missili e droni non partono solo dall’Iran, ma anche da Yemen, Libano, Siria e Iraq, dove operano milizie che rispondono a Teheran. Il bilancio dell’azione è, nelle dichiarazioni di Israele, contenuto: danni limitati a installazioni militari – specie una base nel deserto del Negev, che resta operativa – e una trentina di feriti, tra cui una bimba di 9 anni in gravi condizioni. Teheran, invece, dichiara d’avere centrato tutti i suoi obiettivi.
Si sapeva che Israele ha difese anti-aeree efficaci contro missili e droni – questi ultimi, se lanciati dall’Iran, impiegano 7/9 ore a giungere sui loro obiettivi e lasciano quindi un tempo di reazione sufficiente -. Ma c’era l’eventualità che un attacco così massiccio potesse ‘bucare’ le difese, nonostante Israele fosse preparato: da fine marzo, l’intero Paese e le forze armate erano in stato d’allarme.
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno contribuito a intercettare gli ordigni iraniani.
“Li abbiamo respinti: insieme vinceremo”,
commenta il premier israeliano Benjamin Netanyahu. A cose fatte, Biden gli telefona: i due parlano 25 minuti, Biden manifesta l’incrollabile sostegno degli Stati Uniti a Israele, ma lo avverte di non essere favorevole a un contrattacco contro Teheran. Il presidente statunitense sollecita i leader del G7 a dare “una risposta diplomatica unitaria”. Nel frattempo è prevista in serata una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Nei sondaggi Biden in recupero su Trump
Joe Biden recupera lo svantaggio su Donald Trump in vista delle elezioni del 5 novembre, secondo l’ultimo sondaggio del Siena College per il New York Times. Il presidente e l’ex presidente sono praticamente alla pari, con il magnate avanti 46 per cento a 45 per cento – i margini d’errore del rilevamento sono superiori -. E’ un miglioramento per Biden rispetto a fine febbraio, quando Trump era ben avanti: 48 per cento a 43 per cento.
Il recupero di Biden è iniziato con il discorso sullo stato dell’Unione, il 7 marzo, nonostante l’onere che gli impegni internazionali, con due guerre in atto, in Ucraina e in Medio Oriente, rappresentano per il presidente.
Nella seconda settimana di aprile Biden ha ospitato alla Casa Bianca il primo vertice trilaterale Usa – Giappone – Filippine, con il premier giapponese Fumio Kishida e il presidente filippino Ferdinando Marcos jr, nell’ottica di un contenimento della Cina nel Pacifico e di una dissuasione delle provocazioni nucleari nord-coreane, proprio mentre si svolgeva a a Pyongyank la visita cinese di più alto livello da cinque anni a questa parte.
A distrarre – relativamente – Trump dalla campagna elettorale sono, invece, i processi. A New York il 15 aprile inizia quello per i pagamenti in nero alla pornostar Stormy Daniels, all’anagrafe Stephanie Clifford, perché tacesse, durante la campagna elettorale per Usa 2016, su una loro passata relazione.
Sabato 13 aprile, in Pennsylvania, Trump aveva un comizio e una raccolta fondi. Nello Stato cruciale per il voto del 5 novembre arriva anche Joe Biden che terrà un discorso nella sua città Natale, Scranton. Con elettori che oscillano tra il sostegno ai democratici e ai repubblicani, la Pennsylvania è uno degli Stati più incerti di Usa 2024. Nel 2020, Biden l’ha conquistata con meno dell’1,5 per cento ovvero circa 80 mila voti, mentre nel 2016 Trump prevalse su Hillary Clinton con meno di 45 mila voti.
- Scritto il 3 aprile 2024 per The Watcher Post. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/04/04/guerre-pasqua-senza-pace/ ↩︎
- Giampiero Gramaglia “Biden vede Xi, passi avanti e dialogo “molto costruttivo e produttivo”, Democrazia futura, III (12A) ottobre-dicembre 2023, pp. 1505-1506. Cf. https://www.key4biz.it/democrazia-futura-biden-vede-xi-passi-avanti-e-dialogo-molto-costruttivo/468082/ ↩︎
- Scritto il 10 aprile 2024 per The Watcher Post Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/04/11/guerre-mo-ucraina-speranze/ ↩︎
- Scritto il 14 aprile 2024 per The Watcher Post. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/04/14/usa-2024-204-missili-e-droni/ ↩︎
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