A DIECI ANNI DALLA SCOMPARSA DEL PRETE DEGLI ULTIMI
Don Andrea Gallo è nato a Campo Ligure il 18 luglio 1928. La sua infanzia è trascorsa nella indubbia indigenza del tempo, ma anche nella gioia e nella spensieratezza dell’età. Visse la sua adolescenza sotto il fascismo, ma nel 1944, ancora studente sedicenne dell’Istituto Tecnico Nautico, si pose al seguito del fratello Tenente Dino che era al comando di una brigata partigiana. In quel contesto assunse il nome di battaglia di “Nan” diminutivo di “Nasan”, che in genovese significa “nasone”, diminutivo datogli a scuola a causa del suo sporgente naso.
Amava ripetere: “Volevo fare il marinaio, ma mi sono trovato imbarcato sulla nave di Pietro in un mare burrascoso”, perché attratto fin da piccolo dalla spiritualità di San Giovanni Bosco. Infatti nel 1948 entrò nel noviziato di Varazze. Poi proseguì gli studi liceali a Roma e, in un’Università Pontificia, quelli filosofici. Nel 1953 espresse il desiderio di voler andare in missione, fu accontentato e mandato in Brasile, a San Paolo, dove ebbe modo di completare gli studi teologici. Il governo di Getùlio Vargas lo costrinse, però, perché autoritario, a ritornare l’anno successivo in Italia. Con l’esperienza fatta in America Latina incontrò anche la Teologia della Liberazione e in Patria continuò gli studi a Ivrea, dove venne ordinato sacerdote il 1º luglio 1959.
I suoi Maestri ispiratori di vita furono, oltre a don Bosco e al futuro Concilio Vaticano II, Paolo VI, la Costituzione Italiana e la poesia di P. Davide M. Turoldo, del quale fece suo il motto “Rifondare la speranza”.
Un anno dopo l’ordinazione fu inviato come cappellano presso la nave-scuola Garaventa, luogo-riformatorio per minori. Lì cercò di introdurre una visione pedagogica diversa, sostituendo i metodi unicamente repressivi con l’esercizio della fiducia e della libertà. Da parte dei ragazzi si mostrò subito interesse per quel prete che permetteva loro di uscire, di andare al cinema e di vivere momenti comuni di piccola distrazione, lontani dall’unico concetto fino allora perseguito, cioè quello dell’esclusiva espiazione della pena.
Dopo tre anni venne spostato a un altro incarico, a suo dire senza un giusto motivo, e nel 1964 decise di lasciare la Congregazione Salesiana chiedendo di essere incardinato nell’Arcidiocesi di Genova. Ottenuta, il Cardinale Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova, lo inviò a Capraia, allora sotto la giurisdizione dell’Arcidiocesi del capoluogo ligure, per assolvere l’incarico di cappellano del carcere.
Due mesi dopo venne destinato in qualità di vice-parroco alla Parrocchia del Carmine in Genova, dove rimase fino al 1970, anno in cui il Cardinale Siri lo trasferì nuovamente a Capraia. Nella Parrocchia del Carmine don Andrea fece scelte di fondo con gli emarginati. La Parrocchia diventò un punto di aggregazione di giovani e adulti di ogni parte della città, in cerca di amicizia e di solidarietà con i più poveri e con gli emarginati, che al Carmine trovavano un punto di ascolto.
Secondo la Comunità di don Andrea, l’episodio che provocò il suo trasferimento fu per le idee che sosteneva nelle omelie domenicali, cioè la difesa degli ultimi, contro le guerre cosiddette giuste…Perciò venne accusato di essere un comunista.
Il provvedimento dell’Arcivescovo provocò nella Parrocchia e nella città un movimento di protesta, che ebbe il suo culmine in due grandi manifestazioni spontanee in Piazza del Carmine nelle giornate del 1 e 2 luglio 1970, ma la Curia non tornò indietro sulla sua decisione e ordinò al sacerdote di obbedire. Tuttavia egli rinunciò all’incarico offertogli all’isola di Capraia, ritenendo che tale scelta lo avrebbe totalmente e definitivamente isolato. I fatti del Carmine, considerato l’avvio del percorso “sociale” del sacerdote, sono stati poi rimessi in circolo, a partire dal 2007, dalla manifestazione “Mi hanno rubato il prete!“, realizzata dall’Associazione “Cantiere di Idee del Carmine” e dal gruppo musicale “Altera”, che ogni 2 luglio ricorda proprio in Piazza del Carmine le manifestazioni popolari a sostegno dell’allora vice parroco. Qualche tempo dopo venne accolto dal parroco di San Benedetto al Porto, don Federico Rebora, e insieme a un piccolo gruppo diede vita alla sua Comunità di Base, la Comunità di San Benedetto al Porto, che accoglieva tossicodipendenti, alcolisti, malati psichici… La bella trattoria della Comunità, “A lanterna”, di fronte al mare, è sempre stata aperta a ospiti e gente di passaggio in città. Da allora si è impegnato sempre di più per la pace e il recupero degli ultimi e degli emarginati coltivando una grande amicizia con Vasco Rossi e Piero Pelù.
Sin dal 2006 appoggiò attivamente il movimento “No Dal Molin” di Vicenza che si opponeva alla costruzione di una nuova base militare USA nella città veneta. A tale scopo prese parte a varie manifestazioni, in particolare a quella del 17 febbraio 2007, che vide la partecipazione di oltre 130.000 persone. Nell’aprile del 2008 aderì idealmente al V2-Day organizzato da Beppe Grillo. Il 27 giugno 2009 partecipò al “Genova Pride 2009”, lamentando le incertezze della Chiesa Cattolica nei confronti degli omosessuali. Sul piano dei diritti, don Gallo si è sempre dichiarato a favore del sacerdozio femminile.
Il 21 agosto 2009 è stato don Andrea a tenere a Genova la commovente e vibrante orazione funebre alle esequie di Fernanda Pivano, celebre scrittrice e giornalista.
Il 4 dicembre 2009 gli è stato assegnato il Premio Fabrizio De André, di cui è stato uno dei più grandi amici. Il 17 novembre 2010 è uscito in tutte le librerie il libro “Sono venuto per servire”, scritto a quattro mani da don Andrea e da Loris Mazzetti, già collaboratore stretto di Enzo Biagi. Sulla quarta di copertina è citata una frase di Mazzetti che si riferisce al centrosinistra: “Peccato che Don sia un prete. Se fosse un politico avremmo trovato il nostro leader”.
L’8 dicembre 2012, terminata la celebrazione della messa per il 42º anniversario della Comunità di San Benedetto al Porto, all’interno della chiesa Don Gallo sceglieva di intonare insieme ai fedeli il popolare canto della Resistenza “Bella ciao”, mentre andava sventolando un drappo rosso che si scioglieva dal collo. Il 22 maggio 2013 alle ore 17.45, aggravatesi le sue condizioni di salute, Don Andrea moriva a Genova, all’età di 84 anni, nella sede della Comunità di San Benedetto al Porto. Fu sepolto nel cimitero di Campo Ligure, paese d’origine dei suoi genitori. In occasione della messa della prima festa dell’Immacolata senza don Gallo, don Ciotti intonò Bella ciao assieme al resto dei fedeli presenti.
Il 18 luglio 2014 è stata intitolata a don Andrea Gallo la piazza più grande dell’area del Ghetto di Prè, racchiusa tra Via Lomellini e Via delle Fontane.
I suoi pensieri e le sue memorie oggi sono consultabili presso l’ “Archivio Don Gallo”, dichiarato dall’Archivio di Stato “Bene di notevole interesse storico“.
Nei giorni del famoso G8, appuntava sulla sua agenda la mattina del 18 luglio 2001: “Città blindata, militarizzata!!!…la speranza è che la protesta resti pacifica fino alla sera del 20 luglio”. Ma, come è risaputo, non fu purtroppo così con quanto accaduto nelle caserme Diaz e Bolzaneto.
Nelle sue memorie non c’era solo Genova, ma anche tutti i volti delle persone che avevano incrociato il suo cammino: F. De André con il vuoto lasciato nel giorno del suo addio, le prostitute, i transessuali, i tossicodipendenti, i “poveri, poveri, poveri”, un insieme di umanità che don Andrea ha sempre amato. Soprattutto con Fabrizio De André ha condiviso il dramma del mondo: don Gallo attraverso il Vangelo, De André attraverso la musica. Non a caso Via del Campo, famosa nelle canzoni di Fabrizio, distava appena cinquanta metri dalla Chiesa del Carmine, dove celebrava don Gallo. Emozionante è rimasto il ricordo di don Andrea pronunciato nel 14° anniversario dalla scomparsa di De André (11 gennaio 1999) nei confronti del suo amico che chiamava affettuosamente “Faber”: “…La tua morte ci ha migliorati…Caro Faber, parli all’uomo, amando l’uomo. Stringi la mano al cuore e svegli il dubbio che Dio esista. Grazie”. (Le ragazze e i ragazzi con don Andrea Gallo, prete da marciapiede).
Tutti lo ricordano ancora oggi con il sigaro in bocca, il basco e la voce roca: un Che Guevara anziano in tonaca da prete. Don Gallo è stato un uomo di Dio, del mondo, non sempre della Chiesa, ma della Comunità sì. Amava ripetere quanto detto in una intervista a RAI-3: “I miei Vangeli non sono quattro…Noi seguiamo da anni e anni il Vangelo secondo Fabrizio De André, un cammino cioè in direzione ostinata e contraria. E possiamo confermarlo, constatarlo: dai diamanti non nasce niente, dal letame sbocciano i fiori”.
Sapeva anche scherzare: “Non sarò mai Papa, perché mi dovrebbero chiamare Pap(p)agallo!”
Riferisco ora altri suoi pensieri significativi:
“La mia Università è la strada”;
“Io vedo che, quando allargo le braccia, i muri cadono”;
“A me l’unico titolo che piace è “Prete di strada”;
“Dimmi chi escludi e ti dirò chi sei“;
“Camminiamo con i piedi per terra e con gli occhi rivolti al cielo”
“La nostra cittadinanza è quella Umana”;
“Chi mi spinge è la mia passione per l’uomo”;
“Voglio connettere la terra all’universo”;
“Ho scelto la non violenza, cioè il pacifismo attivo”.
Don Gallo è stato, dunque, un uomo e un prete del mondo che indicava il cielo! Figura civile profetica, libera, evangelica, originale, come poche altre nella storia del mondo e della stessa Chiesa!
SEGNALIAMO