Cosa rivela la mia intervista sull’irrisolto conflitto medio-orientale
Tredici/B Techné Storie di media e società
Carlo Rognoni
Giornalista, ex vicepresidente del Senato, già consigliere di amministrazione della Rai
Carlo Rognoni, giornalista, già Vice presidente del Senato e Consigliere d’Amministrazione della Rai presenta un’intervista da lui realizzata nell’autunno 2023 a Chat GPT chiedendosi se “L’intelligenza artificiale è politicamente corretta?” e, dopo averla proposta al lettore, cercando di capire come giornalista “Cosa rivela la mia intervista sull’irrisolto conflitto medio-orientale al chatbox simulatore sviluppato da Open AI”. “1. Qual è stata l’impressione generale dopo averla letta? Più che politicamente corretta direi che dal contenuto delle risposte è del tutto evidente l’impegno con cui l’intelligenza artificiale opera senza impegnarsi in opinioni forti. Ciò mi ha spinto – scherzando – a dire che mi sembra molto democristiana!”
03 aprile 2024
Qui di seguito una mia intervista a ChatGPT (Chat Generative Pre-trained Transformer), letteralmente “trasformatore generativo pre-addestrato”, ovvero un chatbot basato su intelligenza artificiale e apprendimento automatico, sviluppato da OpenAI, oggi appartenente al gruppo Microsoft, e specializzato nella conversazione con un utente umano. L’intervista risale al 1° novembre 2023.
Leggetela e cercate come me di rispondere alla seguente domanda: l’intelligenza artificiale generativa è “politicamente corretta” e in caso affermativo da cosa dipende?
Carlo Rognoni: Israele e Palestina: è realistico immaginar due Stati?
Chat GPT La questione di uno Stato israeliano e uno Stato palestinese è stata oggetto di intense negoziazioni e dibattiti per decenni, con numerosi sforzi internazionali volti a raggiungere una soluzione pacifica e duratura. Sebbene sia una questione complessa e delicata, molti osservatori ritengono che la soluzione a due Stati, con Israele e la Palestina che coesistono fianco a fianco come Stati sovrani e indipendenti, sia ancora un obiettivo realistico e auspicabile.
Tuttavia, è importante notare che ci sono diverse opinioni sulle questioni specifiche che circondano un possibile accordo a due Stati. Fattori come i confini, la sicurezza, i diritti dei rifugiati, il controllo di Gerusalemme e altre questioni ancora restano questioni estremamente delicate e complesse da risolvere.
Gli ostacoli politici, storici, sociali e di sicurezza hanno reso estremamente difficile per entrambe le parti raggiungere un accordo duraturo. Tuttavia, molti osservatori ritengono che una soluzione pacifica a due Stati rimanga l’obiettivo principale per raggiungere una pace sostenibile nella regione.
La comunità internazionale ha sostenuto ampiamente l’idea di una soluzione a due Stati, e molti sforzi diplomatici sono stati compiuti nel corso degli anni per promuovere il dialogo e le trattative tra Israele e i rappresentanti palestinesi. Tuttavia, l’attuazione di tale soluzione richiederà un impegno continuo e sincero da entrambe le parti, oltre al sostegno della comunità internazionale nel promuovere un processo negoziale costruttivo e inclusivo.
Carlo Rognoni: È giusto parlare di Hamas come organizzazione terroristica?
Chat GPT Sì, molti paesi e organizzazioni internazionali, inclusi gli Stati Uniti e l’Unione Europea, considerano Hamas un’organizzazione terroristica. Hamas è stata responsabile di una serie di attacchi terroristici contro cittadini israeliani e ha costantemente sostenuto la distruzione dello Stato di Israele. La sua ideologia e le sue azioni sono state oggetto di condanna da parte di molte nazioni e organizzazioni internazionali.
Carlo Rognoni: Hamas è stata scelta dai palestinesi?
Chat GPT No, Hamas non è stata scelta attraverso elezioni democratiche da tutti i palestinesi. Tuttavia, nel 2006, Hamas ha vinto le elezioni parlamentari palestinesi in modo democratico, ottenendo una maggioranza relativa nel Consiglio legislativo palestinese. Ciò ha portato a una divisione politica tra Hamas, che ha preso il controllo della Striscia di Gaza, e Fatah, che ha mantenuto il controllo della Cisgiordania.
Carlo Rognoni: Erdogan premier turco dice che Hamas non è un’organizzazione terroristica ma rappresenta i palestinesi: Ha torto o ha ragione?
Chat GPT. Ha torto.
Carlo Rognoni: Chi rappresenta gli interessi palestinesi?
Chat GPT A livello politico, gli interessi palestinesi sono rappresentati da più entità, tra cui l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP). L’OLP è stata riconosciuta a livello internazionale come il rappresentante legittimo del popolo palestinese e funge da organo sovranazionale che rappresenta gli interessi del popolo palestinese sia in patria che all’estero. L’ANP è stata istituita come organo governativo temporaneo con il compito di amministrare le questioni civili nelle aree della Cisgiordania e della Striscia di Gaza secondo gli accordi di Oslo del 1990.
Tuttavia, è importante notare che la situazione politica palestinese è complessa e frammentata, con diverse fazioni politiche che esercitano diverse forme di controllo su parti diverse dei territori palestinesi. Queste fazioni includono Hamas, che controlla la Striscia di Gaza, e altri gruppi politici e militari con base sia in patria che all’estero.
Inoltre, il popolo palestinese è rappresentato anche da una varietà di organizzazioni e gruppi della società civile che operano per promuovere i diritti e gli interessi palestinesi in tutto il mondo.
Carlo Rognoni: È giusto che gli ebrei costruissero il loro Stato in Palestina dove convivevano arabi, palestinesi e anche ebrei in minoranza?
Chat GPT La questione della fondazione dello Stato di Israele e del contesto in cui si è verificata è complessa e ha radici storiche profonde. Dopo la seconda guerra mondiale e l’Olocausto, c’era un ampio consenso internazionale sulla necessità di garantire un rifugio sicuro per gli ebrei. Questo consenso ha portato nel 1947 all’adozione del Piano di partizione delle Nazioni Unite per la Palestina, che prevedeva la creazione di uno Stato ebraico e uno Stato arabo nella regione.
La decisione di fondare uno Stato ebraico in Palestina ha portato a un conflitto di lunga data tra le popolazioni ebraiche e arabe nella regione. Il risultato è stato un complesso scenario di conflitti e sofferenze umane da entrambe le parti nel corso dei decenni successivi.
La questione della giustizia storica e dei diritti delle popolazioni coinvolte è oggetto di ampio dibattito e contestazione da parte di diverse prospettive storiche, politiche e morali. È importante comprendere che le narrazioni storiche possono differire notevolmente in base al punto di vista, e l’argomento è spesso oggetto di intense discussioni e controversie.
L’obiettivo primario in questa situazione complessa dovrebbe essere quello di cercare una soluzione pacifica e giusta per tutte le popolazioni coinvolte, promuovendo il rispetto reciproco, la coesistenza pacifica e il diritto di autodeterminazione per tutte le parti interessate.
Carlo Rognoni: Dove ha sbagliato e sta sbagliando il premier israeliano rispetto ai palestinesi?
Chat GPT L’analisi delle azioni dei leader politici richiede una comprensione approfondita della complessità delle dinamiche politiche, sociali e storiche che influenzano la regione. Alcuni critici hanno affermato che i leader israeliani, compreso il premier in carica, hanno commesso errori nelle loro politiche e azioni riguardanti i palestinesi. Questi presunti errori potrebbero includere:
- Politiche di insediamento: Alcuni osservatori ritengono che le politiche di espansione degli insediamenti israeliani nei territori palestinesi occupati, considerate illegali dal diritto internazionale, abbiano ostacolato la possibilità di una soluzione a due Stati e di una pace duratura.
- Uso eccessivo della forza: Alcuni critici hanno condannato l’uso eccessivo della forza da parte di Israele nei confronti dei palestinesi, specialmente durante conflitti e proteste, sottolineando il costo umano e le sofferenze che ne derivano.
- Mancanza di progressi nei negoziati di pace: Alcuni osservatori ritengono che i leader israeliani non abbiano fatto abbastanza sforzi per promuovere e sostenere i negoziati di pace significativi con i rappresentanti palestinesi, il che ha portato a un’impasse nel processo di pace.
Tuttavia, è importante notare che il conflitto israelo-palestinese è complesso e le azioni e le decisioni dei leader israeliani sono spesso soggette a interpretazioni diverse. Allo stesso tempo, i leader palestinesi hanno anche commesso errori e scelte criticabili nel corso degli anni. La comprensione delle dinamiche complesse del conflitto richiede una valutazione equilibrata e approfondita delle azioni e delle politiche di tutte le parti coinvolte.
Carlo Rognoni: Prima del 1947, prima dell’olocausto, quanti erano gli ebrei in Palestina? Quanti i palestinesi e gli arabi in generale? E come erano distribuiti sul territorio?
Chat GPT Prima del 1947, la Palestina aveva una popolazione ebraica relativamente piccola, stimata a circa 11-12 per cento della popolazione complessiva, che comprendeva ebrei, arabi e altre comunità etniche e religiose. La maggioranza della popolazione era araba, con una significativa presenza di cristiani e musulmani.
La distribuzione della popolazione ebraica e araba nella regione era varia. Le comunità ebraiche erano concentrate principalmente nelle città ebraiche come Gerusalemme, Tel Aviv e altre aree urbane più grandi, mentre le comunità arabe si trovavano sia nelle città che nelle aree rurali. Le relazioni tra queste comunità erano complesse e variavano a seconda della regione e del contesto storico.
La situazione demografica e la distribuzione della popolazione sono state influenzate da una serie di fattori, tra cui l’immigrazione ebraica in aumento alla fine del XIX secolo e durante il periodo del mandato britannico sulla Palestina. Questo ha portato a tensioni e conflitti tra le comunità, che hanno contribuito al contesto politico e sociale che ha portato alla fondazione dello Stato di Israele nel 1948 e al conseguente conflitto con i paesi circostanti e con la popolazione araba locale.
Carlo Rognoni: Oggi che cosa potrebbe e dovrebbe fare Israele per riportare la pace?
Chat GPT La ricerca di una soluzione duratura per il conflitto israelo-palestinese richiede un impegno da entrambe le parti per promuovere la pace, la coesistenza pacifica e il rispetto reciproco. Alcune azioni che Israele potrebbe considerare per promuovere la pace potrebbero includere:
- Impegnarsi in negoziati significativi: Israele potrebbe impegnarsi in negoziati diretti con i rappresentanti palestinesi per trovare una soluzione pacifica e duratura al conflitto. Questo richiederebbe un impegno da entrambe le parti per affrontare le questioni fondamentali del conflitto, come i confini, la sicurezza, il futuro dei rifugiati e lo status di Gerusalemme.
- Fermare l’espansione degli insediamenti: Israele potrebbe considerare di fermare o ridurre l’espansione degli insediamenti ebraici nei territori palestinesi occupati, in linea con le risoluzioni delle Nazioni Unite e il diritto internazionale.
- Promuovere la fiducia e la cooperazione: Israele potrebbe intraprendere azioni per promuovere la fiducia e la cooperazione tra le comunità israeliane e palestinesi, ad esempio attraverso iniziative di collaborazione economica, educativa e culturale.
- Rispetto dei diritti umani: Israele potrebbe rafforzare il rispetto dei diritti umani e dei diritti civili dei palestinesi, garantendo l’accesso ai servizi di base, la libertà di movimento e altri diritti fondamentali.
- Promuovere una soluzione a due Stati: Israele potrebbe sostenere attivamente l’idea di una soluzione a due Stati, consentendo la creazione di uno Stato palestinese sovrano e indipendente accanto a Israele, in conformità con le risoluzioni delle Nazioni Unite e gli sforzi della comunità internazionale.
Queste azioni richiederebbero un impegno politico significativo da parte del governo israeliano e richiederebbero anche la cooperazione e l’impegno sincero da parte dei rappresentanti palestinesi e della comunità internazionale
Prime risposte a cinque interrogativi che mi sono posto
Fin qui l’intervista da me realizzata nel week end dei morti del 2023.
Rispondo ora ad alcuni interrogativi che mi sono posto.
- Quali sono i pregi e quali i limiti delle risposte che mi ha dato? Su questo non ho dubbi. La velocità della risposta alle mie domande. Straordinaria. Le risposte sono state sviluppate in pochissimi minuti da Chat GPT.
- Se fossi ancora direttore de Il Secolo XIX che uso ne farei? La mia risposta è che non ci sono certamente indicazioni diverse dal buon senso. Sappiamo che il nostro buon senso apparentemente in questa fase non basta e non ci aiuta a trovare risposte forti e convincenti alla grave crisi israeliano-palestinese.
- Qual è stata l’impressione generale dopo averla letta? Più che politicamente corretta direi che dal contenuto delle risposte è del tutto evidente l’impegno con cui l’intelligenza artificiale opera senza impegnarsi in opinioni forti. Ciò mi ha spinto – scherzando – a dire che mi sembra molto democristiana!
- Visto l’impegno con cui l’intelligenza artificiale risponde senza impegnarsi in opinioni forti, come funziona dunque Chat GPT? E’ bene sapere che l’algoritmo che usa fa affidamento su montagne di dati che vengono messi a disposizione, da Wikipedia a tanti libri di Google e non solo.
- La pubblicherei in prima pagina? E con quale risalto? E’ giusto formare l’opinione pubblica ricorrendo a questo strumento e quali cautele deve prendere un giornalista che si considera investito di una missione di servizio pubblico per la collettività? Come direttore di giornali potrei dire ai redattori di usare le informazioni più equilibrate e sensate che trovano nella risposta, ma chiederei di non accontentarsi. E chiederei di sviluppare riflessioni più articolate usando la propria intelligenza al meglio e non accontentarsi dell’intelligenza. Preceduta da una mera avvertenza che non si tratta di un giudizio proveniente dal cervello naturale di un essere umano bensì da una macchina molto sofisticata sviluppata da una società con finalità di profitto o accompagnata da commenti e osservazioni critiche sviluppate da esperti di geopolitica orientale di pareri diversi.
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