A proposito del saggio di Alessandro Roncaglia Il Potere. Una prospettiva riformista (Laterza)
Raffaele Lungarella, già dirigente della pubblica amministrazione e docente a contratto di economia applicata all’università di Modena e Reggio Emilia, nel suo pezzo “Per accorciare le distanze, la strategia più efficace è quella riformista” presenta il saggio di Alessandro Roncaglia Il Potere. Una prospettiva riformista (Laterza, 2023) seguita da un’intervista all’economista e Accademico dei Lincei.
Il lavoro non è incentrato su una nuova teoria del potere, ma – scrive Lungarella – offre molti elementi di riflessione sulle origini delle disuguaglianze e sulla loro dipendenza dalle strutture del potere (di cui Roncaglia in apertura del volume fornisce un’analisi delle sue possibili definizioni).
Un punto centrale del libro è la critica all’idea neoliberista che, implicitamente o esplicitamente, riconduce, in maniera quasi esclusiva, ai comportamenti individuali le condizioni di ognuno. Le differenze di reddito, di ricchezza, di potere, di istruzione, in definitiva di posizione sociale, sono, ritengono i neoliberisti, risultato dell’impegno, della sollecitudine, delle capacità personali. Le differenze, le disuguaglianze sarebbero, quindi, lo specchio dei meriti e dei demeriti di ciascuno. Per parafrasare il poeta, ognuno è solo sulla terra, e deve vedersela con le sue forze. Roncaglia – aggiunge il direttore di Riformismo oggi – ribadisce il punto debole di questa concezione meritocratica, che presuppone un level playing field, una parità di partenza, che consentirebbe a ognuno di competere alla pari con tutti gli altri. Nella realtà questa condizione non si verifica”.
Tredici/D Lexicon Fresco di stampa
Raffaele Lungarella
Già dirigente della pubblica amministrazione e docente a contratto di economia applicata all’università di Modena e Reggio Emilia. Dirige Riformismo Oggi
26 marzo 2024
Il potere ha tante dimensioni. Lo studio e la conoscenza dei suoi diversi aspetti permettono di disegnare e realizzare strategie per intervenire sulle disuguaglianze. Esse possono essere sia ridotte sia ampliate dall’esercizio del potere. Per accorciare le distanze, la strategia più efficace è quella riformista.
All’analisi di queste problematiche Alessandro Roncaglia, accademico dei Lincei, ha dedicato il suo ultimo lavoro, Il Potere. Una prospettiva riformista, pubblicato da Laterza. Economista di scuola keynesiana, l’autore ha scritto numerosi libri, tradotti anche all’estero. Il Potere è stato appena tradotto in inglese.
Roncaglia è professore emerito di economia politica alla Sapienza di Roma. È stato allievo di Paolo Sylos Labini, uno dei grandi economisti italiani del novecento. Questa, per inciso, è una buona occasione per segnalare che quest’anno ricorre il cinquantesimo della pubblicazione del libro più noto al grande pubblico e forse anche più letto di Sylos Labini, il suo Saggio sulle classi sociali.
Nel volume di Roncaglia riecheggiano le argomentazioni di quello che è stato un suo riferimento politico: Riccardo Lombardi; del dirigente socialista, che fu uno dei protagonisti del primo centro sinistra, Roncaglia ripropone il concetto e gli obiettivi delle riforme di struttura. Anche Norberto Bobbio è un richiamo culturale e politico che si incontra ne Il Potere, con l’individuazione degli obiettivi della sinistra nella diffusione dei diritti e nella riduzione delle distanze tra gli uomini.
Quello di Roncaglia è un libro di concetti elaborati, sono, però, illustrati con buona scrittura e spiegati con un linguaggio che li rende comprensibili anche ai lettori che con essi non hanno dimestichezza professionale.
Il lavoro non è incentrato su una nuova teoria del potere, ma offre molti elementi di riflessione sulle origini delle disuguaglianze e sulla loro dipendenza dalle strutture del potere (di cui Roncaglia in apertura del volume fornisce un’analisi delle sue possibili definizioni).
Un punto centrale del libro è la critica all’idea neoliberista che, implicitamente o esplicitamente, riconduce, in maniera quasi esclusiva, ai comportamenti individuali le condizioni di ognuno. Le differenze di reddito, di ricchezza, di potere, di istruzione, in definitiva di posizione sociale, sono, ritengono i neoliberisti, risultato dell’impegno, della sollecitudine, delle capacità personali. Le differenze, le disuguaglianze sarebbero, quindi, lo specchio dei meriti e dei demeriti di ciascuno. Per parafrasare il poeta, ognuno è solo sulla terra, e deve vedersela con le sue forze.
Roncaglia ribadisce il punto debole di questa concezione meritocratica, che presuppone un level playing field, una parità di partenza, che consentirebbe a ognuno di competere alla pari con tutti gli altri. Nella realtà questa condizione non si verifica: le differenze di natura sono nella stragrande maggioranza dei casi amplificate dai contesti in cui la persona nasce, cresce e vive. Lasciato a sé stesso, il destino di ognuno dipende dalle reti di potere di cui può, o vuole, avvalersi fin dalla nascita.
- Alla classificazione e all’esame delle reti di potere, Roncaglia dedica una specifica attenzione. Ne individua tre: bianche, grigie e nere, con doversi livelli di accettabilità.
- Le prime sono quelle legali e prive di implicazioni etiche negative; ne fanno parte le famiglie, i partiti, i sindacati, le chiese eccetera.
- Le reti grigie, restano nella legalità, ma dal punto di vista etico suscitano dubbie perplessità; nel libro sono individuate nella massoneria e nel familismo amorale.
Fuori dalla legalità e dall’accettazione etica sono le reti nere, costituite dalle organizzazioni criminali.
A volte il confine tra reti grigie e nere è facilmente valicabile, come successe con la P2. Gli intrecci e i legami che si instaurano in queste reti influiscono nel generare le disuguaglianze. L’analisi del potere è molto più ricca e complessa di quanto si possa qui riproporre. È un’analisi propedeutica alla proposta di una strategia di riforme strutturali, le cui principali finalità e caratteristiche Roncaglia illustra nell’intervista qui riportata.
Raffaele Lungarella intervista Alessandro Roncaglia su Il Potere. Una prospettiva riformista
Le disuguaglianze di potere: inevitabili o ingiustificabili? La via riformista. È stato questo l’argomento di un confronto, promosso a Bologna dalla rivista che dirigo Riformismo Oggi, con Alessandro Roncaglia in occasione della presentazione del suo libro.
Raffaele Lungarella Il Potere una prospettiva riformista, non è un libro accademico, però è pieno di approfondimenti e di sapere. È anche ricco di analisi e suggerimenti per una strategia che abbia l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze nelle diverse forme di potere. Di questa strategia vorrei discutere. Cosa occorre fare per ridurre le disuguaglianze?
Alessandro Roncaglia La disuguaglianza ha tante facce. Occorre tentare di accorciare le distanze nei diversi ambiti della vita delle persone. Per quest’obiettivo, occorrono delle riforme di struttura.
Raffaele Lungarella Cosa sono le riforme di struttura?
Alessandro Roncaglia Le riforme di struttura possono essere intese in vari modi. In una strategia riformista esse si definiscono proprio per il fatto di perseguire una riduzione delle disuguaglianze. Tradizionalmente a questa concezione se ne contrapponeva una che assegnava alle riforme di struttura un compito di palingenesi, di superamento del sistema capitalistico. È stata una concezione che sottovalutava l’importanza di successi anche parziali, e che, per fare un caso concreto, portò il partito comunista a non votare a favore della legge sullo statuto dei lavoratori. Di recente Mario Monti ha indicato come scopo delle riforme di struttura l’aumento dell’efficienza del sistema. È sicuramente un obiettivo da perseguire, ma esso non sempre riduce la disuguaglianza.
Raffaele Lungarella Quali sono le principali riforme di struttura realizzate in Italia?
Alessandro Roncaglia Sono principalmente quelle attuate durante il primo centro sinistra. Alcune hanno contribuito a cambiare il volto del paese e a migliorare non poco le condizioni di vita delle classi popolari. Si pensi alla riforma della scuola media unica (propugnata da Tristano Cotignola), allo statuto dei lavoratori (che va a merito di Brodolini e Giugni), alla legge che introduce il divorzio (promossa da Loris Fortuna e Antonio Baslini). E poi, le leggi sulle pensioni sociali, sul sistema sanitario nazionale universale, sull’istituzione delle Regioni. Ce ne sono altre. Sono tutte il frutto dello stesso approccio riformista, fatto di gradualità, di compromesso, di ricerca di un equilibrio tra interessi diversi, del rifiuto di scelte che incontrerebbero un’opposizione sociale maggioritaria.
Raffaele Lungarella In un’economia e in un mondo molto globalizzato, le riforme di struttura possono essere realizzate in un solo Paese?
Alessandro Roncaglia Serve una strategia delle riforme strutturali a livello internazionale, per evitare che si metta in moto una concorrenza al ribasso tra gli Stati. Le grandi problematiche che sono sul tappeto non possono essere affrontate con politiche virtuose “in un solo stato”, in nessuno dei campi da cui dipende il benessere dei popoli. È così in campo ambientale, nelle politiche della regolamentazione, sul lavoro minorile, sugli incidenti sul lavoro, sulle politiche fiscali e sugli altri ambiti in cui i Paesi si confrontano a livello internazionale.
Raffaele Lungarella Ma quanto deve essere ampio il coinvolgimento internazionale affinché le riforme producano effetti apprezzabili? E chi deve promuovere le reti di relazioni necessarie? Le organizzazioni internazionali che dovrebbero prendere le iniziative non hanno più l’autorevolezza necessaria. Certo non l’ha l’Onu, che sarebbe il candidato naturale a questo ruolo.
Alessandro Roncaglia Oggi ci troviamo di fronte a una situazione per cui, mentre è evidente che la scala di molte riforme valica i confini nazionali, e che per essere efficaci avrebbero bisogno di interventi a livello globale, non c’è una giurisdizione sovranazionale che possa disegnarle e sovrintendere alla loro realizzazione. Si possono però promuovere accordi che non necessariamente devono coinvolgere tutti i paesi del mondo, per perseguire obiettivi settoriali importanti. I risultati dipendono da chi vi partecipa, dall’ampiezza degli accordi, in termini di popolazione e “peso” dei paesi coinvolti, e dal loro impegno nel fare ognuno la propria parte per attuarli.
Raffaele Lungarella Si può quindi procedere anche con accordi a geografia variabile. Quali sono gli ambiti nei quali accordi specifici possono avere maggiore rilevanza?
Alessandro Roncaglia Il campo più urgente su cui rafforzare la cooperazione internazionale è sicuramente quello ambientale. È una problematica su cui è maturata una crescente consapevolezza, da parte della gente, sulla posta in gioco e sull’urgenza di intervenire. Non sempre, però, le autorità nazionali, che dovrebbero attuare gli accordi, manifestano la stessa consapevolezza. È il caso degli accordi di Parigi, per la cui attuazione non tutti i paesi si muovono con la stessa velocità; l’America addirittura si fermò durante la presidenza di Donald Trump. Anche in campo fiscale ci sono segnali positivi, seppure timidi, sulla necessità di governare la concorrenza tra sistemi nazionali: concorrenza di cui beneficiano, oltre agli evasori dei singoli Paesi, le grandi multinazionali. Uno di questi segnali è la proposta formulata da Joe Biden di tassare con un’aliquota del 15 per cento i profitti delle multinazionali, indipendentemente da dove essi sono prodotti. Oltre cento Paesi si sono dichiarati interessati. Se questa proposta fosse attuata sarebbe un passo avanti.
Raffaele Lungarella Quali sono le politiche con cui attuare, nel nostro Paese, una strategia di riforme strutturali?
Alessandro Roncaglia Il ventaglio è ampio. Alcune però possono essere considerate prioritarie. È fondamentale una riforma della pubblica amministrazione, per migliorarne l’efficienza, con conseguente corollario di riduzione dei costi complessivi, che permetterebbe di recuperare risorse da destinare alle politiche per lo Stato Sociale. Ovviamente ci sarebbero resistenze da superare, principalmente dagli apparati ministeriali.
Le linee guida della riforma dovrebbero prevedere, tra l’altro, incentivi e/o penalizzazioni alla dirigenza che quella riforma deve attuare, la semplificazione della legislazione e delle procedure e la loro digitalizzazione, l’attribuzione di un maggiore peso ai controlli ex post rispetto a quelli ex ante, una migliore definizione dei ruoli e delle responsabilità del personale eccetera.
Non meno importante è la riforma del sistema tributario. Questa è una riforma di struttura che ha un impatto diretto sulla distribuzione del potere. Dovrebbe essere ispirata al principio costituzionale della progressività del carico fiscale, cioè andare in direzione contraria agli orientamenti che sta attuando il governo. Questo vale in particolare per la tassazione delle eredità e delle donazioni sopra un certo limite. Quella di impronta costituzionale e quella che vuole attuare il governo, sono due diverse prospettive: occorre informare bene il pubblico sulle categorie di contribuenti che ognuna delle due avvantaggia e svantaggiata.
Raffaele Lungarella Una questione molto dibattuta è la riforma della giustizia. Quali sono gli interventi che potrebbero far dire che ci si sta muovendo sulla strada della riforma di struttura del settore?
Alessandro Roncaglia Gli interventi devono riguardare sia la giustizia civile sia quella penale. In entrambi i casi occorre un massiccio ricorso alla telematica e un incremento del personale e il loro continuo aggiornamento. La giustizia dovrebbe essere riformata con il coinvolgimento anche dei cosiddetti stakeholder, magari tenendo ai margini avvocati e commercialisti che potrebbero essere poco interessati a uno dei risultati principali cui la riforma dovrebbe mirare: la semplificazione delle procedure e l’accelerazione dei processi.
Per quanto riguarda in specifico il campo penale, senza considerare il problema della separazione delle carriere, negli ultimi anni abbiamo assistito a decisioni che non vanno nella direzione della giustizia giusta, come l’eliminazione della prescrizione per il cui superamento si è introdotta l’improcedibilità. Un obiettivo della riforma dovrebbe essere il superamento dell’improcedibilità, che favorisce l’impunità per i delinquenti che preferiscono difendersi contro il processo, allungandone i tempi, piuttosto che difendersi nel processo.
Raffaele Lungarella Nel libro ci si sofferma anche su altre riforme, come quella del sistema scolastico. Non sono un po’ troppe?
Alessandro Roncaglia Però sono necessarie, per intervenire sui rapporti di potere nel nostro Paese, per cercare di riequilibrarli. Inoltre, non è necessario realizzarle simultaneamente. Per ogni riforma occorre definire una specifica strategia di intervento. I risultati positivi di una riforma costituiscono un buon viatico per le altre. Si può dire che una riforma tira l’altra, se ha successo.
Affinché una riforma di struttura abbia successo serve realismo, conoscenza, consenso, risorse. E ci vuole anche gradualità, che è un requisito dell’azione riformista.
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