Il delicato momento per le Cancellerie nello scenario internazionale
Tredici/A Hermes Storie di geopolitica – Mondo
Giampiero Gramaglia
Giornalista,
co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles
Democrazia futura propone l’analisi di Giampiero Gramaglia del “delicato momento per le Cancellerie nello scenario internazionale” in un contributo, intitolato “Prima e dopo il voto in Russia e la conferma al Cremlino di Putin”, che raccoglie tre corrispondenze dell’ex direttore dell’Ansa. Nella prima corrispondenza “Russia al voto: la vittoria scontata di Putin”, scritta il 14 marzo alla vigilia delle elezioni presidenziali russe, Gramaglia affronta come temi principali – come recita l’occhiello – gli “Interrogativi sulla partecipazione al voto e gli strascichi delle guerre in Ucraina e Medio Oriente”. Nella seconda corrispondenza scritta il 18 marzo a risultati ormai acquisiti, riprendendo il commento del Washington Post, Gramaglia osserva come “Le elezioni farsa in Russia riflettono il momento cupo della democrazia globale”. “Dittatori e autocrati di mezzo Mondo portano in tributo a Putin i loro rallegramenti – osserva Gramaglia – . I dati ufficiali parlano di un’alta affluenza – ben superiore a quella del 2016 – e di un 88 per cento circa di preferenze al presidente uscente, confermato per un quinto mandato con quello che assomiglia a un plebiscito. […]. Per la diplomazia occidentale – prosegue il giornalista piemontese -, un rischio collegato all’esito delle elezioni russe è il consolidamento del potere di Mosca sulle quattro regioni ucraine occupate e annesse, dove il consenso per lo ‘zar’ è stato perfino superiore alla media nazionale. Unione europea e Stati Uniti d’America reagiranno con ulteriori sanzioni, centrate sulla violazione dei diritti umani e conseguenti alla morte di Navalny. Entro la fine di marzo, è attesa, in sede europea, la proposta di utilizzare i fondi russi congelati per inviare armi a Kiev. E, sullo sfondo, c’è l’ipotesi, per ora remota, dell’invio in Ucraina di truppe occidentali: una prospettiva che crea problemi a Biden, in prospettiva Usa 2024, perché non sarebbe popolare negli Stati Uniti e offrirebbe argomenti alla propaganda ‘trumpiana’”. Nella terza e ultima corrispondenza scritta nella serata del 18 marzo, analizzando “I risultati ufficiali e le reazioni” Gramaglia evidenzia: “Putin vince ed evoca lo spettro di una Terza Guerra Mondiale”: “Nella conferenza stampa della vittoria a risultati acquisiti, Putin non è stato né conciliante né rassicurante – scrive l’ex direttore dell’Ansa -. In Ucraina un conflitto fra la Russia e la Nato porterebbe sull’orlo della Terza Guerra Mondiale, anche se restano margini per un processo di pace in cui la Francia di Emmanuel Macron può “svolgere un ruolo positivo”.
21 marzo 2024 (aggiornato il 22 marzo 2024)
Interrogativi sulla partecipazione al voto e gli strascichi delle guerre in Ucraina e Medio Oriente
1. Russia al voto: la vittoria scontata di Putin1
Vladimir Putin, 72 anni, s’appresta a essere rieletto presidente fino al 2030: guida la Russia senza pause da 24 anni –dal 2008 al 2012, fu premier d’un presidente suo fantoccio, Dmitry Medvedev– e la governerà fin quando avrà l’età che ha oggi Donald Trump. Ma nessuno a Mosca si fa rovelli sugli anni del leader, anche perché Putin non perde occasione di mostrare la sua integrità fisica. Le elezioni presidenziali russe, che si svolgono da venerdì 15 a domenica 17 marzo in questo enorme Paese scandito da nove fusi orari, sono uno dei grandi appuntamenti elettorali 2024, insieme a quelle indiane, europee, americane, ma sono di gran lunga le meno incerte, quanto al risultato.
Putin vincerà al primo turno – istituzionalmente è previsto un ballottaggio, se nessun candidato ottiene il 50 per cento dei voti espressi -. Gli interrogativi riguardano l’affluenza alle urne e la percentuale dei consensi: si tratta di vedere se e quanto la guerra in Ucraina, che per i russi continua a essere l’operazione militare speciale, incida sulla popolarità del presidente. Centinaia di migliaia di caduti – 300 mila nelle ultime stime dell’intelligence Usa, le perdite russe più pesanti dalla Seconda Guerra Mondiale – e l’impatto economico, minore del previsto, possono avere lasciato un segno.
C’è anche da capire se la morte in un carcere siberiano del principale oppositore di Putin, Alexiei Navalny, e l’esclusione dalle schede del candidato del suo partito lasceranno un qualche strascico misurabile. L’appello a recarsi alle urne lanciato dalla vedova di Navalny, Yulia, ha suscitato qualche sorpresa: non si tratta certo di legittimare la rielezione del responsabile della persecuzione di suo marito, ma di organizzare una forma di protesta difficile da reprimere, “il mezzogiorno contro Putin”. L’invito è di recarsi in massa ai seggi alle 12 di domenica e di “votare qualsiasi candidato tranne Putin” o, ancora meglio, di “annullare la scheda elettorale e scrivere a grandi lettere ‘Navalny’”, per fare capire al capo “che c’è tanta gente” che non lo appoggia affatto.
Nell’ipotesi di un risultato insoddisfacente, però, il Cremlino ha già la scusa pronta: sarà tutta colpa della propaganda occidentale, che si ingerisce nelle elezioni russe (un po’ rendere pan per focaccia alle accuse occidentali di ingerenze russe nei processi elettorali delle nostre democrazie). Nell’immediato, il voto russo avrà riflessi limitati sulle guerre in Ucraina e nel Medio Oriente. Putin, e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, restano su posizioni non concilianti, quasi nell’attesa d’un cambio della guardia alla Casa Bianca tra Joe Biden e Donald Trump. Il presidente non riesce più a garantire all’Ucraina gli aiuti militari necessari e non trova ascolto in Israele. Trump continua a dire che farà finire la guerra in un giorno – ci sono solo due modi: o la Russia si ritira o Washington cessa di sostenere Kiev -. Sempre Trump avalla l’offensiva israeliana a Gaza, mentre Biden contesta l’eccesso di violenza contro i civili.
E l’inizio del Ramadan senza una tregua lascia solo presagire ulteriori drammi.
Russia al voto: Ucraina, fronte il stallo, Kiev a corto d’armi
Una scena apocalittica, un’immagine della guerra in Ucraina (Fonte: Media Duemila)
La linea del fronte è sostanzialmente ferma, ma si susseguono i bombardamenti notturni incrociati con droni e missili; e l’Ucraina intensifica le sue azioni in territorio russo, anche con le incursioni dei sedicenti “partigiani anti-Putin”: punture di spillo nell’imminenza del voto, che, però, infondono nei russi una percezione di vulnerabilità. L’ambasciatore Francesco Bascone afferma che il dibattito sul conflitto in Ucraina ruota attualmente non intorno all’urgenza di un negoziato, ma intorno all’ipotesi di coinvolgimento dei Paesi Nato evocata dal presidente francese Emmanuel Macron. Creano pure discussioni e reazioni contrastanti le parole sulla bandiera bianca di Papa Francesco e i richiami al nucleare da parte di Putin – che dice in merito le stesse cose che direbbe qualsiasi presidente degli Stati Uniti -.
Bascone si chiede:
“Siamo già in guerra con la Russia? come sostiene Putin; o dobbiamo assolutamente evitare di scivolarci, come dice Scholz; o una nostra limitata partecipazione è inevitabile, come fa capire Macron. Il dibattito è strettamente connesso al dilemma fra fornire armi e munizioni all’Ucraina ‘as long as it takes / as much as we can’, o lasciare che la Russia vinca così da preservare la (nostra) pace”.
L’intelligence statunitense nota che, se
“Putin non è stato in grado di realizzare il piano iniziale di occupare tutta l’Ucraina”, l’esercito russo è riuscito a fermare le azioni controffensive ucraine l’estate scorsa “e ora la situazione comincia a giocare a favore della Russia”.
In particolare, l’industria della difesa russa sta aumentando la produzione di armi a lungo raggio, d’artiglieria e di altro materiale bellico: Mosca migliora la capacità di tenuta delle sue truppe.
“Probabilmente, Putin ritiene che la Russia abbia sventato i tentativi dell’Ucraina di riconquistare porzioni di territorio importanti, che i suoi calcoli per la vittoria in questa guerra siano giusti e che l’assistenza occidentale, in particolare americana, all’Ucraina sia ormai limitata, anche tenuto conto della guerra tra Israele e Hamas”,
che distrae l’attenzione dell’Occidente e relega il fronte ucraino “all’altra guerra”.
Nel Congresso di Washington, i repubblicani non sbloccano gli aiuti a Kiev. E così il Pentagono decide di cedere all’Ucraina materiale bellico per 300 milioni di dollari, a costo di intaccare ulteriormente il proprio arsenale: è una piccola cosa, rispetto ai 60 miliardi di dollari considerati necessari dall’Amministrazione Biden, ma è anche la prima fornitura dall’autunno 2023. Il Washington Post calcola che le forze armate statunoitensi abbiano ora bisogno di 10 miliardi di dollari, per ristabilire il livello del loro arsenale.
Medio Oriente, l’Occidente in panne
Corpi sepolti in una fossa comune nella Striscia di Gaza (Fonte: Ap)
Il Ramadan, il mese del digiuno, è iniziato senza tregua tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza e senza il ritorno a casa degli ostaggi – almeno un centinaio –, nelle mani dei terroristi dal 7 ottobre: la trattativa prosegue, per ora senza esito, tra sussulti di speranza e delusioni. Ma l’intesa, a giudizio dei negoziatori, resta possibile.
Domenica 10 marzo, alla cerimonia degli Oscar, proprio in coincidenza con l’inizio del Ramadan, donne e uomini di cultura e spettacolo hanno espresso sostegno con le loro spille rosse al cessate-il-fuoco. Ma gli auspici di Biden per una tregua di sei settimane e le richieste di Hamas di un cessate-il-fuoco permanente si sono finora infrante sulla rigidità israeliana. E’ però vero che l’intensità dei combattimenti nella Striscia pare diminuita e che il flusso degli aiuti sembra aumentare, in attesa – ma ci vorrà tempo – dell’attracco offshore allestito da militari Usa. Ogni giorno, però, le cronache citano drammi ed efferatezze. E i rischi di allargamento del conflitto al confine tra Israele e Libano o nel Mar Rosso, dove Nave Duilio abbatte altri due droni Huthi, non sono stati affatto sventati.
Anche in situazioni normale – e questa non lo è -, il mese del digiuno porta tradizionalmente con sé tensioni e scontri fra ebrei e musulmani. Le frizioni fra Israele e Stati Uniti, specie fra Netanyahu e Biden, s’acuiscono: il premier sfida il presidente sull’ultima ‘linea rossa’ tracciatagli, un’operazione di terra su vasta scala a Rafah, nel Sud della Striscia, al confine con l’Egitto, dove un milione e mezzo di sfollati nella loro propria terra s’accalcano disperati, senza cibo né medicinali.
Per Netanyahu, quella è la sua linea rossa per prevenire ulteriori attacchi terroristici, nonostante Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, avverta che un’azione di terra a Rafah sarebbe “un massacro”. L’unica cosa positiva è che l’offensiva nel Sud della Striscia, da settimane minacciata, non sarebbe imminente, secondo l’intelligence statunitense.
Incerta sarebbe, invece, sempre per l’intelligence, la sopravvivenza politica del premier israeliano, che ha però dimostrato di sapere finora ‘dribblare’ critiche e trappole: la mancata prevenzione dell’attacco terroristico del 7 ottobre; un conflitto con oltre 30 mila vittime; l’incapacità di riportare tutti gli ostaggi a casa; le pressioni occidentali per una maggiore auto-moderazione e le prospettive di una spaventosa carestia fra i civili palestinesi.
Russia al voto: le presidenziali, modalità e candidati
Le presidenziali 2024 russe sono le prime in cui si applica la riforma costituzionale del 2020, che, azzerando i mandati fin qui ottenuti, consente a Putin di candidarsi una quinta volta (e gli lascia pure la porta aperta a un sesto mandato, nel 2030). E sono anche le prime dopo l’invasione dell’Ucraina e l’annessione tramite referendum – non validi, però, la comunità internazionale – delle regioni occupate di Cherson, di Zaporizhzhia e delle due ex repubbliche auto-proclamate del Donetsk e di Lugansk. La Crimea, annessa nel 2014 – analogamente in spregio al diritto internazionale -, ha già partecipato alle elezioni del 2018.
A parte Putin, che si presenta ufficialmente come indipendente, ma è sostenuto dal Fronte popolare pan-russo e da Russia Unita, i principali candidati dei maggiori partiti sono Leonid Sluckij, liberal-democratico, Nikolaj Charitonov, comunista, e Vladislav Davankov, di Nuova Gente. Esponenti pacifisti ed oppositori radicali hanno provato a candidarsi, ma sono stati per lo più cassati dalla Commissione elettorale centrale, con varie motivazioni. Navalny stesso avrebbe voluto essere in lista, ma non c’era riuscito, come Boris Nadezhdin e Yekaterina Duntsova.
Russia al voto: le presidenziali, il potere mette le mani avanti
La Russia di Putin in questa vigilia di voto mette le mani avanti: Mosca teme un basso livello di partecipazione che darebbe la stura in Occidente a commenti per sminuirne la portata e, di fatto, la legittimità d’un suo mandato agli occhi dei russi e del mondo. I servizi di intelligence esterni (Svr) russi puntano il dito a priori contro gli Stati Uniti, che starebbero preparando “attacchi informatici al sistema di voto” e si fanno scudo di quelle democrazie in cui l’astensionismo non inficia i rapporti di forza fra i partiti e tanto meno la legittimità dei governi. È il caso dell’Italia, dove il partito di Giorgia Meloni ha vinto “solo grazie all’affluenza alle urne bassissima”.
“Con l’intervento dei principali specialisti informatici americani – afferma il servizio stampa dell’Svr, ripreso dalla Tass -, si prevedono attacchi informatici al sistema di voto elettronico, che renderanno impossibile il conteggio delle schede di una parte significativa degli elettori russi”.
Secondo l’intelligence russa, inoltre, su istigazione di Washington e attraverso le risorse Internet dell’opposizione si diffondono appelli ai cittadini russi affinché ignorino le elezioni. L’Svr riconosce, quindi, che la riduzione dell’affluenza alle urne darebbe all’Occidente un motivo per mettere in discussione i risultati elettorali, ma sottolinea che la bassa affluenza è un fenomeno che tocca anche l’Occidente; e qui cita, appunto, il caso dell’alta astensione alle politiche italiane 2022, quando si recò alle urne meno del 64 per cento degli elettori. Tolti di mezzo tutti i possibili rivali del presidente, tra arresti e presunti inadempimenti burocratici, il Cremlino cerca ora il plebiscito della partecipazione al voto. Il giornale di opposizione Novaya Gazeta Europa denuncia pressioni sui dipendenti pubblici perché votino online e accusa il potere d’affidarsi
“al voto telematico per colmare il divario tra realtà e illusione”
e controllare i risultati fino a
“riscrivere completamente i dati nei singoli seggi”.
Gli impatti in Ucraina e nel Medio Oriente del voto a Mosca
2. Le elezioni farsa in Russia riflettono il momento cupo della democrazia globale2
Un montaggio di foto di Vladimir Putin, Joe Biden, Donald Trump (Fonte: People)
“Le elezioni farsa in Russia riflettono un momento cupo per la democrazia globale”.
Lo scrive il 18 marzo 2024 sul Washington Post Ishaan Tharoor, avendo in mente certo il voto plebiscitario per Vladimir Putin, ma anche la gerontocrazia che affligge la democrazia statunitense e pure gli assolutismi, le teocrazie e le autarchie che sussistono altrove nel Mondo.
“Momento cupo per la democrazia globale” può apparire epigrafe singolare, su un anno in cui circa la metà degli abitanti del Pianeta vanno alle urne, praticando, quindi, la democrazia, almeno quella delle schede, con elezioni in Russia, India, Unione europea, Stati Uniti e in molti altri Paesi.
E se il commento della Casa Bianca dà la linea e la stura alle reazioni occidentali – le presidenziali in Russia non sono state “né libere né eque”, recita, quasi ripetendo una sura, un coro di leader -, Donald Trump non vuole neppure dichiarare Putin responsabile della morte in un carcere siberiano dell’oppositore Alexiei Navalny:
“Non so se Putin è responsabile del decesso di Navalny: forse, ma non lo so”, dice, pur aggiungendo che “Navalny era ancora giovane e statisticamente aveva molto da vivere”.
Cautele e parole che inducono il presidente statunitense Joe Biden a ribadire un concetto più volte espresso nella sua campagna per Usa 2024:
“Viviamo in un momento senza precedenti. La democrazia e la libertà sono sotto attacco. Putin è in marcia sull’Europa e il mio predecessore si inchina a lui e gli dice di fare quel che vuole. Ma noi non ci inchineremo, io non mi inchinerò”.
HELSINKI, 16 luglio 2018. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (a sinistra) tiene in mano un pallone da calcio durante una conferenza stampa congiunta con il presidente russo Vladimir Putin a Helsinki, Finlandia, il 16 luglio 2018. Donald Trump e Vladimir Putin hanno iniziato qui il loro primo incontro bilaterale.
Biden si riferiva alla minaccia di Trump di spingere Putin a fare quel che vuole dei Paesi della Nato che non contribuiscono adeguatamente alle spese per la difesa, negando loro la solidarietà atlantica. Poi, pensando al monito più recente del magnate (“Se non sarò eletto, sarà un bagno di sangue”), aggiunge:
“Il veleno scorre nelle vene della nostra democrazia. La disinformazione è ovunque. C’è un ciclo tossico di rabbia e cospirazione”.
A questo punto, Nancy Pelosi, ex speaker della Camera, decana della politica statunitense, ultra-ottantenne, s’interroga se sia il caso che, com’è consuetudine, l’intelligence statunitense condivida con Trump, quando sarà ufficialmente il candidato alla Casa Bianca del partito repubblicano, i suoi briefing:
“Se lo faranno, che gli mettano almeno dei paletti su con chi a sua volta condividerle”.
Ma si sa che Trump ama violare le norme ed abbattere i paletti, verso Usa 2024 o su qualsiasi altro suo percorso. Dittatori e autocrati di mezzo Mondo portano in tributo a Putin i loro rallegramenti. I dati ufficiali parlano di un’alta affluenza – ben superiore a quella del 2016 – e di un 88 per cento circa di preferenze al presidente uscente, confermato per un quinto mandato con quello che assomiglia a un plebiscito.
Gli impatti in Ucraina del voto in Russia
Se il voto in Russia conta e poco dal punto di vista della democrazia, Washington, Bruxelles e altre capitali dell’Occidente allargato s’interrogano all’impatto delle elezioni sulla guerra in Ucraina, dove Kiev è in crescente difficoltà e gli alleati sono sempre più inquieti per un conflitto di cui non s’intravede l’epilogo. La riunione del Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’Unione europea di lunedi 18 marzo, con il segretario di Stato statunitense Antony Blinken, ha pubblicato una dichiarazione comune sul voto russo, la cui messa a punto è stata resa complicata dalla necessità di ottenere l’assenso dell’Ungheria, che ha con Mosca rapporti ben diversi da quelli degli altri partner dell’Unione europea e della Nato.
Per la diplomazia occidentale, un rischio collegato all’esito delle elezioni russe è il consolidamento del potere di Mosca sulle quattro regioni ucraine occupate e annesse, dove il consenso per lo ‘zar’ è stato perfino superiore alla media nazionale. Unione europea e Stati Uniti d’America reagiranno con ulteriori sanzioni, centrate sulla violazione dei diritti umani e conseguenti alla morte di Navalny. Entro la fine di marzo, è attesa, in sede europea, la proposta di utilizzare i fondi russi congelati per inviare armi a Kiev. E, sullo sfondo, c’è l’ipotesi, per ora remota, dell’invio in Ucraina di truppe occidentali: una prospettiva che crea problemi a Biden, in prospettiva Usa 2024, perché non sarebbe popolare negli Stati Uniti e offrirebbe argomenti alla propaganda ‘trumpiana’.
Il presidente francese Emmanuel Macron, che ne parlò per primo, ha di fatto ribadito il concetto dopo il vertice con Olaf Scholz e Donald Tusk, nonostante le polemiche innescate.
“Può darsi, che a un certo momento – non me lo auguro e non prenderò io l’iniziativa -, bisognerà portare avanti operazioni sul terreno per far fronte alle forze russe”.
Non è l’unico, nell’Unione europea, a pensarlo. La premier estone Kaja Kallas, in un’intervista alla Bbc, ha detto:
“Putin usa la trappola della paura ma dobbiamo ricordare ciò di cui Putin stesso ha paura. E lui ha paura di andare in guerra con la Nato”.
I risultati ufficiali e le reazioni
3. Putin vince ed evoca lo spettro di una Terza Guerra Mondiale3
BELGOROD, RUSSIA – MARCH 15, 2024: A polling station at a school in Belgorod (Photo by Nanna Heitmann/Magnum Photos/For The Washington Post)
Un voto dunque che assomiglia quasi a un plebiscito per Vladimir Putin. Ma anche segnato da proteste, specie all’estero, nelle rappresentanze diplomatiche russe trasformate in seggi. Alexiei Navalny, l’oppositore morto in un carcere siberiano nel febbraio 2024, aveva suggerito di andare alle urne in massa a mezzogiorno di domenica 17 marzo e di esprimere un voto contro Putin. Così è stato ad esempio all’ambasciata a Berlino dove s’è presentata Yulia Navalnaya, la vedova di Alexiei: una coda lunga ore, cori, cartelli, contestazioni.
In Russia, ci sono stati episodi di boicottaggio ai seggi.
Nelle regioni dell’Ucraina occupate e illegalmente annesse, l’Associated Press riferisce di voti espressi con un’arma da fuoco puntata contro. Ovunque, le urne trasparenti davano poca garanzia di segretezza delle proprie scelte. E, a fare da sfondo, c’era un apparato di polizia senza precedenti dai tempi dell’Urss, per reprimere la liberà d’espressione.
Nella conferenza stampa della vittoria a risultati acquisiti, Putin non è stato né conciliante né rassicurante. In Ucraina un conflitto fra la Russia e la Nato porterebbe sull’orlo della Terza Guerra Mondiale, anche se restano margini per un processo di pace in cui la Francia di Emmanuel Macron può “svolgere un ruolo positivo”.
Il presidente russo Vladimir Putin sperimenta il voto online (Fonte: Quotidiano.net)
Sul fronte interno, Putin ha pronunciato, per la volta da mesi il nome di Navalny, confermando che, prima del decesso, si stava preparando uno scambio di prigionieri con gli Stati Uniti d’America:
“Per quanto riguarda il signor Navalny, è morto: questo è un evento triste … Qualche giorno prima che morisse, mi avevano detto … che c’era l’idea di scambiarlo con persone che sono in prigione in Paesi occidentali … Avevo detto ‘sono d’accordo’”.
Per il neo-confermato presidente, le azioni di protesta ‘Mezzogiorno contro Putin’ in città russe e nei seggi all’estero “non hanno avuto alcun effetto” e, se i numeri sono quelli ufficiali, è in effetti così.
“Chi ha rovinato le schede elettorali – ad esempio, versando inchiostro nelle urne, ndr – deve essere perseguito a norma di legge”.
I risultati ufficiali e le reazioni
Alberto Zanconato, giornalista molto esperto, corrispondente dell’ANSA da Mosca, osserva che né le proteste dei seguaci di Navalny, né gli attacchi degli ucraini nelle regioni di confine, a Belgorod in particolare, né un allarme droni sugli aeroporti della capitale
“hanno impedito a Putin di condurre a termine con successo la maratona elettorale che l’ha confermato presidente con percentuali record … La sera, lo ‘zar’, dal quartiere generale della sua campagna, ringrazia i russi per la totale fiducia, promette che il Paese diventerà più forte e avverte gli avversari che ‘nessuno ci intimidirà o ci schiaccerà’”.
Gli altre tre candidati-comparsa rimasti sulle schede, dopo l’esclusione degli oppositori più radicali, sono stati praticamente annientati: il comunista Nikolai Kharitonov si è fermato al 4,7 per cento, l’esponente di Gente Nuova Vladislav Davankov al 3,6 per cento e quello del Partito liberaldemocratico Leonid Slutsky al 2,5 per cento. L’affluenza alle urne nei tre giorni di consultazione elettorale – una novità per la Russia – è stimata superiore al 73 per cento, rispetto al 67,5 per cento del 2018. E si attendono ancora i dati del voto elettronico.
Una partecipazione più massiccia, tra l’80 e il 90 per cento, è stata annunciata nelle quattro regioni ucraine annesse dalla Russia nel 2022: Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson. Qui, la vittoria di Putin risulta ancora più netta, con percentuali che arrivano fino al 95 per cento nel Donetsk, al 94 per cento nel Lugansk, al 93 per cento nell’area di Zaporizhzhia e all’88 per cento in quella di Kherson.
Da Kiev, Volodymyr Zelens’kyj definisce il presidente russo un uomo “malato di potere”, che vuole “regnare in eterno”, e afferma che le elezioni russe non hanno “alcuna legittimità”.
A Mosca, l’ex presidente russo fantoccio Dmitry Medvedev esalta, invece, il successo del regime; e il Ministero degli Esteri, che aveva accusato i diplomatici occidentali di interferenze nel processo elettorale, sottolinea che l’Occidente “ha fallito” nei tentativi di boicottare le elezioni.
Certo, code di centinaia di persone si sono formate alle 12 davanti a seggi nel centro di Mosca e altrove, ma è difficile stabilire quanti rispondevano all’appello del ‘Mezzogiorno contro Putin’ e quanti, invece, erano lì per votare Putin.
E, nell’insieme, tutto si è svolto senza gravi incidenti: l’Ong Ovd-Info segnala 74 fermi in tutta la Russia, soprattutto per episodi di protesta individuali.
- Scritto, il 14 marzo 2024 The Watcher Post Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/03/14/russia-voto-vittoria-putin ↩︎
- Scritto il 18 marzo 2024 per The Watcher Post. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/03/18/usa-2024-231-momento-cupo/ ↩︎
- Scritto il 18 marzo 2024 per The Watcher Post Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/03/18/putin-quasi-un-plebiscito/ ↩︎
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