Il netto successo alle primarie del presidente democratico e dell’ex presidente repubblicano
Tredici/A Hermes Storie di geopolitica – Mondo
Giampiero Gramaglia
Giornalista,
co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles
Giampiero Gramaglia ripercorre per Democrazia futura l’ultima intensa e del tutto probabilmente decisiva settimana elettorale oltre oceano di elezioni primarie. Dal voto di domenica 3 marzo a Washington DC sino al Super Martedì 5 marzo dove si è votato in ben quindici Stati, tornata nella quale sono stati assegnati complessivamente oltre un terzo dei delegati alla convention repubblicana. In una prima corrispondenza scritta il 4 marzo l’ex direttore dell’Ansa spiega le ragioni per le quali l’unica sfidante a Trump rimasta ancora in corsa, Nikki Haley, abbia ottenuto il suo primo successo nella Capitale degli Stati Uniti d’America: “Haley vince a Washington, DC”. Segue un secondo pezzo scritto il 5 marzo in cui l’ex direttore dell’Ansa commenta l’attesa decisione della Corte Suprema statunitense sull’eleggibilità del principale candidato repubblicano alla nomination: “Alla vigilia del Super Martedì la Corte Suprema dà via libera a Trump per correre alle primarie. Bocciata la decisione della Corte suprema del Colorado di escluderlo”. Il terzo pezzo, scritto il 6 marzo, “Biden e Trump a gonfie vele, ma non fanno bottino pieno”, è naturalmente dedicato all’analisi del voto del Super Martedì. Segue un quarto pezzo scritto il 7 marzo dedicato alle conseguenze del voto: “Haley abbandona la corsa alla nomination senza sostenere Trump” questo il titolo dell’articolo in cui Gramaglia nota nell’occhiello come sia “Iniziata la ricerca di conquistare l’elettorato conservatore dell’ex governatrice della South Carolina” e riprende un’analisi del Financial Times dedicata al rebus dell’elettore ‘no-Trump’. L’analisi di Gramaglia prosegue l’8 marzo con un quinto commento al discorso pronunciato al Congresso stanotte dal presidente degli Stati Uniti: “Biden fa discorso sullo stato dell’Unione, Trump va in tilt mentre replica”. Riferimento all’esplosione di contatti prodottasi sul social Truth dove il magnate aveva chiosato in diretta la performance del suo successore alla Casa Bianca. Infine il 13 marzo analizzando il voto della vigilia alle primarie in Georgia, in Mississippi, nello Stato di Washington, alle Hawaii e alle Marianne, Gramaglia osserva come con un a settimana d’anticipo sul mini Super Martedì del 19 marzo “Biden e Trump raggiungono la sicurezza aritmetica per la nomination”.
Una settimana fondamentale nel calendario elettorale
Quella che si sta chiudendo è stata una settimana fondamentale nel calendario elettorale di Usa 2024: la decisione il 4 marzo dei giudici supremi (che devono ancora pronunciarsi sulla pretesa d’immunità di Trump: lo faranno in estate) di non escludere l’ex presidente dalle primarie; i verdetti del Super Martedì 5 marzo; e, giovedì 7 marzo in serata, il discorso sullo stato dell’Unione del presidente Joe Biden davanti al Congresso riunito in sessione plenaria, come quel 6 gennaio 2021.
Fra i democratici, Biden corre praticamente da solo. Fra i repubblicani, Nikki Haley, l’unica rivale di Trump, pur vincitrice domenica 3 marzo a Washington e martedì 5 marzo in Virginia, ha rinunciato a proseguire nella corsa alla nomination. Gli Stati in cui si è votato sono stati, in ordine alfabetico: Alabama, Alaska, Arkansas, California, Colorado, Maine, Massachusetts, Minnesota, North Carolina, Oklahoma, Tennessee, Texas, Utah, Vermont e Virginia, più il territorio delle Samoa. Nello Iowa, si svolgono i caucuses democratici – i repubblicani li hanno già fatti a gennaio -. Qui di seguito la cronaca di questa settimana decisiva nella corsa verso le nomination di USA 2024.
In attesa che la Corte Suprema si pronuncia sull’eleggibilità di Trump Haley vince a Washington, DC1
Nikki Haley festeggia la sua vittoria nelle primarie di Washington DC (Fonte: ANSA)
La prima vittoria, che potrebbe anche restare l’unica ed essere l’ultima. Mentre s’attende il verdetto della Corte Suprema sull’eleggibilità di Donald Trump, e nell’imminenza del Super Martedì, che il 5 marzo assegna, con le primarie in 15 Stati, 874 delegati repubblicani, oltre un terzo dei 2.429 alla convention, Nikki Haley, la sola rivale di Trump rimasta in lizza per la nomination, s’è aggiudicata, domenica 3 marzo, le primarie nel Distretto di Columbia, dove sorge Washington, conquistando i 19 delegati in palio. Haley è così salita a 43 delegati, ma Trump è già a quota 244. Ron DeSantis e Vivek Ramaswamy ne hanno rispettivamente 9 e 3: entrambi, però, si sono già ritirati e hanno di fatto conferito i loro all’ex presidente.
Il successo di Haley, che mette un termine alla striscia di vittorie di Trump, non giunge inatteso, perché a Washington i repubblicani sono modesta minoranza – solo 22 mila gli elettori registrati – e l’ex presidente vi gode di una bassissima popolarità. Qui, nel 2020, Trump, che era in carica, vinse, ma correva da solo; nel 2016, quando la partita per la nomination era ancora aperta, arrivò terzo.
Il magnate ha infatti ironizzato sulla vittoria di Haley, tornando a insultarla in un post sul suo social Truth e a chiamarla “cervello di gallina”:
“Mi sono tenuto volutamente alla larga da Washington – scrive Trump, a cose fatte -, la ‘palude’, pochissimi delegati e nessun vantaggio. ‘Cervello di gallina’ ha speso lì tutto il suo tempo, il suo denaro e i suoi sforzi”.
Trump ricorda che “i numeri davvero grandi arriveranno nel Super Martedì”. E su questo ha ragione: si vota, infatti, in Stati importanti come California, Texas, e, inoltre, Alabama, Colorado, Minnesota, Massachusetts, Virginia, North Carolina e vari altri.
Proprio perché in Colorado si vota martedì 5 marzo, è attesa per oggi la sentenza della Corte Suprema statunitense sull’esclusione di Trump dalle primarie di quello Stato, decisa dalla Corte Suprema statale in virtù della sezione 3 del 14° emendamento della Costituzione, che bandisce dai pubblici uffici quanti hanno tradito il giuramento fatto sulla Costituzione.
In attesa del verdetto della Corte Suprema, la sentenza della Corte Suprema statale è congelata e, quindi, Trump può partecipare alla consultazione. Ma il verdetto della Corte Suprema Usa varrà anche per tutti quegli altri Stati in cui la questione è stata posta. Nell’udienza preliminare, i giudici di Washington erano parsi scettici sulle argomentazioni di quelli di Denver.
Intanto, Haley fa un passo indietro sull’endorsement a Trump, nel caso egli ottenga la nomination dei repubblicani. “Non sono obbligata a sostenerlo”, dichiara l’ex governatrice della South Carolina alla Nbc. L’ex governatrice ha pure criticato il Partito repubblicano, “il partito di Trump” che “non è più quello di una volta”.
Come Biden, anche Trump inanella gaffes
Joe Biden non è l’unico in corsa per la Casa Bianca a commettere gaffe attribuibili, forse, all’età avanzata. Per l’ennesima volta, infatti, Donald Trump ha confuso il suo probabile rivale a Usa 2024 con Barack Obama.
“Vladimir Putin, si sa, ha così poco rispetto per Obama che sta iniziando a parlare di armi nucleari. Abbiamo uno stupido, uno stupido come presidente”,
ha detto il magnate durante un comizio. Poi, rendendosi conto dell’errore, ha fatto finta di averlo fatto apposta.
“Ogni volta che dico il nostro presidente Barack Hussein Obama è perché molte persone pensano che sia lui a governare. Ma io non la penso così”.
Di recente, l’ex presidente che compirà 78 anni a giugno, ha sbagliato il nome della moglie Melania; qualche tempo fa, aveva confuso Nikki Haley con l’ex speaker della Camera Nancy Pelosi.
I Socialisti Democratici boicottano Biden per il sostegno a Israele
I Democratic Socialists of America, la più grande organizzazione politica di sinistra statunitense, aderiscono alla protesta dei ‘non schierati’, nel voto del Super Martedì. Lo riferisce The Hill. Gli ‘uncomitted’ sono un movimento di boicottaggio del presidente Biden per il suo sostegno a Israele nella guerra a Gaza. Alle primarie democratiche in Michigan hanno ottenuto circa 100 mila voti, quasi uno su sei. Scrivono i socialisti su X:
“Fino a quando questa Amministrazione non porrà fine al sostegno al genocidio di Israele a Gaza e non otterrà un cessate il fuoco permanente e duraturo, Biden sarà responsabile di un’altra presidenza Trump.
Biden – aggiungono – è sulla buona strada per perdere le elezioni, a meno che non scelga di ascoltare la classe operaia di questo Paese e di cambiare rotta. La sconfitta a Usa 2024 è certa, se non riuscirà a farlo”,
minaccia il gruppo.
Bocciata la decisione della Corte suprema del Colorado di escluderlo
Alla vigilia del Super Martedì la Corte Suprema dà via libera a Trump per correre alle primarie2
I giudici della Corte Suprema non hanno dato ascolto alle proteste anti-Trump di fronte alla loro sede (Fonte: SwissInfo)
Oggi 5 febbraio 2024 si svolgono le primarie in 15 Stati dell’Unione e nel territorio di Samoa. E il nome di Donald Trump può essere su tutte le schede, dopo che la Corte Suprema la vigilia ha bocciato, all’unanimità – nove a zero – la decisione della Corte Suprema del Colorado di escludere l’ex presidente dalle primarie in forza d’un emendamento della Costituzione. Il verdetto della Corte Suprema vale per tutti gli Stati dove procedimenti analoghi erano stati avviati ed erano in corso, a vari stadi. La sezione 3 del 14° emendamento, che risale a dopo la Guerra Civile, bandisce dai pubblici uffici coloro che abbiano tradito la Costituzione su cui avevano giurato, partecipando a rivolte o sommosse contro di essa. Nel caso di Trump, il riferimento era al 6 gennaio 2021, quando migliaia di facinorosi da lui sobillati diedero l’assalto al Campidoglio per indurre il Congresso, che era riunito in sessione plenaria, a rovesciare l’esito delle elezioni vinte da Joe Biden. A giudizio di molti media statunitensi, la decisione della Corte Suprema è la più importante adottata dal massimo organo giudiziario degli Stati Uniti in un’elezione presidenziale da quella che nel 2000 in pratica decretò la vittoria di George W. Bush su Al Gore.
La decisione della Corte Suprema sul 14° emendamento
La Corte Suprema ha dunque accolto il ricorso dell’ex presidente contro la decisione del Colorado su Usa 2024: l’orientamento era già parso chiaro in occasione dell’udienza in cui le parti avevano presentato le loro tesi. I giudici non sono entrati nel merito del ruolo del magnate il 6 gennaio 2021, ma hanno stabilito che spetta solo al Congresso, e non ai singoli Stati, l’autorità di rimuovere un candidato presidenziale. Altrimenti, hanno rilevato, si rischierebbe il caos, con decisioni e con tempi diversi da Stato a Stato. La sentenza anche ai ricorsi pendenti in altri Stati, compresi Maine e Illinois, dove le procedure erano più avanzate.
“Una grande decisione, una grande vittoria per l’America”,
ha esultato Trump sul suo social Truth, parlando di una sentenza “non per me, ma per i futuri presidenti”. Il prossimo passo, ha aggiunto, sarà “la concessione dell’immunità presidenziale”: un ricorso più difficile da vincere ma che gli ha già consentito di posticipare l’inizio del dibattimento sull’insurrezione del 6 gennaio 2021 all’estate, quando probabilmente avrà già in tasca la nomination alla convention repubblicana.
Le prospettive del Super Martedì
Nella scia della decisione della Corte Suprema, Trump è pronto a fare oggi il pieno di delegati. Secondo la media di Real Clear Politics, negli Stati più popolosi Trump surclassa Haley di 53 punti in California e addirittura di 70 in Texas. L’ex presidente ha già 247 delegati e conta di raggiungere i 1.215 necessari per la nomination nella tornata elettorale del 19 marzo – oggi, ce ne sono in palio 874 -. Haley ha 43 delegati. Dopo il suo successo di domenica a Washington D.C. – il primo in assoluto d’una donna in una primaria repubblicana -, il magnate, che si dipinge come un anti-establishment, ha avuto buon gioco nel dipingerla come
“la regina della palude” (che sarebbe Washington), “incoronata solo dai lobbisti e dagli insider della capitale che vogliono proteggere il fallimentare status quo”.
In campo democratico, Biden confida al New Yorker di essere fiducioso di vincere nel 2024, nonostante i sondaggi peggiori di sempre: “Sono l’unico che abbia mai battuto Trump. E lo batterò di nuovo”, assicura, ricordando come le Cassandre siano già state smentite nelle elezioni del 2020, del 2022 e anche del 2023.
“Corro di nuovo perché sono davvero orgoglioso di quanto fatto e voglio continuarlo … La maggior parte di quello che ho fatto sta dando i suoi frutti solo adesso”, sostiene.
Ma teme che Trump contesterà l’esito del voto se dovesse perdere:
“I perdenti non sono mai garbati. Penso solo che farà di tutto per provare a vincere. Se vincessi, penso che lo contesterà. Non importa quale sarà il risultato”.
Super Martedì, dove, come e per cosa si vota
- ALABAMA – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 50 repubblicani, 59 democratici.
- ALASKA – Primarie repubblicane, con 29 delegati in palio. I democratici voteranno ad aprile.
- ARKANSAS – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 40 repubblicani, 37 democratici.
- COLORADO – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palo: 37 repubblicani, 86 democratici.
- MAINE – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 20 repubblicani, 32 democratici
- MASSACHUSSETTS – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 40 repubblicani, 116 democratici
- MINNESOTA – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 39 repubblicani, 92 democratici.
- NORTH CAROLINA – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 74 repubblicani, 132 democratici.
- CALIFORNIA – Primarie per entrambi i partiti e suppletive per il seggio al Senato della defunta Dianne Feinstein. Delegati in palio: 169 repubblicani e 424 democratici.
- OKLAHOMA – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 43 repubblicani e 40 democratici.
- TENNESSEE – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 58 repubblicani, 70 democratici.
- TEXAS – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 161 repubblicani, 272 democratici.
- UTAH – Caucuses repubblicani, 40 delegati in palio; primarie democratiche, 34 delegati.
- VERMONT – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 17 repubblicani, 24 democratici.
- VIRGINIA – Primarie per entrambi i partiti. Delegati in palio: 48 repubblicani, 118 democratici.
- SAMOA – Caucuses repubblicani e democratici, con 9 e11 delegati in palio. I 55 mila residenti di queste piccole isole vicino all’Australia sono considerati ‘Us national’ ma non ‘Us citizen’, quindi mandano delegati alla convention, ma non votano alle presidenziali.
Super Martedì: Biden e Trump a gonfie vele, ma non fanno bottino pieno3
La notizia è che né l’uno né l’altro hanno fatto percorso netto nel Super Martedì: Joe Biden perde alle Samoa, battuto da un candidato locale; e Donald Trump perde in Vermont, dove Nikki Haley ottiene la seconda, e probabilmente insperata, vittoria di queste primarie, dopo quella di domenica a Washington, D.C. Altrove, il presidente e l’ex presidente fanno una cavalcata trionfale, avvicinandosi alla nomination dei rispettivi partiti e a una rivincita il 5 novembre del voto del 3 novembre 2020. È la prima volta che succede dal 1952/’56, quando il generale Dwight Eisenhower e il diplomatico Adlai Stevenson si sfidarono due volte per la Casa Bianca (vinse sempre il vincitore dello sbarco in Normandia).
Biden e Trump confermano entrambi la loro forza elettorale, ma anche le loro vulnerabilità. L’uno e l’altro sono esposti a dissensi interni ai loro partiti: Biden fra i giovani, le minoranze, la sinistra; Trump fra i conservatori moderati e tradizionali.
Super Martedì: i risultati e il conto dei delegati
Il Super Martedì di Usa 2024 ha ben poco di super: manca l’incertezza, a dare pathos e suspence alla notte elettorale.
I protagonisti seguono i risultati da casa loro: Biden è alla Casa Bianca; Trump nella sua dimora di Mar-a-lago in Florida; e Haley al quartier generale di Charleston (SC), dove tutti sono preparati a un discorso d’addio che (ancora?) non arriva, alimentando voci su quel che intende fare l’ex governatrice – c’è chi le presta l’intenzione di correre come indipendente.
Nel computo dei delegati […] fra i repubblicani, l’ex presidente non può, in ogni caso, superare la soglia dei 1215 che assicurano la nomination: dovrà attendere – già si sapeva – la tornata del 19 marzo, quando si vota in Arizona, Florida, Illinois, Kansas e Ohio.
Invece, fra i democratici, il presidente, a conti fatti, sarà vicinissimo alla certezza matematica. Biden vince in tutti gli Stati, ma non alle Samoa, dove, però, non si vota alle presidenziali: lo batte Jason Palmer, un imprenditore locale, con il 56 per cento dei voti contro il 44 per cento. Palmer porterà i suoi sei delegati alla convention del partito ad agosto.
La misura del successo del presidente non la danno le percentuali marginali dei suoi rivali, il deputato Dean Phillips e la scrittrice Marianne Williamson, ma il numero delle schede ‘uncommitted’: elettori democratici che, a causa dell’età o di altro, non ne condividono la candidatura e che, dove possono manifestarsi, sono in genere meno del 10 per cento.
Trump perde il Vermont, ma vince largo e talora larghissimo ovunque, due a uno o addirittura 4 a 1 sulla Haley. Il magnate ci resta un po’ male, a non fare bottino pieno, ma, come al solito, non lo dà a vedere.
Super Martedì, le reazioni e i commenti
Prima che fossero annunciati tutti i risultati, il magnate ha fatto in diretta tv il suo ‘victory:
“È stata una serata formidabile”, ha detto, vantandosi di avere fatto “una cosa che nessuno avevo fatto prima nella storia” e ripetendo che Biden sarebbe “il peggior presidente di sempre”.
Quindi ha profetizzato che il partito repubblicano “sarà presto riunito”, aumentando la pressione su Haley perché si ritiri. Biden s’è limitato a un comunicato della sua campagna: Trump
“vuole distruggere la democrazia, strapparci libertà fondamentali e approvare altri tagli fiscali per miliardi di dollari per i ricchi. Farà o dirà qualsiasi cosa per andare al potere”.
Anche la Haley, con una nota, spiega che
“l’unità non si raggiunge dicendo semplicemente ‘siamo uniti’… Resta un ampio gruppo di elettori repubblicani profondamente preoccupati da Trump… Affrontare queste preoccupazioni renderà il partito e l’America migliori”.
Biden, screzio ucraino; Trump sta con Israele
Nella notte elettorale, c’è anche spazio per la politica estera.
Trump esprime in forma più esplicita che mai finora il sostegno a Israele nella guerra a Gaza, proprio mentre cresce la pressione, dentro e fuori gli Stati Uniti, perché Washington metta un freno all’alleato. “Sì”, risponde in magnate, a chi sulla Fox gli chiede se sia “nel campo di Israele”. L’intervistatore incalza: l’ex presidente – chiede – “condivide” il modo in cui Israele conduce l’offensiva nella Striscia? “Sì – risponde il magnate: deve risolvere il problema”.
Invece, Biden incappa in uno screzio ucraino. La first lady ucraina Olona Zelen’ska declina l’invito a seguire dalla tribuna degli ospiti, accanto alla first lady Jill Biden, il discorso sullo stato dell’Unione che il presidente farà giovedi 7 in serata. Gli ucraini non apprezzano che, accanto a Jill, debba pure esserci la vedova dell’oppositore russo Alexiei Navalny, perché il defunto dissidente riteneva la Crimea russa. Alla fine, non ci saranno – pare – né Olona né Yulia.
Chicche politiche nel Super Martedì
La giornata politica offre altre chicche. In California, dove le primarie servono anche per scegliere il candidato senatore allo scranno lasciato libero dalla morte di Dianne Feinstein, fra i democratici vince il deputato Adam Schiff, uno dei ‘grandi inquisitori’ di Trump nelle cause per impeachment del 2019 e 2021. Non è ancora chiaro chi sarà il suo antagonista. E la senatrice dell’Arizona Kyrsten Sinema, eletta con i democratici, poi divenuta indipendente, annuncia il suo ritiro dalla vita politica, dopo un anno di voci e di illazioni sulle sue intenzioni, offrendo ai repubblicani l’opportunità di strappare un seggio ai democratici. La partita a novembre tra il deputato democratico Ruben Gallego e la governatrice repubblicana dello Stato, Kari Lake, una ‘trumpianissima’, potrebbe decidere quale partito controllerà il Senato nel biennio 2025/’26. Nell’annunciare la sua scelta, Sinema dice:
“Credo nella mia visione della politica, ma la mia non è quella dell’America in questo momento”.
In campo repubblicano, il leader dei senatori uscente, Mitch McConnell, che ha già annunciato che lascerà il posto dopo le elezioni, valuta se dare o meno il proprio endorsement a Trump, da cui aveva preso le distanze dopo la sommossa del 6 gennaio 2021. Il suo sarebbe un gesto per favorire l’unità di un partito diviso.
Iniziata la ricerca di conquistare l’elettorato conservatore dell’ex governatrice della South Carolina
Haley abbandona la corsa alla nomination senza sostenere Trump4
Nikki Haley annuncia il suo ritiro dalla corsa alla nomination repubblicana (Fonte: Quotidiano.net)
Fuori i secondi, cioè fuori quelli che sono arrivati ultimi nel Super Martedì. Nikki Haley, protagonista di una bella prova, lascia la corsa alla nomination repubblicana a Usa 2024, dopo essersi imposta in solo due nelle oltre venti competizioni elettorali fin qui svoltesi per raccogliere delegati alla convention repubblicana che, a luglio, a Milwaukee, proclamerà il candidato. Fra i democratici, lascia il deputato del Minnesota Dean Phillips, di cui però pochi si erano accorti che fosse in lizza per Usa 2024 – generalmente, otteneva briciole di consenso -. L’uscita di scena di Haley significa che gli americani devono ancora attendere il momento in cui avranno un presidente donna, dopo esserci andati vicini con Hillary Clinton nel 2016 e avere poi avuto nel 2020 la prima vice-presidente donna, Kamala Harris. Deludendo molte attese, Haley decide di non correre da indipendente: l’ex governatrice della South Carolina vuole così preservare le sue chances di diventare, nel 2028, la candidata del partito, anche se, teoricamente, Trump, se non fosse rieletto quest’anno, potrebbe ancora correre per la nomination (ma avrà 82 anni, sarà, cioè, più vecchio di Biden ora). Parlando dalla South Carolina, il suo Stato, Haley non ha dato il suo endorsement a Trump per Usa 2024 e non ha invitato i suoi elettori a votarlo. L’ex governatrice ed ex rappresentante degli Stati Uniti d’America all’Onu ha basato la sua campagna sulla sua esperienza di amministratrice e di esteri; e ha sottolineato la necessità d’un ricambio generazionale. Ma non è riuscita a scalfire lo zoccolo duro dell’elettorato trumpiano.
Anche Phillips, 55 anni, uno dei deputati più ricchi, offriva agli elettori una leadership democratica di nuova generazione e spendeva del suo per fare campagna. Non è però riuscito a catturare attenzione e consensi. Anche nel suo Stato, il Minnesota, i democratici critici di Biden hanno votato più ‘uncommitted’ che lui.
Dopo il Super Martedì, dunque, il presidente Joe Biden e l’ex presidente Donald Trump sono ormai soli in corsa per la nomination e la presidenza – in realtà, fra i democratici resta in lizza la scrittrice Marianne Williamson, altra candidata invisibile all’opinione pubblica –. Il 19 marzo, quando si vota in cinque stati – Florida, Ohio, Illinois, Arizona e Kansas –, Biden e Trump dovrebbero raggiungere la soglia di delegati necessaria alla garanzia aritmetica della nomination dei rispettivi partiti.
Da lì, potrebbe cominciare una fase di relativa stasi della campagna elettorale, fino alle convention. Dopo il Labour Day, la festa del lavoro americana, che quest’anno cade il 2 settembre, comincerà, invece, la campagna elettorale vera e propria fino all’Election Day del 5 novembre.
Biden e Trump, gli elettori di Haley nel mirino
Biden e Trump hanno già cominciato a muoversi alla conquista dell’elettorato di Haley, tendenzialmente conservatore – e, quindi, terreno di caccia del magnate -, ma anche radicalmente anti – Trump – e, quindi, catturabile da Biden -. Ma è possibile che molti dei sostenitori di Haley non vadano a votare il 5 novembre.
E, comunque, la strada è ancora lunga otto mesi, oltre 240 giorni, e molte cose possono ancora accadere per orientare la campagna e influenzare le scelte degli elettori, in economia, negli esteri e pure, per quanto riguarda Trump, nelle aule dei tribunali. Il primo impegno giudiziario del magnate è il 25 marzo a New York, dove inizia un procedimento per fatti che risalgono alla campagna 2016, quando, per nascondere al pubblico vecchie storie con una pornostar e una coniglietta di PlayBoy, ne pagò in nero il silenzio usando fondi degli elettori.
Dopo il Super Martedì, vengono già segnali di coagulo dei repubblicani intorno a Trump: il leader del partito al Senato Mitch McConnell, che per il 6 gennaio 2021 aveva criticato il comportamento del magnate, gli ridà ora l’appoggio, constatando che ha “il sostegno” degli elettori repubblicani – l’ennesimo esempio di un esponente repubblicano ‘quaquaraquà’ di fronte al fenomeno Trump: principi zero, solo potere -.
Un sondaggio per conto dell’Associated Press conferma che pochi americani auspicano un ruolo più attivo dell’Unione nelle guerre in atto in Ucraina e nel Medio Oriente e, in generale, nei problemi dell’umanità. Il presidente Biden si appresta a fare il discorso sullo stato dell’Unione, che potrebbe essere il suo ultimo esercizio di questo genere: cercherà di convincere gli americani d’avere ottenuto buoni risultati in economia e nel sociale; cercherà di convincere i repubblicani a dargli i mezzi per affrontare il problema dei migranti e per aiutare l’Ucraina; e, infine, cercherà di dare di sé un’immagine responsabile e rassicurante. Tres ‘missions’ quasi ‘impossible’ nell’attuale contesto politico e sociale verso Usa 2024.
Le campagne di Biden e Trump fanno la conta dei delegati finora conquistati: il presidente ne ha 1.556 e gliene servono 1.968; l’ex presidente ne ha 1.053 e gliene servono 1.215. Prima del ritiro Haley ne aveva conquistati 87, Ron DeSantis 9 e Vivek Rasmaswamy 3.
In California, le primarie del Super Martedì delineano una sfida a novembre per il seggio al Senato lasciato vacante da Dianne Feinstein fra il deputato democratico Adam Schiff e il repubblicano Steve Garvey, un ex giocatore di baseball dei Los Angeles Dodgers.
Il rebus dell’elettore ‘no-Trump’, un’analisi di Marcello Campo riprendendo il Financial Times
Marcello Campo, ex corrispondente dagli Stati Uniti, scrive sull’ANSA in vista di Usa 2024:
Non solo gli elettori di Haley sono incerti sul da farsi – tra loro, c’è pure chi è tentato di votare Biden -. ma anche tantissimi ex sostenitori di Trump sembrano aver abbandonato il magnate. È la tesi del Financial Times, secondo cui “il vero protagonista” di questa importantissima tornata elettorale è stato “l’elettore segreto no-Trump”.
Per Peter Spiegel, firma di spicco del quotidiano della City, la prestazione di Trump alle urne è stata
“inferiore alle previsioni dei sondaggisti”.
Se otto anni fa, infatti, le rilevazioni tendevano a sottostimare i consensi all’ex presidente, quest’anno i rilievi statistici
“continuano a sbagliare, ma nella direzione opposta”.
Stavolta, spiega il giornale, Trump è andato peggio rispetto ai sondaggi “in ogni grande primaria”, dal New Hampshire alla South Carolina al Michigan.
Un caso per tutti, quello clamoroso del Vermont:
‘Qui l’ultimo grande sondaggio pubblicato prima del voto – nota il Financial Times – dava Trump in vantaggio per 61-31. Invece alla fine ha vinto Haley’.
Insomma, per il giornale londinese la grande differenza tra oggi e otto anni fa è che,
se allora emerse “l’elettore segreto di Trump”, ora sembra esserci “un elettore segreto no-Trump”.
Chissà se dietro questa ritrosia elettorale ci sia l’indignazione nei confronti dell’attacco al Campidoglio e la campagna contro il diritto di interrompere volontariamente la gravidanza. Molti di loro, segnala il Financial Times,
vivono nelle “ricche periferie tradizionalmente terreno di caccia privilegiato per i candidati repubblicani”.
Ma anche qui pare che
“il comportamento irregolare di Trump e il disprezzo per le regole democratiche abbiano prodotto un notevole cambiamento nei modelli di quel voto”.
Inoltre, conclude il Financial Times, Trump potrebbe avere perso appeal nell’elettorato femminile:
“Ci sono prove crescenti che le donne repubblicane che vivono in queste periferie si siano rivoltate contro Trump in numero ancora maggiore a causa della decisione della Corte Suprema del 2022 di annullare il diritto all’aborto”.
L’allarme è stato lanciato anche dallo stratega elettorale conservatore Karl Rove. Il consulente preferito da George W. Bush – lo definiva ‘the Genius’ – ha confermato a Fox News, cifre alla mano, che il vero compito di Trump da qui al voto di novembre è recuperare il voto conservatore:
“Il team Trump dovrebbe preoccuparsi di unificare il Partito repubblicano”.
Per Haley – ha osservato Rove –
“ha votato un terzo degli elettori in Virginia, il 43 per cento in Massachusetts, il 23 per cento nel Nord Carolina, il 31 per cento nel Maine e il 48 per cento del Vermont”.
Non a caso Rufus Gifford, capo finanziario della campagna di Biden 2024, ha subito lanciato su X un appello a questa fetta di elettori:
“Cari sostenitori di Haley, potremmo non essere d’accordo su ogni questione, ma la campagna di Biden è aperta a tutti coloro che desiderano far avanzare il nostro Paese”.
Biden fa il discorso sullo stato dell’Unione, Trump va in tilt mentre replica5
Il presidente Joe Biden pronuncia il discorso sullo stato dell’Unione a una sessione congiunta del Congresso al Campidoglio, giovedì 7 marzo 2024, a Washington. In piedi a sinistra c’è il vicepresidente Kamala Harris e seduto a destra c’è il presidente della Camera Mike Johnson, R-La. (Shawn Thew/Pool via AP).
La costruzione di un porto temporaneo, al largo delle coste della Striscia di Gaza, per incrementare il flusso di aiuti umanitari alla popolazione palestinese: il presidente degli Stati Uniti Joe Biden fa questo annuncio, nel discorso sullo stato dell’Unione pronunciato giovedì 7 marzo in serata di fronte al Congresso riunito in sessione plenaria.
La banchina offshore sarà costruita da militari statunitensi e consentirà “di alleviare le sofferenze dei civili palestinesi”, molti dei quali muoiono letteralmente di fame.
Gli Stati Uniti d’America, che dall’inizio di marzo paracadutano aiuti sulla Striscia, dopo la strage del pane del 29 febbraio – oltre cento le vittime -, intensificheranno tutte le forniture di viveri e medicinali. Si calcola che la missione d’emergenza consentirà la consegna dell’equivalente di centinaia di autotreni addizionali d’aiuti umanitari.
Per prendere le sue decisioni e passare all’azione,
“il presidente ha considerato tutte le opzioni, senza aspettare Israele”,
avevano riferito a giornalisti, prima del discorso, fonti della Casa Bianca. L’idea di un attracco offshore realizzato da militari statunitensi ha avuto echi positivi in Israele.
L’iniziativa di Biden ha origini e riflessi dalla e sulla politica interna.
Nella stessa giornata di giovedì 7 marzo, il presidente ha infatti vinto i caucuses, cioè le assemblee, alle Hawaii, per scegliere i delegati alla convention di agosto, ma la partecipazione è stata molto bassa e quasi un terzo dei votanti, oltre il 29 per cento, la percentuale più alta finora registrata, gli hanno preferito l’opzione ‘uncommitted’, un modo per esprimere dissenso dalla posizione filo-israeliana degli Stati Uniti nella guerra a Gaza.
Biden esalta le differenze con Trump
Nel discorso al Congresso riunito in sessione plenaria, in ‘prime time’ su molte televisioni, un rito annuale della politica americana, il presidente Biden, che ha parlato per oltre un’ora, ha difeso il suo operato su tutti i fronti, ha propugnato la sua candidatura a un secondo mandato, ha criticato senza mai nominarlo il suo predecessore e probabile futuro rivale Donald Trump. E, riferendosi all’età, tallone d’Achille della sua campagna – ha 81 anni -, Biden dice:
“Il problema non è la nostra età, ma quella delle nostre idee. La vita mi ha insegnato a scegliere libertà e democrazia, un futuro basato sui valori fondamentali che hanno definito l’America, onestà, correttezza, dignità, uguaglianza, per rispettare tutti, per offrire a tutti una giusta possibilità, per non dare all’odio un porto sicuro. Altri – un riferimento a Trump, ndr – hanno la stessa età, ma vedono una storia americana di risentimento, vendetta e punizione. Quello non sono io”.
Biden sottolinea, inoltre, che chi si oppone all’aborto “non ha nessun’idea del potere delle donne”: altro tema di campagna elettorale su cui lui e Trump sono divisi. E prova a mettere in evidenza risultati positivi della sua presidenza, specie sul fronte economico, di cui, secondo i sondaggi, l’opinione pubblica gli rende poco merito. Dell’Ucraina, invasa dalla Russia, assicura che “non l’abbandoneremo”, ma insiste che non può difendersi senza gli aiuti americani e occidentali. La stampa statunitense mainstream, ma tendenzialmente liberal, dal New York Times alla Cnn passando per il Washington Post e per le maggiori reti televisive generaliste, giudica “vibrante” l’intervento del presidente, i cui passaggi sono stati spesso applauditi dai democratici e talora contestati dai repubblicani (alcuni dei quali sfoggiavano i berretti Maga della campagna Trump). Lo stato dell’Unione 2024 risente del clima elettorale e tratteggia una forte e netta contrapposizione tra Biden e Trump, dal rapporto con la Russia alla sanità pubblica, passando per l’insurrezione del 6 gennaio 2021 contro le istituzioni democratiche degli Stati Uniti: in filigrana, c’è sempre il tema di fondo della campagna di Biden, il ritorno di Trump alla presidenza metterebbe a repentaglio la democrazia americana. Mentre il presidente parla, Truth, il social dove Trump chiosa in diretta il suo discorso, stile ‘botta e risposta’ minuto per minuto, subisce interruzioni intermittenti, forse per un eccesso di contatti. L’app – riferisce chi prova a collegarsi – visualizza un messaggio di errore e la versione desktop non dà accesso ai post in modo continuo. Prima, Trump aveva scritto:
“Sono lieto di informarvi che faremo una diretta, minuto per minuto, del discorso del disonesto Biden… Correggerò, con una risposta rapida, qualsiasi dichiarazione inaccurata, in particolare relativa ai confini e all’uso come arma del Dipartimento di Giustizia, dell’Fbi, dei procuratori generali e dei procuratori distrettuali per accusare il suo avversario politico, ossia io. Qualcosa che non è mai stato fatto in questo Paese”.
Un riferimento ai procedimenti penali, quattro, federali, statali e locali, in cui Trump è attualmente imputato, dovendo rispondere di oltre 90 capi d’accusa.
Stato dell’Unione, ospiti e assenti e altre curiosità
Il premier svedese Ulf Kristersson, il cui Paese è appena diventato il 32° membro della Nato, il capo del potente sindacato dell’auto Shawn Fain, e Kate Cox, la donna texana cui è stato negato un aborto d’urgenza per una gravidanza a rischio, sono alcuni degli ospiti – una ventina – di Joe e Jill Biden, nella tribuna d’onore dell’aula della Camera. Gli ospiti sono ‘testimonial’ delle priorità e dei risultati della presidenza Biden: i diritti riproduttivi, civili e dei lavoratori; il contributo al rimborso dei debiti degli studenti per l’Università; la lotta contro il fentanyl e le armi facili; la difesa del welfare e della sanità; gli interventi su infrastrutture e catene di approvvigionamento, in particolare dell’energia; la lotta al cambiamento climatico.
Sul fronte delle crisi internazionali, spiccano due forfait: Yulia Navalnaya, la vedova dell’oppositore russo Alexiei deceduto in un carcere siberiano, e Olena Zelenska, la moglie del presidente ucraino. Olena non accettava di essere vicina a Yulia, sia pure con Jill in mezzo, perché Navalny giudicava la Crimea russa. Alla fine, nessuna delle due è venuta.
Fra gli ospiti dello speaker della Camera Mike Johnson, un ‘trumpiano’ che ha però applaudito qua e là Biden, c’erano i genitori di Evan Gershkovich, il giornalista del Wall Street Journal attualmente detenuto in Russia. I repubblicani hanno affidato la rituale replica al discorso di Biden a Katie Britt, 42 anni, dell’Alabama, la più giovane senatrice repubblicana mai eletta.
Il Congresso statunitense verso compromesso anti-shutdown e sviluppi giudiziari
Poco prima che Biden pronunciasse il duo discorso, il Congresso ha trovato un’intesa per evitare uno shutdown, cioè l’interruzione parziale di servizi federali: è un pacchetto di provvedimenti da 460 miliardi di dollari che risponde ad alcune priorità dell’Amministrazione e dell’opposizione (senza, però, gli aiuti per l’Ucraina e le misure anti-migranti).
La Camera ha già votato il provvedimento, il Senato dovrebbe farlo entro questo 8 marzo, termine ultimo perché nulla si fermi nell’apparato federale. C’è voluto qualche artificio procedurale per accelerare l’iter della misura. Normalmente, il bilancio dello Stato avrebbe dovuto essere varato il 1 ottobre 2023.
Sul fronte giudiziario, si apprende che un’inchiesta in Arizona molto simile a quella che in Georgia ha già portato al rinvio a giudizio di Trump, per avere sollecitato le autorità statali a rovesciare l’esito del voto del 2020 nello Stato, sta andando avanti e sarebbe prossima a concludersi.
A New York i legali del magnate sono già impegnati a cercare di ostruire e dilazionare il processo che deve iniziare il 25 marzo: chiedono al giudice che lo presiede d’impedire all’accusa di fare riferimento a circostanze non strettamente connesse alla vicenda di cui si tratta – pagamenti in nero a due donne perché tacessero sulle loro relazioni con il magnate -.
Trump riceve sempre questo 8 marzo nella sua dimora di Mar-a-lago in Florida il premier ungherese Viktor Orban, teorico della democrazia illiberale – e amico del presidente russo Vladimir Putin – cui il magnate pare sempre più ispirarsi. Orban, in questa sua missione americana, non ha contatti con l’Amministrazione Biden, che è molto critica nei suoi confronti. Il rapporto tra Trump e Biden è oggetto di un’acuta analisi della Cnn.
Dopo le primarie in Georgia, in Mississippi, nello Stato di Washington, alle Hawaii, alle Marianne, Biden e Trump raggiungono la sicurezza aritmetica per la nomination6
Con una settimana d’anticipo sul mini Super martedì del 19 marzo, Joe Biden e Donald Trump hanno superato, vincendo il 12 marzo le primarie in Georgia, in Mississippi, nello Stato di Washington, alle Hawaii, alle Marianne e fra i democratici all’estero, la soglia di delegati necessaria a essere aritmeticamente sicuri della nomination alle convention dei rispettivi partiti: i repubblicani in luglio a Milwaukee, i democratici in agosto a Chicago. Lo indicano i calcoli dei principali media statunitensi, mentre i risultati non sono ancora né definitivi né ufficiali. Le soglie di delegati da superare erano 1968 per Biden e 1215 per Trump.
WASHINGTON, DC 12 marzo 2024.L’ex procuratore speciale Robert Hur raccoglie i suoi materiali durante un’interruzione della testimonianza davanti alla commissione giudiziaria della Camera il 12 marzo 2024 a Washington, DC. Hur ha indagato sulla cattiva gestione dei documenti riservati da parte del presidente degli Stati Uniti Joe Biden e ha pubblicato un rapporto finale con conclusioni controverse sulla memoria di Biden. (Photo by Chip Somodevilla/Getty Images).
A poco meno di otto mesi dall’Election Day, il 5 novembre, è, dunque, finita la fase della campagna per le primarie e comincia quella verso una rivincita con pochi precedenti nella storia degli Stati Uniti d’America: 70 anni or sono, nel 1956, Dwight Eisenhower e Adlai Stevenson si affrontarono per la seconda volta (e Eisenhower bissò la vittoria); e nel lontanissimo 1892, Grover Cleveland, candidato democratico per tre volte di seguito e già vincitore nel 1894, batte Benjamin Harrison, repubblicano, che lo aveva a sua volta battuto nel 1888.
Ora Biden e Trump sono i ‘presumptive nominees’ dei rispettivi partiti. Ma i risultati del 12 marzo hanno anche qualche risvolto negativo, in particolare per Trump, perché in Georgia il magnate è oltre l’80 per cento, ma la sua ex rivale Nikki Haley, che pure s’è ritirata dalla corsa, supera il 15 per cento, con oltre 60 mila voti. Un segnale di allarme, secondo alcuni analisti, perché vuol dire che tra i repubblicani c’è uno zoccolo duro anti-Trump, che negli Stati in bilico come proprio la Georgia potrebbe risultare decisivo.
D’ora in poi, è probabile che i toni di Biden, ma soprattutto quelli di Trump, cambieranno un po’: l’obiettivo non sarà più consolidare la propria base, ma cercare di andare a conquistare moderati e indipendenti. Trump, però, incalza Biden per un confronto in televisione faccia a faccia, prima dei tre canonici già fissati tra settembre e ottobre sulla via di Usa 2024.
“Per il bene di questo Paese e per informare gli americani su quanto sta accadendo, deve esserci immediatamente un dibattito fra il corrotto Joe e l’onesto Don. Io sono pronto in ogni momento e ovunque”,
scrive il magnate su Truth.
Continuano ad avere echi gli elogi di Trump a Hitler, “vergognosi, ma non sorprendenti”, a giudizio della campagna di Biden, dopo le anticipazioni del libro del giornalista della Cnn Jim Sciutto, cui l’ex capo di gabinetto dell’ex presidente, John Kelly, ha raccontato l’ammirazione del magnate per il Fuehrer.
“Non c’è da sorprendersi, da un uomo che propone una retorica nazista nei suoi comizi, che chiama i suoi rivali parassiti e che ammira dittatori e autocrati come Vladimir Putin, Viktor Orban, Kim Jong Un e il resto della gang”,
dice la portavoce della campagna di Biden Sarafina Chitika.
“Quando Donald Trump parla come un dittatore, loda i dittatori e dice di voler essere un dittatore dobbiamo credergli”.
- Scritto il 4 marzo 2024 per The Watcher Post. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/03/04/usa-2024-245-haley-vince-dc/ ↩︎
- Scritto il 5 marzo 2024 per The Watcher Post. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/03/05/usa-2024-244-ok-a-trump/ ↩︎
- GP News 6 Marzo 2024. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/03/06/usa-2024-243-super-martedi/ ↩︎
- Scritto il 7 marzo 2024 per The Watcher Post. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/03/07/usa-2024-242-haley-lascia/ ↩︎
- Scritto l’8 marzo per The Watcher Post. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/03/08/usa-2024-241-stato-unione/ ↩︎
- Scritto il 13 marzo 2024 per The Watcher Post Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/03/13/usa-2024-236-certa-nomination/ ↩︎