9. Sciarate e ’nduvine per tutto l’anno
Sciarade e indovinelli erano inseriti qua e là tra gli arguti motti, le succose ricette e i proverbi napoletani, che aprivano, giorno per giorno, le pagine di alcune agende (alcune volte a piè di pagina è era riportata pure la traduzione in lingua). È stata sempre una strenna apprezzatissima quella di Annamaria Cerillo (Calennario pe’ tutti li juorne, edita a Napoli per molti anni dall’Editoriale Scientifica) deliziando i suoi lettori; una strenna ricca di gustosi versetti che poco o nulla avevano a che fare con l’enigmistica ma che, in ogni caso, inducevano alla ricerca di una spiegazione. Il più delle volte, naturalmente, si trattava di semplici varianti di indovinelli popolari comuni, per altro, alla tradizione di ogni paese.
È il caso degli indovinelli sul cielo e sul bottone:
Tengo nu panariello,
chino ‘e cunfettielle
a sera c’ ‘e mett e ‘a matina
nun ce trovo.
e
Nce sta na cosa
che sta tutto journo affacciata
e solo a notte s’arretira.
per i quali è facile risalire alle versioni in lingua:
Ho un bel lenzuolo e non lo piego,
tante monete e non le conto,
una gran torta e non la mangio.
e
C’è un bel bambino,
un cosino tutto tondo,
tutto il giorno al finestrino,
ma la sera scappa via.
Chi sa dirmi cosa sia?
Certamente di fronte a esempi siffatti, ricchi di ingenua semplicità, il lettore scaltro e abituato alle acrobazie linguistiche dei moderni enigmi, non potrà che sorridere. Basti leggere, per ciò, alcuni esempi come questi che seguono (sono rispettivamente de Il Valletto e di Buffalmacco e che ricalcano gli stessi soggetti).
GATTO CHE GRAFFIA
Un giorno, per diletto,
lo toccai con un dito solamente
e, tutto in una volta,
mi fe’ veder le stelle
immantinente.
STRATEGIA D’AMORE
Quel tipo rotondetto è un osso duro;
ma, per accalappiarlo per benino
– e tu vedrai che attacca di sicuro –
bisogna che gli faccia l’occhiolino.
Così è pure per la capra e la ricotta:
’A mamma è pilepilossa
tene carne, pile e ossa;
’a figlia è pilepilossa
nun tene né carne né ossa.
con il suo corrispondente:
In tavola sta l’occhio bianco
senza pelo né carne né osso.
Ma la madre dell’occhio bianco
ha carne con pelo e con osso.
Neppure sciarate e ’nduvine difettavano: gli esempi, poco o nulla hanno a che fare con la moderna enigmistica, inducono comunque alla ricerca di una soluzione. Si tratta spesse volte di pure varianti di indovinelli popolari i quali, si sa, si svolgono senza molti artifici, senza acrobazie linguistiche, ma piuttosto su semplici inganni e sottili allusioni, al più sulle diverse accezioni possibili per qualche vocabolo:
Chi è chill’ommo ’e parola
Ca pure dice bucìe?
(l’oratore)
Qualche volta, più classicamente, pare si alluda ad argomenti un po’ osé, mentre in realtà il riferimento è del tutto ingenuo. Altre volte il soggetto è nuovo e lo svolgimento è del tutto particolare; è il caso delle sciarade che, svolgendosi su schemi in dialetto, sono decisamente originali:
Cresce a la vocca sempe ‘ncoppa e sotto
mozzeca e allocca se fedele t’è
chisto supponta se lo muro è cotto.
(barba/cane)
’O primmo è ’na fetente
co’ ’o secunno si’ ’n’auciello
a lo tutto può munna’!
(ria/volo).
Sono spesse volte esempi di origine lontana, anche letteraria, corrotti dalla trasmissione orale popolare. Infine, anche qualche esempio del genere classico, per il quale pare si alluda a un argomento quanto meno osé, mentre in realtà il significato è del tutto innocente: tutta la veste, apparentemente licenziosa, serve soltanto a provocare una maliziosa risata.
E di tanto, infatti, avvertono i frequenti due versi iniziali come nel caso di questo indovinello sul fico d’India:
Pe la santa Nunziata
nun è cosa malacriata…
– Ahi ahi, ca me facite male!
– Lassete spugliare,
ca me voglio arrecreare!
Lassete spugliare, ca me voglio arrecreare!
Questi che seguono sono alcuni dei tanti e suggestivi wellerismi riportati in una delle edizioni del Calendario,le cui pagine giorno per giorno, erano condite con massime argute e succose ricette napoletane la cui traduzione in lingua, posta a piè di pagina, rendeva tutto facilmente comprensibile anche a chi avesse poca familiarità con la lingua napoletana.
«Dimmane sarrà ogge
e ogge sarrà ieri»
dicette ’o filosofo a ’o cocchiere.
Per ogni giorno una dimostrazione della ricca vivacità e della saggezza popolare tutta napoletana:
Allerta, so’ cagnate ’e governante!
Putimmo dicere:
«ce simmo levate a vocca ’e cane
e gghiute ’mmocca ’e lupe».
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